Fotografia macro di diverse gocce di oli vegetali di vari colori (giallo dorato, verde oliva, ambrato) su una superficie scura riflettente, con semi oleosi come girasole e lino sparsi artisticamente intorno, obiettivo macro 105mm, alta definizione, illuminazione controllata per esaltare la lucentezza e la viscosità degli oli.

Micotossine Nascoste negli Oli: Un Viaggio Inaspettato nella Tua Dispensa!

Amici e amiche salutisti, e non solo! Oggi voglio portarvi con me in un’indagine un po’ particolare, una di quelle che ti fa guardare con occhi diversi un prodotto che usiamo quasi tutti i giorni: l’olio vegetale. Sì, proprio lui, il fedele compagno di insalate, soffritti e mille altre preparazioni. Ma siamo sicuri di sapere tutto quello che si nasconde in quella bottiglia?

Vedete, gli oli vegetali, per quanto preziosi per la nostra dieta, derivano da semi oleosi. E questi semi, ahimè, possono essere un terreno fertile per ospiti indesiderati, specialmente se le condizioni di coltivazione e stoccaggio non sono proprio da manuale. Parlo delle micotossine (MTs), sostanze tossiche prodotte da alcune muffe. La loro presenza dipende molto anche da dove vengono coltivati i semi. Insomma, un bel rompicapo!

Così, mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha voluto vederci chiaro sulla presenza di alcune di queste birichine – le aflatossine (AFs), l’alternariolo (AOH) e l’acido tenuazonico (TEA) – in ben 18 tipi di oli vegetali commestibili. Hanno usato una tecnica chiamata saggio immunoenzimatico (ELISA), una sorta di “detective molecolare” molto efficace.

Ma cosa sono queste micotossine di cui parliamo?

Prima di addentrarci nei risultati, facciamo un piccolo identikit di queste sostanze. Le micotossine sono un problema serio per la salute pubblica a causa dei loro effetti tossici, che possono essere anche gravi.

  • Le Aflatossine (AFs), prodotte principalmente da muffe del genere Aspergillus (come Aspergillus flavus e Aspergillus parasiticus), sono tra le più temute. L’Aflatossina B1 (AFB1) è un potente cancerogeno naturale, capace di fare danni seri al fegato, portando a necrosi cellulare, emorragie, fibrosi, cirrosi e persino carcinoma epatocellulare. Non proprio uno scherzo!
  • Poi ci sono le cosiddette micotossine “emergenti”, come quelle prodotte dal genere Alternaria. L’Alternariolo (AOH) è una delle tossine di Alternaria che si trova più spesso nelle colture ricche di olio e nei loro prodotti trasformati. Anche se la sua tossicità acuta è considerata bassa, ci sono prove crescenti che, a concentrazioni elevate, possa indurre danni al DNA, disturbare il ciclo cellulare, promuovere l’apoptosi (la morte programmata delle cellule) e interferire con la funzione delle cellule immunitarie. Può anche generare specie reattive dell’ossigeno e interagire con enzimi importanti per il DNA.
  • Infine, l’Acido Tenuazonico (TEA), un’altra tossina di Alternaria, inibisce il rilascio di proteine neosintetizzate dai ribosomi. Sebbene la sua tossicità in vitro sia bassa, gli effetti in vivo sono molto più pronunciati, causando gastroenteropatie emorragiche e danni agli organi in diversi modelli animali.

La contaminazione delle materie prime vegetali da parte delle MTs è un problema globale, che non solo mette a rischio la sicurezza di alimenti e mangimi, ma causa anche ingenti danni economici. Pensate che uno studio su larga scala condotto in 100 paesi ha rivelato che l’88% dei campioni di materie prime analizzate (mais, grano, soia, ecc.) era contaminato da almeno una micotossina! Le regioni con climi caldi e umidi sono particolarmente a rischio, ma anche i cambiamenti climatici e le cattive condizioni di stoccaggio possono giocare un ruolo cruciale ovunque.

La nostra indagine: un tuffo negli oli del supermercato

Nello studio che ho analizzato, i ricercatori hanno messo sotto la lente ben 102 campioni di oli, tra cui quelli più comuni come l’olio di girasole, di lino, d’oliva, di senape, di sesamo, di canapa e altri ancora, tutti presi dal mercato russo. L’obiettivo era capire quanto fossero diffuse queste tre micotossine (AFs, AOH e TEA).

I limiti di rilevazione dei test ELISA utilizzati erano in linea con i limiti normativi: 5 μg/kg per le AFs, 10 μg/kg per l’AOH e 100 μg/kg per il TEA. Una cosa interessante è che, per recuperare al meglio queste sostanze dalla matrice oleosa (che non è proprio semplicissima da analizzare!), è stato necessario usare solventi di estrazione specifici per ciascuna: l’acetonitrile (MeCN) si è rivelato il migliore per le aflatossine, il metanolo (MeOH) per l’AOH e una soluzione tampone acquosa (PBST) per il TEA. È un po’ come usare la chiave giusta per ogni serratura!

I tassi di recupero delle micotossine da una vasta gamma di oli commestibili comuni sono stati molto buoni, variando dal 63.9% al 115.9%, con coefficienti di variazione inferiori al 19%. Questo significa che il metodo è affidabile.

Macro fotografia di semi di girasole, alcuni visibilmente ammuffiti con muffe verdastre e grigiastre, illuminazione controllata per evidenziare i dettagli della muffa e la texture dei semi, obiettivo macro 100mm, alta definizione.

Grazie alla sensibilità del metodo ELISA, è stato possibile rilevare l’AFB1 e l’AOH nel 73.5% dei campioni e il TEA nel 66.6%. Però, e questa è la buona notizia, i livelli superiori ai limiti massimi di residui (LMR) sono stati osservati solo nello 0% per le AFs (fantastico!), nel 4.9% per l’AOH e nel 7.8% per il TEA.

L’arte dell’estrazione e la magia dell’ELISA

Analizzare le micotossine negli oli vegetali non è una passeggiata. Di solito si usano tecniche cromatografiche complesse (HPLC, GC-MS/MS) che richiedono una preparazione del campione lunga e laboriosa. Immaginate di dover “pulire” l’olio per isolare queste minuscole tracce di tossine! I metodi immunoanalitici come l’ELISA, invece, sono generalmente più semplici, più veloci, più economici e permettono di analizzare molti campioni contemporaneamente. Richiedono anche una preparazione del campione più facile e possono essere adattati per test sul campo. Tuttavia, il loro uso per gli oli vegetali è ancora poco frequente, proprio per la difficoltà di lavorare con una matrice così “grassa”. Questo studio, quindi, è importante anche perché valida l’efficacia dell’ELISA, abbinato a protocolli di estrazione ottimizzati, per l’analisi di routine di un’ampia gamma di oli.

Come accennavo, la scelta del solvente di estrazione è cruciale. Gli anticorpi, essendo molecole biologiche, lavorano bene in ambiente acquoso. Quindi, trasferire l’analita (la micotossina) dall’olio alla fase acquosa è fondamentale. L’AFB1 e l’AOH, essendo più “amici” dei solventi organici, sono stati estratti meglio con metanolo. Il TEA, invece, preferisce l’acqua, quindi il PBST è risultato il solvente ideale. Hanno anche testato diverse durate di estrazione e volumi di solvente, scoprendo che tempi più brevi (15 minuti di vigorosa agitazione) e un rapporto standard solvente/campione (1:1) sono sufficienti per l’AOH, il che è ottimo per risparmiare tempo e risorse.

Risultati: Aflatossine, le grandi assenti (per fortuna!)

Passiamo ai risultati concreti sui 102 campioni. Per quanto riguarda le aflatossine, sono state rilevate tracce nel 46.1% dei campioni, ma nessuno di questi superava la soglia critica di 2 ng/mL (che corrisponde a 2 μg/kg nell’olio, ben al di sotto del limite di 5 μg/kg). Anche le analisi di conferma con HPLC-MS/MS hanno mostrato assenza di contaminazione da AFB1. Questa bassa incidenza è in linea con altri studi internazionali, che riportano livelli prevalentemente bassi o non rilevabili di AFB1 negli oli di girasole, anche in regioni meridionali. Quindi, per le aflatossine, gli oli analizzati in questo studio russo sembrano essere piuttosto sicuri.

Le tossine di Alternaria: AOH e TEA sotto i riflettori

La situazione cambia un po’ se guardiamo alle tossine di Alternaria.

L’Alternariolo (AOH) è stato rilevato nel 60.8% dei campioni (> 0.2 ng/mL). Tuttavia, solo 5 campioni di olio di girasole su 29 (circa il 17% degli oli di girasole, o il 4.9% del totale dei campioni) sono stati classificati come non conformi, superando il livello indicativo UE di 10 ng/mL (10 μg/kg). La concentrazione media di AOH in tutti i campioni positivi di olio di girasole era di 5.4 ng/mL. È interessante notare che studi in altre regioni, come la Germania o l’India, hanno riportato livelli diversi, a volte più alti, sottolineando come l’origine geografica delle materie prime sia determinante.

Per l’Acido Tenuazonico (TEA), la contaminazione è stata riscontrata in più della metà dei campioni (61 su 102, > 7.5 ng/mL). Concentrazioni superiori a 100 ng/mL (100 μg/kg, il livello indicativo UE) sono state trovate in 8 campioni (il 7.8% del totale). Questi includevano oli di girasole (3 su 29) e oli di lino (2 su 17). Ma la sorpresa è arrivata dagli oli di canapa: qui l’incidenza è stata la più alta (3 su 5 campioni) con un livello medio di contaminazione da TEA di ben 406.6 ng/mL! Decisamente un dato che merita ulteriori approfondimenti su questa coltura e tipo di olio.

È curioso notare che solo due terzi dei campioni positivi per AOH lo erano anche per TEA, indicando che la presenza di una tossina di Alternaria non implica automaticamente la presenza dell’altra.

Primo piano di piastre ELISA a 96 pozzetti in un laboratorio, con pipette e campioni di olio vegetale in provette sullo sfondo, illuminazione da laboratorio chiara e precisa, obiettivo macro 60mm, messa a fuoco selettiva sulla piastra ELISA.

Raffinato vs. Non Raffinato: una bella differenza!

Un aspetto molto importante emerso dallo studio è l’effetto dei processi di raffinazione. La raffinazione degli oli vegetali può includere vari passaggi come l’estrazione con solventi, trattamenti con acidi e alcali, riscaldamento ad alte temperature, congelamento e filtrazione. Ebbene, questi trattamenti sembrano fare la differenza!

Prendendo come modello l’olio di girasole (l’unico tipo per cui c’erano sia campioni raffinati che non raffinati), si è visto che:

  • Per le Aflatossine, la frequenza di rilevamento negli oli non raffinati era maggiore rispetto a quelli raffinati (55% vs. 28%), e anche il livello residuo era leggermente più alto.
  • Per l’AOH, la percentuale di campioni di olio di girasole raffinato con contenuto non conforme (> 10 ng/mL) era solo del 5%, mentre per gli oli non raffinati raggiungeva il 36%. Inoltre, la concentrazione media di AOH negli oli raffinati era significativamente più bassa (2.6 vs. 9.6 ng/mL).
  • Anche per il TEA, la raffinazione ha mostrato un effetto positivo. Tra gli oli di girasole non raffinati, 3 su 11 (circa il 27%, ma lo studio dice 17% basato su n=11 quindi potrebbe esserci un arrotondamento o un errore nel testo originale) superavano i 100 ng/mL, mentre nessun olio raffinato presentava livelli di TEA superiori a questa soglia. La contaminazione media da TEA era molto più alta negli oli non raffinati (130 vs. 19.2 ng/mL).

Questi dati confermano scoperte precedenti: gli oli spremuti a freddo (non raffinati) tendono ad avere livelli di TEA più alti. Insomma, la raffinazione sembra essere un valido aiuto per ridurre il contenuto di queste micotossine.

L’importanza dell’origine e il futuro dei controlli

Questo studio ci offre uno spaccato interessante sulla contaminazione da micotossine negli oli vegetali del mercato russo e conferma che, in generale, questi prodotti sono relativamente sicuri, soprattutto per le temibili aflatossine. Tuttavia, evidenzia anche la necessità di un monitoraggio regolare del contenuto di AOH e TEA, specialmente nelle materie prime usate per produrre oli vegetali e nei prodotti finali, con un occhio di riguardo per gli oli non raffinati e per tipologie specifiche come l’olio di canapa per il TEA.

L’origine geografica delle materie prime ha un impatto significativo, così come le condizioni di stoccaggio e i metodi di lavorazione. Il metodo ELISA sviluppato e validato in questo studio si dimostra uno strumento affidabile, rapido ed economico per rilevare più micotossine negli oli commestibili, contribuendo a migliorare gli standard di sicurezza alimentare e a proteggere la nostra salute.

Quindi, la prossima volta che scegliete un olio, magari un pensiero in più a questi “ospiti invisibili” non guasta. E chissà, forse preferire un olio raffinato, in certi contesti, potrebbe non essere una cattiva idea dal punto di vista della sicurezza da micotossine, anche se spesso si esaltano le virtù degli oli non raffinati per altri aspetti nutrizionali. Come sempre, la conoscenza è la nostra migliore alleata!

Fonte: Springer

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