Immagine concettuale fotorealistica: una mano guantata da scienziato tiene delicatamente un modello 3D trasparente di un osso vertebrale con aree rosse luminose che indicano metastasi. Intorno all'osso fluttuano rappresentazioni stilizzate di cellule immunitarie (T, NK, macrofagi) con recettori TIGIT e CD39 evidenziati. Sfondo di laboratorio high-tech sfocato, profondità di campo, illuminazione focalizzata sull'osso, obiettivo prime 50mm.

Metastasi Ossee: Svelato il Ruolo Nascosto delle Cellule Immunitarie e Nuove Armi per Combatterle!

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante all’interno del nostro corpo, in un luogo spesso colpito da un nemico silenzioso: le metastasi ossee (BM). Sapete, quando un tumore decide di diffondersi, le ossa sono uno dei suoi bersagli preferiti. Pensate che oltre l’80% dei pazienti con cancro al seno o alla prostata in stadio avanzato, e una buona fetta (30-40%) di quelli con cancro al polmone, sviluppano queste metastasi.

Un Problema Serio con Impatti Pesanti

Non si tratta solo di un “fastidio”. La presenza di metastasi ossee è un fattore che purtroppo accorcia la sopravvivenza e peggiora notevolmente la qualità della vita. Dolore intenso, difficoltà a muoversi, fratture che avvengono quasi spontaneamente, compressione del midollo spinale… insomma, un quadro davvero difficile per chi ne soffre.

Negli ultimi anni, l’immunoterapia, e in particolare gli inibitori dei checkpoint immunitari (ICI), ha rivoluzionato la cura di molti tumori metastatici. Molecole come anti-PD-1, anti-PD-L1 o anti-CTLA-4 hanno mostrato risultati incredibili. Tuttavia, c’è un “ma”. Una percentuale non trascurabile di pazienti non risponde a queste terapie, o smette di rispondere dopo un po’. E indovinate un po’? Le metastasi ossee sembrano essere un ambiente particolarmente “ostile” per l’immunoterapia, un luogo dove le difese immunitarie faticano a fare il loro lavoro. Perché? È quello che abbiamo cercato di capire.

Cosa Succede Davvero nel Microambiente Osseo?

Ci siamo chiesti: com’è composto l’esercito immunitario che si infiltra nelle metastasi ossee? È diverso da quello che troviamo in un osso sano? Per scoprirlo, abbiamo analizzato campioni di aspirato midollare prelevati direttamente dalle metastasi ossee di pazienti con diversi tipi di tumore (seno, prostata, polmone non a piccole cellule – NSCLC – e mieloma multiplo – MM) prima che iniziassero qualsiasi terapia sistemica. Li abbiamo poi confrontati con campioni di midollo osseo di persone sane della stessa età (il nostro gruppo di controllo, NMC).

Cosa abbiamo usato? Una tecnica super potente chiamata citometria a flusso multiparametrica (MFC), che ci permette di “etichettare” e contare i diversi tipi di cellule immunitarie presenti nei campioni, guardando le molecole espresse sulla loro superficie.

Un Esercito Immunitario Sbilanciato

La prima cosa che è saltata all’occhio è stata una sorta di “sbilanciamento” nelle forze immunitarie presenti nelle metastasi, comune a tutti i tipi di tumore analizzati. In particolare:

  • Meno soldati d’assalto: La percentuale di linfociti T CD8+, i nostri principali killer di cellule tumorali, era significativamente ridotta rispetto ai controlli sani.
  • Più cellule “freno”: Al contrario, abbiamo trovato un aumento di cellule con un ruolo tendenzialmente immunosoppressivo, come le cellule Natural Killer (NK) del tipo CD56+CD16− e i macrofagi “M2-like” (identificati come CD163+CD86+).

È come se nelle metastasi ossee l’esercito difensivo fosse a corto di truppe d’attacco e pieno di unità che tendono a “calmare” la risposta immunitaria, creando un ambiente favorevole alla crescita del tumore.

Microscopia elettronica a scansione ad altissimo dettaglio di cellule immunitarie (linfociti T CD8+ in blu e cellule NK in verde) che interagiscono con cellule tumorali (in rosso) all'interno della matrice ossea porosa grigia. Illuminazione controllata laterale, messa a fuoco precisa sui punti di contatto cellulare, obiettivo macro 100mm.

Nuovi “Freni” Molecolari Sotto i Riflettori: TIGIT e la Via Purinergica

Ma non ci siamo fermati qui. Volevamo capire se, oltre allo sbilanciamento numerico, ci fossero anche dei cambiamenti “qualitativi” sulle cellule immunitarie presenti. Ci siamo concentrati su due vie di segnalazione immunitaria emergenti, considerate molto promettenti come bersagli terapeutici:

  1. L’asse TIGIT: TIGIT è un recettore “inibitorio” presente su alcune cellule immunitarie (come i T e gli NK). Quando si lega ai suoi “partner” (ligandi come CD112, CD155, PVRL4) presenti sulle cellule tumorali o altre cellule, invia un segnale di “stop” alla cellula immunitaria. Esistono anche recettori “attivatori” come CD226 che competono per gli stessi ligandi, e recettori inibitori “cugini” come PVRIG. Un equilibrio complesso!
  2. La via purinergica (CD39/CD73): Questa via metabolica coinvolge due enzimi, CD39 e CD73, che lavorano in sequenza per trasformare l’ATP extracellulare (una molecola energetica che può anche allertare il sistema immunitario) in adenosina. L’adenosina è una molecola potentemente immunosoppressiva, che spegne l’attività di molte cellule immunitarie.

Cosa abbiamo scoperto analizzando l’espressione di queste molecole sulle cellule immunitarie infiltrate nelle metastasi ossee? Preparatevi, perché i risultati sono stati davvero interessanti!

Espressione Aberrante sui Linfociti T CD8+

Nei linfociti T CD8+ “residenti” nelle metastasi ossee, abbiamo trovato un’espressione decisamente anomala di queste molecole rispetto ai controlli:

  • Molti T CD8+ esprimevano TIGIT insieme a PVRIG, un altro recettore inibitorio “cugino”.
  • Altri T CD8+ esprimevano TIGIT insieme a CD39, il primo enzima della via dell’adenosina.

Questa co-espressione di più molecole “freno” sulla stessa cellula è un segnale tipico di “esaurimento” funzionale, una condizione in cui i linfociti T perdono la loro capacità di combattere efficacemente il tumore. Abbiamo visto queste alterazioni in tutti i tipi di tumore analizzati, anche se con qualche variazione (ad esempio, TIGIT e PVRIG erano più alti nel cancro alla prostata e nel mieloma, CD73 nel cancro al seno e polmone).

Anche le Cellule NK e i Macrofagi Sono Coinvolti

Le sorprese non sono finite! Abbiamo guardato anche le cellule NK e i macrofagi:

  • Cellule NK: Le NK “citotossiche” (CD56-CD16+), quelle più portate all’attacco, mostravano anch’esse una co-espressione aumentata di TIGIT e PVRIG nelle metastasi. Al contrario, le NK “regolatrici” (CD56+CD16-), che erano già aumentate di numero, esprimevano prevalentemente CD39 e CD73, suggerendo un loro ruolo attivo nella produzione di adenosina immunosoppressiva.
  • Macrofagi M2-like: Questi macrofagi “immunosoppressivi”, già più abbondanti nelle metastasi, mostravano pattern di co-espressione particolari: alcuni co-esprimevano TIGIT e il suo ligando PVRL4, altri co-esprimevano i ligandi CD112 e CD155. È come se anche queste cellule contribuissero attivamente a creare un ambiente “frenante” attraverso l’asse TIGIT.

Visualizzazione 3D scientifica astratta che mostra recettori TIGIT (strutture blu) e molecole CD39 (strutture verdi) incastonate sulla membrana traslucida di una cellula T CD8+. Molecole di ATP (sfere gialle) e adenosina (sfere rosse) fluttuano nelle vicinanze. Sfondo scuro, alta risoluzione, stile bio-tech.

Bloccare i Freni Funziona? Un Test in Laboratorio

Ok, abbiamo visto che queste molecole “freno” (TIGIT, CD39) sono sovraespresse in modo anomalo sulle cellule immunitarie nelle metastasi ossee. Ma bloccarle può davvero risvegliare la risposta immunitaria?

Per verificarlo, abbiamo fatto degli esperimenti in vitro usando un modello di mieloma multiplo (uno dei tumori che abbiamo studiato). Abbiamo preso cellule di mieloma e le abbiamo messe insieme a cellule immunitarie del sangue periferico (PBMC) di donatori sani. Poi, abbiamo aggiunto degli anticorpi speciali capaci di “bloccare” TIGIT o un “nanobody” (un tipo particolare di anticorpo più piccolo) capace di bloccare l’attività enzimatica di CD39.

I risultati? Promettenti!

  • Il blocco del solo TIGIT ha aumentato la capacità delle PBMC di uccidere le cellule di mieloma.
  • Anche il blocco del solo CD39 (in presenza di ATP, il suo “carburante”) ha potenziato l’uccisione delle cellule tumorali da parte delle PBMC.
  • E la cosa più interessante: bloccare TIGIT e CD39 insieme ha avuto un effetto ancora maggiore, soprattutto sulle cellule di mieloma che esprimevano alti livelli di CD39! Questo suggerisce un effetto sinergico: togliere due freni contemporaneamente funziona meglio che toglierne uno solo.

Immagine al microscopio confocale di macrofagi M2 (marcati in rosso fluorescente) nel microambiente tumorale osseo, che mostrano sulla loro superficie l'espressione del recettore TIGIT (marcatore verde fluorescente) e del ligando PVRL4 (marcatore blu fluorescente). Alta risoluzione, colori vivaci e distinti, obiettivo 60x, sfondo nero.

Cosa Significa Tutto Questo per il Futuro?

Questo studio ci dice chiaramente una cosa: il microambiente immunitario delle metastasi ossee è unico e decisamente “sbilanciato” verso la soppressione della risposta anti-tumorale. C’è una riduzione dei soldati d’assalto (T CD8+) e un aumento delle cellule freno (NK regolatorie, macrofagi M2).

In più, abbiamo identificato due sistemi di “frenata” molecolare, l’asse TIGIT e la via purinergica CD39/CD73, che sono particolarmente attivi su diverse cellule immunitarie proprio in questo ambiente. La loro espressione aberrante e spesso combinata (co-espressione) suggerisce che giochino un ruolo chiave nel rendere le metastasi ossee un terreno difficile per il sistema immunitario e per le attuali immunoterapie.

La buona notizia? I nostri esperimenti preliminari in vitro mostrano che bloccare TIGIT e CD39, magari in combinazione, potrebbe essere una strategia efficace per “risvegliare” le cellule immunitarie e potenziare la loro capacità di eliminare le cellule tumorali nelle metastasi ossee.

Certo, la strada è ancora lunga. Serviranno ulteriori ricerche e studi clinici per confermare questi risultati e trasformarli in terapie concrete per i pazienti. Ma aver identificato questi meccanismi e potenziali bersagli è un passo avanti fondamentale nella lotta contro le metastasi ossee, una delle sfide più grandi dell’oncologia moderna. È una nuova speranza per migliorare la prognosi e la qualità di vita di tanti pazienti!

Fonte: Springer

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