Microbioma Intestinale e Allenamento: Il Tuo Corpo Come Non L’Hai Mai Visto!
Ehilà, appassionati di scienza e fitness! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante che sta rivoluzionando il modo in cui pensiamo all’esercizio fisico e al nostro corpo. Sto parlando del microbioma intestinale. Sì, quella comunità brulicante di microrganismi che vive nel nostro intestino! Pensateci un attimo: non siamo soli! E questi piccoli “coinquilini” hanno un impatto enorme sulla nostra salute, sul nostro umore e, udite udite, anche sulle nostre prestazioni sportive e su come rispondiamo all’allenamento.
Recentemente, un gruppo di scienziati si è immerso in uno studio super interessante, pubblicato su Springer Nature, per capire meglio come il tipo di esercizio (aerobico contro anaerobico) e il background di allenamento (atleti di resistenza, atleti di forza e persone normalmente attive) influenzino il nostro microbioma e certi segnali nel nostro sangue, i cosiddetti biomarcatori. E i risultati, ve lo dico, aprono scenari pazzeschi!
Il Palcoscenico della Ricerca: Atleti a Confronto
Immaginate la scena: da una parte, atleti di resistenza, quelli macina-chilometri come maratoneti o sciatori di fondo, con almeno 5 anni di allenamento specifico. Dall’altra, atleti di forza, i “bestioni” del sollevamento pesi e del bodybuilding, anche loro con anni di esperienza. E poi, un gruppo di controllo, ragazzi fisicamente attivi ma senza un training strutturato. Cinquantadue uomini in totale, pronti a mettersi alla prova.
A tutti loro è stato chiesto di affrontare due test massimali, separati da 14 giorni di “pausa attiva” in cui hanno continuato le loro normali routine:
- Il Wingate Test: una vera e propria esplosione di potenza anaerobica. Due sprint massimali da 30 secondi su una cyclette speciale, con una breve pausa in mezzo. Roba da far bruciare le gambe solo a pensarci!
- Il Bruce Treadmill Test: un classico test aerobico su tapis roulant, progressivamente più intenso, fino allo sfinimento. L’obiettivo? Misurare il VO2max, la massima capacità del corpo di utilizzare l’ossigeno.
Prima, durante e dopo questi test, i ricercatori hanno raccolto campioni di sangue e, sì, anche di feci. So che può suonare un po’ “ehm”, ma è proprio lì, nel “prodotto finito”, che si nascondono i segreti del nostro microbioma!
Cosa Succede nel Sangue? I Biomarcatori Sotto la Lente
Analizzando il siero sanguigno, gli scienziati hanno monitorato una serie di molecole chiave: adipochine (come adiponectina, leptina, resistina) legate al metabolismo energetico; citochine (come interleuchine varie, OSM, LIF) che sono i messaggeri dell’infiammazione e della riparazione muscolare; proteine coinvolte nel rimodellamento dei tessuti (SPARC, FSTL1, TIMP-1) e nel metabolismo del ferro (TfR). Un vero e proprio check-up molecolare!
Molti di questi biomarcatori hanno mostrato tendenze simili dopo l’esercizio in tutti i gruppi. Ad esempio, l’Oncostatina M (OSM) e l’Interleuchina-15 (IL-15) diminuivano significativamente 24 ore dopo entrambi i test, suggerendo una riduzione generale dell’infiammazione e l’avvio dei processi di rigenerazione muscolare. La leptina, l’ormone della sazietà, calava dopo il test di Wingate, confermando la sua sensibilità all’esercizio anaerobico. La Follistatina-like 1 (FSTL1) mostrava un andamento bifasico: un leggero aumento iniziale seguito da una diminuzione, indicando il suo ruolo nell’infiammazione e nella riparazione muscolare. Altri, come LIF, resistina, IL-6 e TfR, rimanevano invece stabili.

Ma la vera sorpresa è arrivata da due proteine in particolare: SPARC (Secreted Protein Acidic and Rich in Cysteine) e adiponectina. Queste due si sono comportate in modo diverso a seconda del tipo di test, ma in modo simile tra i vari gruppi di partecipanti.
Aerobico vs. Anaerobico: Risposte Diverse per SPARC e Adiponectina
Dopo il test di Wingate (anaerobico), i livelli di SPARC tendevano ad aumentare (in modo significativo nel gruppo di controllo 24 ore dopo), mentre dopo il test di Bruce (aerobico) non c’erano variazioni significative, anzi, una leggera tendenza alla diminuzione. L’adiponectina, invece, diminuiva significativamente tra le 6 e le 24 ore dopo il Wingate in tutti i gruppi, mentre rimaneva stabile dopo il test di Bruce.
Perché questa differenza? Beh, il test di Wingate è breve ma brutalmente intenso, e potrebbe scatenare risposte di stress acute e rapide. Il test di Bruce, pur essendo massimale, è progressivo e più lungo, inducendo uno stress fisiologico più sostenuto. Sembra che queste diverse “sfide” metaboliche e di stress modulino SPARC e adiponectina in modi distinti. L’adiponectina, coinvolta nel metabolismo dei lipidi e nella sensibilità insulinica, potrebbe diminuire dopo lo sforzo anaerobico intenso perché il corpo dà priorità ad altri processi, come la produzione di energia e la riparazione cellulare.
Il Microbioma Entra in Gioco: Correlazioni Sorprendenti
Qui la cosa si fa ancora più intrigante! I ricercatori hanno cercato legami tra le variazioni di questi biomarcatori e i cambiamenti nella composizione del microbioma intestinale. E ne hanno trovati!
Dopo il test di Wingate, negli atleti di forza, le variazioni di SPARC e adiponectina erano correlate a un percorso metabolico batterico chiamato PWY0-1477: utilizzazione dell’etanolammina. SPARC era anche legata a un batterio, Blautia massiliensis, e a un altro percorso, PWY-7199: recupero dei desossiribonucleosidi pirimidinici. Curiosamente, nel gruppo di controllo, l’adiponectina era correlata negativamente alla degradazione delle pirimidine.
Questi percorsi legati ai nucleotidi (i mattoncini del DNA e dell’RNA) potrebbero influenzare i livelli di adiponectina indirettamente. L’esercizio intenso aumenta la necessità di catabolismo dei nucleotidi per la riparazione del DNA e la produzione di energia. Questa “priorità metabolica” potrebbe impattare la sintesi di altre proteine come l’adiponectina. È come se il corpo dicesse: “Ok, ora pensiamo a riparare i danni e a fare benzina, all’adiponectina ci pensiamo dopo!”.
Dopo il test di Bruce (aerobico), invece, l’adiponectina era correlata negativamente con percorsi di recupero del NAD e del ciclo del gamma-glutammile. E, cosa importante, nel gruppo degli atleti di forza non sono state trovate associazioni significative con i biomarcatori dopo questo test aerobico, a differenza degli altri gruppi.
Atleti di Forza e Resistenza: Differenze Specifiche
Lo studio ha confermato l’ipotesi che il tipo di allenamento a cui si è abituati modella le risposte.
Negli atleti di forza, dopo il test di Wingate (il “loro” tipo di sforzo), sono emerse numerose associazioni tra microbioma e biomarcatori. Ad esempio, il percorso PWY-5989: biosintesi dello stearato II era associato con IL-15, IL-1alfa e IL-10. Diversi batteri come Blautia spp., Lactococcus lactis, Alistipes onderdonkii, Sutterella wadsworthensis e Roseburia intestinalis erano collegati a vari biomarcatori.
Negli atleti di resistenza, dopo il test di Bruce (più affine al loro training), le correlazioni più interessanti riguardavano il TIMP-1 (coinvolto nel rimodellamento tissutale) e il TfR (metabolismo del ferro). Due specie batteriche, Eubacterium rectale e Blautia wexlerae (noti produttori di butirrato, un acido grasso a catena corta benefico), e due percorsi metabolici (biosintesi del tetrapirrolo e degradazione dell’L-istidina) erano associati a questi biomarcatori. Eubacterium rectale era anche legato all’IL-15. Questo fa pensare a un possibile “asse intestino-muscolo”, dove il microbioma influenza la fisiologia muscolare e il recupero, specialmente dopo sforzi di endurance. Il butirrato ha proprietà antinfiammatorie, il TIMP-1 è cruciale per la riparazione muscolare, il TfR per il trasporto di ossigeno, e l’IL-15 per la crescita e la funzione immunitaria muscolare. Tutto torna!

Batteri ‘Spia’: Indicatori di Risposta all’Allenamento?
Un’altra scoperta notevole riguarda gli atleti di forza quando si sono cimentati con il test di Bruce (aerobico), per loro meno “familiare”. In questo gruppo, la risposta di alcuni biomarcatori (IL-1alfa e TIMP-1) era diversa, quasi “inibita”, rispetto agli atleti di endurance e al gruppo di controllo. I ricercatori si sono chiesti: c’entra il microbioma di partenza?
Ebbene sì! Hanno identificato due specie batteriche, Clostridium phoceensis e Catenibacterium spp. AM22 15, che erano più abbondanti nel microbioma basale (prima del test) degli atleti di forza (i “non-responder” al test aerobico) rispetto agli altri. Clostridium phoceensis è capace di sintetizzare triptofano, un amminoacido il cui metabolismo è legato alla regolazione immunitaria e all’infiammazione. Catenibacterium era già stato notato in studi precedenti per essere arricchito negli atleti di forza. Questo suggerisce che la composizione iniziale del nostro “zoo” intestinale potrebbe predisporre a rispondere in un certo modo a tipi di esercizio diversi dal solito.
Limiti e Prospettive Future: La Scienza Non Si Ferma
Come ogni studio scientifico che si rispetti, anche questo ha i suoi limiti. Il campione di partecipanti, seppur ben caratterizzato, non era enorme. Inoltre, non è stato fatto un tracciamento formale della dieta dei partecipanti, che sappiamo influenzare il microbioma. E la durata variabile del test di Bruce (dipendente dalla fitness individuale) potrebbe aver introdotto una certa variabilità.
Tuttavia, i risultati sono una miniera d’oro! Ci dicono che c’è un dialogo fittissimo tra il tipo di esercizio che facciamo, il nostro background di allenamento, i segnali chimici nel nostro sangue e, soprattutto, i nostri piccoli amici batterici.
Cosa Portiamo a Casa?
Beh, per me la lezione è chiara: il nostro corpo è un sistema incredibilmente complesso e interconnesso. L’esercizio non è solo una questione di muscoli e calorie, ma scatena una cascata di risposte biochimiche che coinvolgono anche il nostro microbioma.
Queste scoperte, seppur preliminari, aprono la strada a scenari futuri entusiasmanti. Immaginate di poter analizzare il microbioma di un atleta per personalizzare il suo piano di allenamento e recupero, o addirittura di usare specifici probiotici o prebiotici per ottimizzare le prestazioni e la salute.
Certo, la strada è ancora lunga e servono ulteriori ricerche per confermare questi legami e capire i meccanismi esatti. Ma una cosa è certa: la prossima volta che andrete a correre o a sollevare pesi, ricordatevi che non siete soli. Avete un intero esercito di microbi che lavora (o a volte rema contro!) con voi. Affascinante, no?
Alla prossima scoperta!
Fonte: Springer
