Coralli Sotto Stress Salino: I Segreti Nascosti nel Loro Microbioma all’Estuario del Fiume delle Perle
Amici appassionati di mare e scienza, oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nelle profondità di un ecosistema tanto bello quanto fragile: quello dei coralli. Immaginate le barriere coralline come le “foreste pluviali dell’oceano”, brulicanti di vita, un vero spettacolo della natura che, pensate un po’, coprono solo una piccolissima parte dei nostri mari (circa lo 0.17–0.5%) ma ospitano quasi il 30% di tutte le creature marine! Incredibile, vero? Ma cosa rende i coralli così speciali e, soprattutto, così vulnerabili?
Il segreto sta in una complessa orchestra di organismi che vivono in simbiosi, quello che noi scienziati chiamiamo olobionte corallino. Non si tratta solo del polipo cnidario, l’animaletto che costruisce lo scheletro calcareo, ma anche di un intero universo microscopico che include alghe unicellulari (le famose Symbiodiniaceae), batteri, archea, funghi e chissà quanti altri microrganismi ancora da scoprire. Le Symbiodiniaceae sono fondamentali: attraverso la fotosintesi, forniscono carbonio organico al corallo, una sorta di “pasto energetico”. In cambio, utilizzano i prodotti di scarto del corallo per nutrienti vitali come azoto e fosforo. E i batteri? Beh, non sono da meno! Svolgono ruoli cruciali nella fissazione dell’azoto, del carbonio, dello zolfo, del fosforo, aiutano nella riparazione dei tessuti e producono persino antibiotici per difendere il corallo da ospiti indesiderati.
Ora, immaginate questi delicati equilibri messi a dura prova. I coralli sono generalmente considerati organismi stenohalini, il che significa che hanno una capacità limitata di regolare la pressione osmotica interna e quindi di adattarsi a variazioni di salinità. Il loro range ideale è tra 32 e 40‰. Ma cosa succede quando la salinità scende drasticamente, come può accadere negli estuari a causa di forti piogge e afflussi di acqua dolce?
Un Tuffo nell’Estuario del Fiume delle Perle: Cosa Abbiamo Indagato?
Proprio su questo si è concentrato uno studio recente, pubblicato su Springer, che ha esplorato le comunità coralline dell’Estuario del Fiume delle Perle, in Cina. Quest’area è particolarmente interessante perché è soggetta a frequenti afflussi di acqua dolce, soprattutto durante la stagione dei tifoni e delle piogge intense. Pensate che nell’estate del 2022, piogge record hanno causato un grave evento di sbiancamento dei coralli nelle isole Wanshan, proprio lì nell’estuario. La bassa salinità è uno stress ambientale tremendo per i coralli: può compromettere la loro crescita, riproduzione, fotosintesi, respirazione e persino portare alla morte.
Noi ricercatori ci siamo posti due domande fondamentali: esistono differenze nei microrganismi associati ai coralli nelle comunità dell’Estuario del Fiume delle Perle in condizioni di bassa salinità? E come si adattano gli olobionti corallini a queste condizioni difficili? Per rispondere, abbiamo raccolto campioni di sei specie di corallo rappresentative (Platygyra daedalea, Plesiastrea versipora, Acropora solitaryensis, Montipora peltiformis, Echinophyllia aspera, e Galaxea fascicularis) dopo un periodo di forti piogge che aveva abbassato la salinità media a circa 24.4‰, ben al di sotto del normale.
Abbiamo analizzato la densità delle Symbiodiniaceae, il contenuto di clorofilla a (Chl a), e la diversità e composizione delle comunità di Symbiodiniaceae e dei batteri associati, confrontando i dati con studi precedenti in condizioni di salinità normale.
Le Alghe Simbionti: Alleate Preziose ma Diverse Sotto Stress
Cosa abbiamo scoperto sulle Symbiodiniaceae? È emerso che, sebbene tutte e sei le specie di corallo fossero dominate dal genere Cladocopium, i sottocladi specifici di queste alghe variavano notevolmente. Alcune specie, come Acropora solitaryensis, mostravano un’alta diversità di Symbiodiniaceae ma una bassa densità algale, suggerendo una strategia adattativa particolare alla bassa salinità. Altre, come Plesiastrea versipora, sembravano aumentare la loro resistenza associandosi a specifici sottocladi di Symbiodiniaceae e mantenendo un’alta densità algale nonostante lo stress.
La densità delle Symbiodiniaceae e il contenuto di Chl a variavano significativamente tra le specie. Ad esempio, Platygyra daedalea aveva la più alta densità di Symbiodiniaceae, mentre Echinophyllia aspera la più bassa. Galaxea fascicularis, invece, spiccava per l’altissimo contenuto di Chl a. Confrontando con dati di salinità normale, abbiamo notato che entrambe le specie Plesiastrea versipora e Montipora peltiformis mostravano una diminuzione della densità algale in bassa salinità. Anche il contenuto di Chl a in Acropora solitaryensis e Montipora peltiformis era inferiore rispetto alle condizioni normali. Questo ci dice che la bassa salinità colpisce duramente questi parametri, e le differenze osservate potrebbero spiegare le diverse capacità di adattamento dei coralli.

Un aspetto affascinante è che il sottoclade Cladocopium C1, noto per la sua alta efficienza fotosintetica, era dominante in molti coralli, ma la sua abbondanza variava. Ad esempio, in Plesiastrea versipora era del 41.5% in bassa salinità, contro il 75% in condizioni normali. Questo suggerisce che, sotto stress da bassa salinità, i coralli potrebbero cercare di mantenere un legame con alghe altamente efficienti per sostenere il loro metabolismo. Curiosamente, alcune specie come Montipora peltiformis hanno mostrato un cambiamento nei sottocladi dominanti: in condizioni normali prevalevano Cladocopium C3d e C2r, mentre in bassa salinità Cladocopium C3d e Cspc. Questa flessibilità potrebbe essere una chiave per la sopravvivenza in ambienti difficili.
Il Mondo Batterico: Un Esercito Silenzioso e Flessibile
E i batteri? Anche qui, il quadro è complesso e intrigante! I phyla dominanti erano Proteobacteria, Chloroflexi e Bacteroidetes, ma la loro diversità e composizione variavano significativamente tra le specie di corallo. Alcune specie, come Acropora solitaryensis, presentavano un’alta diversità batterica, mentre altre, come Plesiastrea versipora, sembravano aumentare la loro resistenza attraverso la dominanza di pochi gruppi batterici specifici.
Confrontando con condizioni di salinità normale, abbiamo visto cambiamenti notevoli. Ad esempio, in Montipora peltiformis, in salinità normale i batteri dominanti erano i Cyanobacteria (con abbondanze relative del 92.15%, in particolare Synechococcus CC9902). In bassa salinità, invece, i Proteobacteria prendevano il sopravvento, con il genere u_Rhodobacteraceae come dominante. Questo è un cambiamento enorme! I Synechococcus sono importanti per la fissazione dell’azoto e la fotosintesi, mentre le Rhodobacteraceae possono contribuire alla resilienza del corallo assorbendo DMSP (dimetilsolfoniopropionato) dalle Symbiodiniaceae e producendo composti antibatterici. Questo ci mostra come la bassa salinità possa rimodellare profondamente le comunità batteriche, con conseguenze sulla salute dell’olobionte.
Al contrario, la composizione batterica di Galaxea fascicularis è apparsa relativamente più stabile. In condizioni di salinità normale, γ-Proteobacteria, α-Proteobacteria e Cyanobacteria erano presenti a livelli relativamente alti, e anche in bassa salinità i Proteobacteria rimanevano dominanti. Questa stabilità del microbioma potrebbe essere correlata a una diversa suscettibilità allo sbiancamento.
Abbiamo notato che una maggiore diversità batterica potrebbe essere un fattore importante per l’adattabilità dei coralli alla bassa salinità. Comunità batteriche più diverse potrebbero offrire una maggiore complementarietà di nicchia o ridondanza funzionale, aiutando l’olobionte a far fronte allo stress. Generi batterici come Pseudoalteromonas, trovato in abbondanza in alcuni coralli come Platygyra daedalea, sono noti per avere effetti antagonisti contro vari patogeni, incluso il genere Vibrio, che può diventare problematico in condizioni di stress. Anche Ruegeria, presente in P. daedalea e M. peltiformis, è un potenziale probiotico che produce antibiotici contro Vibrio. Quindi, la presenza e l’abbondanza di questi batteri “buoni” potrebbero essere cruciali per la salute del corallo in ambienti difficili.

Strategie di Sopravvivenza: L’Arte dell’Adattamento Corallino
Quindi, cosa ci dice tutto questo? Ci dice che i coralli non sono attori passivi di fronte allo stress ambientale. Essi mettono in atto diverse strategie di adattamento, principalmente attraverso la regolazione dinamica del loro microbioma. Non esiste una soluzione unica per tutti.
- Alcune specie di corallo sembrano puntare su un’alta diversità sia di Symbiodiniaceae che di batteri associati per aumentare la loro tolleranza.
- Altre specie, invece, potrebbero incrementare la loro resistenza associandosi a sottocladi specifici di Symbiodiniaceae (magari più efficienti o resistenti), mantenendo un’alta densità di queste alghe, oppure favorendo la dominanza di specifici gruppi batterici che offrono particolari benefici.
In sostanza, una elevata densità di Symbiodiniaceae e un’alta diversità batterica sembrano essere vantaggiose per aumentare la tolleranza dell’olobionte corallino agli ambienti a bassa salinità. La capacità dei coralli di modulare queste complesse relazioni simbiotiche è probabilmente la chiave della loro persistenza in ambienti difficili come gli estuari.
Cosa Ci Insegna Questa Ricerca?
Questa ricerca ci apre una finestra affascinante sulla complessità e la resilienza degli olobionti corallini. Capire come diverse specie di corallo si adattano a condizioni di stress come la bassa salinità è fondamentale, specialmente in un’epoca di cambiamenti climatici globali che portano a eventi meteorologici estremi più frequenti, come piogge intense che possono alterare drasticamente la salinità costiera. Queste conoscenze sono preziose per sviluppare strategie di conservazione più efficaci per questi ecosistemi vitali. Il microbioma corallino, questo universo invisibile, gioca un ruolo da protagonista nella sopravvivenza dei coralli, e noi stiamo solo iniziando a svelarne i segreti!

Fonte: Springer
