Microfotografia elettronica a scansione di batteri Thermoanaerobacter kivui in un bioreattore industriale, con dettagli delle cellule e bolle di syngas. Illuminazione drammatica per evidenziare le texture, obiettivo macro 100mm, high detail, precise focusing, per un look scientifico e accattivante.

Batteri Supereroi: Come un “Salto Genetico” Gigante Permette di Mangiare Monossido di Carbonio!

Amici scienziati e curiosi di ogni sorta, preparatevi perché oggi vi racconto una storia che ha dell’incredibile, direttamente dal mondo microscopico dei batteri! Immaginate di avere un superpotere, ma non uno qualunque: la capacità di nutrirvi di una sostanza che per molti è tossica, il monossido di carbonio (CO). E non solo sopravvivere, ma prosperare! Beh, c’è un batterio termofilo, cioè che ama il caldo, chiamato Thermoanaerobacter kivui, che ha imparato a fare proprio questo, e il segreto è un “salto genetico” davvero colossale.

La Sfida del Syngas e la Tossicità del CO

Prima di svelarvi il trucco, facciamo un passo indietro. Avete mai sentito parlare del syngas? È una miscela di gas, principalmente idrogeno (H2), anidride carbonica (CO2) e, appunto, monossido di carbonio (CO). Il syngas è super interessante perché può essere prodotto da biomasse vegetali, una risorsa rinnovabile, e può essere trasformato in carburanti e sostanze chimiche utili. Qui entrano in gioco i batteri acetogeni, come il nostro T. kivui, che sono dei veri campioni nel fermentare H2 e CO2 attraverso una via metabolica antichissima chiamata via di Wood-Ljungdahl (WLP). Pensate, si crede che questa via sia legata addirittura all’origine della vita!

Il CO, in questa via, è un intermedio chiave. Anzi, potrebbe essere stata una fonte di energia abbondante negli ambienti primordiali. Il problema? Per molti acetogeni, il CO è un vero e proprio veleno. Inibisce enzimi cruciali, soprattutto quelli chiamati idrogenasi, bloccando la crescita. Quindi, per usare il syngas in modo efficiente, questi batteri devono prima “allenarsi” a tollerare e utilizzare il CO, un processo che chiamiamo carbossidotrofia.

Pensate che il CO può inibire l’idrogenasi [FeFe] dipendente dalla CO2 reduttasi (HDCR) e, in misura minore, l’idrogenasi convertitrice di energia [NiFe] (Ech). Superare questa inibizione è fondamentale. D’altro canto, se un batterio riesce a ossidare il CO, ottiene elettroni a bassissimo potenziale che possono dare una bella spinta al suo metabolismo, aumentando la produzione di ATP (la “moneta energetica” della cellula) rispetto alla crescita classica su H2/CO2. Più ATP significa poter produrre composti più complessi, come alcoli a catena corta o media, direttamente dal syngas o dal CO puro (magari proveniente da scarti industriali o dall’elettrolisi della CO2).

L’Allenamento Intensivo di T. kivui

Nel nostro laboratorio (metaforicamente parlando, io vi sto solo raccontando la storia!), i ricercatori hanno preso T. kivui e lo hanno sottoposto a un “allenamento intensivo”, una tecnica chiamata evoluzione adattativa in laboratorio (ALE). Immaginate di far crescere questi batteri in un brodo di coltura definito chimicamente (senza “aiutini” come l’estratto di lievito, che T. kivui userebbe volentieri) e aumentare gradualmente la concentrazione di CO. È un po’ come allenare un atleta per una maratona in alta quota, passo dopo passo.

All’inizio, il batterio è stato coltivato con H2 e CO2. Poi, sono state introdotte miscele di syngas con quantità crescenti di CO. E alla fine, voilà! Dopo sole 31 generazioni (un tempo relativamente breve in termini evolutivi), è emerso un ceppo, battezzato CO-1, capace di crescere rapidamente usando il CO come unica fonte di carbonio ed energia. Parliamo di un tempo di duplicazione di circa 2.8 ore, un record rispetto ai precedenti tentativi con T. kivui (che impiegava circa 40 ore!). Questo suggeriva che l’adattamento fosse avvenuto molto in fretta, forse più per un meccanismo di adattamento rapido che per una lenta evoluzione classica basata su singole mutazioni puntiformi.

Il ceppo CO-1 non solo cresceva bene su CO puro, ma anche su syngas, consumando contemporaneamente CO, H2 e CO2, un aspetto cruciale per le applicazioni industriali. Produceva anche un sacco di acetato, il suo prodotto principale.

Microfotografia elettronica a scansione di batteri Thermoanaerobacter kivui in un bioreattore, con bolle di syngas che emergono dal liquido di coltura. L'immagine dovrebbe avere un'illuminazione laterale per creare ombre e profondità, mettendo in risalto la forma a bastoncello dei batteri. Obiettivo macro 100mm, high detail, precise focusing.

Il Segreto Svelato: Un Megatrasposone Salterino!

Ma qual era il segreto di CO-1? Sequenziando il suo genoma e confrontandolo con il ceppo originale, i ricercatori hanno notato qualcosa di strano. Certo, c’erano alcune piccole mutazioni (SNV e InDel), ma niente che spiegasse un cambiamento così drastico. L’analisi della “copertura” del genoma, però, ha rivelato due grandi duplicazioni di DNA, una di circa 60.000 paia di basi e l’altra di circa 25.000. Queste regioni contenevano geni fondamentali per l’acetogenesi, inclusi quelli per complessi enzimatici come HDCR, Ech2 e HydABC, e una parte significativa del locus WLP.

La cosa ancora più intrigante era che una duplicazione iniziava con un gene per una trasposasi (un enzima che permette a segmenti di DNA di “saltare” da un punto all’altro del genoma) di tipo IS1182, mentre l’altra terminava vicino a una regione ricca di geni per tRNA e rRNA, siti tipici di riconoscimento per le trasposasi. Questo faceva pensare che un’ampia regione genomica potesse essere mobile.

Utilizzando una tecnica di sequenziamento a lettura lunga (Oxford Nanopore), il mistero è stato risolto. Le due regioni duplicate non erano semplicemente copie extra nel cromosoma, ma si erano unite per formare un elemento circolare extracromosomico di ben 85.811 paia di basi! Un vero e proprio megatrasposone, che è stato chiamato TnCO-1. Questo “pacchetto genetico” gigante conteneva, tra gli altri, i geni della via WLP. La sua presenza è stata confermata con PCR specifiche: TnCO-1 era presente in tutti i ceppi capaci di crescere su CO, e assente in quelli che non ci riuscivano.

La cosa affascinante è che l’abbondanza di TnCO-1 sembrava essere dipendente dal CO. Quando le cellule venivano coltivate su CO, il megatrasposone era molto più presente. Se si passava a un’altra fonte di carbonio, come il glucosio, la sua abbondanza diminuiva drasticamente, per poi riapparire quando le cellule venivano nuovamente esposte al CO. Questo suggeriva che la mobilizzazione di TnCO-1 fosse indotta dal CO o selezionata in sua presenza.

Come Funziona il Superpotere? Bilanciare il Redox è la Chiave

Avere una copia extra dei geni WLP su un elemento mobile è una cosa, ma come conferisce esattamente la capacità di “mangiare” CO? L’analisi trascrizionale (cioè, quali geni vengono “accesi” o “spenti”) ha rivelato un riarrangiamento del metabolismo acetogenico in CO-1. Sorprendentemente, i geni per la CO deidrogenasi (CODH) monofunzionale, essenziale per metabolizzare il CO, erano down-regolati (cioè, meno attivi) in CO-1. Anche i geni per l’acetil-CoA sintasi (Acs) erano leggermente repressi. Questo sembra controintuitivo, no? Se vuoi mangiare CO, perché ridurre l’attività degli enzimi che lo usano?

La risposta sta nel delicato equilibrio redox della cellula. L’ossidazione del CO da parte della CODH genera ferredossina ridotta (Fd2-). Troppa Fd2- può essere un problema, come un’indigestione di elettroni! Qui entra in gioco un altro attore chiave: il complesso Ech2, un’idrogenasi [NiFe], che era significativamente up-regolato (cioè, molto più attivo) in CO-1. Ech2 consuma Fd2-. Quindi, la strategia sembra essere:

  • Ridurre la produzione di Fd2- (down-regolando CODH).
  • Aumentare il consumo di Fd2- (up-regolando Ech2).

Questo permette alla cellula di mantenere un sano equilibrio tra ferredossina ridotta e ossidata, essenziale per far funzionare tutto il metabolismo. L’up-regolazione di Ech2 in TnCO-1 è probabilmente dovuta a un riarrangiamento genico: i geni acs, che sono molto espressi, vengono interrotti in TnCO-1, rimuovendo un segnale di terminazione della trascrizione. Di conseguenza, i geni ech2 finiscono sotto il controllo del promotore forte della WLP, oltre al loro.

Per confermare l’importanza di TnCO-1, i ricercatori hanno provato a trasformare il ceppo CO-1 con un plasmide vuoto. Sorprendentemente, le cellule trasformate hanno perso TnCO-1 e, con esso, la capacità di crescere su CO! Questo ha dimostrato in modo inequivocabile che il megatrasposone è il responsabile del fenotipo carbossidotrofico.

Illustrazione concettuale del megatrasposone circolare TnCO-1, con geni colorati che rappresentano la via di Wood-Ljungdahl (WLP) e il gene della trasposasi. Sfondo astratto che simboleggia il genoma batterico. Obiettivo macro 60mm, high detail, controlled lighting, per evidenziare la struttura circolare e i geni chiave.

Ingegneria Razionale e Ulteriori Scoperte

Forti di queste scoperte, gli scienziati hanno provato a replicare questo effetto nel ceppo selvatico di T. kivui. Hanno inserito i geni ech2 sotto il controllo di un promotore forte. Dopo una selezione in presenza di CO, hanno isolato un ceppo, chiamato Ech2KI, capace di crescere su CO! Questo ceppo, però, non aveva il megatrasposone TnCO-1. Invece, aveva accumulato altre mutazioni e addirittura una massiccia inversione di circa l’80% del genoma, probabilmente mediata da un’altra famiglia di trasposasi (ISLre2). Questa inversione ha portato il locus WLP molto più vicino all’origine di replicazione del DNA (il che tende ad aumentarne l’espressione) e ha allontanato il locus ech2 ingegnerizzato (potenzialmente diminuendone l’espressione, forse per ridurre un eventuale stress metabolico da sovraespressione).

Questo ci dice che ci sono più strade per raggiungere la carbossidotrofia, ma bilanciare il pool di ferredossina sembra essere un tema ricorrente. L’eccesso di Fd2- generato dall’ossidazione del CO viene gestito da Ech2, che agisce come una valvola di sfogo producendo H2 (che infatti è stato osservato nei bioreattori).

Implicazioni Grandi da un Batterio Piccolo

Questa ricerca è pazzesca per diversi motivi. Primo, ci fornisce un ceppo di T. kivui super efficiente nel convertire syngas e CO, con tassi di crescita tra i più alti mai riportati per un acetogeno su CO in terreno definito. Questo apre la strada a processi biotecnologici più efficienti per produrre sostanze chimiche e carburanti da fonti rinnovabili o da gas di scarico industriali.

Secondo, ci mostra un meccanismo affascinante di adattamento rapido guidato da un megatrasposone. I trasposoni, o “geni saltellanti”, sono noti per essere motori di evoluzione, e TnCO-1 ne è un esempio spettacolare. Il fatto che questo megatrasposone sia CO-dipendente e possa riarrangiare interi blocchi di geni cruciali per il metabolismo è una scoperta notevole.

Infine, questa storia getta nuova luce su come i batteri acquisiscono nuove capacità, come l’autotrofia (la capacità di usare CO2 come fonte di carbonio). Si pensava che T. kivui avesse acquisito i geni WLP tramite un singolo grande evento di trasferimento genico orizzontale (HGT). La mobilità del locus WLP osservata in questo studio, sia tramite TnCO-1 che tramite l’inversione genomica in Ech2KI, entrambe mediate da trasposasi e coinvolgenti hotspot di tRNA/rRNA (siti preferiti per l’HGT), supporta fortemente l’ipotesi che l’autotrofia in T. kivui sia stata acquisita proprio così.

Insomma, la prossima volta che sentirete parlare di monossido di carbonio, pensate a Thermoanaerobacter kivui e al suo incredibile megatrasposone: un piccolo batterio con un grande “salto” genetico, che ci insegna tantissimo sull’evoluzione, l’adattamento e le potenzialità della biotecnologia! Non è affascinante come la natura trovi sempre modi ingegnosi per prosperare?

Fonte: Springer Nature

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