Mappe Partecipative per Ricaricare le Falde: La Sfida dell’Acqua in Tunisia
Ciao a tutti! Avete mai pensato a quanto sia preziosa l’acqua dolce, specialmente ora che il mondo sta cambiando così velocemente? Beh, vi assicuro che gestirla al meglio è diventato fondamentale, soprattutto nelle zone costiere, quelle piene di vita ma anche terribilmente assetate. Qui, il problema è doppio: non solo l’acqua scarseggia, ma quella poca che c’è nelle falde sotterranee rischia di diventare salata a causa dell’intrusione dell’acqua di mare. Un bel guaio, vero?
Ecco perché mi sono appassionato a una soluzione tanto ingegnosa quanto naturale: la Ricarica Gestita delle Falde (o MAR, dall’inglese Managed Aquifer Recharge). Di cosa si tratta? In parole povere, è come dare una mano alla natura a “riempire” di nuovo le falde acquifere. Possiamo farlo in tanti modi: creando piccoli laghetti artificiali (bacini di infiltrazione), iniettando acqua direttamente nel sottosuolo con dei pozzi, o rilasciando acqua dalle dighe in modo controllato. L’idea è quella di immagazzinare acqua quando ce n’è di più (magari dopo una pioggia o riutilizzando acqua depurata) per poi averla a disposizione quando serve, combattendo siccità e alluvioni e mantenendo buona la qualità dell’acqua.
Il bello del MAR è che si adatta un po’ ovunque nel mondo, ma c’è un “ma”. Trovare il posto *giusto* dove implementare queste tecniche non è affatto semplice. Bisogna considerare un sacco di fattori: il tipo di terreno, la pendenza, la disponibilità di acqua da usare per la ricarica, le necessità di chi usa quell’acqua (agricoltori, ecosistemi…). Insomma, un vero puzzle!
La Nostra Ricetta: Mappe, Dati e Voci Locali nel Bacino di Chiba
Ed è qui che entriamo in gioco noi, con il nostro studio nel bacino idrografico di Chiba, sulla costa nord-orientale della Tunisia. Quest’area è un esempio lampante dei problemi di cui parlavamo: agricoltura intensiva che pompa acqua senza sosta dalla falda costiera di Korba (pensate, quasi 54 milioni di metri cubi all’anno!), livelli dell’acqua sotterranea che sono crollati paurosamente (da 0 metri sul livello del mare nel 1963 a -15 metri nel 2018!), e l’acqua salata che avanza inesorabilmente nell’entroterra.
In passato, hanno provato a realizzare un sito MAR vicino a Korba, usando acqua proveniente da un impianto di depurazione. L’idea era buona, ma non ha funzionato come sperato: problemi di intasamento dei bacini, qualità dell’acqua non ottimale, dimensioni troppo piccole… Morale della favola: spesso queste iniziative nascono come risposta a un’emergenza, senza una valutazione approfondita a monte.
Noi abbiamo voluto cambiare approccio. Abbiamo pensato: perché non unire la potenza delle mappe digitali (i Sistemi Informativi Geografici, o GIS) con un metodo che aiuta a prendere decisioni complesse considerando tanti criteri diversi (l’Analisi Multicriteriale, o MCDA)? E, soprattutto, perché non farlo coinvolgendo direttamente chi vive e lavora sul territorio?
Il nostro metodo, che abbiamo chiamato “partecipativo”, ha messo insieme dati scientifici e l’esperienza preziosa degli stakeholder locali: autorità idriche nazionali e locali, esperti, agricoltori. Insieme, abbiamo definito gli obiettivi principali del MAR per Chiba (migliorare la qualità dell’acqua e immagazzinarla a lungo termine), le tecniche più adatte (bacini di infiltrazione, trattamento suolo-acquifero SAT, rilascio controllato da dighe) e le fonti d’acqua disponibili (acqua trasferita da altri bacini, dighe locali, acqua depurata).
Cosa Rende un Luogo Ideale? I Criteri Chiave
Per creare le nostre mappe di “fattibilità” del MAR, abbiamo dovuto analizzare un bel po’ di informazioni, dividendole in tre grandi categorie:
- Caratteristiche Intrinseche del Sito (IS): Qui abbiamo guardato la “stoffa” del territorio.
- Geochimica della falda: Le zone con acqua già un po’ salata sono più “adatte” perché lì il MAR può contrastare l’intrusione marina.
- Litologia: Sabbie e ghiaie sono perfette perché lasciano passare l’acqua facilmente, mentre argille o rocce compatte molto meno.
- Spessore della zona non satura: È lo strato di terreno tra la superficie e la falda. Non deve essere né troppo sottile (altrimenti l’acqua non si purifica bene) né troppo spesso.
- Pendenza del terreno: Le zone pianeggianti sono migliori perché l’acqua ha tempo di infiltrarsi invece di scorrere via velocemente.
- Densità del drenaggio: Quanti fiumi e canali ci sono? Più ce ne sono, più è facile che l’acqua si raccolga e si infiltri.
- Uso del suolo: Campi coltivati e pascoli favoriscono l’infiltrazione, mentre città o zone umide la ostacolano.
- Tipo di suolo: Alcuni suoli sono più permeabili di altri.
- Densità delle fratture (lineamenti): Le fratture nella roccia possono aiutare l’acqua a muoversi nel sottosuolo.
- Disponibilità di Acqua (WA): Da dove prendiamo l’acqua per la ricarica?
- Vicinanza alle fonti: Essere vicini a un fiume, a un canale, a una diga o a un impianto di depurazione è un vantaggio enorme.
- Precipitazioni: Dove piove di più, c’è potenzialmente più acqua disponibile naturalmente.
- Evapotraspirazione: Quanta acqua “svapora” dal terreno e dalle piante? Meno ne svapora, meglio è.
- Deflusso superficiale diretto: L’acqua che scorre in superficie dopo una pioggia può essere intercettata e usata per la ricarica.
- Domanda di Acqua (WD): Chi ha bisogno di quest’acqua?
- Fabbisogno irriguo: Le zone con agricoltura intensiva hanno una grande “sete” e beneficerebbero molto del MAR.
- Esigenze ecologiche: Anche gli ecosistemi, come la Laguna di Korba che dipende dall’acqua della falda, hanno bisogno di acqua per sopravvivere.
Abbiamo raccolto dati da diverse fonti (missioni satellitari, database locali, studi precedenti) e li abbiamo trasformati in mappe digitali, tutte con la stessa “scala” di valutazione (da 0.2 a 1.0, dove 1.0 significa super adatto) per poterle confrontare e combinare.
Dare un Peso alle Cose: La Parola agli Esperti Locali
Ma non tutti i criteri hanno la stessa importanza, giusto? Ecco che entra in gioco la parte partecipativa più “pesante”. Abbiamo usato una tecnica chiamata Processo Gerarchico Analitico (AHP) per chiedere agli stakeholder di “pesare” i diversi criteri. In pratica, hanno confrontato ogni criterio con tutti gli altri all’interno della stessa categoria (IS, WA, WD), dicendo quale fosse più importante e di quanto.
Cosa è emerso? Per le caratteristiche intrinseche, un po’ tutto era importante, con un leggero accento sulla qualità dell’acqua esistente, lo spessore del terreno sopra la falda e la presenza di canali. Ma la vera sorpresa è arrivata con la disponibilità d’acqua: la vicinanza alle fonti (diga, depuratore) è stata considerata molto più cruciale dei fattori climatici come pioggia o evaporazione. Questo ci dice quanto sia fondamentale avere fonti d’acqua affidabili e quanto si tema l’impatto dei cambiamenti climatici sulla pioggia. Per quanto riguarda la domanda, il bisogno d’acqua per l’agricoltura ha avuto un peso tre volte superiore a quello per l’ecosistema della laguna, riflettendo la priorità data alla sicurezza alimentare.
Infine, abbiamo chiesto agli stakeholder di pesare anche le tre categorie principali tra loro. Il risultato? La Disponibilità di Acqua (WA) ha stravinto con quasi il 50% del peso totale, seguita dalla Domanda di Acqua (WD) con circa il 30%, e infine dalle Caratteristiche Intrinseche (IS) con il 20%. Questo conferma la loro priorità: prima assicuriamoci di avere l’acqua da ricaricare e che ci sia un reale bisogno, poi guardiamo nel dettaglio le caratteristiche del sito.
Ecco la Mappa del Tesoro (Idrico)!
Combinando tutte le mappe dei criteri, standardizzate e pesate secondo le indicazioni degli stakeholder, abbiamo finalmente ottenuto le nostre mappe di fattibilità del MAR per il bacino di Chiba, sia per la stagione secca che per quella umida.
I risultati sono chiari: le zone più promettenti (quelle classificate come “fattibili” o “altamente fattibili”, che coprono circa il 19% dell’area totale) si concentrano principalmente lungo la fascia costiera. Perché? Semplice: lì troviamo le condizioni geologiche migliori (terreni permeabili), siamo vicini alle fonti d’acqua (il depuratore di Korba, la rete di canali dalla diga di Chiba) e la domanda d’acqua per agricoltura ed ecosistema è altissima. Le zone meno adatte, invece, si trovano più a monte, dove il terreno è più ripido, le rocce meno permeabili e le fonti d’acqua scarseggiano.
Queste mappe non ci dicono solo *dove*, ma suggeriscono anche *come*. Vicino alla costa, la soluzione ideale sembra essere l’uso di bacini di infiltrazione con la tecnica SAT (Soil-Aquifer Treatment), utilizzando l’acqua depurata per contrastare l’intrusione salina. Più a monte, vicino alla diga, si potrebbe pensare al rilascio controllato d’acqua o alla costruzione di piccole dighe filtranti (check dams) per immagazzinare acqua a lungo termine. Addirittura, i pozzi esistenti nelle aree irrigue pubbliche potrebbero essere convertiti per iniettare acqua direttamente in falda.
Uno Sguardo Oltre i Confini e al Futuro
Il nostro approccio non è unico al mondo, metodi simili sono stati usati in Libano, Egitto, India, Spagna. Ma crediamo che il nostro lavoro abbia dei punti di forza particolari:
- Abbiamo considerato esplicitamente la “tipologia” di MAR (obiettivo, tecnica, fonte d’acqua), rendendo le mappe più pratiche e operative.
- Abbiamo integrato fortemente il punto di vista degli stakeholder nel processo di pesatura, includendo indirettamente anche fattori socio-economici (che influenzano le loro priorità).
Certo, ci sono dei limiti. La precisione delle mappe dipende dalla qualità dei dati di partenza, e avere dati idrogeologici super dettagliati non è sempre facile. Inoltre, non abbiamo ancora integrato a pieno le proiezioni sui cambiamenti climatici a lungo termine, che potrebbero influenzare la disponibilità d’acqua futura.
Per il futuro, pensiamo si possa fare ancora meglio: usare tecniche di intelligenza artificiale insieme ai modelli idrologici, confrontare i risultati con altre regioni, migliorare la qualità dei dati con telerilevamento e monitoraggio sul campo.
Conclusioni: Un Modello da Replicare
Alla fine di questo viaggio tra mappe, dati e persone, cosa abbiamo imparato? Che la Ricarica Gestita delle Falde è una soluzione concreta e fattibile per affrontare la crisi idrica nel bacino di Chiba, specialmente nelle zone costiere. Abbiamo anche visto quanto sia fondamentale coinvolgere chi vive il territorio: le loro conoscenze e priorità sono state la bussola che ha guidato la nostra analisi.
Il nostro approccio integrato, che unisce scienza dei dati e partecipazione, non solo ha prodotto mappe utili per pianificare interventi mirati, ma ha anche creato un senso di “proprietà condivisa” del progetto, essenziale per il successo a lungo termine. Speriamo che questo lavoro possa essere un modello replicabile anche in altre regioni del mondo che lottano contro la scarsità d’acqua, dimostrando che un futuro idrico più sostenibile è possibile, una mappa alla volta.
Fonte: Springer