Immagine fotorealistica al microscopio elettronico che mostra cellule di carcinoma epatocellulare (HCC) con funghi del genere *Malassezia* che infiltrano il tessuto tumorale. Obiettivo ad alta magnificazione, illuminazione laterale per creare profondità e dettaglio sulle strutture cellulari e fungine, messa a fuoco selettiva sul fungo *Malassezia*.

Malassezia nel Fegato: Il Fungo Che Non Ti Aspetti Potrebbe Favorire il Cancro

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi ha lasciato davvero a bocca aperta, una di quelle scoperte che ti fanno dire “Ma dai?!”. Siamo abituati a pensare al nostro corpo come a una fortezza, specialmente a organi interni come il fegato, immaginandocelo quasi sterile. E invece, grazie alle meraviglie della tecnologia di sequenziamento, stiamo scoprendo che non è affatto così. Anzi, pare proprio che il nostro fegato ospiti una comunità di microbi, batteri e funghi, che potrebbero avere un ruolo molto più importante di quanto pensassimo, persino nello sviluppo di malattie gravi come il cancro.

In particolare, oggi ci concentriamo su una forma di cancro al fegato molto diffusa e purtroppo spesso letale: il carcinoma epatocellulare (HCC). Rappresenta l’80-90% di tutti i tumori primari del fegato ed è una delle principali cause di morte per cancro a livello globale. Nonostante i progressi nelle terapie, inclusa l’immunoterapia che sta dando nuove speranze, molti pazienti non rispondono come vorremmo. C’è un bisogno disperato di capire meglio cosa succede all’interno del tumore e di trovare nuovi modi per predire chi beneficerà delle cure.

Un Fungo Infiltrato nel Tumore

Ed è qui che entra in gioco la nostra sorpresa. Ricercatori hanno analizzato campioni di tumore HCC e tessuto sano adiacente (chiamato NAT, Normal Adjacent to Tumor) prelevati da pazienti. Hanno guardato non solo ai batteri, ma anche ai funghi (il cosiddetto micobioma). E cosa hanno trovato? Che la composizione della “popolazione” microbica nei tumori era significativamente diversa da quella nel tessuto sano.

Ma la vera star (o forse dovremmo dire l’antagonista?) di questa scoperta è un genere di funghi chiamato Malassezia. Sì, avete capito bene, proprio quel fungo che spesso associamo a problemi della pelle come la forfora o la dermatite seborroica! Ebbene, sembra che questo fungo sia notevolmente più abbondante all’interno dei tumori HCC rispetto al tessuto sano circostante. Addirittura, tra le specie identificate, la Malassezia globosa era particolarmente presente.

Questa non è solo una curiosità. La presenza massiccia di Malassezia sembra essere collegata a doppio filo con le caratteristiche del microambiente tumorale (TME). Il TME è l’ecosistema complesso che circonda le cellule tumorali, fatto di cellule immunitarie, vasi sanguigni, matrice extracellulare (lo stroma) e altre molecole. È un ambiente cruciale che influenza la crescita del tumore, la sua capacità di diffondersi e la risposta alle terapie.

Malassezia e il Microambiente: Un Legame Pericoloso?

I ricercatori hanno scoperto che una maggiore abbondanza di Malassezia nel tumore è correlata a un punteggio stromale e immunitario più basso. In parole povere, sembra che dove c’è più Malassezia, ci sia meno “struttura di supporto” e meno cellule immunitarie attive nel TME. Al contrario, la “purezza” del tumore (cioè la proporzione di cellule cancerose) tende ad essere più alta.

Questo è intrigante. Sappiamo che il TME gioca un ruolo fondamentale, specialmente nell’efficacia dell’immunoterapia. Un TME “freddo”, con poche cellule immunitarie pronte a combattere, è spesso associato a una scarsa risposta ai farmaci immunoterapici. Potrebbe la Malassezia contribuire a creare o mantenere questo ambiente sfavorevole?

Hanno anche notato un legame con l’infiammazione. L’espressione di un gene chiamato SELE, coinvolto nell’adesione cellulare e nell’infiammazione, era più bassa nei tumori rispetto al tessuto sano. E, cosa interessante, l’espressione di SELE era negativamente correlata all’abbondanza di Malassezia. Questo suggerisce che il fungo potrebbe influenzare i processi infiammatori locali all’interno del fegato.

Immagine macrofotografica ad altissimo dettaglio di cellule tumorali epatiche (HCC) visualizzate al microscopio, con funghi del genere *Malassezia* (rappresentati come piccole sfere o ovali) che infiltrano lo spazio intercellulare. Illuminazione controllata per evidenziare le texture cellulari e le strutture fungine. Obiettivo macro 100mm, messa a fuoco precisa sulle interazioni tra fungo e cellula tumorale.

Un Sospetto Coinvolgimento nella Sintesi degli Acidi Biliari

Ma non è finita qui. Analizzando i geni che erano espressi diversamente nei tumori con alta o bassa abbondanza di Malassezia, i ricercatori hanno notato un arricchimento in percorsi legati alla secrezione biliare. Gli acidi biliari sono molecole fondamentali prodotte dal fegato, essenziali per la digestione dei grassi, ma il loro metabolismo alterato è stato collegato anche allo sviluppo del cancro al fegato.

Ci sono due vie principali per produrre acidi biliari, e ciascuna ha un enzima “chiave” che ne regola la velocità: CYP7A1 per la via classica (la più importante) e CYP27A1 per la via alternativa. Sorprendentemente, l’abbondanza di Malassezia nel tumore era negativamente correlata all’espressione di entrambi questi geni cruciali. In pratica, più Malassezia c’era, meno attivi sembravano essere questi enzimi.

Questo fa pensare che la Malassezia residente nel tumore possa in qualche modo inibire la sintesi degli acidi biliari. Il meccanismo esatto è ancora tutto da scoprire, ma è un’ipotesi affascinante. Alterazioni nel metabolismo degli acidi biliari possono avere effetti a cascata sulla salute del fegato e sulla progressione del tumore.

Una “Firma” Genetica Legata a Malassezia per Prevedere il Futuro

Ok, abbiamo un fungo sospetto, collegato al TME e forse agli acidi biliari. Ma come possiamo usare questa informazione in clinica? Identificare i microbi direttamente nei tumori può essere complicato. Così, i ricercatori hanno avuto un’idea brillante: creare una “firma” genetica, un set di geni la cui espressione è fortemente associata alla presenza di Malassezia. L’hanno chiamata Malassezia.Sig.

Hanno identificato 281 geni che compongono questa firma. E indovinate un po’? L’analisi funzionale di questi geni ha rivelato che sono coinvolti in processi legati proprio al TME, come l’assemblaggio delle ciglia cellulari (importanti per la comunicazione cellulare) e la demetilazione degli istoni (un meccanismo epigenetico che regola l’espressione genica).

Calcolando un punteggio basato sull’espressione di questi geni (punteggio GSVA di Malassezia.Sig), hanno confermato che questo punteggio era correlato alle caratteristiche del TME (negativamente con lo stroma, positivamente con la purezza tumorale) e, ovviamente, all’abbondanza del fungo stesso.

Analizzando le popolazioni di cellule immunitarie, hanno visto che i tumori con un basso punteggio Malassezia.Sig (quindi, presumibilmente, meno influenza del fungo) avevano una maggiore abbondanza di molti tipi di cellule immunitarie, in particolare macrofagi M1 e M2. Al contrario, i tumori con punteggio alto avevano più cellule T CD4+. Questo rafforza l’idea che Malassezia possa modulare attivamente la risposta immunitaria locale.

Micrografia elettronica a scansione del microambiente tumorale (TME) dell'HCC. Si vedono cellule tumorali interagenti con cellule immunitarie (macrofagi M1/M2, cellule T CD4+) e la matrice stromale. L'immagine, in bianco e nero con dettagli colorati selettivamente, evidenzia la complessità delle interazioni cellulari. Obiettivo ad alta risoluzione, profondità di campo ridotta per isolare specifiche interazioni.

Un Modello Prognostico Basato sui Geni “Amici” di Malassezia

La cosa si fa ancora più interessante. Poiché il TME è un fattore prognostico noto per l’HCC, si sono chiesti: questa firma genetica legata a Malassezia può predire la sopravvivenza dei pazienti? Hanno analizzato i 281 geni della firma e scoperto che ben 95 (oltre un terzo!) erano significativamente associati alla sopravvivenza globale (OS).

Utilizzando tecniche statistiche avanzate (regressione di Cox multivariata), hanno distillato questi 95 geni in un modello prognostico basato su soli cinque geni: ACYP1, GPD2, ENTPD2, SUPT7L e COG1. L’analisi ha mostrato che un’alta espressione di questi cinque geni era associata a una prognosi peggiore, cioè a una sopravvivenza più breve.

Questo modello a 5 geni si è dimostrato efficace nel predire la sopravvivenza non solo nel set di dati originale (TCGA), ma anche in una coorte indipendente di pazienti (GSE76427), il che ne aumenta l’affidabilità. Inoltre, l’analisi immunoistochimica ha confermato che le proteine prodotte da questi cinque geni erano effettivamente più abbondanti nei tessuti tumorali HCC rispetto a quelli sani.

E per chiudere il cerchio, questi cinque geni prognostici sono risultati correlati alle caratteristiche del TME in diversi set di dati. In particolare, il gene COG1 è emerso come fortemente legato al TME e, cosa molto rilevante, la sua espressione era positivamente correlata con il punteggio TIDE, un indice che predice una scarsa risposta all’immunoterapia. Questo suggerisce che COG1, la cui espressione sembra legata all’influenza di Malassezia, potrebbe essere un indicatore di resistenza all’immunoterapia.

Cosa Significa Tutto Questo? Prospettive Future

Quindi, ricapitolando: abbiamo un fungo comune, Malassezia, che si accumula nei tumori al fegato. La sua presenza è legata a un microambiente tumorale meno “attivo” dal punto di vista immunitario e stromale, e potrebbe inibire la sintesi di acidi biliari. Una firma genetica associata a questo fungo, e in particolare un modello a 5 geni derivato da essa, è in grado di predire la sopravvivenza dei pazienti e forse anche la risposta all’immunoterapia.

Certo, come sottolineano gli stessi ricercatori, siamo ancora all’inizio. Questo studio identifica delle associazioni, ma non dimostra un rapporto di causa-effetto diretto. Serviranno studi più ampi, longitudinali e soprattutto sperimentali per capire i meccanismi precisi con cui Malassezia interagisce con le cellule tumorali e il TME. Bisognerà capire come questo fungo riesca a colonizzare il tumore e come esattamente influenzi la sintesi degli acidi biliari e la risposta immunitaria.

Tuttavia, le implicazioni sono potenzialmente enormi. Se confermato, questo legame tra un fungo specifico e la progressione dell’HCC potrebbe aprire strade completamente nuove:

  • Nuovi biomarcatori: La presenza di Malassezia o l’espressione dei geni della firma Malassezia.Sig potrebbero diventare nuovi strumenti per diagnosticare precocemente l’HCC, stratificare i pazienti in base al rischio o predire la risposta alle terapie, inclusa l’immunoterapia.
  • Nuovi bersagli terapeutici: Potremmo pensare a terapie mirate a eradicare o controllare la Malassezia all’interno del tumore? O forse a farmaci che contrastino i suoi effetti sul TME o sul metabolismo degli acidi biliari?

Illustrazione concettuale che mostra possibili future terapie per l'HCC basate sulla scoperta del ruolo di *Malassezia*. Si vedono icone rappresentanti farmaci antifungini, modulatori del microbioma, e terapie mirate al TME e al metabolismo degli acidi biliari, che convergono su una cellula tumorale epatica. Stile grafico pulito e moderno, colori vivaci.

È affascinante pensare che il complesso ecosistema microbico all’interno dei nostri tumori, il cosiddetto “oncobioma”, possa essere così influente. Dopo anni focalizzati quasi esclusivamente sui batteri, ora anche i funghi entrano prepotentemente in scena. La storia della Malassezia nel cancro al fegato è appena iniziata, ma promette sviluppi davvero interessanti. Staremo a vedere cosa ci riserverà il futuro della ricerca!

Fonte: Springer

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