Microplastiche sferiche e irregolari che fluttuano in un liquido torbido simulante i succhi gastrici all'interno di un contenitore di vetro trasparente. Alcune molecole stilizzate di benzo[a]pirene (strutture ad anelli aromatici) si staccano visibilmente dalle superfici delle microplastiche. L'illuminazione è drammatica, proveniente da un lato, creando ombre e mettendo in risalto le particelle. Lente macro 90mm, alta definizione, focus selettivo sulle particelle in primo piano che rilasciano le molecole.

Microplastiche: Quando la Plastica Diventa un Taxi per le Tossine nel Nostro Corpo

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che ci riguarda da vicino, anche se spesso non ce ne rendiamo conto: le microplastiche. Sì, quei frammenti minuscoli, quasi invisibili, che derivano dalla degradazione della plastica che usiamo ogni giorno. Sono ovunque: nell’aria che respiriamo, nell’acqua che beviamo, nel cibo che mangiamo. Ma il problema è più subdolo di quanto pensiamo. Non si tratta solo di ingerire pezzettini di plastica… c’è di più.

Microplastiche: Un Nemico Invisibile Ovunque

Immaginate questi piccoli frammenti come spugne vaganti. A causa delle loro caratteristiche chimico-fisiche, hanno una fastidiosa tendenza ad attrarre e “assorbire” altre sostanze presenti nell’ambiente. E qui le cose si complicano, perché tra queste sostanze ci possono essere inquinanti decisamente poco raccomandabili. Pensate a metalli pesanti, antibiotici, e idrocarburi policiclici aromatici (IPA), composti noti per la loro pericolosità. Uno di questi, in particolare, è finito sotto la nostra lente d’ingrandimento: il benzo[a]pirene (BaP). Questo nome forse non vi dirà molto, ma sappiate che è un noto cancerogeno, prodotto principalmente dalla combustione (incendi, fumo di sigaretta, gas di scarico, grigliate…).

Ora, la domanda che ci siamo posti è stata: cosa succede quando queste microplastiche “cariche” di BaP entrano nel nostro corpo, ad esempio attraverso il cibo o l’acqua? Il nostro stomaco è in grado di “scollegare” questo pericoloso passeggero dal suo “taxi” di plastica? E se sì, quali sono le conseguenze?

Il Problema Nascosto: Taxi per Sostanze Pericolose

Le microplastiche (MP) sono ormai riconosciute come inquinanti onnipresenti, capaci di persistere nell’ambiente per tempi lunghissimi. Quando si disperdono, subiscono processi di degradazione (chimici, fisici, biologici) che ne alterano dimensioni, forma e composizione. Più diventano piccole, più facilmente si disperdono in aria, acqua e suolo, aumentando i rischi per l’ecosistema e la nostra salute.

Studi recenti hanno iniziato a evidenziare meccanismi patologici come stress ossidativo e infiammazioni legati all’ingestione e all’accumulo di MP. Si stima che ognuno di noi ingerisca decine di migliaia di queste particelle ogni anno, e ne inali altrettante. Una volta ingerite, possono superare la barriera intestinale ed entrare nel circolo sanguigno o linfatico, raggiungendo organi vitali come fegato, reni e cervello. L’ingestione è una via d’esposizione primaria, data la loro presenza diffusa in cibi, bevande e acqua potabile.

Il tratto gastrointestinale è la via principale per l’assorbimento. Dopo essere passate dallo stomaco (dove restano per 2-6 ore), arrivano all’intestino. Qui possono alterare la permeabilità intestinale, aumentare l’infiammazione, causare disbiosi (alterazione del microbiota) e influenzare l’omeostasi intestinale, potenzialmente favorendo patologie infiammatorie o disordini metabolici. Dal sangue che proviene dalla digestione, attraverso la vena porta, arrivano al fegato, l’organo principale per la detossificazione.

Ed è qui che entra in gioco la loro capacità di agire da *carrier*, da trasportatori, non solo per inquinanti chimici come il BaP, ma anche per microrganismi. Sebbene molti studi ecologici abbiano esplorato gli effetti dannosi su varie specie animali, la relazione tra esposizione a MP e rischio di malattie specifiche nell’uomo è ancora complessa e richiede ulteriori ricerche.

Macro fotografia dettagliata di microplastiche di polistirene illuminate, simili a piccole sfere irregolari, su uno sfondo scuro. Lente macro 100mm, alta definizione, illuminazione laterale controllata che ne evidenzia la texture superficiale, focus preciso su alcune particelle in primo piano.

Cosa Abbiamo Scoperto: Un Esperimento Illuminante

Per capirci qualcosa di più, abbiamo messo in piedi un esperimento in laboratorio piuttosto rigoroso. Abbiamo preso delle microplastiche di polistirene (un tipo di plastica molto comune) di due dimensioni diverse (1 micrometro e 5 micrometri – parliamo di milionesimi di metro!) e le abbiamo “invecchiate” artificialmente simulando l’esposizione alla luce solare (raggi UVB), un processo che avviene naturalmente nell’ambiente.

Poi, abbiamo verificato la loro capacità di assorbire il nostro “osservato speciale”, il benzo[a]pirene (BaP), mettendole a contatto con una soluzione che lo conteneva. Ebbene sì, le microplastiche si sono dimostrate delle ottime “spugne” per il BaP, soprattutto quelle più piccole (1 µm), probabilmente per via del loro rapporto superficie/volume più elevato. L’analisi ha mostrato che le MP da 1 µm hanno assorbito circa il 79% del BaP, mentre quelle da 5 µm circa il 33%. L’invecchiamento simulato, inoltre, ha modificato la superficie delle particelle, rendendole più irregolari e porose, cosa che potrebbe aver influenzato la loro capacità di assorbimento.

Ma il cuore dell’esperimento è stato simulare cosa accade dopo l’ingestione. Abbiamo preso queste microplastiche cariche di BaP e le abbiamo messe a contatto con un “succo gastrico” artificiale, preparato in laboratorio per mimare le condizioni del nostro stomaco (pH acido, presenza di enzimi come la pepsina, temperatura di 37°C) per circa 5 ore.

Infine, abbiamo esposto delle cellule di fegato umano (una linea cellulare chiamata HepG-2, spesso usata in questi studi perché mantiene attivi gli enzimi detossificanti) a diverse “combinazioni”:

  • Microplastiche “invecchiate” da sole (MPsox)
  • Benzo[a]pirene da solo (BaP)
  • Microplastiche “invecchiate” cariche di BaP (MPsox-BaP)
  • Microplastiche “invecchiate” cariche di BaP e *pre-trattate* con il succo gastrico simulato (predigested-MPsox-BaP)

Abbiamo poi valutato la genotossicità, cioè la capacità di queste sostanze di danneggiare il DNA delle cellule.

Risultati Shock: La Digestione Svela la Minaccia

I risultati sono stati, francamente, preoccupanti. Le microplastiche da sole (MPsox) hanno mostrato una certa genotossicità, così come il BaP da solo (come c’era da aspettarsi, essendo un cancerogeno). Le microplastiche cariche di BaP (MPsox-BaP) *senza* il trattamento gastrico hanno mostrato una tossicità simile a quella delle microplastiche da sole. Questo suggerisce che, finché il BaP resta “attaccato” alla plastica, il suo potenziale dannoso è limitato.

Ma ecco il punto cruciale: quando le microplastiche cariche di BaP sono state pre-trattate con il succo gastrico simulato, la loro genotossicità è schizzata alle stelle! Il danno al DNA è risultato significativamente maggiore rispetto a tutte le altre condizioni testate (MP da sole, BaP da solo, MP+BaP non digerite).

Questo ci dice una cosa fondamentale: le condizioni presenti nel nostro stomaco (acidità, temperatura) favoriscono il rilascio del BaP dalle microplastiche. Una volta liberato, il BaP può essere assorbito dalle cellule (nel nostro caso, quelle del fegato) e iniziare a fare danni seri al DNA. In pratica, le microplastiche agiscono come dei veri e propri “Cavalli di Troia”: trasportano il nemico (BaP) dentro le mura (il nostro corpo) e lo rilasciano proprio dove può fare più male, amplificandone la pericolosità.

Dimensioni Diverse, Rischi Diversi?

Abbiamo anche notato delle differenze interessanti legate alle dimensioni delle microplastiche.

  • Le particelle più piccole (1 µm), dopo il trattamento gastrico, hanno causato un danno al DNA (rotture del filamento, rilevate con il “Comet assay”) particolarmente elevato. La microscopia confocale ha mostrato che queste particelle più piccole non solo entravano nel citoplasma delle cellule, ma alcune riuscivano a raggiungere anche la regione nucleare.
  • Le particelle più grandi (5 µm), invece, pur causando danno al DNA, sembravano indurre con maggiore frequenza un altro tipo di danno genetico, la formazione di “micronuclei” (frammenti di cromosoma persi durante la divisione cellulare, rilevati con il test CBMN). La microscopia ha mostrato che queste particelle più grandi restavano nel citoplasma ma potevano deformare fisicamente il nucleo, forse disturbando il processo di divisione cellulare.

Quindi, sembra che le dimensioni contino: le più piccole trasportano più “carico” tossico e penetrano più a fondo, mentre le più grandi possono causare danni anche per disturbo meccanico. In entrambi i casi, l’effetto combinato con il BaP rilasciato dopo la “digestione” è risultato il più preoccupante.

Immagine al microscopio confocale di cellule epatiche (HepG-2). I nuclei sono colorati in blu brillante (TO-PRO-3). Microplastiche fluorescenti (eccitate a 405nm, emissione verde/gialla) sono visibili internalizzate nel citoplasma rosso. Alcune microplastiche più piccole (1µm) sono vicine o dentro l'area nucleare. Le microplastiche più grandi (5µm) deformano il citoplasma vicino al nucleo. Alta risoluzione, obiettivo 60x ad immersione d'olio.

Cosa Significa Tutto Questo per la Nostra Salute?

Questo studio, anche se condotto in laboratorio, lancia un segnale d’allarme importante. Dimostra che le microplastiche non sono solo “pezzi inerti” che ingeriamo, ma possono attivamente peggiorare i rischi legati all’esposizione a inquinanti ambientali pericolosi come il BaP. La loro capacità di assorbire queste tossine e rilasciarle proprio durante il processo digestivo crea un cocktail potenzialmente molto dannoso per la nostra salute, in particolare per il fegato, che è il primo organo a ricevere le sostanze assorbite dall’intestino.

Ovviamente, servono ulteriori ricerche per capire appieno l’impatto sulla salute umana nel mondo reale, considerando le concentrazioni effettive a cui siamo esposti e le interazioni complesse che avvengono nel nostro organismo. Tuttavia, i risultati suggeriscono che il rischio associato all’inquinamento da microplastiche potrebbe essere sottostimato se non consideriamo il loro ruolo di “vettori” di altre sostanze tossiche.

Un Appello alla Consapevolezza e all’Azione

L’inquinamento da plastica è una questione ambientale emergente che dobbiamo affrontare seriamente. La capacità di queste particelle di assorbire e rilasciare noti cancerogeni una volta ingerite solleva serie preoccupazioni per la salute pubblica.

Cosa possiamo fare? Da un lato, servono strategie di prevenzione primaria: ridurre drasticamente l’uso e la dispersione di materie plastiche nel nostro ambiente. Dall’altro, è fondamentale implementare sistemi di filtrazione e purificazione più efficaci per l’acqua potabile e, potenzialmente, per gli alimenti, per ridurre la nostra esposizione e ingestione di microplastiche. Proteggere le nostre comunità e le generazioni future da questo danno potenziale è essenziale.

Spero che questa “chiacchierata” vi abbia dato qualche spunto di riflessione su un problema tanto piccolo nelle dimensioni quanto grande nelle sue potenziali implicazioni. Teniamo gli occhi aperti!

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *