Immagine macrofotografica ad alta definizione di una doppia elica di RNA stilizzata, illuminata con luce blu e viola brillante su sfondo scuro e pulito da laboratorio. Obiettivo macro 100mm, messa a fuoco precisa sulla struttura elicoidale, illuminazione controllata per enfatizzare i dettagli molecolari.

RNA da Urlo: Come Scegliere il Metodo Giusto per “Spremere” i Tessuti?

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me dietro le quinte di un aspetto fondamentale, ma spesso sottovalutato, della ricerca molecolare: come trattiamo i nostri campioni di tessuto prima di analizzarli. In particolare, parliamo di come estrarre l’RNA, quella molecola incredibile che porta le istruzioni dei nostri geni, mantenendolo il più intatto e “felice” possibile. Perché, diciamocelo, un RNA di alta qualità è la base per qualsiasi analisi trascrittomica che si rispetti, che si tratti di procedure standard o di quelle super avanzate ad alto rendimento [1, 2].

Il punto cruciale? La rottura iniziale del tessuto, l’omogeneizzazione. Sembra banale, ma il modo in cui “frulliamo” il campione può fare un’enorme differenza sulla qualità dell’RNA che otteniamo. E quando lavori con campioni clinici, spesso piccoli e preziosissimi perché raccolti una sola volta, scegliere il metodo giusto diventa essenziale.

La Sfida dei Tessuti Difficili

Immaginate di lavorare con tessuti provenienti da tumori solidi, come quelli della testa e del collo (HNC). Sono un bel rompicapo a causa della loro eterogeneità istologica e genetica. E non parliamo della pelle! Con tutto quell’acido ialuronico, le fibre di collagene e le nucleasi (enzimi che degradano l’RNA) in superficie, è una vera sfida [3].

Esistono diversi modi per affrontare questa fase: dalla classica rottura meccanica alla digestione enzimatica [4, 5]. Alcuni studi precedenti hanno evidenziato queste difficoltà. Ad esempio, Ivanov et al. hanno usato il buon vecchio mortaio e pestello per macinare tessuti duri come la cartilagine, ottenendo RNA con valori RIN (un indice di integrità dell’RNA) soddisfacenti [6]. L’uso dell’omogeneizzatore tissutale è molto comune [7], e ci sono anche metodi come l’omogeneizzazione basata su rotore/statore in criotomo, più adatta per tessuti elastici come la pelle, o il “bead beating” (sfere agitate vorticosamente), efficace ma con lo svantaggio di scaldare il campione [8]. Addirittura, il criosezionamento di tessuto congelato rapidamente sembra un’ottima alternativa per la pelle, sfruttando il freddo per inattivare le ribonucleasi mentre si rompe meccanicamente il tessuto [9].

Il Nostro Confronto: Mortaio, Mulino o Omogeneizzatore?

Mancava però un confronto diretto tra i metodi più comuni su campioni clinici reali, valutando sia la quantità che la qualità dell’RNA estratto. Ed è qui che entriamo in gioco noi! Abbiamo deciso di mettere alla prova tre metodi di omogeneizzazione:

  • Mortaio e Pestello: Il metodo tradizionale, quasi artigianale.
  • Mulino a Palle (Ball Mill): Un approccio meccanico più moderno che usa sfere per macinare il campione in condizioni criogeniche.
  • Omogeneizzatore Tissutale (tipo Ultra Turrax): Un dispositivo che “frulla” meccanicamente il tessuto ad alta velocità.

Abbiamo lavorato su campioni di tumore primario del cavo orale e tessuto sano adiacente prelevati da quattro pazienti con HNC, e su campioni di pelle mammaria da cinque pazienti con cancro al seno (BC). Ovviamente, tutto approvato dal Comitato Etico locale (Università di Medicina di Poznan, no. 452/20 e 283/21).

I campioni, appena prelevati, sono stati congelati istantaneamente in azoto liquido e conservati a -80°C con RNA-later (una soluzione protettiva). Per ogni paziente, abbiamo diviso il tessuto in tre parti uguali, ognuna destinata a uno dei metodi di omogeneizzazione. Ah, per la pelle, abbiamo fatto un pre-trattamento con collagenasi per degradare un po’ quella matrice ostica di acido ialuronico e collagene.

Primo piano di diverse attrezzature da laboratorio per l'omogeneizzazione dei tessuti: un mortaio e pestello in porcellana bianca, piccole sfere metalliche lucide per un mulino a palle e la punta rotante di un omogeneizzatore tissutale. Illuminazione controllata da laboratorio, obiettivo macro 90mm, alta definizione dei dettagli, sfondo leggermente sfocato.

Come Abbiamo Lavorato (In Breve)

Per il mortaio e pestello, abbiamo raffreddato tutto con azoto liquido e macinato fino a ottenere una polvere fine, poi trasferita in un tampone di lisi (RLT con BME).
Per il mulino a palle (un Retsch MM400 con CryoKit), abbiamo macinato i campioni in condizioni criogeniche (con azoto liquido) per un minuto a 30 Hz, ripetendo se necessario, e poi aggiunto il tampone di lisi.
Con l’omogeneizzatore tissutale (T10 basic ULTRA-TURRAX), abbiamo aggiunto il tampone di lisi e omogeneizzato alla massima velocità fino a dissoluzione completa (circa 3 minuti), centrifugando poi per recuperare il lisato pulito.

Successivamente, abbiamo estratto l’RNA totale con un kit standard (RNeasy Mini Kit), misurato concentrazione e purezza (rapporti 260/280 e 260/230 con spettrofotometro) e valutato la qualità (integrità) tramite il valore RIN, ottenuto con un Bioanalyzer 2100 (Agilent RNA 6000 Nano Kit). Infine, abbiamo verificato l’espressione di alcuni geni di riferimento (GAPDH, SDHA, S18) tramite RT-qPCR per vedere se il metodo di omogeneizzazione influenzasse queste analisi a valle.

I Risultati: Qualità e Quantità sotto la Lente

Ebbene, cosa abbiamo scoperto? [Tabella Supplementare 2] Tutti e tre i metodi hanno dato risultati soddisfacenti in termini di purezza generale (rapporto 260/280, Fig. 1B), ma con delle differenze interessanti.
L’omogeneizzatore tissutale si è distinto per il miglior rapporto 260/230 (p=0.02, Fig. 2A), un indicatore importante di assenza di contaminanti come sali o fenolo, e ha fornito anche la concentrazione di RNA più alta in generale (p=0.02, Fig. 1D). Non solo, i valori mediani di RIN tendevano ad essere i più alti con questo metodo (Fig. 1C), suggerendo un RNA più integro.
Il mortaio e pestello, d’altro canto, ha dato il rapporto 260/280 più alto (p=0.01), che indica purezza rispetto alle proteine. Tra mortaio e mulino a palle, invece, non abbiamo visto differenze significative in termini di concentrazione, purezza o RIN.

Analizzando i tipi di tessuto separatamente (Tabella 1), abbiamo notato che le concentrazioni di RNA nei tessuti HNC differivano significativamente tra i metodi (p=0.049), ma non c’erano differenze significative nei rapporti di purezza o nei valori RIN per nessun metodo specifico attraverso i vari tessuti esaminati.

Dal punto di vista pratico: il mortaio è economico, ma richiede dai 5 ai 10 minuti di lavoro manuale; può essere sterilizzato e riutilizzato. Il mulino a palle è veloce (2-5 minuti), ma necessita di attrezzatura specifica e personale esperto; entrambi richiedono azoto liquido. L’omogeneizzatore tissutale non richiede azoto liquido, è rapido (circa 3 minuti), ma usa puntali sterili monouso.

Schermata di un software di bioanalisi che mostra elettroferogrammi di RNA. Si vedono picchi distinti per rRNA 18S e 28S, con valori RIN numerici visualizzati accanto a ciascun grafico, indicanti diverse qualità di RNA. Focus preciso sui grafici, luce soffusa da laboratorio, obiettivo 50mm.

La Qualità Visiva e la Sfida della Pelle

Il Bioanalyzer ci ha permesso di “vedere” la qualità dell’RNA. Le bande nette corrispondenti agli rRNA 28S e 18S e un alto valore RIN indicano un RNA integro [6, 10, 11]. I nostri risultati (Fig. 3) mostrano che tutti e tre i metodi sono adatti per i tessuti HNC e quelli sani adiacenti. Tuttavia, come sospettavamo, i campioni di pelle hanno mostrato valori RIN più bassi (Fig. 1), probabilmente a causa delle RNasi superficiali e della difficoltà nel rompere le cellule per via delle fibre di collagene ed elastina. Per questo motivo, gli elettroferogrammi più chiari li abbiamo ottenuti dai tessuti HNC e sani (Fig. 3).

E l’Espressione Genica? L’Influenza sulla RT-qPCR

Un’altra domanda chiave era: il metodo di omogeneizzazione influenza l’analisi dell’espressione genica successiva? Abbiamo misurato i valori di Ct (Cycle threshold: più basso è il Ct, più abbondante è il gene) per tre geni di riferimento (GAPDH, S18, SDHA). Sorprendentemente, non abbiamo trovato differenze statisticamente significative nei valori di Ct tra i metodi di omogeneizzazione per nessuno dei tessuti esaminati (Fig. 4). Questo è rassicurante!

Tuttavia, abbiamo osservato una cosa interessante analizzando la correlazione tra l’integrità dell’RNA (RIN) e i valori Ct (Fig. 4). Per due dei tre geni housekeeping (GAPDH e S18), abbiamo trovato una forte correlazione negativa (r=-0.6, p=0.0031; r=-0.69, p=0.0005, rispettivamente). Questo significa che più l’RNA è integro (RIN alto), più basso è il valore Ct, come ci si aspetterebbe: un RNA di buona qualità viene trascritto più efficientemente, portando a una sua maggiore quantità nel campione e quindi a una rilevazione più precoce (Ct basso) nella qPCR [3, 8, 11, 12, 13]. Quindi, i Ct di GAPDH e S18 potrebbero persino darci un’indicazione indiretta della qualità dell’RNA!

Ma ecco la sorpresa: per il gene SDHA, abbiamo trovato una forte correlazione positiva (r=0.63, p=0.0022)! Questo è strano e va contro la logica generale e quanto osservato per gli altri geni e in altri studi [14]. Rende SDHA, in questo contesto, non adatto a predire l’integrità dell’RNA. Le ragioni non sono chiarissime; forse strutture secondarie dell’RNA o la lunghezza del gene giocano un ruolo [14]. È un aspetto raro e ancora da capire a fondo.

Conclusioni: Il Mio Consiglio

Tirando le somme, questo breve studio suggerisce che l’omogeneizzatore tissutale è l’approccio più indicato per ottenere campioni di RNA di buona qualità, con alti rapporti 230/260, buoni valori RIN e alte concentrazioni, per tutti i tipi di tessuto che abbiamo esaminato. È fondamentale per analisi affidabili basate sull’RNA.

Abbiamo anche dimostrato che, fortunatamente, il metodo di omogeneizzazione scelto non sembra influenzare i valori Ct dei geni di riferimento selezionati, ma che i Ct di GAPDH e S18 possono riflettere l’integrità dell’RNA (RIN).

Il mulino a palle si presenta come un’alternativa rapida ed efficace, specialmente per tessuti tumorali, senza bisogno di reagenti aggiuntivi, ma richiede l’attrezzatura. Il mortaio resta un’opzione valida e a basso costo.

Certo, il nostro studio ha dei limiti, come il piccolo numero di campioni (il materiale clinico è prezioso e limitato!) e l’aver considerato un solo metodo di estrazione dell’RNA. Tuttavia, spero che questa panoramica vi sia utile per le vostre scelte in laboratorio! La strada per un RNA perfetto inizia proprio da come trattiamo il nostro campione iniziale.

Fonte: Springer

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