Una composizione artistica che simboleggia le medicine complementari: foglie di tè verde, una ciotola di ceramica con polvere di curcuma, pietre per la cristalloterapia e un fiore di loto, il tutto su uno sfondo naturale che evoca le Hawaii. Macro lens, 100mm, high detail, precise focusing, controlled lighting, atmosfera serena.

Medicine Alternative alle Hawaii: Un’Esplorazione tra Pazienti Oncologici e Terapie Nascoste

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi in un viaggio un po’ insolito, ma incredibilmente affascinante, nel mondo delle medicine complementari e alternative (MCA) e del loro utilizzo tra i pazienti oncologici in un luogo da sogno: le Hawaii. Sì, avete capito bene, quelle isole paradisiache che tutti immaginiamo piene di sole, surf e… a quanto pare, anche di un interessante approccio alla cura del cancro che va oltre la medicina tradizionale.

Mi sono imbattuto in uno studio recente che ha cercato di fare luce proprio su questo: come e perché i malati di cancro alle Hawaii si rivolgono a queste pratiche. E, ve lo dico subito, i risultati sono piuttosto sorprendenti e aprono un sacco di spunti di riflessione.

Lo Studio Hawaiano: Numeri e Prime Scoperte

Immaginatevi la scena: i ricercatori hanno distribuito dei questionari anonimi in vari centri di trattamento oncologico sull’isola di Oahu. L’obiettivo? Capire chi usa le MCA, quali sceglie e perché. Hanno raccolto 126 questionari validi e, tenetevi forte, ben il 57,1% dei pazienti (72 persone) ha dichiarato di utilizzare almeno una terapia MCA. Non è poco, vero? Questo significa che più della metà dei pazienti affianca alle cure standard (chirurgia, chemio, radio) qualcos’altro, qualcosa che evidentemente sente possa aiutarli.

Ma quali sono queste terapie “altre”? Lo studio ha rivelato che le più gettonate sono:

  • Meditazione e integratori a base di erbe: a pari merito, scelti dal 36,1% degli utilizzatori di MCA.
  • Massaggi: subito dietro, con il 34,7%.
  • Yoga: con il 25%.
  • Seguono poi CBD (23,6%), THC (22,2%) e agopuntura (19,4%).

È un mix interessante, che spazia da pratiche meditative a sostanze derivate dalla cannabis, passando per manipolazioni corporee e tradizioni erboristiche.

Perché i Pazienti Scelgono le MCA? Benefici e Motivazioni

Questa è la domanda da un milione di dollari, no? Cosa spinge una persona che sta già affrontando un percorso di cura oncologico, spesso pesante, a cercare anche altro? Lo studio ha indagato anche questo, e la risposta principale, quella che emerge con più forza, è la riduzione dello stress. Pensateci: la diagnosi di cancro, le terapie, l’incertezza del futuro… è un carico emotivo enorme. Ebbene, la meditazione, gli integratori erboristici, i massaggi e lo yoga sono stati indicati proprio come alleati preziosi per allentare questa tensione.

La meditazione, in particolare, è stata citata anche per combattere l’ansia. Il THC e il CBD, invece, sembrano essere scelti soprattutto per migliorare la qualità del sonno, anche se il CBD è risultato utile, insieme all’agopuntura, per la riduzione del dolore. Insomma, sembra che i pazienti cerchino nelle MCA un sollievo concreto a sintomi specifici e un supporto per il benessere generale, soprattutto a livello psicologico.

È interessante notare come queste modalità, ad eccezione degli integratori a base di erbe, siano in linea con le terapie non farmacologiche raccomandate dalle linee guida del NCCN (National Comprehensive Cancer Network) per la sopravvivenza al cancro. Questo ci dice che c’è una certa convergenza, anche se non sempre esplicita.

Primo piano di diverse erbe medicinali e boccette di oli essenziali disposte su un tavolo di legno rustico, con una persona che medita serenamente sullo sfondo sfocato. Macro lens, 80mm, high detail, controlled lighting, duotone seppia e verde foresta.

Chi Usa le MCA? Un Profilo Demografico

Lo studio ci offre anche un identikit di chi, alle Hawaii, è più propenso a usare le MCA. E qui emerge un dato molto netto: le donne. Tra chi usa le MCA (i 72 pazienti di cui parlavamo), ben l’80,6% sono donne, contro solo l’8,3% di uomini. Una differenza abissale! Anche l’età sembra giocare un ruolo: la maggior parte degli utilizzatori di MCA nello studio aveva tra i 60 e i 69 anni, mentre chi non le usava tendeva ad essere un po’ più anziano (70-79 anni). Inoltre, sembra che chi ha un reddito medio o basso sia più incline a utilizzare queste terapie, anche se molti non hanno risposto alla domanda sul reddito, quindi è un dato da prendere con le pinze.

Per quanto riguarda l’etnia, la maggioranza dei partecipanti, sia utilizzatori che non utilizzatori di MCA, si identificava come asiatica. Tuttavia, tra gli utilizzatori di MCA, c’era una buona rappresentanza anche di persone bianche e di origine mista hawaiana. Il tipo di cancro più comune tra gli utilizzatori di MCA era quello al seno (72,2%), il che potrebbe in parte spiegare la predominanza femminile, dato che lo studio ha raccolto molti questionari da una clinica specializzata proprio in questa patologia.

Il Grande Silenzio: La Mancanza di Dialogo con i Medici

Ecco un punto che mi ha fatto davvero riflettere, e che credo sia cruciale. Nonostante l’ampio utilizzo di MCA, solo il 18,3% di TUTTI i pazienti intervistati (126) ne aveva parlato con un medico o un operatore sanitario. Diciotto per cento! È pochissimo. Se guardiamo solo a chi usa le MCA, la percentuale sale a circa un terzo, che è comunque bassa. Perché questo silenzio?

Le ragioni più comuni citate dai partecipanti erano la propria mancanza di conoscenza sulle MCA e la percezione che discuterne con i medici non fosse necessario. Questo, amici miei, è un campanello d’allarme. Soprattutto quando pensiamo che gli integratori a base di erbe sono tra le MCA più usate. Questi prodotti, per quanto naturali, possono avere interazioni con i farmaci chemioterapici o altre terapie standard. Uno studio citato nell’articolo ha rilevato che oltre il 37% dei pazienti che usavano integratori MCA era a rischio di interazioni farmacologiche! Non è uno scherzo.

Questa mancanza di comunicazione è preoccupante. I medici dovrebbero, forse, iniziare attivamente la conversazione, chiedere ai pazienti se stanno usando o considerando terapie complementari. È fondamentale per garantire la sicurezza e l’efficacia del piano di cura complessivo.

Un medico in camice bianco ascolta attentamente una paziente in un ambiente clinico luminoso e accogliente; la paziente tiene in mano un opuscolo sulle terapie complementari. Prime lens, 35mm, depth of field, film noir con toni caldi.

Punti di Forza e Limiti dello Studio: Cosa Portiamo a Casa?

Ogni studio ha i suoi pro e i suoi contro, e questo non fa eccezione. Tra i punti di forza, c’è sicuramente l’attenzione a una popolazione etnicamente diversificata come quella hawaiana e l’indagine su pratiche che possono includere anche tradizioni indigene, come il la’au lapa’au (un metodo di guarigione tradizionale hawaiano), anche se non specificamente dettagliato nei risultati principali per popolarità.

D’altro canto, ci sono delle limitazioni. Il campione è relativamente piccolo (126 persone) e, come accennato, c’è stata una sovra-rappresentazione di pazienti con cancro al seno e di sesso femminile, il che potrebbe aver influenzato i risultati. Inoltre, molte domande (come quelle su reddito e religione) sono rimaste senza risposta, limitando l’analisi di questi fattori. Infine, il questionario era un progetto pilota, sviluppato appositamente per questo studio, il che potrebbe avere implicazioni sulla sua validità rispetto a strumenti già consolidati.

Conclusioni e Prospettive Future: Un Dialogo da Aprire

Nonostante i limiti, questo studio ci offre uno spaccato prezioso sull’uso delle MCA tra i pazienti oncologici alle Hawaii. Ci dice che queste terapie sono popolari, che i pazienti le usano per alleviare sintomi importanti come stress, ansia, dolore e insonnia, e che questo avviene spesso “sottotraccia”, senza un confronto aperto con i propri medici.

Le Hawaii, con la loro popolazione unica e un tasso di utilizzo di MCA storicamente alto (già nel 2006 era significativamente più alto rispetto al resto degli Stati Uniti), rappresentano un contesto particolarmente interessante per studiare questi fenomeni. La speranza è che ricerche come questa possano stimolare una maggiore consapevolezza e, soprattutto, un dialogo più aperto e costruttivo tra pazienti e operatori sanitari. Perché, in fondo, l’obiettivo comune è sempre lo stesso: migliorare la qualità della vita e il percorso di cura di chi affronta la difficile battaglia contro il cancro.

E voi, cosa ne pensate? Avete esperienze dirette o indirette con le medicine complementari in contesti oncologici? Fatemelo sapere!

Fonte: Springer

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