Foto realistica di future maestre d'infanzia, in un'aula universitaria luminosa, che lavorano in gruppo attorno a un tavolo con un kit MatataLab. Alcune programmano sulla plancia, altre osservano il robottino muoversi. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo che mette a fuoco il gruppo centrale lasciando lo sfondo leggermente sfocato, luce naturale da finestra laterale.

Robot, Maestre del Futuro e il Mistero della Geometria: Cosa Ho Imparato Giocando con MatataLab

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, un po’ come Alice nel Paese delle Meraviglie, ma invece di conigli bianchi e cappellai matti, abbiamo robottini simpatici e future maestre d’asilo. Sì, avete capito bene! Parleremo di come un piccolo robot di nome MatataBot, del kit MatataLab, ci ha aiutato a sbirciare nel cervello di chi, un domani, insegnerà ai nostri bimbi i primi rudimenti della geometria e del pensiero computazionale. Un’avventura che, vi assicuro, ha riservato non poche sorprese!

Perché tutta questa storia sui robot e i bambini piccoli?

Forse vi starete chiedendo: “Ma che c’entrano i robot con l’asilo?”. Beh, il mondo sta cambiando a una velocità pazzesca, e competenze come il pensiero computazionale (che, in soldoni, è la capacità di risolvere problemi in modo logico e strutturato, un po’ come fa un computer) sono diventate fondamentali. In Spagna, ad esempio, l’hanno già inserito nei programmi della scuola dell’infanzia. E come si fa a insegnare queste cose ai piccolini? Con i robot educativi, ovviamente! Strumenti come MatataBot sono pensati proprio per bambini dai 4 ai 9 anni e, udite udite, sono fantastici per far capire concetti geometrici come posizioni, direzioni e rotazioni. Immaginate: programmare un robot per fargli disegnare un quadrato è un modo super concreto per capire cos’è un quadrato!

Nonostante ci siano un sacco di ricerche sul pensiero computazionale e la matematica, quando si tratta di usare i robot per insegnare specificamente la geometria ai più piccoli, la letteratura scientifica è un po’ più… timida. Ecco perché ci siamo messi all’opera!

La nostra “missione speciale”: future maestre alla prova!

Abbiamo coinvolto 42 studentesse, future maestre della scuola dell’infanzia, in un’università spagnola. L’idea era semplice ma ambiziosa: vedere come se la cavavano con la geometria e la programmazione usando MatataBot, e capire quali fossero le loro difficoltà. Il tutto è avvenuto nell’anno accademico 2022-2023.

Il nostro studio si è svolto in tre fasi:

  • Fase 1: Conosciamoci! Le studentesse hanno preso confidenza con MatataBot, scoprendo come funzionava e cosa facevano i vari blocchetti di programmazione. Un po’ come quando si monta un mobile IKEA, ma più divertente!
  • Fase 2: All’opera con le figure geometriche! Qui è arrivato il bello. Abbiamo chiesto loro di programmare il robot per fargli disegnare figure geometriche base: un quadrato, un rettangolo, un triangolo equilatero e un rombo. E dovevano filmare tutto, successi e… ehm… tentativi meno riusciti!
  • Fase 3: Riflessioni e analisi. A casa, le future maestre dovevano riflettere sull’esperienza, identificare gli aspetti geometrici emersi e pensare a come adattare l’attività per bambini di 5 anni.

Noi ricercatori, nel frattempo, osservavamo, registravamo video e analizzavamo i loro elaborati. Un vero lavoro da detective della didattica!

Cosa abbiamo scoperto? Tra lampi di genio e qualche… inciampo!

E qui viene il succo della questione. È emerso che, sebbene i robot educativi siano uno strumento potentissimo, le conoscenze pregresse delle future maestre giocano un ruolo cruciale. Abbiamo notato alcune lacune concettuali sulle proprietà geometriche, che si traducevano inevitabilmente in errori nella programmazione.

Ad esempio, quando si trattava di rappresentare le figure, tutte hanno usato i codici del robot (rappresentazione simbolica) e i disegni tracciati dal robot (rappresentazione iconica). Ma poche hanno usato rappresentazioni verbali o disegni preliminari fatti a mano. E a volte, diciamocelo, la precisione geometrica nei loro schizzi lasciava un po’ a desiderare, come nel caso di un rombo che sembrava più un aquilone un po’ storto!

Parlando di proprietà delle figure, solo un paio di gruppi hanno tirato fuori affermazioni corrette, tipo che gli angoli opposti di un rombo sono uguali. Altre volte, invece, sono uscite cose un po’ fantasiose, come l’idea che la somma degli angoli interni di un rombo sia 180 gradi (spoiler: è 360!) o che l’angolo esterno sia sempre il doppio di quello interno. Questo ci ha fatto capire che c’è ancora da lavorare sulla comprensione profonda delle caratteristiche delle figure geometriche.

Foto realistica di un piccolo robot MatataLab che disegna una figura geometrica (un quadrato incompleto) su un grande foglio bianco. Accanto, blocchi di codice colorati e le mani di una studentessa che osserva con espressione pensierosa. Obiettivo macro 90mm, illuminazione da studio controllata per dettaglio, profondità di campo media.

Anche le giustificazioni date erano interessanti. Pochi gruppi hanno spiegato il perché delle loro scelte di programmazione durante la costruzione delle figure. Ad esempio, un gruppo ha detto che per fare un rettangolo il ciclo di comandi andava ripetuto due volte perché “la figura ha due lati e due lati” (intendendo due lati lunghi e due corti). Un altro, per il quadrato, ha giustificato i quattro movimenti e le quattro svolte. Ma la maggior parte non ha argomentato le proprie soluzioni.

Gli errori più comuni: quando il robot fa i capricci (ma la colpa non è sua!)

Analizzando i video e i report, abbiamo identificato alcuni errori ricorrenti nella programmazione, un po’ come quando si scrive un tema e si fanno sempre gli stessi sbagli di grammatica. Questi errori ci dicono molto sul pensiero computazionale e geometrico delle future maestre.

Ecco i “magnifici quattro” tipi di errore che abbiamo visto più spesso, prendendo come riferimento una classificazione di Seckel e colleghi (2022):

  • Errore da incomprensione del tipo di programmazione: Ad esempio, sbagliare il numero di volte in cui un ciclo (loop) doveva essere ripetuto. Immaginate di dire al robot “fai 4 volte questo” quando invece doveva farlo solo 2 volte per disegnare un rettangolo. Risultato? Un pasticcio!
  • Errore per assenza di uno o più blocchi di codice: Dimenticarsi un pezzetto fondamentale, come il blocco “fine ciclo”. Senza quello, il povero MatataBot non sapeva quando fermarsi o cosa fare dopo.
  • Errore per eccessiva quantificazione di un blocco: Mettere troppi blocchi numerici sotto un comando di movimento. Tipo “vai avanti di 3 passi” quando il ciclo già prevedeva di ripetere quel “vai avanti” per tutti i lati della figura.
  • Errore nell’applicare conoscenze pregresse: Questo è stato il più gettonato, soprattutto con gli angoli! Ad esempio, per disegnare un triangolo equilatero, tutte sapevano che gli angoli interni sono di 60 gradi. Ma il robot gira sull’angolo esterno! Molte hanno provato a mettere 60 gradi, ottenendo un triangolo stranissimo. Poi, invece di ragionare sull’angolo esterno (che è 180 – 60 = 120 gradi, oppure 360 – 60 se si considera un altro tipo di rotazione a seconda del robot, ma nel caso di MatataBot è l’angolo supplementare quello che conta per la svolta), andavano per tentativi ed errori, provando i vari blocchetti angolari finché non usciva qualcosa di vagamente triangolare. Questo ci dice che la conoscenza teorica della geometria non sempre si traduce automaticamente in una corretta applicazione pratica con strumenti tecnologici.

Vi faccio un esempio concreto con il rettangolo. Un gruppo ha impostato un ciclo da ripetere 4 volte, ma per un rettangolo ne bastano 2 (una per la coppia lato lungo-lato corto, e una per l’altra). Poi si sono accorti che mancava una svolta a destra prima di chiudere il ciclo. Dopo un po’ di “prova e riprova”, e qualche discussione interna tipo “Ma no, mettiamo un’altra svolta qui!”, alla fine ce l’hanno fatta. È stato un processo di apprendimento per scoperta, ma anche un segnale di una pianificazione non del tutto solida all’inizio.

Con il triangolo equilatero, la questione degli angoli è stata epica. Molti partivano con l’angolo di 60°. Vedendo che il robot disegnava una figura troppo “aperta”, alcuni hanno pensato: “Ok, serve un angolo più piccolo”, e magari provavano con 45°, senza pensare che un triangolo equilatero non può avere angoli interni di 45° (la somma non farebbe 180°!). È come se la pressione del “far funzionare il robot” mettesse in secondo piano il ragionamento geometrico puro.

Primo piano dettagliato di blocchi di codice MatataLab colorati, con simboli di movimento e numeri, disposti su una plancia di programmazione. Obiettivo macro 105mm, illuminazione precisa e controllata per massima nitidezza dei simboli, sfondo leggermente sfocato.

Cosa ci portiamo a casa da questa esperienza?

Questa ricerca, seppur qualitativa e non generalizzabile, ci ha dato un sacco di spunti. Le future maestre hanno mostrato interesse e si sono messe in gioco, ma sono emerse chiaramente delle debolezze sia nelle conoscenze geometriche (le proprietà delle figure, per esempio) sia in quelle computazionali (la programmazione delle sequenze). Questo è in linea con altri studi che hanno trovato difficoltà simili.

La cosa fondamentale è che la mancanza di solide conoscenze geometriche pregresse porta direttamente a errori nella programmazione e nella rappresentazione. Non è solo una questione di “saper usare il robot”, ma di “sapere cosa si sta chiedendo al robot di fare” dal punto di vista matematico.

Però, c’è una luce in fondo al tunnel! Esperienze come questa, dove le future insegnanti si mettono nei panni degli studenti e sperimentano in prima persona, sono potentissime. Permettono di “toccare con mano” i concetti matematici attraverso il codice e di diagnosticare gli errori quando il programma non fa quello che ci si aspetta. È un po’ come imparare a cucinare: puoi leggere tutte le ricette del mondo, ma finché non metti le mani in pasta (e magari bruci qualcosa), non impari davvero.

Quindi, la conclusione è che sì, i robot educativi possono davvero migliorare la comprensione della geometria, ma è essenziale lavorare sulle conoscenze di base delle future maestre. Bisogna prepararle sia sui contenuti matematici sia sull’uso degli strumenti tecnologici. Una formazione completa, insomma, che le renda sicure e competenti per affrontare le sfide dell’insegnamento del futuro.

Siamo convinti che far sperimentare queste pratiche innovative alle future insegnanti sia uno stimolo incredibile. Le aiuta a prendere confidenza con le tecnologie e, speriamo, le incoraggia a progettare e implementare attività simili quando saranno loro in cattedra. Modellare è un modo efficace per imparare a insegnare!

Il nostro studio è uno dei primi a esplorare l’uso di MatataLab per lo sviluppo del pensiero computazionale legato a quello geometrico nelle future maestre d’asilo. E c’è ancora tantissima strada da fare in questa direzione. Formare le insegnanti su queste competenze è cruciale, non solo perché lo chiedono i programmi scolastici, ma perché lo richiede la società di oggi e di domani. E chissà, magari integrare la geometria con il pensiero computazionale, come abbiamo fatto noi con MatataBot, può aprire un nuovo modo di imparare la matematica, rendendo l’astratto un po’ più… concreto e divertente!

Fonte: Springer

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