Fotografia still life che mostra una selezione di mascherine riutilizzabili (argento, rame, grafene) accanto a una mascherina chirurgica certificata e una FFP2/N95, disposte su un tavolo da laboratorio pulito. Illuminazione da studio controllata, obiettivo macro 85mm, alta definizione dei materiali e delle texture, focus selettivo sulla differenza tra le mascherine certificate e quelle riutilizzabili non certificate.

Mascherine Antibatteriche Riutilizzabili: Belle ma Inefficaci? La Verità Dopo il Lavaggio

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che ci ha toccato da vicino negli ultimi anni: le mascherine. Ricordate il periodo caldo della pandemia? Mascherine ovunque, di tutti i tipi. Tra queste, hanno iniziato a spopolare quelle riutilizzabili e “antibatteriche”, spesso realizzate con materiali come argento, rame o grafene. Belle, ecologiche (almeno in teoria), e con la promessa di combattere i batteri. Ma la domanda che mi sono posto, e che forse vi siete posti anche voi, è: funzionano davvero come barriera protettiva, soprattutto dopo averle lavate più volte? E quell’effetto antibatterico, dura nel tempo?

Beh, mi sono imbattuto in uno studio scientifico che ha cercato di fare chiarezza proprio su questo punto, e voglio condividere con voi quello che ho scoperto, in modo semplice e diretto.

Cosa Hanno Testato Esattamente?

I ricercatori hanno preso sotto esame tre tipi di mascherine riutilizzabili antibatteriche commerciali: una all’argento, una al rame e una al grafene. Le hanno confrontate con una semplice mascherina di cotone (usata come controllo) e, soprattutto, con le mascherine certificate che tutti conosciamo bene, come le KF94 coreane (simili alle nostre FFP2) e le N95 americane.

L’esperimento è stato tosto: hanno testato le performance delle mascherine *prima* del lavaggio e *dopo* averle lavate 1, 2, 5 e addirittura 10 volte. E non si sono limitati a un solo tipo di lavaggio! Hanno provato tre temperature diverse:

  • 40 °C (il classico lavaggio in lavatrice)
  • 60 °C (ammollo in acqua calda)
  • 90 °C (ammollo in acqua molto calda)

L’obiettivo era capire se e come l’efficienza filtrante e l’attività antibatterica cambiassero con l’uso e i lavaggi ripetuti a diverse temperature.

Efficienza Filtrante: La Nota Dolente

Qui, amici miei, arriva la prima, e forse più importante, rivelazione. Parliamo della capacità di filtrare le particelle fini sospese nell’aria (testata con aerosol di NaCl, un metodo standard). Prima del lavaggio, le mascherine antibatteriche riutilizzabili (argento, rame, grafene) mostravano un’efficienza filtrante decisamente bassa: tra il 10% e il 13%. La mascherina di cotone faceva un po’ meglio, intorno al 47%.

Ora, confrontiamo questi numeri con le mascherine certificate: le KF94 e N95 superavano il 98% di efficienza! Capite la differenza abissale?

E dopo i lavaggi? C’è stato un leggerissimo miglioramento (circa un 6% in più), ma siamo rimasti su livelli molto bassi. Né il numero di lavaggi (fino a 10) né la temperatura dell’acqua hanno cambiato significativamente questa scarsa performance. Insomma, da questo punto di vista, queste mascherine non offrono una protezione efficace contro aerosol e particelle fini, quelle più insidiose per le vie respiratorie.

Primo piano macro di diverse fibre tessili di mascherine (argento, rame, grafene, cotone) sotto un microscopio elettronico a scansione, illuminazione controllata, obiettivo macro 100mm, alta definizione dei dettagli delle fibre e della loro trama intrecciata prima e dopo cicli di lavaggio, mostrando minime alterazioni strutturali.

Filtrazione Batterica: Un Quadro Diverso?

Passiamo alla capacità di bloccare i batteri (testata con Staphylococcus aureus). Qui le cose sembrano andare un po’ meglio, almeno inizialmente. Prima del lavaggio, l’efficienza di filtrazione batterica (BFE) era tra il 93% e il 98% per le mascherine antibatteriche, con argento e rame al top (98%) e grafene un po’ più basso (88%). Valori comunque superiori a quelli delle mascherine non antibatteriche (come il cotone) e che, per alcune, superavano la soglia del 95% richiesta da alcuni standard (come ASTM F2100). Le KF94 e N95, però, erano su un altro pianeta, superando il 99.9%.

Ma attenzione: dopo i lavaggi, la situazione si è fatta più incerta. Non è emerso un trend chiaro legato alla temperatura o al numero di cicli, ma in alcuni casi, specialmente per la mascherina al grafene, la BFE è scesa sotto la soglia del 95%.

Un dettaglio preoccupante emerso dallo studio è che l’efficienza di filtrazione batterica era particolarmente bassa per le particelle batteriche più piccole (quelle tra 0.65 e 2.1 µm), proprio quelle che possono penetrare più in profondità nei polmoni. Le mascherine certificate, invece, mantenevano un’efficienza altissima (>99%) anche per queste dimensioni critiche.

Potere Antibatterico: La Buona Notizia!

Ed eccoci alla caratteristica “venduta” come punto di forza: l’attività antibatterica. Qui, finalmente, una buona notizia. Le mascherine all’argento e al rame hanno mostrato un’ottima attività antibatterica (98%) fin da subito, e quella al grafene comunque buona (88%), significativamente migliore rispetto alle mascherine di cotone, KF94 e N95 (che si attestavano sull’84-86%).

La cosa più interessante? Questa attività antibatterica si è mantenuta elevata anche dopo 10 cicli di lavaggio, indipendentemente dalla temperatura utilizzata! Sembra quindi che i materiali come argento e rame incorporati nelle fibre facciano effettivamente il loro lavoro nel contrastare la crescita batterica sulla superficie della mascherina, e che questa proprietà sia piuttosto duratura. La mascherina di cotone, invece, ha mostrato un’attività antibatterica inferiore e più variabile dopo i lavaggi.

Lavare o Non Lavare? E Come?

Lo studio ha anche esaminato le fibre al microscopio elettronico (FE-SEM) prima e dopo i lavaggi. Risultato? Anche dopo 10 lavaggi, le fibre apparivano solo leggermente “sfilacciate” o più attorcigliate, ma la struttura generale del tessuto non era compromessa in modo significativo. Questo spiega perché l’efficienza filtrante (purtroppo bassa) non cambiava molto.

Dal punto di vista delle performance, quindi, lavare queste mascherine (a 40°C, 60°C o 90°C, fino a 10 volte) non sembra né migliorare né peggiorare drasticamente la loro (scarsa) capacità filtrante, mentre la loro (buona) capacità antibatterica rimane pressoché intatta.

Fotografia still life di mascherine riutilizzabili colorate (argento, rame, grafene) stese ad asciugare su uno stendino dopo essere state lavate in lavatrice, luce naturale morbida che filtra da una finestra, obiettivo 50mm, profondità di campo media che sfoca leggermente lo sfondo di una lavanderia domestica.

Il Succo della Storia: Cosa Portarsi a Casa?

Allora, cosa ci dice tutto questo? Parliamoci chiaro: queste mascherine riutilizzabili antibatteriche, pur avendo il pregio di mantenere una buona azione contro i batteri sulla loro superficie anche dopo diversi lavaggi, falliscono nel compito principale per cui indossiamo una mascherina in contesti a rischio: proteggere le nostre vie respiratorie da particelle fini e aerosol potenzialmente carichi di virus o altri agenti patogeni. La loro efficienza filtrante è risultata troppo bassa rispetto agli standard richiesti per una protezione efficace.

Indossarle potrebbe dare un falso senso di sicurezza. Certo, l’azione antibatterica è un plus, ma non è la funzione primaria di una barriera respiratoria.

Quindi, il mio consiglio spassionato, basato su questi dati scientifici? Se avete bisogno di una protezione respiratoria affidabile, specialmente in ambienti affollati, chiusi o quando la circolazione di virus è elevata, affidatevi sempre a mascherine certificate (come le FFP2/N95 o chirurgiche, a seconda del livello di rischio). Le mascherine riutilizzabili antibatteriche possono essere un’opzione per altri contesti, magari all’aperto e con basso rischio, ma non consideriamole uno scudo efficace contro le minacce invisibili che viaggiano nell’aria. La salute viene prima di tutto!

Fonte: Springer

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