Medici Nigeriani negli USA: Tra Sogno Americano e Realtà Sanitaria Complessa
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha davvero colpito: l’esperienza dei medici formati in Nigeria quando decidono di trasferirsi negli Stati Uniti. Sapete, l’emigrazione di dottori dalla Nigeria è aumentata parecchio negli ultimi anni, e non è difficile immaginarne i motivi: cercano condizioni di lavoro e di vita migliori, stipendi più alti, magari fuggendo da situazioni di insicurezza o dalla frustrazione di non avere attrezzature adeguate nel loro paese. Ma cosa succede una volta arrivati negli USA? Beh, la strada non è affatto in discesa, e uno studio qualitativo recente condotto a Houston, Texas, ci offre uno spaccato affascinante e a tratti amaro di questa realtà.
La Sfida della Specializzazione Obbligatoria
Immaginate di essere un medico con anni di esperienza, magari un chirurgo affermato o un pediatra rispettato nel vostro paese. Arrivate negli Stati Uniti pieni di speranze e competenze, pronti a mettervi al servizio dei pazienti. E invece, scoprite che, indipendentemente dal vostro livello di formazione o dai successi professionali, dovete ricominciare quasi da capo. Sì, perché per poter praticare medicina negli USA, i medici formati all’estero, inclusi quelli nigeriani, devono obbligatoriamente completare un percorso di specializzazione (la cosiddetta “residency”) secondo gli standard americani.
Lo studio, basato su interviste approfondite a 12 medici nigeriani immigrati di recente a Houston, ha rivelato percezioni diverse riguardo a questo requisito. Molti, soprattutto i più giovani o quelli con meno anni di pratica alle spalle prima di emigrare, sembrano accettare questa regola. La vedono come una necessità, un modo per garantire che tutti i medici rispettino gli standard statunitensi e per assicurare la sicurezza dei pazienti. Uno dei partecipanti ha detto: “Capisco che i paesi debbano avere meccanismi per convalidare la formazione… è essenziale per la sicurezza dei cittadini”. Altri semplicemente la accettano come una legge del paese ospitante: “I paesi hanno le loro leggi, giusto? Gli USA hanno le loro politiche, quindi dobbiamo rispettarle”.
Ma per chi ha già anni di esperienza post-specializzazione in Nigeria, la frustrazione è palpabile. Sentirsi dire che tutta l’esperienza accumulata non basta, che bisogna tornare a fare gli specializzandi, è difficile da digerire. “È come se la mia scelta mi fosse stata tolta, non posso praticare qui, anche se lo voglio”, ha confessato un medico. Un altro ha parlato di sentirsi “depresso”, come se la passione di una vita fosse messa in pausa forzata, quasi “uno spreco di sforzi fatti in Nigeria”. C’è la sensazione di non essere considerati “abbastanza bravi”, anche se razionalmente capiscono che si tratta di seguire le regole locali. Questa frustrazione, suggerisce lo studio, meriterebbe attenzione anche dal punto di vista della salute mentale di questi professionisti.

Confronto tra Sistemi Sanitari: Nigeria vs USA
Al di là della questione della specializzazione, emergono dalle interviste le enormi differenze percepite tra il sistema sanitario nigeriano e quello statunitense, differenze che influenzano profondamente il modo in cui questi medici gestiscono la propria salute e quella delle loro famiglie una volta negli USA.
Un punto cruciale è la cultura degli appuntamenti. Negli Stati Uniti, per quasi ogni visita medica, anche per una semplice vaccinazione, è necessario fissare un appuntamento. Alcuni medici nigeriani trovano questo sistema macchinoso, una perdita di tempo, soprattutto se confrontato con il sistema “walk-in” (accesso diretto senza appuntamento) più comune negli ospedali pubblici nigeriani. “In Nigeria… la gente si mette in fila e aspetti il tuo turno. Può richiedere molto tempo… ma qui [negli USA] devi prendere appuntamento anche per una vaccinazione, vedere prima il medico… In Nigeria vai direttamente dalle infermiere”, ha raccontato un partecipante. Questa percezione di complessità spinge alcuni a evitare di cercare cure professionali per problemi ritenuti non gravi.
Altri, invece, apprezzano l’organizzazione del sistema americano. Trovano che fissare un appuntamento renda il processo più efficiente, con tempi di attesa ridotti rispetto alle lunghe code sperimentate in Nigeria. “Mi sono sentito molto meglio nel ricevere assistenza sanitaria qui perché è molto ben organizzato. Se ti dicono alle 12:00, di solito arrivi 15 minuti prima e vieni visitato in tempo”, ha commentato un altro medico.
Il Peso dei Costi e la Cultura delle Prescrizioni
Un tema su cui tutti i partecipanti concordano è l’altissimo costo dell’assistenza sanitaria negli Stati Uniti rispetto alla Nigeria. Questo fattore è determinante nelle loro scelte. Molti ammettono che, per problemi di salute dei figli che in Nigeria avrebbero portato subito dal medico “perché so che è davvero, davvero economico”, negli USA tendono ad aspettare, a “vedere come va” o a cercare soluzioni alternative, a meno che la situazione non diventi davvero seria. “Il costo è un fattore trainante principale. L’assistenza sanitaria qui è molto costosa”, è un sentimento comune.
Anche chi ha un’assicurazione sanitaria sottolinea che spesso questa non copre il 100% delle spese, e questo “co-pagamento” può comunque rappresentare un deterrente. La difficoltà nel coprire anche i familiari con l’assicurazione è un altro ostacolo menzionato.
Un’altra differenza sostanziale riguarda l’accesso ai farmaci. In Nigeria, a causa di una regolamentazione meno stringente, molti medicinali, inclusi antibiotici o antimalarici, sono facilmente acquistabili in farmacia senza ricetta medica (over-the-counter). Negli Stati Uniti, invece, vige una rigida cultura della prescrizione: per molti farmaci è assolutamente necessaria la ricetta di un medico. Questo, combinato con i costi e la necessità di appuntamenti, spinge verso un comportamento molto diffuso tra i partecipanti: l’auto-medicazione.

L’Auto-Medicazione Come Risposta
Essendo medici, i partecipanti allo studio si sentono ovviamente competenti nel diagnosticare e trattare molte condizioni comuni. Di fronte alle barriere del sistema USA (costi, appuntamenti, necessità di ricetta), l’auto-medicazione diventa una strategia quasi naturale. “Era un’infezione della pelle per mia figlia, che penso fosse un’allergia. Non ho visto la necessità di andare in ospedale perché devo fissare un appuntamento… Quindi, sono praticamente andato al CVS qui vicino e ho preso dei farmaci da banco per gestirla”, ha spiegato uno di loro.
Ma non si tratta solo di farmaci da banco americani. Molti partecipanti hanno raccontato di essersi portati scorte di medicinali dalla Nigeria, inclusi farmaci che negli USA richiederebbero una prescrizione, come antibiotici e antimalarici. “Quando sono arrivato… dopo circa un mese, mi sono sentito male… Quello che mi è venuto in mente è stata la malaria… Essendo un medico, sono venuto preparato, con tutti i farmaci, iniezioni e antibiotici… sapendo che qui negli USA non puoi ottenere questi farmaci senza ricetta… Dovevo auto-medicarmi”, ha confessato un medico. Questa pratica è vista come più conveniente ed economica rispetto a navigare il sistema sanitario statunitense.
Cosa Ci Dice Tutto Questo?
Questo studio, seppur limitato a un gruppo specifico a Houston, ci apre una finestra importante sulle sfide che i professionisti sanitari immigrati affrontano. Non si tratta solo di barriere burocratiche come la specializzazione obbligatoria, ma anche di un vero e proprio scontro culturale con un sistema sanitario profondamente diverso da quello di origine. Le percezioni su costi, accessibilità e procedure influenzano direttamente i comportamenti di ricerca della salute, portando a strategie come l’evitamento delle cure o l’auto-medicazione.
È chiaro che servirebbero ulteriori ricerche per capire meglio come queste dinamiche impattano sulla salute a lungo termine di queste popolazioni immigrate e delle loro famiglie. E forse, dovremmo anche riflettere su come rendere il sistema più navigabile e accogliente per questi professionisti qualificati, il cui contributo potrebbe essere prezioso per il sistema sanitario stesso. Insomma, una storia complessa che merita la nostra attenzione.
Fonte: Springer
