Metformina e Diabete Gestazionale: Un Rischio Nascosto per i Più Piccoli?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che tocca la salute di tante future mamme e dei loro bimbi: il diabete gestazionale mellito (GDM). Sappiamo che questa condizione, che colpisce una percentuale variabile tra il 3% e il 25% delle gravidanze nel mondo, può portare diverse sfide. Di solito, quando pensiamo al GDM, la nostra mente va subito ai bambini “grandi”, quelli definiti LGA (Large for Gestational Age), a causa dell’iperinsulinemia fetale scatenata dall’iperglicemia materna. Questi bimbi più grandi possono andare incontro a macrosomia, distocia di spalla, ipoglicemia neonatale e problemi metabolici a lungo termine.
Ma c’è un rovescio della medaglia meno conosciuto: il GDM può essere associato anche a bambini piccoli per l’età gestazionale (SGA), cioè con un peso alla nascita inferiore al 10° percentile. E questi piccolini hanno le loro belle sfide da affrontare: distress respiratorio, ipoglicemia, possibili problemi di neurosviluppo e un rischio aumentato di sindrome metabolica più avanti nella vita.
Ecco, proprio su questo aspetto meno esplorato si è concentrato uno studio recente che ho avuto modo di analizzare e che mi ha fatto riflettere parecchio. L’obiettivo? Capire quali fattori potessero predire la nascita di un bambino SGA in donne con diabete gestazionale.
Lo Studio: Cosa Abbiamo Cercato di Capire?
Abbiamo condotto uno studio retrospettivo, andando a spulciare le cartelle cliniche elettroniche di pazienti ricoverate tra gennaio 2014 e dicembre 2023 presso l’unità materno-fetale del Meir Medical Center (MMC). Abbiamo incluso donne con diagnosi di GDM (sia A1, controllato con la dieta, sia A2, che richiede farmaci) e con una gravidanza singola. Abbiamo escluso chi aveva diabete preesistente, gravidanze multiple o feti stimati sopra il 90° percentile.
Abbiamo poi diviso le partecipanti in due gruppi: quelle che hanno partorito un bimbo di peso appropriato per l’età gestazionale (AGA, tra il 10° e il 90° percentile) e quelle che hanno avuto un bimbo SGA (<10° percentile). Abbiamo confrontato un sacco di dati: caratteristiche materne (età, BMI, età gestazionale al parto, trattamenti, controllo glicemico, disturbi ipertensivi) ed esiti ostetrici e neonatali (liquido amniotico tinto di meconio, tipo di parto, taglio cesareo per sofferenza fetale, punteggio Apgar, ittero, ipoglicemia neonatale, durata del ricovero, ricovero in terapia intensiva neonatale). Un'attenzione particolare è stata dedicata al sottogruppo di pazienti GDMA2, quelle che necessitavano di farmaci. Qui abbiamo confrontato chi usava insulina e chi usava metformina.
I Risultati Principali: Cosa Abbiamo Trovato?
Su 894 donne con GDM incluse nello studio, 182 (circa il 20%) hanno partorito un bambino SGA. Confrontando i due gruppi (SGA vs AGA), abbiamo notato alcune differenze interessanti:
- Le mamme del gruppo SGA avevano un BMI (Indice di Massa Corporea) significativamente più basso rispetto a quelle del gruppo AGA (27.31 vs 28.32 kg/m², p = 0.02).
- L’età materna era simile nei due gruppi.
- Anche i tassi di GDMA2 (cioè la necessità di farmaci) e di disturbi ipertensivi non erano significativamente diversi tra i gruppi generali SGA e AGA.
- I bambini SGA nascevano un po’ prima (37.4 vs 38.77 settimane, p = 0.04) e, ovviamente, pesavano molto meno (2375 g vs 3021 g in media, p = 0.005).
- Un dato preoccupante: il gruppo SGA ha avuto un tasso molto più alto di tagli cesarei a causa di tracciato cardiotocografico non rassicurante (NRFHR), cioè per sofferenza fetale (27.4% vs 18.4% – anche se il testo originale riporta 8.15% per AGA nel Table1, il confronto nel testo è 18.4% per NRFHR CD in GDMA2 SGA vs AGA, quindi c’è una discrepanza da notare, ma il concetto è l’aumento nel gruppo SGA).

Il Focus sulla Metformina nel GDMA2: Un Campanello d’Allarme?
Ed eccoci al punto cruciale. Analizzando il sottogruppo di 222 donne con GDMA2 (quelle che prendevano farmaci), abbiamo fatto una scoperta che merita attenzione. Tra le 55 donne che hanno partorito un bimbo SGA, ben il 72.7% era in trattamento con metformina, rispetto a solo il 23.9% delle 167 donne che hanno avuto un bimbo AGA (p < 0.001). Una differenza enorme! Non abbiamo trovato differenze significative nell'uso dei diversi tipi di insulina (a lunga o breve durata d'azione) tra i gruppi SGA e AGA nel sottogruppo GDMA2. Oltre al peso inferiore alla nascita, i neonati SGA nel gruppo GDMA2 hanno mostrato:
- Un tasso maggiore di liquido amniotico tinto di meconio (32.7% vs 13.1%, p = 0.02).
- Tassi più alti di taglio cesareo per NRFHR (come già accennato, 27.4% vs 18.4%, p < 0.01).
- Una maggiore necessità di fototerapia per l’ittero neonatale (72.7% vs 59.8%, p = 0.03).
Per essere sicuri che non fosse una coincidenza, abbiamo usato un’analisi statistica più sofisticata (regressione logistica multivariata), tenendo conto di altri fattori come età materna, BMI, età gestazionale, disturbi ipertensivi. E il risultato è stato confermato: nel gruppo GDMA2, il trattamento con metformina è emerso come un predittore indipendente di nascita SGA, con un odds ratio aggiustato di 1.7 (che significa un rischio aumentato del 70%, p < 0.01). Anche un BMI materno più basso è rimasto associato significativamente al rischio di SGA.

Perché la Metformina Potrebbe Influire sulla Crescita Fetale?
Questi risultati non sono completamente isolati. Fanno eco a osservazioni recenti in donne con diabete di tipo 2 in gravidanza e a revisioni sistematiche e meta-analisi su pazienti con GDM. Alcuni studi hanno mostrato misure antropometriche e massa magra ridotte nei neonati esposti a metformina in utero rispetto a quelli le cui madri usavano insulina. Anche se non sempre il rischio di SGA raggiungeva la significatività statistica in tutte le analisi, il trend verso un peso inferiore alla nascita nel gruppo metformina era già stato notato.
Ma come si spiega biologicamente? Beh, la metformina attraversa la placenta. Questo è un dato di fatto. Una volta arrivata al feto e nella placenta, potrebbe interferire con il metabolismo. Sappiamo che placenta e feto hanno trasportatori per la metformina e dipendono molto dall’attività dei mitocondri (le “centrali energetiche” delle cellule) per crescere e trasportare nutrienti, specialmente nel secondo e terzo trimestre. La metformina può inibire l’attività mitocondriale. L’ipotesi è che questo possa portare a una sorta di “restrizione” relativa dei nutrienti, influenzando negativamente la crescita o la differenziazione dei tessuti fetali o placentari.
Cosa Significa Tutto Questo per le Future Mamme con GDM?
Attenzione, non sto dicendo che la metformina sia da bandire! Rimane un’opzione valida e accettata per il controllo glicemico nel GDM, con vantaggi in termini di somministrazione orale, costo e minor aumento di peso materno. Tuttavia, i nostri risultati suggeriscono che forse dobbiamo essere un po’ più cauti e personalizzare l’approccio.
Le recenti raccomandazioni dell’American Diabetes Association (ADA) già consigliavano prudenza nell’uso della metformina in gravidanze complicate da ipertensione, preeclampsia o a rischio di restrizione della crescita fetale, proprio per preoccupazioni teoriche. Il nostro studio, seppur retrospettivo, sembra fornire una base empirica a supporto di questa cautela.
Quindi, cosa possiamo portarci a casa?
- Se una donna con GDM richiede un trattamento farmacologico (GDMA2), il medico dovrebbe valutare attentamente il rischio di SGA se si considera la metformina.
- Questa valutazione diventa ancora più importante se la donna ha un BMI basso o se ci sono già segnali di una possibile restrizione della crescita fetale.
- L’approccio deve essere individualizzato. Magari con obiettivi glicemici su misura, che evitino sia il rischio di bambini troppo grandi (LGA) sia quello di bambini troppo piccoli (SGA).
- Potrebbe essere necessario riconsiderare la metformina come farmaco di prima scelta se emergono preoccupazioni sulla crescita fetale durante la gravidanza.

Punti di Forza e Debolezze dello Studio
Ogni studio ha i suoi pro e contro. Il nostro punto di forza è sicuramente il numero consistente di pazienti analizzate e l’uso di dati elettronici che ci ha permesso un’analisi dettagliata. Essere stati condotti in un unico centro con un team clinico esperto e protocolli standardizzati aiuta la validità interna.
D’altro canto, la natura retrospettiva è un limite: i dati potrebbero essere incompleti o non registrati con la massima precisione. Non abbiamo potuto analizzare nel dettaglio fine il controllo glicemico, l’aggiustamento delle dosi di insulina e altri fattori che potrebbero confondere i risultati. Inoltre, essendo uno studio monocentrico, i risultati potrebbero non essere generalizzabili a tutte le popolazioni. Serviranno sicuramente studi prospettici per confermare queste osservazioni.
Il Messaggio Chiave
In conclusione, la gestione del diabete gestazionale che richiede farmaci (GDMA2) è complessa. Questo studio aggiunge un tassello importante, suggerendo un legame tra l’uso di metformina e un aumentato rischio di partorire bambini piccoli per l’età gestazionale (SGA), specialmente in donne con BMI più basso. Non è un allarme rosso per eliminare la metformina, ma un invito forte a un’attenta valutazione individuale del rischio, a un monitoraggio scrupoloso della crescita fetale e a una scelta terapeutica davvero personalizzata. La salute della mamma e del bambino viene prima di tutto, e conoscere questi potenziali effetti ci aiuta a prendere decisioni più informate.
Fonte: Springer
