Fotografia concettuale, obiettivo 35mm, bianco e nero con un elemento di colore rosso acceso, profondità di campo. Una folla omogenea e grigia (mainstream) da cui emerge una singola figura o un flusso rosso (radicale) che inizia a diffondersi, simboleggiando il concetto di mainstream radicalizzato.

Mainstream Radicale: Quando la Normalità Sbanda (e Perché Potrebbe Avere Senso)

Allora, parliamoci chiaro. Avete mai sentito l’espressione “mainstream radicalizzato”? A prima vista, sembra un controsenso bello e buono, un ossimoro. Come fa il “mainstream”, cioè la corrente principale, la normalità condivisa, a essere “radicale”, che per definizione è qualcosa che si discosta dalla norma, che va alle radici (appunto, *radix*) in modo estremo o deviante? Sembra una di quelle frasi fatte per creare allarme, ma forse, scavando un po’, possiamo dargli un senso. Ed è proprio quello che voglio provare a fare qui: sbrogliare questa matassa apparentemente illogica.

Negli ultimi tempi, sentiamo sempre più spesso parlare di estremismo che diventa “la nuova normalità”, di posizioni radicali che si fanno strada nel discorso comune, fino ad arrivare a questo concetto di “mainstream radicalizzato”. Pensiamo all’ascesa di certi movimenti politici, alla diffusione di teorie cospirazioniste… segnali che ci dicono che forse qualcosa sta cambiando nel cuore stesso delle nostre società. Ma se la normalità diventa radicale, non perdiamo forse i punti di riferimento? Se tutto è radicale, nulla lo è più davvero. Ecco perché è fondamentale capire bene cosa intendiamo, prima di usare queste etichette a vanvera.

Ma Cos’è Davvero la Radicalizzazione?

Prima di tuffarci nel “mainstream”, facciamo un passo indietro. Cosa significa “radicalizzazione”? Dopo l’11 settembre 2001, questa parola ha preso una connotazione quasi esclusivamente negativa, legata al terrorismo, all’estremismo violento, a una minaccia alla sicurezza. Abbiamo quasi dimenticato che storicamente “radicale” poteva anche avere un’accezione positiva, legata a movimenti progressisti che volevano cambiare le cose alla radice per risolvere problemi sociali.

Oggi, però, nel linguaggio comune e accademico, la radicalizzazione è vista principalmente come un processo, un percorso che porta individui o gruppi ad allontanarsi sempre di più da quelle che consideriamo le norme fondamentali della nostra società. Ma attenzione, c’è un doppio binario: mentre ci si allontana dalle norme generali condivise (quelle “superiori”, per così dire), spesso ci si avvicina sempre di più, conformandosi, alle norme specifiche di un gruppo più ristretto (un “ingroup”). Pensate a un gruppo estremista: i suoi membri deviano dalle leggi dello Stato, ma seguono pedissequamente le regole interne al gruppo.

Quindi, la radicalizzazione non è solo devianza, ma anche una forma estrema di conformità a un particolare set di norme. È un processo complesso, studiato sia dalla psicologia sociale (che guarda ai meccanismi individuali e di gruppo, spesso in modo più astratto) sia dalla scienza politica (che lo cala in contesti specifici, come quello delle democrazie liberali).

Norme, Norme Ovunque: La Chiave è Capire Quali Contano

Per capire il “mainstream radicalizzato”, dobbiamo parlare di norme sociali. Le norme sono quelle regole, scritte o non scritte, che guidano il nostro comportamento. Gli psicologi sociali ne distinguono principalmente due tipi:

  • Norme Descrittive: Ci dicono cosa la maggior parte delle persone fa effettivamente in una certa situazione. Esempio: “Molti superano i limiti di velocità in autostrada”.
  • Norme Ingiuntive: Ci dicono cosa si dovrebbe fare, cosa è approvato o disapprovato dal gruppo. Esempio: “Si dovrebbe rispettare i limiti di velocità”.

Questi due tipi di norme possono coincidere, ma spesso sono in conflitto. Magari tutti pensano che si dovrebbe mangiare sano (norma ingiuntiva), ma poi la maggior parte mangia cibo spazzatura (norma descrittiva).

Fotografia di ritratto, obiettivo 35mm, stile film noir con forti contrasti di luce e ombra, profondità di campo ridotta. Una persona di spalle guarda verso un bivio illuminato in modo ambiguo, simboleggiando la scelta tra conformità e devianza dalle norme sociali.

Il punto cruciale per il nostro discorso è che, per parlare di radicalizzazione, serve una norma “importante”, una norma “superiore” rispetto alla quale misurare la devianza. Altrimenti, tutto diventa relativo: ogni gruppo potrebbe accusare gli altri di essere “radicali” rispetto alle proprie norme interne, e non ne usciremmo più. Questa norma superiore deve essere, per forza di cose, una norma ingiuntiva, perché solo le norme che ci dicono cosa *dovremmo* fare hanno un peso morale, un’importanza che ci permette di giudicare una devianza come “radicale”. Le norme descrittive si limitano a constatare un fatto, non esprimono un valore.

Il Paradosso del Mainstream Radicale: Come Uscirne?

Ed eccoci al cuore del problema. Se il mainstream è, per definizione, la norma (spesso intesa come ciò che la maggioranza fa o pensa), come può deviare da se stesso? Se la maggioranza inizia a comportarsi in modo “radicale” (ad esempio, violando sistematicamente i diritti umani), quel comportamento diventa la nuova norma descrittiva. Quindi, tecnicamente, non sarebbe più “radicale” ma “normale”. Il concetto di “mainstream radicalizzato” sembra autodistruggersi.

La soluzione, secondo l’analisi proposta nel testo originale, sta nel non confondere la norma *del* mainstream (ciò che il mainstream fa o pensa) con una norma ingiuntiva superiore. Il mainstream può diventare “radicalizzato” quando le sue norme (siano esse descrittive o ingiuntive di quel gruppo specifico) entrano in conflitto e violano una norma ingiuntiva considerata più importante, più fondamentale, che sta “al di sopra”.

Questa norma superiore può essere:

  • Un principio fondamentale condiviso (es. i diritti umani universali, i principi democratici sanciti da una costituzione).
  • La norma di un gruppo più ampio e inclusivo (es. le norme della comunità internazionale rispetto a quelle di una singola nazione).
  • Un ideale a cui si aspira o una norma del passato che si ritiene valida.

In pratica, giudichiamo il mainstream come “radicale” mettendolo a confronto con un metro di giudizio esterno e gerarchicamente superiore ad esso.

Tre Facce del Mainstream Radicale

Basandoci su questa idea, possiamo distinguere almeno tre modi in cui il concetto di “mainstream radicalizzato” può prendere forma:

1. Mainstream Descrittivo Radicale: Qui c’è una discrepanza tra ciò che la maggioranza fa (norma descrittiva del mainstream) e ciò che si ritiene si dovrebbe fare (norma ingiuntiva superiore). Esempio: in una società, l’incitamento all’odio online è diffusissimo (descrittivo), anche se tutti concordano che sia sbagliato (ingiuntivo superiore). Quel comportamento diffuso è un mainstream descrittivo “radicalizzato” rispetto alla norma morale condivisa.

2. Mainstream da Consenso Sovrastimato: A volte, quella che percepiamo come la norma del mainstream (magari amplificata dai media) è in realtà la posizione di una minoranza rumorosa. Questa norma percepita (e sovrastimata) può essere “radicale” rispetto a ciò che la vera maggioranza silenziosa pensa o ritiene giusto (la vera norma ingiuntiva maggioritaria). Pensiamo a come certe posizioni estreme sembrino dominare il dibattito pubblico, facendole apparire più “mainstream” di quanto non siano.

3. Mainstream di Sottogruppo Radicale: Questo caso si verifica quando identifichiamo il “mainstream” con un gruppo specifico (es. il discorso politico dominante in una nazione, la cultura prevalente in un certo ambiente) che è, però, solo una parte di un contesto più ampio. Le norme di questo “sottogruppo mainstream” possono essere considerate “radicalizzate” se confrontate con le norme del gruppo più grande e sovraordinato che lo include (es. le norme europee rispetto a quelle di un singolo stato membro che le viola, oppure le norme democratiche liberali rispetto a un discorso politico nazionale che le sfida).

Fotografia macro, obiettivo 100mm, alta definizione, illuminazione controllata. Dettaglio di una trama di tessuto uniforme (il mainstream) interrotta da un filo di colore acceso e dissonante che si allarga (la norma radicale che emerge), simboleggiando uno dei tre tipi di mainstream radicalizzato.

Queste distinzioni ci aiutano a usare il termine “mainstream radicalizzato” in modo più preciso e analitico, senza cadere nella trappola dell’ossimoro.

Oltre la Psicologia: Potere e Contesto

Ovviamente, questa riflessione si muove molto sul piano psicologico e concettuale. Non basta. Per capire davvero come certe idee o comportamenti si diffondono e diventano “mainstream”, anche se radicali rispetto a principi superiori, dobbiamo guardare al quadro generale: le strutture sociali, le dinamiche di potere, le narrative che circolano, chi ha interesse a promuovere certe idee.

La radicalizzazione, anche quella del mainstream, non avviene nel vuoto. È spesso legata a conflitti, a percezioni di minaccia, a tentativi di esercitare o contrastare il potere. Pensiamo a come certi discorsi sulla sicurezza nazionale possano giustificare la limitazione di libertà fondamentali, rendendo “normale” ciò che prima era considerato inaccettabile (radicale). Oppure a come gruppi che si sentono impotenti possano adottare tattiche radicali come forma di “empowerment”.

In Conclusione: Un Concetto Utile, Ma da Maneggiare con Cura

Alla fine di questo viaggio, cosa ci resta? L’idea di “mainstream radicalizzato” non è necessariamente un’assurdità logica. Può diventare uno strumento utile per analizzare certi fenomeni sociali contemporanei, a patto di essere chiari su cosa intendiamo: una devianza del comportamento o delle credenze prevalenti (il mainstream) rispetto a una norma ingiuntiva superiore, fondamentale, che dovrebbe guidare tutti.

Capire questo ci permette di osservare criticamente le trasformazioni in atto nelle nostre società, senza cadere in allarmismi superficiali ma anche senza sottovalutare i rischi quando la “normalità” inizia a scivolare verso posizioni che mettono in discussione principi che ritenevamo intoccabili. È un concetto scivoloso, certo, ma forse proprio per questo stimolante per continuare a interrogarci su chi siamo e dove stiamo andando.

Fonte: Springer

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