Anziani Fragili: La Scala Clinica che Rivoluziona le Cure (e il Lavoro di Squadra!)
Ammettiamolo, quando pensiamo alla cura degli anziani, soprattutto quelli più fragili che magari arrivano in ospedale con un problema ortopedico acuto, la faccenda si fa complessa. Non si tratta solo di curare la frattura, ma di guardare alla persona nella sua interezza. E qui entra in gioco la Valutazione Geriatrica Complessiva (CGA), un po’ il nostro faro nel capire le reali necessità dei nostri pazienti più anziani. Ma come renderla ancora più efficace, più “sul pezzo”? E se vi dicessi che uno strumento apparentemente semplice, la Clinical Frailty Scale (CFS), potrebbe essere la chiave per svoltare?
Ecco, è proprio quello che abbiamo cercato di capire con il nostro studio, un’indagine un po’ esplorativa condotta qui nel sud-ovest della Svezia. Ci siamo chiesti: cosa ne pensa il team geriatrico dell’introduzione della CGA e della CFS nella cura degli anziani fragili con problemi ortopedici? Per scoprirlo, abbiamo scelto un metodo qualitativo, i focus group, perché volevamo che le idee emergessero dal confronto, dalla discussione collettiva. Non singole interviste, ma un vero e proprio “brainstorming” di squadra!
Ma cos’è esattamente questa Clinical Frailty Scale?
Prima di addentrarci nei risultati, facciamo un piccolo passo indietro. La CGA, per chi non la conoscesse, è un processo multidimensionale che valuta lo stato di salute generale degli anziani, toccando aspetti come:
- Capacità funzionali
- Salute fisica
- Cognizione e salute mentale
- Situazione socio-ambientale
I suoi principi cardine? Essere comprensiva, centrata sulla persona e multidisciplinare. Insomma, un approccio a 360 gradi. Nonostante i suoi benefici, c’è sempre spazio per migliorare, soprattutto quando si tratta di identificare i bisogni di pazienti con multimorbilità e fragilità.
E qui entra in gioco la Clinical Frailty Scale (CFS). Immaginatela come una scala da 1 (molto in forma) a 9 (malato terminale), che aiuta a stimare il grado di fragilità di una persona basandosi sul giudizio clinico. È quasi un indicatore dell’età biologica, più che anagrafica. Uno strumento che, se usato bene, può davvero fare la differenza.
Il nostro studio: la parola ai team!
Abbiamo organizzato quattro focus group, coinvolgendo 21 professionisti: infermieri, operatori socio-sanitari, medici, terapisti occupazionali e fisioterapisti. Persone che ogni giorno lavorano fianco a fianco con questi pazienti. L’idea era di capire come l’introduzione della CFS avesse impattato il loro modo di lavorare con la CGA. E i risultati, ve lo dico subito, sono stati illuminanti!
È emerso con forza che la CFS non è solo un numeretto su una scala, ma diventa la base per la CGA, uno strumento condiviso che promuove la collaborazione. E questa è una novità importante, perché di studi che esplorano l’uso della CFS *in team* ce ne sono davvero pochi.
Il Dialogo al Centro: La Forza del Lavoro di Squadra
Il tema generale che ha fatto da filo conduttore a tutte le discussioni è stato: “Il dialogo come fondamento per una cura strutturata ed efficiente”. L’introduzione di questo nuovo modo di lavorare, con la CFS al centro, ha trasformato la scala in uno strumento prezioso per strutturare il lavoro in base ai diversi ruoli professionali e per comunicare efficacemente i bisogni dei pazienti. La collaborazione è diventata il cuore pulsante di questo nuovo approccio.
La valutazione della fragilità è diventata il punto di partenza per dialoghi dinamici che rispondono meglio alle esigenze dei pazienti. Questo si è tradotto in due temi chiave:
1. Lavoro di squadra e dialogo dinamico:
- Valutazione della fragilità – un quadro congiunto: Immaginate un puzzle dove ogni professionista aggiunge il suo pezzo. La CFS aiuta a creare questa immagine completa del paziente. Come ha detto un partecipante: “Da quando ci incontriamo più spesso… diventa più facile per noi, tra le varie professioni, pianificare le cose insieme”. Un altro ha sottolineato come il dialogo con i medici sia diventato più stretto.
- Un approccio centrato sulla persona – equilibrio tra paziente e personale: Qui la faccenda si fa interessante. L’obiettivo è far sì che i pazienti raggiungano la massima autonomia possibile. Ma c’è di più. Si tratta di capire i desideri e i bisogni del paziente, anche se a volte le aspettative del paziente e le “regole” dell’ospedale possono scontrarsi. Trovare un equilibrio è cruciale. Un professionista ha ammesso: “Vorrei poter offrire cure più centrate sulla persona, ma i nostri schemi limitano la nostra flessibilità”. È una sfida continua, ma comunicare apertamente con i pazienti, coinvolgerli nel processo, fa una differenza enorme.

Partire dall’autovalutazione del paziente sulle proprie capacità aiuta il personale a capire la sua situazione pregressa. Spesso, i pazienti che incontriamo sono i più fragili, quelli che dipendono dall’assistenza per le attività quotidiane. Le fratture sono solo un sintomo della loro fragilità generale. Questo gruppo di pazienti può peggiorare rapidamente, il che richiede una pianificazione flessibile. L’attenzione è su ciò che il paziente riusciva a fare prima e su cosa dovrebbe puntare per il futuro.
Efficienza: Usare le Risorse al Meglio
2. Efficienza – usare le risorse correttamente:
- Partecipazione attiva alle riunioni di team – un prerequisito per l’efficienza: Quando il team lavora bene insieme, le risorse vengono utilizzate al meglio. Avere un piano condiviso evita discussioni inutili. Ognuno sa cosa deve fare, quali test sono necessari, quali informazioni raccogliere. E anche i pazienti ne beneficiano, perché vedono un percorso chiaro. Come ha detto qualcuno: “Mi è piaciuta l’idea di contribuire attivamente. Non si tratta solo di partecipare alle riunioni e ascoltare; tutti dovrebbero contribuire”. E un altro ha aggiunto: “Quando tutti partecipano, funziona perfettamente”.
Il metodo di lavoro promuove la partecipazione e il coinvolgimento attivo. Il personale ritiene che questo porti a cure migliori per i loro pazienti. Per raggiungere questo obiettivo, è necessaria la preparazione e che ogni professionista sia pronto per il giro di visite del team. Anche quando parte del personale è in ferie o assente, è importante che tutti conoscano e si impegnino nel modo di lavorare. Secondo il personale, i seguenti principi sono importanti; aderendo ad essi, possono lavorare in modo efficiente e fornire cure ottimali ai pazienti.
- Prima del giro, il personale dovrebbe essere ben informato e completare la scheda di supervisione digitale. Ciò garantisce informazioni aggiornate per un processo decisionale efficace.
- La scheda di supervisione digitale fornisce una struttura, integrando le informazioni presenti nella cartella clinica.
- Considerare cosa può essere escluso ed evitare ripetizioni inutili permette di lavorare in modo più efficiente.
- Sforzarsi di creare un’atmosfera di gruppo positiva assicura che la struttura e la valutazione non influiscano negativamente sulle relazioni reciproche o con i pazienti.
- Tutti, specialmente i nuovi arrivati, dovrebbero essere ricettivi nel dare e ricevere suggerimenti e feedback.
- Invece di puntare il dito, il personale si assume la responsabilità delle proprie aree di competenza. Il feedback fluisce liberamente, indipendentemente dall’esperienza.
Cosa ci portiamo a casa da questa esperienza?
Beh, prima di tutto, che la CFS, usata come punto di partenza per un dialogo dinamico all’interno del team, funziona alla grande! Aiuta a creare quel “quadro congiunto” del paziente, facendo sì che tutti – infermieri, medici, fisioterapisti – parlino la stessa lingua. Questo porta a cure più efficienti e a un uso ottimale delle risorse.
Il nostro studio sottolinea anche quanto sia cruciale il lavoro di squadra interprofessionale. Non basta mettere insieme professionisti diversi; serve un metodo di lavoro che chiarisca i ruoli e metta davvero il paziente al centro. E poi, c’è l’importanza dell’approccio centrato sulla persona: riconoscere l’unicità di ogni individuo, bilanciando i suoi bisogni con le possibilità organizzative.
Un aspetto fondamentale, che vale per la Svezia come per qualsiasi altro posto, è l’esperienza del personale sanitario. Se chi lavora si sente efficace, coinvolto e valorizzato, la qualità delle cure migliora, la soddisfazione del personale aumenta e, alla fine, ne beneficia l’intero sistema sanitario, anche in termini di costi. Questo sfida un po’ gli approcci tradizionali “top-down” e la mentalità a compartimenti stagni che a volte si vede nella sanità.
Certo, il nostro studio ha avuto gruppi di discussione relativamente piccoli, ma le chiacchierate sono state talmente vivaci e ricche che non pensiamo questo abbia inficiato i risultati. Anzi, a volte in gruppi più ristretti ci si sente più liberi di esprimere anche pareri negativi, il che è prezioso.
In conclusione, le esperienze positive del personale con nuovi approcci sono un motore pazzesco per il miglioramento dell’assistenza sanitaria. E questo va a vantaggio dei pazienti e della società intera. C’è un potenziale enorme per migliorare ancora, continuando sulla strada dell’innovazione e della collaborazione. Noi, nel nostro piccolo, speriamo di aver dato un contributo in questa direzione, evidenziando come uno strumento come la CFS, integrato in un solido lavoro di squadra, possa davvero fare la differenza nella vita dei nostri anziani più fragili.
Fonte: Springer
