Illustrazione medica fotorealistica del cervello umano con evidenziazione delle cellule microgliali infiammate (rosse e attive) che circondano i neuroni (blu) con accumuli di proteine tau e alfa-sinucleina (giallo brillante). Profondità di campo per mettere a fuoco l'interazione microglia-neurone. Stile da visualizzazione scientifica ad alta risoluzione.

Microglia Infiammate: Ho Scoperto Come Accendono la Miccia delle Malattie Neurodegenerative

Avete presente quelle terribili malattie neurodegenerative come l’Alzheimer e il Parkinson? Per anni, abbiamo pensato che i principali colpevoli fossero quegli strani aggregati di proteine che si accumulano nel cervello: i grovigli neurofibrillari di proteina tau nell’Alzheimer e i corpi di Lewy di alfa-sinucleina nel Parkinson. Certo, questi aggregati sono importanti, si diffondono come un incendio nel cervello man mano che la malattia avanza. Ma c’è un altro attore chiave sulla scena del crimine cerebrale: la neuroinfiammazione, orchestrata principalmente dalle nostre cellule immunitarie residenti, le microglia.

Fino a poco tempo fa, pensavamo che l’infiammazione fosse una conseguenza del danno, una reazione agli aggregati proteici. Ma se vi dicessi che forse ci sbagliavamo? E se fosse proprio l’infiammazione, quella guidata dalle microglia, a dare il via a tutto? Questa è la domanda affascinante che mi ha spinto, insieme al mio team, a indagare più a fondo.

L’Esperimento Chiave: Microglia ‘Accese’ nel Cervello Sano

Ci siamo chiesti: cosa succede se prendiamo delle microglia ‘normali’ e le ‘accendiamo’ esponendole alle proteine tossiche, come l’alfa-sinucleina (αSyn) o la tau, che sappiamo essere coinvolte in queste malattie? E, cosa ancora più importante, cosa succede se poi trapiantiamo queste microglia ‘accese’ nel cervello di topi completamente sani?

Per farlo, abbiamo coltivato microglia primarie (prese da topolini appena nati) e le abbiamo messe a contatto con un ‘brodo’ speciale (il cosiddetto ‘conditioned medium’ o CM) proveniente da cellule nervose che producevano e rilasciavano grandi quantità di αSyn o di proteina tau. Come controllo, abbiamo usato un CM da cellule che producevano una proteina innocua (LacZ).

Quello che abbiamo scoperto è stato sorprendente. Le microglia esposte ad αSyn o tau hanno cambiato comportamento: hanno iniziato a produrre più specie reattive dell’ossigeno (ROS), segno di stress cellulare, e hanno aumentato l’espressione di geni infiammatori come TNFα e Il1β. Insomma, si erano trasformate in cellule pro-infiammatorie.

Ma il vero colpo di scena è arrivato quando abbiamo iniettato un piccolo numero di queste microglia attivate (circa 20.000 cellule, una quantità che abbiamo ottimizzato per evitare danni diretti dall’iniezione) in una specifica area del cervello dei topi sani, lo striato. Ebbene, questi topi hanno iniziato a sviluppare tutti i segni tipici delle malattie neurodegenerative!

Dentro le Microglia: Cosa Ci Dice la Genetica?

Per capire meglio cosa stesse succedendo a livello molecolare dentro queste microglia ‘accese’, abbiamo usato una tecnica potentissima chiamata sequenziamento dell’RNA a singola cellula (scRNA-seq). Questa tecnica ci permette di leggere quali geni sono attivi in ogni singola cellula, un po’ come capire la ‘personalità’ di ciascuna.

Abbiamo scoperto che, dopo il trattamento con αSyn o tau, la popolazione di microglia cambiava drasticamente. Le microglia ‘tranquille’, quelle in stato di riposo o ‘omeostatiche’ (che nel gruppo di controllo LacZ erano l’85%), quasi scomparivano (solo il 3% nel gruppo αSyn e l’1% nel gruppo tau). Al loro posto, emergevano prepotentemente due nuovi sottotipi di microglia ‘infiammatorie’, che insieme costituivano quasi il 90% delle cellule nei gruppi αSyn e tau!

Queste microglia infiammatorie attivavano geni legati all’infiammazione (come Il1α, Cxcl2), al metabolismo lipidico, alla presentazione dell’antigene (un processo immunitario) e all’attivazione dei recettori Toll-like (TLR), noti per riconoscere segnali di pericolo, inclusi gli aggregati proteici. È interessante notare che, sebbene attivate da proteine diverse (αSyn o tau), le microglia mostravano profili infiammatori molto simili, suggerendo che l’attivazione infiammatoria in sé sia un potente motore di patologia, quasi indipendentemente dallo stimolo iniziale.

Immagine macro fotorealistica di cellule microgliali attivate in una piastra di Petri, illuminate con luce controllata per evidenziare i dettagli cellulari. Obiettivo macro 100mm, alta definizione, focus preciso.

Un Effetto Domino: La Malattia si Diffonde

La cosa forse più incredibile è stata osservare cosa succedeva nel cervello dei topi nel tempo. Le microglia che avevamo iniettato (marcate con dei puntini quantici fluorescenti, i ‘quantum dots’, per poterle seguire) rimanevano confinate vicino al sito di iniezione. Non migravano in giro per il cervello.

Eppure, i segni della malattia non rimanevano lì. Abbiamo analizzato diverse aree del cervello (striato, corteccia cerebrale, ippocampo) sia nello stesso lato dell’iniezione (ipsilaterale) che nel lato opposto (contralaterale). Già dopo una settimana, abbiamo iniziato a vedere un aumento delle forme ‘cattive’ e fosforilate (cioè modificate chimicamente in modo anomalo) sia di alfa-sinucleina (pS129) che di tau (p-tau). E questi livelli aumentavano progressivamente nelle settimane successive, diffondendosi ben oltre l’area di iniezione, raggiungendo anche l’emisfero opposto!

Non solo: abbiamo visto che questi aggregati proteici si formavano dentro i neuroni (le cellule nervose principali) in tutte queste aree, e assumevano anche la tipica struttura a ‘foglietto beta’ (rilevata con la colorazione Thioflavin S), caratteristica degli aggregati patologici. Quindi, le microglia attivate, pur rimanendo localizzate, erano in grado di innescare la formazione e la diffusione di tauopatie (accumuli di tau) e sinucleinopatie (accumuli di αSyn) in vaste aree del cervello. Un vero effetto domino.

Insieme agli aggregati proteici, si diffondeva anche l’infiammazione. Abbiamo osservato un aumento dell’attivazione di altre microglia (microgliosi, misurata con il marcatore Iba1) e degli astrociti (astrogliosi, marcatore GFAP), altre cellule di supporto del cervello che partecipano alla risposta infiammatoria. Anche i livelli della citochina infiammatoria TNFα aumentavano progressivamente in tutte le regioni esaminate.

Visualizzazione 3D fotorealistica di un cervello di topo sezionato che mostra la diffusione di aggregati proteici (visualizzati come punti luminosi rossi) e infiammazione (aree gialle/arancioni) da un'area di iniezione (striato) ad altre regioni. Stile da illustrazione scientifica, illuminazione drammatica.

Non Solo Danni al Cervello: Le Conseguenze sul Comportamento

Tutto questo danno cerebrale diffuso non poteva non avere conseguenze. Abbiamo sottoposto i topi a una serie di test comportamentali per valutare le loro funzioni motorie e cognitive.

I risultati sono stati chiari e progressivi:

  • Problemi motori: Già dopo 4 settimane, i topi che avevano ricevuto le microglia attivate (sia da αSyn che da tau) mostravano peggioramenti nel test della trave di equilibrio (scivolavano di più). Nelle settimane successive (6-8 settimane), diminuiva anche la forza nella presa delle zampe anteriori e posteriori. Abbiamo anche notato una perdita significativa di neuroni dopaminergici (quelli colpiti nel Parkinson) nella substantia nigra, un’area chiave per il controllo motorio.
  • Deficit cognitivi: Dopo 6 settimane, i topi mostravano problemi nel test Y-maze, che valuta la memoria di lavoro spaziale. Dopo 8 settimane, mostravano anche deficit nel test di evitamento passivo, che misura la memoria associativa legata alla paura.

In pratica, l’iniezione di quelle poche microglia attivate era stata sufficiente a scatenare un processo neurodegenerativo progressivo che portava a deficit motori e cognitivi simili a quelli osservati nelle malattie umane.

Foto d'azione fotorealistica di un topo da laboratorio su una trave di equilibrio stretta, che mostra difficoltà motorie e sbilanciamento. Obiettivo zoom teleobiettivo 200mm, velocità otturatore elevata, tracciamento del movimento per catturare l'azione.

Il Circolo Vizioso: Infiammazione e Proteine Tossiche

Come è possibile che delle microglia localizzate causino un danno così esteso? La nostra ipotesi è che si inneschi un circolo vizioso.

1. Le microglia attivate che iniettiamo creano un microambiente infiammatorio nel sito di iniezione.
2. Questa infiammazione spinge i neuroni vicini a produrre e aggregare le proteine αSyn e tau.
3. Questi aggregati vengono rilasciati dai neuroni e attivano ulteriormente le microglia circostanti, alimentando l’infiammazione. Si crea così un ciclo locale che si auto-sostiene.
4. Ma non finisce qui: gli aggregati proteici possono viaggiare lungo le connessioni neuronali (gli assoni) verso aree cerebrali distanti.
5. Una volta arrivate in queste nuove aree, vengono rilasciate, attivano le microglia locali, scatenano l’infiammazione e inducono la formazione di nuovi aggregati nei neuroni di quella regione, iniziando un nuovo circolo vizioso.

Questo spiegherebbe la diffusione progressiva della patologia osservata nei nostri topi.

Cosa Significa Tutto Questo?

Questa ricerca cambia un po’ le carte in tavola. Dimostra in modo piuttosto convincente che l’infiammazione guidata dalle microglia non è solo una conseguenza, ma può essere un innesco primario per lo sviluppo e la progressione delle tauopatie e delle sinucleinopatie. Suggerisce anche un meccanismo per cui diverse patologie proteiche (come quelle dell’Alzheimer e del Parkinson) possono coesistere nello stesso cervello: l’infiammazione potrebbe essere il fattore comune che promuove l’aggregazione di più tipi di proteine.

Questo apre scenari importantissimi per la terapia. Se l’infiammazione gioca un ruolo così precoce e cruciale, forse intervenire su di essa, magari modulando l’attivazione delle microglia, potrebbe essere una strategia efficace per rallentare o addirittura prevenire queste devastanti malattie. Il modello animale che abbiamo sviluppato, basato sull’iniezione di microglia attivate, potrebbe diventare uno strumento prezioso per testare nuove terapie anti-infiammatorie e per capire ancora meglio l’intricato dialogo tra sistema immunitario e neuroni nel contesto della neurodegenerazione.

C’è ancora molta strada da fare, ma aver capito che le nostre stesse cellule immunitarie cerebrali possono accendere la miccia di queste malattie ci dà un nuovo bersaglio e una nuova speranza.

Fonte: Springer

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