Mutilazioni Genitali Femminili e Parto Cesareo: Una Scoperta Sconcertante dall’Africa Sub-Sahariana
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento tanto delicato quanto importante, che mi ha fatto riflettere molto. Mi sono imbattuto in uno studio recente che esplora un legame inaspettato tra le mutilazioni genitali femminili/taglio (MGF/C) e il parto cesareo in Africa Sub-Sahariana. Preparatevi, perché quello che emerge è piuttosto sorprendente e ci costringe a guardare la realtà da una prospettiva diversa.
Sappiamo tutti, o dovremmo sapere, che le MGF/C sono una pratica devastante, una violazione dei diritti umani che purtroppo affligge ancora milioni di donne e ragazze, specialmente in alcune aree dell’Africa, del Medio Oriente e dell’Asia. L’Organizzazione Mondiale della Sanità le definisce come la rimozione parziale o totale dei genitali esterni femminili o altre lesioni agli organi genitali femminili per ragioni non mediche. Una pratica radicata in complesse dinamiche culturali, sociali e talvolta religiose, vista erroneamente come un rito di passaggio o un modo per controllare la sessualità femminile.
Le MGF/C: Un Fardello Pesante per la Salute Riproduttiva
Non è un segreto che le MGF/C abbiano conseguenze pesantissime sulla salute, sia immediate (infezioni, emorragie) sia a lungo termine. E quando si parla di parto, le cose si complicano ulteriormente. Le donne che hanno subito MGF/C hanno un rischio maggiore di:
- Travaglio ostruito
- Fistole ostetriche
- Sanguinamento eccessivo
- Necessità di episiotomie
- Travaglio prolungato
- Ricoveri ospedalieri più lunghi
Insomma, un quadro che mette a dura prova sia la madre che il bambino, oltre a gravare su sistemi sanitari già spesso in difficoltà. Istintivamente, si potrebbe pensare che queste complicazioni portino più facilmente a un parto cesareo, giusto? Sembra logico: se il parto naturale è più rischioso o complesso, si ricorre al cesareo come soluzione. Ma è davvero così?
Lo Studio: Indagare il Legame Inatteso
Ed è qui che entra in gioco lo studio che ha catturato la mia attenzione, pubblicato su *Reproductive Health*. I ricercatori si sono posti una domanda specifica: le MGF/C aumentano o *diminuiscono* la probabilità di un parto cesareo nei parti singoli in Africa Sub-Sahariana? Hanno analizzato i dati delle Indagini Demografiche e Sanitarie (DHS) più recenti (2019-2022) di cinque paesi: Burkina Faso, Gambia, Kenya, Senegal e Tanzania. Un campione enorme: ben 28.176 donne tra i 15 e i 49 anni che avevano avuto un parto singolo negli ultimi 5 anni.
Hanno usato modelli statistici sofisticati (regressione logistica multivariata, per i più tecnici) per isolare l’effetto delle MGF/C sul tipo di parto, tenendo conto di tantissimi altri fattori che potrebbero influenzare la scelta o la necessità di un cesareo: età della donna, età al primo parto, livello di istruzione (suo e del partner), status socio-economico (indice di ricchezza), residenza (urbana/rurale), altezza della madre, peso del bambino alla nascita, ecc.
I Risultati: Prevalenza di MGF/C e Cesarei
Prima di arrivare al nocciolo della questione, diamo un’occhiata ai numeri generali. Nello studio, circa il 37% delle donne intervistate aveva subito MGF/C. Un dato medio che nasconde però enormi differenze tra i paesi: si va da oltre il 74% in Gambia e il 63% in Burkina Faso a “solo” il 9% in Tanzania. Questo ci ricorda quanto sia eterogenea la situazione e come le radici culturali di questa pratica varino da luogo a luogo.
Lo studio conferma anche che le MGF/C sono più diffuse tra le donne con nessuna istruzione formale (55.5%) rispetto a quelle con istruzione primaria (27%) o superiore (24%), e tra le donne più povere (51.3%) rispetto alle più ricche (26.8%). Anche vivere in aree rurali aumenta la probabilità (39.6% vs 33.2% nelle aree urbane). L’istruzione e lo sviluppo economico sembrano quindi essere fattori protettivi importanti.
E i parti cesarei? La prevalenza generale è risultata relativamente bassa: circa l’8% delle donne aveva partorito con cesareo. Anche qui, grandi differenze:
- Più frequente tra le donne con istruzione superiore (12.4% vs 3.9% senza istruzione).
- Più frequente tra le donne più ricche (13.6% vs 4.0% tra le più povere).
- Più frequente nelle aree urbane (10.6% vs 6.4% nelle aree rurali).
- Più frequente in Kenya (11.3%) e meno in Burkina Faso (3.9%).
- Fattori come l’età avanzata al primo parto (>=37 anni: 27.1% di cesarei), il peso elevato del bambino alla nascita e la bassa statura materna (<145 cm) aumentavano significativamente la probabilità di cesareo.
Questi dati suggeriscono che l’accesso al parto chirurgico, spesso salvavita, è ancora fortemente influenzato da fattori socio-economici e geografici.
La Scoperta Sorprendente: MGF/C e Meno Cesarei?
E ora, tenetevi forte. Dopo aver considerato tutti i fattori confondenti, lo studio ha rivelato che le donne che avevano subito MGF/C avevano il 31% in meno di probabilità di avere un parto cesareo (Adjusted Odds Ratio = 0.69). Avete letto bene: meno probabilità, non di più!
Questo risultato è controintuitivo rispetto all’idea che le complicazioni da MGF/C dovrebbero portare a più interventi chirurgici. Come si spiega? I ricercatori ipotizzano che questo non significhi che le donne con MGF/C non abbiano bisogno del cesareo. Anzi, potrebbe essere il contrario: forse proprio le donne che ne avrebbero più bisogno a causa delle complicazioni legate alle MGF/C incontrano maggiori barriere nell’accedere a questo tipo di cure.
Pensateci: magari vivono in aree remote, hanno meno risorse economiche, meno potere decisionale, o magari c’è una preferenza culturale molto forte per il parto vaginale, anche quando presenta rischi elevati. Lo stigma associato al cesareo, visto a volte come un fallimento, potrebbe essere un ulteriore ostacolo. In pratica, queste donne potrebbero trovarsi in una trappola: più a rischio a causa delle MGF/C, ma meno in grado di accedere all’intervento che potrebbe salvar loro la vita o quella del bambino.
Cosa Possiamo Imparare? Implicazioni e Raccomandazioni
Questa scoperta è un campanello d’allarme. Ci dice che non basta lavorare per eradicare le MGF/C (cosa assolutamente fondamentale!), ma dobbiamo anche garantire un accesso universale ed equo alle cure ostetriche di emergenza, compreso il parto cesareo quando necessario.
Le raccomandazioni dello studio vanno proprio in questa direzione:
- Continuare la lotta contro le MGF/C: Attraverso leggi, policy, ma soprattutto coinvolgendo i leader delle comunità e sfidando le norme culturali dannose.
- Campagne di sensibilizzazione: Informare sui rischi delle MGF/C e sui benefici delle pratiche di parto sicuro, combattendo lo stigma verso il cesareo.
- Migliorare l’accesso ai servizi sanitari: Potenziare le strutture, soprattutto nelle aree rurali e per le popolazioni più vulnerabili, garantendo la presenza di personale qualificato per l’assistenza al parto.
- Empowerment femminile: L’istruzione e l’indipendenza economica delle donne sono potentissimi strumenti di cambiamento, anche per la salute materna.
- Approccio personalizzato: Considerare fattori di rischio individuali come la statura materna già durante le visite prenatali.
Certo, lo studio ha i suoi limiti (è osservazionale, si basa su dati auto-riferiti, non può stabilire causalità diretta), ma i suoi risultati sono troppo importanti per essere ignorati. Ci spingono a indagare più a fondo le barriere culturali e sistemiche che impediscono alle donne, specialmente quelle che hanno subito MGF/C, di ricevere le cure di cui hanno bisogno.
È una sfida complessa, che richiede un impegno su più fronti: dalla politica alla sanità, dall’educazione al dialogo comunitario. Ma la salute e la vita di milioni di donne e bambini dipendono da questo.
Fonte: Springer