Immagine concettuale: silhouette di una testa umana con ingranaggi visibili all'interno, sovrapposta a una sfocata sala d'attesa di un ospedale, toni blu e grigi duotone, obiettivo 50mm, profondità di campo per mettere a fuoco la silhouette.

Mente Fragile, Pensiero a Rischio: Scopriamo i Legami Nascosti nei Disturbi Mentali

Ragazzi, parliamoci chiaro: quando pensiamo ai disturbi mentali, spesso ci concentriamo sui sintomi più evidenti, come l’umore, l’ansia o i comportamenti strani. Ma c’è un aspetto fondamentale, a volte sottovalutato, che gioca un ruolo enorme nella vita di chi ne soffre: le capacità cognitive. Parlo della memoria, dell’attenzione, della capacità di risolvere problemi… insomma, di come funziona il nostro “processore” interno.

Vi siete mai chiesti quali fattori aumentano il rischio che una persona con un disturbo mentale sviluppi anche difficoltà cognitive? È una domanda cruciale, perché queste difficoltà possono impattare pesantemente sul recupero, sul lavoro, sulle relazioni e sulla qualità della vita in generale. Ecco perché mi ha affascinato uno studio recente condotto in Brasile, che ha cercato di far luce proprio su questo aspetto, andando a “stanare” i pazienti direttamente nei pronto soccorso e nei reparti di salute mentale degli ospedali generali.

L’Importanza di Capire il Rischio Cognitivo

Prima di tuffarci nei risultati, fermiamoci un attimo a pensare perché è così importante identificare precocemente chi è a rischio. Pensate alla schizofrenia: sappiamo da tempo che è strettamente legata a deficit cognitivi, fin dal primo episodio psicotico. Questi deficit non sono un effetto collaterale, ma una parte integrante del disturbo, influenzando pesantemente il decorso della malattia e la capacità della persona di funzionare nella vita quotidiana.

Ma non è solo la schizofrenia. Anche chi soffre di Disturbo Depressivo Maggiore sperimenta problemi cognitivi, come difficoltà di apprendimento, memoria, concentrazione, non solo durante gli episodi acuti, ma anche tra uno e l’altro. E lo stesso vale per il Disturbo Bipolare, dove i problemi di memoria verbale possono addirittura predire futuri ricoveri.

Aggiungiamo poi il capitolo delle dipendenze da sostanze. L’abuso multiplo di sostanze, spesso associato ad altri disturbi mentali, porta con sé deficit di memoria, attenzione, funzioni esecutive (quelle che ci permettono di pianificare e organizzarci) e capacità decisionali. Indovinate un po’? Proprio queste difficoltà aumentano il rischio di ricadute.

Insomma, il quadro è chiaro: la compromissione cognitiva è un fattore transdiagnostico, cioè presente in molteplici patologie psichiatriche, e rappresenta un ostacolo significativo al recupero e alla riabilitazione psicosociale.

Lo Studio Brasiliano: Un’Indagine sul Campo

Lo studio che ha catturato la mia attenzione si è svolto in Brasile, precisamente nella regione metropolitana di Porto Alegre. I ricercatori hanno coinvolto 324 persone adulte (età media circa 42 anni, metà uomini e metà donne) che si sono presentate in due ospedali generali e in un’Unità di Pronto Intervento (UPA), una sorta di pronto soccorso territoriale.

Per valutare i partecipanti, hanno utilizzato uno strumento molto interessante chiamato interRAI Emergency Screener for Psychiatry (ESP). È pensato apposta per essere usato nelle prime 24 ore dall’arrivo del paziente in un contesto di emergenza psichiatrica, da qualsiasi membro del team multidisciplinare (infermieri, assistenti sociali, medici). La figata dell’interRAI ESP è che non si limita a raccogliere informazioni, ma genera automaticamente diverse scale di valutazione, tra cui la Cognitive Performance Scale (CPS), una scala validata a livello internazionale che misura il livello di compromissione cognitiva, da “nessun problema” a “molto grave”.

L’obiettivo era proprio usare i dati raccolti con l’ESP per capire quali fattori fossero associati a un punteggio CPS indicativo di declino cognitivo (da lieve a grave).

Ritratto intenso di un medico pensieroso in un corridoio d'ospedale scarsamente illuminato, stile film noir, obiettivo 35mm, bianco e nero, profondità di campo accentuata per isolare il soggetto.

Chi Sono i Pazienti e Cosa Abbiamo Scoperto?

Prima di arrivare ai fattori di rischio, è interessante notare come i pazienti fossero diversi a seconda di dove venivano assistiti.

  • Nell’UPA (Pronto Soccorso Territoriale) arrivavano persone in condizioni più acute, con punteggi più alti nelle scale di comportamento aggressivo, mania, rischio di far male agli altri e sintomi positivi della schizofrenia (come deliri e allucinazioni). Molti non erano in grado di prendersi cura dei propri familiari a carico.
  • In uno degli ospedali generali (universitario), invece, c’erano tassi più alti di ritiro sociale e una maggior proporzione di persone senza consapevolezza del proprio problema di salute mentale (mancanza di insight).

Questa eterogeneità ci dice già quanto sia importante avere informazioni cliniche dettagliate per capire i bisogni specifici dei pazienti nei diversi contesti di cura.

Ma veniamo al dunque: quali fattori sono risultati associati a un maggior rischio di declino cognitivo (punteggio CPS ≥ 2)? Ecco i “colpevoli” principali, in ordine di “pericolosità”:

1. Diagnosi di Schizofrenia: Questo è stato il fattore con l’impatto maggiore. Chi aveva una diagnosi di schizofrenia aveva una probabilità più che triplicata (Odds Ratio: 3.07) di avere un deficit cognitivo rispetto agli altri. Non una sorpresa, data la natura della malattia, ma una conferma importante.
2. Incapacità di Prendersi Cura di Sé (Self-Care): Avere difficoltà nelle attività di base della cura personale (igiene, vestirsi, mangiare) è risultato un forte predittore, quasi triplicando il rischio (O.R.: 2.87). Questo ha senso: le difficoltà cognitive spesso si manifestano proprio nell’incapacità di gestire le attività quotidiane.
3. Comportamento Aggressivo: Anche punteggi elevati nella scala del comportamento aggressivo erano associati a un rischio quasi triplicato (O.R.: 2.85). L’aggressività può derivare da frustrazione, difficoltà nel controllo degli impulsi o problemi nel gestire la vita quotidiana, tutti aspetti legati al funzionamento cognitivo.
4. Storia di Ricoveri Precedenti: Aver avuto dimissioni ospedaliere in passato raddoppiava abbondantemente il rischio (O.R.: 2.36). I ricoveri ripetuti spesso indicano un peggioramento generale del quadro clinico, che di solito include anche un declino cognitivo.
5. Sintomi Maniacali: Punteggi elevati nella scala della Mania erano anch’essi significativamente associati a un rischio più che raddoppiato (O.R.: 2.22). Anche il disturbo bipolare, come abbiamo visto, comporta deficit cognitivi.
6. Problemi di Sonno: Le difficoltà nel dormire sono risultate un altro fattore di rischio significativo, raddoppiando la probabilità di compromissione cognitiva (O.R.: 2.17). Sappiamo bene quanto un sonno disturbato influenzi negativamente attenzione, memoria e lucidità mentale.

Un dato interessante e un po’ controintuitivo: essere ammessi all’UPA era associato a un minor rischio di declino cognitivo rispetto all’ospedale generale (O.R.: 0.18). Questo probabilmente perché, come detto, all’UPA arrivano casi più acuti, magari al primo episodio o in crisi momentanea, mentre in ospedale si concentrano forse situazioni più croniche e complesse, dove il deterioramento cognitivo ha avuto più tempo per manifestarsi.

Primo piano macro di una pillola solitaria su un comodino accanto a un bicchiere d'acqua, illuminazione controllata per enfatizzare la texture della pillola e le gocce d'acqua, obiettivo macro 100mm, alta definizione.

Perché Questi Fattori Contano? Un Approfondimento

Vediamo un po’ più da vicino perché questi fattori sono così legati al pensiero.

* Schizofrenia e Cognizione: Come già detto, il deficit cognitivo è un sintomo core. Velocità di elaborazione, memoria verbale, memoria di lavoro… sono aree spesso compromesse, rendendo difficili compiti complessi (gestire soldi) e a volte anche quelli semplici (cura di sé).
* Cura di Sé e Attività Quotidiane: L’incapacità di gestire la propria igiene, l’alimentazione, o compiti più complessi come usare i trasporti o il telefono, è spesso un riflesso diretto del deterioramento cognitivo. Più gravi sono le difficoltà quotidiane, più è probabile che ci sia un problema cognitivo sottostante.
* Aggressività e Impulsività: Il deterioramento cognitivo può portare a un peggior controllo degli impulsi e a risposte aggressive, magari nate dalla frustrazione per non riuscire a fare cose che prima erano semplici o dalla percezione di perdita di autonomia.
* Sonno e Cervello: Il sonno è fondamentale per consolidare i ricordi e “ripulire” il cervello. La sua mancanza o cattiva qualità impatta direttamente sulle funzioni cognitive e può persino accelerare l’invecchiamento cerebrale. Nei disturbi mentali, i problemi di sonno sono frequentissimi e possono peggiorare altri sintomi.
* Ricoveri e Funzionamento Globale: Essere ricoverati più volte spesso significa che la malattia sta peggiorando, che l’aderenza alle cure è bassa, o che ci sono altre complicazioni. Tutti scenari accompagnati, di solito, da una riduzione delle capacità cognitive generali.
* Mania e Bipolarismo: Anche negli episodi maniacali o ipomaniacali, e persino nelle fasi di remissione del disturbo bipolare, si riscontrano deficit cognitivi (attenzione, memoria, funzioni esecutive) che influenzano il funzionamento generale.

L’Utilità dello Strumento interRAI ESP

Questo studio non solo identifica i fattori di rischio, ma dimostra anche che uno strumento come l’interRAI ESP è fattibile e utile anche in contesti con risorse limitate, come quelli dei paesi a basso e medio reddito (LMICs). Permette una valutazione standardizzata, che può essere fatta da diversi professionisti, e fornisce output immediati (come le scale di rischio) che aiutano a prendere decisioni cliniche rapide e informate, soprattutto in emergenza dove magari non c’è uno psichiatra sempre disponibile.

Identificare precocemente, grazie a strumenti come questo e alla scala CPS, i pazienti a rischio di declino cognitivo è fondamentale. Permette di indirizzarli verso interventi mirati (riabilitazione cognitiva, supporto nelle attività quotidiane, educazione terapeutica) prima che i sintomi peggiorino, migliorando così la prognosi a lungo termine, il funzionamento e la qualità della vita.

Fotografia grandangolare di un paesaggio urbano brasiliano all'alba visto da una finestra d'ospedale, cielo con nuvole morbide per lunga esposizione, messa a fuoco nitida sulla città sottostante, obiettivo grandangolare 15mm.

Cosa Portiamo a Casa?

Questo viaggio nel mondo della cognizione e dei disturbi mentali in Brasile ci lascia alcuni messaggi chiave. Primo: il legame tra salute mentale e funzionamento cognitivo è fortissimo e non va trascurato. Secondo: ci sono fattori di rischio specifici (schizofrenia, difficoltà nella cura di sé, aggressività, storia di ricoveri, mania, problemi di sonno) che devono accendere un campanello d’allarme nei clinici. Terzo: strumenti di screening standardizzati come l’interRAI ESP possono fare la differenza nell’identificazione precoce e nella pianificazione di cure personalizzate, anche in contesti difficili.

Certo, lo studio ha i suoi limiti (è trasversale, mancano alcuni dati socio-demografici), ma apre la strada a ricerche future, magari longitudinali, per capire meglio le cause e gli effetti e per testare interventi specifici. Soprattutto, sottolinea l’importanza di indagare questi aspetti nei paesi a basso e medio reddito, dove le disuguaglianze sociali possono esacerbare ulteriormente i problemi di accesso alle cure.

La sfida è grande, ma capire meglio questi legami nascosti tra mente e pensiero è il primo passo per offrire un aiuto davvero efficace a chi lotta ogni giorno con un disturbo mentale.

Fonte: Springer

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