Piccole Vescicole, Grandi Scoperte: Rivoluzionare l’Isolamento per la Ricerca Traslazionale
Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di minuscolo ma con un potenziale enorme nel campo della ricerca biomedica: le piccole vescicole extracellulari, o sEVs (dall’inglese small Extracellular Vesicles). Immaginatele come dei minuscoli postini che le nostre cellule inviano per comunicare tra loro, trasportando informazioni cruciali sullo stato di salute o di malattia della cellula da cui provengono. Proprio per questo, le sEVs sono diventate super interessanti come possibili biomarcatori diagnostici. Pensateci: potremmo scoprire malattie semplicemente analizzando queste vescicolette!
La Sfida: Isolare le sEVs in Modo Semplice ed Efficace
Qui, però, sorge il primo grande ostacolo. Per studiare queste sEVs e sfruttare il loro potenziale, dobbiamo prima riuscire a isolarle dai fluidi biologici (come sangue, saliva, urina) o dai terreni di coltura cellulare. E non è un gioco da ragazzi! Serve un metodo che sia non solo efficace nell’ottenere sEVs pure e in buona quantità, ma anche semplice, rapido e non troppo costoso, specialmente se pensiamo a un futuro utilizzo in ambito clinico o in laboratori con risorse limitate.
Negli ultimi vent’anni, la ricerca ha fatto passi da gigante, sviluppando diverse tecniche. Tra le più note ci sono:
- L’ultracentrifugazione (UC): è un po’ il “metodo della nonna”, il più usato. Prevede centrifugazioni a velocità altissime per separare le sEVs in base a densità e dimensioni. Funziona, ma richiede tempo, attrezzature specializzate e una certa esperienza tecnica.
- La cromatografia ad esclusione dimensionale (SEC): questa tecnica separa le sEVs in base alla loro grandezza facendole passare attraverso una colonna porosa. È più veloce dell’UC, ma può essere meno efficace con campioni biologici complessi.
- La cattura per immunoaffinità: un metodo più recente che usa anticorpi specifici per “acchiappare” le sEVs che espongono determinati marcatori sulla loro superficie (come CD63, CD81 o CD9). È molto specifica, ma può essere costosa e dipende dalla disponibilità degli anticorpi giusti.
E poi ci sono tecniche più nuove come la microfluidica, la separazione acustica e i metodi basati sulla precipitazione. Insomma, un bel panorama, ma spesso ci si trova confusi su quale protocollo scegliere. C’era un disperato bisogno di un metodo facile ed economico per ottenere sEVs di alta qualità.
La Nostra Proposta: Un “Cocktail” Vincente per Isolare le sEVs
Ed è qui che entriamo in gioco noi! Abbiamo sviluppato e testato approfonditamente una nuova strategia, che chiamo affettuosamente “cocktail”, per isolare le sEVs. Questo metodo integra la precipitazione chimica (usando polietilenglicole, o PEG) con l’ultrafiltrazione, attraverso un processo di filtraggio a due passaggi. L’obiettivo? Garantire una popolazione di sEVs altamente pura ed omogenea. E, cosa fondamentale, abbiamo confrontato il nostro metodo con quelli più tradizionali: la precipitazione con solo PEG (CP), l’ultracentrifugazione (UC) e le colonne per cromatografia ad esclusione dimensionale (SEC).
Per essere sicuri dei nostri risultati, abbiamo lavorato su tre tipi di campioni biologici diversi: terreni di coltura cellulare, plasma e saliva. Per ogni metodo, abbiamo analizzato le sEVs isolate sotto ogni aspetto:
- Quantità e dimensioni: utilizzando l’analisi di tracciamento delle nanoparticelle (NTA).
- Morfologia: osservandole al microscopio elettronico a trasmissione (TEM). Avete presente quelle immagini affascinanti di strutture sferiche piccolissime? Ecco, quelle!
- Validazione: quantificando l’espressione dei biomarcatori di superficie tipici delle sEVs, come il famoso CD9.

I risultati sono stati davvero incoraggianti! Le analisi al TEM hanno mostrato che il nostro metodo, che abbiamo chiamato CPF (Chemical Precipitation with UltraFiltration), è riuscito a isolare sEVs con una struttura rotonda e vescicolare, con un diametro tra i 30 e i 150 nm, da tutti e tre i tipi di campioni. E la cosa più bella? Le sEVs ottenute con il metodo CPF erano le più pure, con pochissime particelle non vescicolari o artefatti, soprattutto se confrontate con il metodo CP (solo precipitazione) o l’UC. La SEC, invece, pur dando vescicole pulite, ne dava una concentrazione minore.
Anche l’immunostaining per CD9, osservato al microscopio confocale a laser, ha confermato la superiorità del metodo CPF: l’espressione di CD9 era nettamente più specifica rispetto al metodo CP. Combinando TEM e microscopia confocale, abbiamo avuto la certezza della purezza delle sEVs isolate con il nostro approccio CPF. Abbiamo persino fatto una Cryo-TEM (microscopia elettronica a trasmissione criogenica) su sEVs da terreno di coltura isolate con CPF, e abbiamo visto bellissime vescicole sferiche a doppia membrana!
Quantità, Dimensioni e Marcatori Proteici: Il Verdetto
Passiamo ai numeri. L’analisi NTA ha rivelato che, sebbene il metodo CP (solo precipitazione) desse la concentrazione più alta di particelle in tutti i campioni, il nostro metodo CPF e la SEC si posizionavano subito dopo, superando comunque l’UC. È interessante notare che con la SEC, la distribuzione della concentrazione delle sEVs variava a seconda del tipo di campione, sottolineando come sia importante ottimizzare il protocollo per ogni specifico materiale di partenza.
Per quanto riguarda le dimensioni, le sEVs più piccole sono state isolate con il metodo CP, mentre UC e SEC tendevano a isolare sEVs leggermente più grandi. Il nostro metodo CPF si è piazzato bene anche qui, con dimensioni intermedie e una buona omogeneità. Un dato importante è il rapporto particelle/proteine: più alto è, maggiore è la purezza delle sEVs rispetto alle proteine contaminanti. In questo, UC e SEC hanno mostrato i rapporti più alti, seguiti dal nostro CPF, che comunque ha superato il metodo CP.
E le proteine? L’analisi Western blot ha confermato la presenza dei marcatori tipici delle sEVs (CD63, CD9, Flotillin-1, TSG101) nei campioni isolati. In particolare, il metodo CPF ha mostrato un’espressione più elevata della proteina CD63 nelle sEVs derivate da saliva e plasma, suggerendo una resa maggiore. Anche per CD9 e Flotillin-1, il CPF si è comportato meglio o alla pari del CP, e decisamente meglio degli altri due. Un altro marcatore, l’Apolipoproteina B (ApoB), che è un contaminante comune nel plasma, era ridotta nei campioni CPF rispetto a CP, indicando una minore contaminazione proteica plasmatica, sebbene l’UC ne mostrasse ancora meno.

Pronte per le Analisi Multi-Omiche!
Ma la vera domanda era: le sEVs isolate con il nostro metodo CPF sono adatte per le sofisticate analisi “multi-omiche” (proteomica, studio del RNA, lipidomica)? La risposta è sì! Abbiamo processato le sEVs derivate dal plasma per l’analisi mediante spettrometria di massa (LC-MS/MS) per studiarne le proteine. Il cromatogramma ottenuto ha mostrato picchi peptidici ben separati e definiti, indicando una buona qualità del campione e una separazione cromatografica efficiente, assolutamente comparabile con studi che usano altri metodi.
Poi ci siamo concentrati sul piccolo RNA, in particolare sui microRNA (miRNA), che sono importantissimi per la comunicazione cellulare. Abbiamo estratto l’RNA totale dalle sEVs isolate con CPF e verificato la sua qualità amplificando un miRNA di riferimento molto stabile nelle sEVs, il miR-16-5p. L’analisi della curva di melting ha mostrato un singolo picco, segno di un’amplificazione specifica e precisa. I valori di Cq (quantification cycle) erano ottimali, indicando una buona quantità iniziale di RNA target. Questo significa che l’RNA isolato era di alta qualità e pronto per analisi come il sequenziamento di piccolo RNA.
Infine, abbiamo esplorato il profilo lipidico totale delle sEVs da plasma isolate con il metodo CPF. Anche qui, l’analisi LC-MS/MS ha generato un cromatogramma che dimostra la robustezza del nostro metodo per uno studio completo del contenuto lipidico delle sEVs.
Perché il Nostro Metodo Fa la Differenza
Quindi, tirando le somme, il nostro studio ha dimostrato che il metodo CPF (precipitazione con PEG seguita da ultrafiltrazione) si distingue per la sua efficienza nell’isolare sEVs con alta purezza e resa da diversi fluidi biologici. Supera l’ultracentrifugazione (UC) e la cromatografia ad esclusione dimensionale (SEC) in termini di resa di sEVs e offre una maggiore purezza rispetto alle tecniche di sola precipitazione con PEG (CP).
La bellezza del nostro approccio sta nel fatto che semplifica il processo di isolamento, richiedendo risorse di laboratorio minime. Questo equilibrio tra alta resa, purezza e compatibilità con analisi multi-omiche avanzate rende il nostro metodo particolarmente vantaggioso per un’ampia gamma di applicazioni, dalla ricerca di base alla diagnostica clinica.

Siamo convinti che questo studio fornisca spunti essenziali per affinare i protocolli di isolamento delle sEVs, contribuendo in modo significativo ai campi della scoperta di biomarcatori e dello sviluppo terapeutico. Rendere l’isolamento delle sEVs più accessibile ed efficiente significa accelerare il passo verso nuove scoperte e, speriamo, verso nuove soluzioni per la salute.
È un campo in continua evoluzione, e ogni piccolo passo avanti, come un metodo di isolamento più furbo, può davvero fare la differenza. E noi siamo entusiasti di aver dato il nostro contributo!
Fonte: Springer
