Un gruppo eterogeneo di giovani adulti Millennial che interagiscono amichevolmente in un quartiere urbano moderno e vivace, con architettura mista e spazi verdi. Luce naturale del tardo pomeriggio, effetto profondità di campo. Obiettivo prime 35mm.

Millennials: Siamo Davvero il Ponte Verso un Futuro più Diverso? La Verità sui Nostri Quartieri

Ehi gente! Si parla tanto di noi Millennials, no? Siamo la generazione nata tra il 1981 e il 2000, quella che, a quanto pare, dovrebbe traghettare gli Stati Uniti (e forse il mondo?) verso un futuro più colorato e inclusivo. Siamo cresciuti sentendoci dire che eravamo i più numerosi, i più istruiti, i più aperti mentalmente su un sacco di questioni, specialmente quelle razziali ed etniche. Insomma, una specie di “ponte demografico”. Ma la domanda sorge spontanea: questa nostra presunta apertura si riflette davvero nel posto in cui scegliamo di vivere? I nostri quartieri sono davvero più un melting pot rispetto a quelli dei giovani delle generazioni precedenti?

Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha provato a rispondere proprio a queste domande, analizzando i dati dei censimenti americani dal 1990 al 2020. E, ve lo dico subito, i risultati sono un mix interessante di conferme e sorprese.

Chi Siamo Noi Millennials e Perché Tanta Attenzione?

Prima di tuffarci nei dati, facciamo un piccolo ripasso. Noi Millennials siamo un bel gruppone, oltre 75 milioni solo negli USA, superando i Baby Boomers e la Generazione X. Ma la vera particolarità è la nostra composizione: quasi il 30% di noi ha origini ispaniche, asiatiche o multirazziali, e oltre il 40% si definisce non-bianco. Pensate che nel 1980, i giovani adulti non-bianchi erano solo il 22%! Siamo anche più propensi a essere single, laureati e a vivere in città.

E poi ci sono i nostri valori. Sondaggi su sondaggi ci dipingono come progressisti, socialmente liberali, più tolleranti su temi come l’aborto, i matrimoni omosessuali, quelli interrazziali, l’immigrazione e le famiglie non tradizionali. Insomma, sulla carta sembriamo pronti a costruire ponti e abbattere muri, soprattutto quelli della segregazione residenziale, un problema storico negli USA. Ma dalla teoria alla pratica, come si dice, c’è di mezzo il mare… o in questo caso, il mercato immobiliare e le nostre scelte di vita.

La Grande Domanda: Quartieri Più Diversi o la Solita Minestra?

Lo studio si è posto due obiettivi principali:

  • Capire se i quartieri dove viviamo noi giovani Millennials sono effettivamente più diversificati dal punto di vista etnico-razziale.
  • Vedere se, a livello di area metropolitana, siamo distribuiti in modo più uniforme tra i vari quartieri, riducendo quindi la segregazione.

E, ovviamente, confrontare tutto questo con i giovani delle generazioni precedenti (Baby Boomers e Gen X) quando avevano la nostra età (25-29 anni). Perché, diciamocelo, la gioventù è un periodo di transizione, si esce di casa, si sperimentano nuove idee, non si è ancora “incatenati” a una carriera o a una casa specifica. Quindi, se un cambiamento deve avvenire, questo è il momento giusto per vederne i segnali.

Cosa Dicono i Dati? Luci e Ombre sulla Diversità Millennial

Allora, tenetevi forte. La buona notizia è che sì, noi giovani Millennials viviamo in quartieri meno segregati rispetto ai nostri coetanei delle generazioni passate. Questo vale sia se si guarda alla segregazione dei giovani bianchi rispetto alla popolazione totale, sia se ci si concentra solo sulla segregazione tra giovani di diverse etnie. Un bel punto a nostro favore!

Inoltre, sembra che una maggiore presenza di noi Millennials bianchi in un quartiere sia positivamente associata a una maggiore diversità del quartiere stesso. Questo potrebbe significare che i giovani bianchi della nostra generazione sono più aperti a vivere in contesti multietnici, o che si stanno spostando in aree già diverse.

Fotografia di un quartiere urbano dinamico e multiculturale, con giovani adulti di diverse etnie che camminano e chiacchierano. Dettagli architettonici moderni e storici. Obiettivo grandangolare 24mm, luce diurna diffusa, alta definizione.

Per esempio, i ricercatori hanno visto che, in generale, la diversità nei quartieri è aumentata nel tempo. Ma quando si va a vedere l’effetto specifico della presenza di giovani adulti (25-29 anni), la relazione è interessante. Nel 1990 (Baby Boomers giovani), un aumento dell’1% di giovani adulti nel quartiere era associato a un aumento di 1.09 punti nell’indice di diversità. Per i Gen X nel 2000 e gli Early Millennials nel 2010, questa associazione è rimasta simile o leggermente inferiore. Per i Late Millennials nel 2020, l’associazione positiva c’è ancora (0.79), ma è un po’ più debole rispetto al passato. Quindi, anche se contribuiamo alla diversità, forse un po’ meno incisivamente rispetto ai Baby Boomers giovani.

Ma attenzione, c’è un “ma” grosso come una casa, o meglio, come un’analisi di scomposizione della segregazione. Questa analisi più dettagliata suggerisce che, specialmente tra i Late Millennials (i più giovani di noi, nati tra il 1990 e il 2000), c’è anche una tendenza a una “distribuzione non uniforme” che sta creando squilibri razziali all’interno dei quartieri tra fasce d’età diverse. In parole povere, potremmo essere meno segregati tra coetanei, ma contribuire a creare nuove forme di separazione tra giovani e meno giovani all’interno dello stesso quartiere.

Un altro dato che fa riflettere riguarda i gruppi specifici. La segregazione tra giovani Millennials bianchi e la popolazione totale nera e ispanica è diminuita nel tempo. Ottimo! Però, udite udite, la segregazione tra giovani Millennials bianchi e la popolazione asiatica è leggermente aumentata per i Late Millennials nel 2020. Un campanello d’allarme da non sottovalutare.

Perché Queste Differenze? Ipotesi sul Tavolo

Ma perché succedono queste cose? Lo studio non testa direttamente le cause, ma avanza delle ipotesi plausibili.

  • Atteggiamenti progressisti: Forse le nostre idee più aperte sulla diversità ci portano davvero a scegliere quartieri multietnici, indipendentemente dal nostro status socio-economico.
  • Amore per la città: Noi Millennials tendiamo a preferire le città centrali, piene di servizi, trasporti pubblici e vita sociale. Queste aree urbane sono storicamente più diverse. Magari non cerchiamo attivamente la diversità, ma la troviamo “per caso” scegliendo di vivere in centro.
  • La Grande Recessione: Molti di noi sono entrati nel mondo del lavoro durante o subito dopo la crisi del 2008. Stipendi bassi, difficoltà a trovare lavoro e case costose potrebbero averci spinto verso quartieri urbani più accessibili economicamente, che spesso sono anche più etnicamente misti. Questo potrebbe aver innescato processi di “gentrificazione”, con l’arrivo di residenti più abbienti (spesso bianchi) in aree prima occupate da popolazioni a basso reddito (spesso non bianche), aumentando temporaneamente la diversità.

Non è Tutto Oro Quel che Luccica: Le Sfide Restano

Certo, i segnali positivi ci sono, ma non dobbiamo cadere in un facile ottimismo. Lo studio stesso ci mette in guardia.
Innanzitutto, anche se esprimiamo opinioni progressiste, potremmo comunque preferire inconsciamente vicini della nostra stessa etnia. E poi ci sono fattori strutturali: l’aumento dei costi delle case potrebbe spingere alcuni di noi a tornare a vivere con i genitori, in quartieri magari meno diversi.

Inoltre, le disparità di reddito e ricchezza tra gruppi etnici sono ancora marcate anche tra i Millennials. Questo significa che, anche volendo, non tutti hanno le stesse possibilità di scegliere dove vivere. Storicamente, le famiglie nere, ad esempio, hanno avuto meno risorse economiche e hanno affrontato discriminazioni nel mercato immobiliare, limitando la loro capacità di trasferirsi in quartieri a maggioranza bianca, anche quando potevano permetterselo.

E poi c’è quel dato sull’aumento della segregazione tra giovani bianchi e asiatici. Questo potrebbe essere dovuto a crescenti disparità di reddito tra questi gruppi o alla formazione di nuove “enclave” asiatiche in alcune aree metropolitane. Alcuni studi parlano addirittura di “fuga dei bianchi” da quartieri asiatici di ceto medio-alto, un fenomeno complesso che merita attenzione.

Un'immagine aerea, ma non troppo distante, di un quartiere residenziale che mostra un mix di case e piccoli condomini, con persone di diverse etnie visibili negli spazi comuni come parchi o marciapiedi, suggerendo integrazione. Obiettivo zoom 50mm, luce del mattino, messa a fuoco precisa.

L’analisi di scomposizione, poi, ci dice che anche se la segregazione generale tra gruppi di età diminuisce tra quartieri, quella all’interno dei quartieri dovuta alla “selezione” per età e razza è aumentata. Immaginate un quartiere dove i giovani Millennials bianchi si concentrano in certi isolati o tipi di case, e i membri più anziani di altri gruppi etnici in altri. Il quartiere nel suo complesso può sembrare integrato, ma al suo interno persistono delle divisioni. Questo è particolarmente vero per la segregazione Bianco-Ispanico, dove quasi il 30% della segregazione nel 2020 era dovuta a questi squilibri interni ai quartieri.

E Adesso? Uno Sguardo al Futuro (e alla Ricerca)

Quindi, siamo davvero un ponte verso la diversità? La risposta, come spesso accade, è “sì, ma…”. Stiamo facendo la nostra parte nel ridurre alcune forme di segregazione residenziale, più dei nostri predecessori alla stessa età. La maggiore presenza di Millennials bianchi sembra favorire la diversità a livello di quartiere.

Tuttavia, il quadro è complesso. La segregazione è una bestia dura a morire e si manifesta in modi nuovi e sottili. L’aumento della segregazione con la comunità asiatica e gli squilibri razziali per età all’interno dei quartieri sono segnali che non possiamo ignorare.

Cosa succederà quando noi Millennials invecchieremo, metteremo su famiglia, compreremo casa? Manterremo questa tendenza all’integrazione o seguiremo i percorsi più tradizionali verso periferie magari più omogenee? Alcuni studi indicano che i Millennials più “anziani” stanno già iniziando a spostarsi verso le periferie, anche se più lentamente rispetto ai loro genitori. E queste periferie, sebbene alcune stiano diventando più diverse, altre rimangono o diventano più segregate.

Questo studio apre un sacco di porte per ricerche future. Sarebbe bello capire meglio le decisioni individuali, cosa spinge davvero un Millennial a scegliere un quartiere piuttosto che un altro. E che dire della Generazione Z, ancora più etnicamente variegata di noi? Saranno loro il vero motore del cambiamento o erediteranno le nostre stesse sfide?

Una cosa è certa: capire dove e come viviamo è fondamentale per affrontare le disuguaglianze urbane e costruire città davvero inclusive. Noi Millennials abbiamo iniziato a smuovere un po’ le acque, ma la forza di questo “ponte” verso la diversità dipenderà dalle nostre scelte future e da quelle delle generazioni che verranno. La strada è ancora lunga, ma ogni piccolo passo verso una maggiore integrazione conta. E voi, cosa ne pensate? Vi ritrovate in queste dinamiche?

Fonte: Springer

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