Maculopatia Placoide Persistente: Quando l’Occhio Ci Svela Storie Inaspettate
Ciao a tutti, appassionati di misteri medici e delle meraviglie (a volte un po’ bizzarre) del corpo umano! Oggi voglio parlarvi di una condizione oculare tanto rara quanto affascinante: la maculopatia placoide persistente (PPM). Immaginate delle piccole placche che compaiono nella zona centrale della vostra retina, la macula, quella responsabile della visione nitida e dettagliata. Non suona benissimo, vero? Ed è proprio di questo che si tratta, una corioretinopatia bilaterale idiopatica, il che significa che colpisce entrambi gli occhi e, spesso, le sue cause precise rimangono un enigma.
Cos’è esattamente questa Maculopatia Placoide Persistente?
Descritta per la prima volta nel 2006 da Golchet e colleghi, la PPM è un’entità clinica piuttosto rara, con meno di 50 casi documentati in letteratura. Tende a colpire prevalentemente uomini caucasici tra i 60 e i 70 anni. I sintomi? Possono variare da una diminuzione della vista rapida e progressiva, alla percezione di lampi di luce (fotopsie) o alla comparsa di scotomi (macchie cieche nel campo visivo). A volte, i pazienti riferiscono sintomi simil-influenzali prima che i problemi agli occhi si manifestino. La diagnosi si basa sull’esame clinico e, soprattutto, sull’imaging multimodale, che ci permette di vedere nel dettaglio le alterazioni a carico della retina esterna e dell’epitelio pigmentato retinico (RPE).
La patofisiologia, ovvero il meccanismo che scatena la PPM, non è ancora del tutto chiara. Tuttavia, si sospetta un ruolo chiave dell’ipoperfusione coroideale (una riduzione del flusso sanguigno nella coroide, lo strato vascolare sotto la retina), probabilmente secondaria a un processo infiammatorio. Le lesioni maculari possono persistere per mesi o anni, ma tendono a guarire lentamente e spontaneamente. Purtroppo, complicanze come l’atrofia maculare e la neovascolarizzazione coroideale (la formazione di nuovi vasi sanguigni anomali) sono frequenti e possono limitare il recupero visivo.
Nel testo che ho analizzato, vengono presentati quattro casi clinici che illustrano quanto possa essere varia la manifestazione di questa patologia. E credetemi, ogni caso è una storia a sé!
Caso 1: Quando la PPM si Lega all’Arterite a Cellule Giganti
Il primo paziente è un uomo di 63 anni che si presenta con uno scotoma centrale bilaterale persistente. Gli esami confermano la PPM. Ma c’è un dettaglio interessante: una settimana prima dei sintomi visivi, aveva lamentato dolore al cuoio capelluto e claudicatio mandibolare (dolore alla mascella durante la masticazione), associati a un aumento della proteina C-reattiva (un marker di infiammazione). Una biopsia dell’arteria temporale non lascia dubbi: arterite a cellule giganti (ACG). Nonostante il trattamento con corticosteroidi, l’esito è un’atrofia corioretinica maculare completa. Questo caso solleva una domanda importante: la PPM è sempre “idiopatica” o può essere la manifestazione di una malattia sistemica più ampia come l’ACG? L’ACG è nota per causare problemi oculari, come la neuropatia ottica ischemica, ma l’associazione con lesioni tipo PPM è un campo di studio relativamente nuovo e intrigante.
Caso 2: La Pandemia e le Complicanze Tardive
Una donna di 65 anni arriva con visione offuscata bilaterale da un mese. La diagnosi è PPM, ma la paziente si perde al follow-up a causa della pandemia di COVID-19. Un anno dopo, torna con un drastico calo della vista all’occhio sinistro. Cosa è successo? Si è sviluppata una neovascolarizzazione coroideale di tipo 2. Fortunatamente, il trattamento con iniezioni (prima sub-tenoniana di triamcinolone e poi intravitreali di Aflibercept) ha permesso un miglioramento della vista. Questo caso sottolinea l’importanza del monitoraggio costante nei pazienti con PPM, perché le complicanze possono insorgere anche a distanza di tempo.
Caso 3: Un Esordio Drammatico con Emorragia
Un uomo di 61 anni si presenta con una perdita improvvisa della vista all’occhio destro. L’esame rivela una vasta emorragia sottomaculare nell’occhio destro e le tipiche lesioni placoidi maculari bianco-giallastre nell’altro occhio. Viene eseguito un intervento chirurgico con spostamento pneumatico dell’emorragia e iniezione intravitreale di Aflibercept, ma la vista non migliora. Cinque mesi dopo, anche l’occhio controlaterale si complica con una neovascolarizzazione coroideale, richiedendo iniezioni intravitreali. Questa è solo la seconda segnalazione in letteratura di un’associazione tra emorragia sottomaculare e PPM, un evento decisamente raro e con prognosi spesso severa. La presenza di un distacco dell’epitelio pigmentato fibrovascolare eccentrico nell’altro occhio potrebbe far pensare anche a una vasculopatia polipoidale, una condizione che non può essere esclusa.
Caso 4: PPM in un Paziente Immunosoppresso e la Risposta alla Terapia
L’ultimo caso riguarda un uomo di 49 anni, sottoposto a trapianto di fegato e in terapia immunosoppressiva, che lamenta una diminuzione bilaterale della vista. Viene diagnosticata la PPM e si inizia un trattamento con corticosteroidi. Dopo tre mesi, le lesioni corioretiniche si riducono e la vista migliora significativamente. Questo è l’unico dei quattro casi presentati in cui la terapia steroidea ha portato a un recupero sia delle lesioni che della funzione visiva. È interessante notare come l’imaging multimodale, in particolare l’angiografia con verde indocianina (ICGA) e la tomografia a coerenza ottica (OCT), abbia mostrato un miglioramento del flusso sanguigno coroideale e un recupero della linea dell’elissoide (parte dei fotorecettori) dopo la terapia.
Cosa ci Insegnano Questi Casi? Meccanismi e Implicazioni
Questi casi evidenziano la notevole eterogeneità clinica della PPM. Sebbene le lesioni tendano a guarire spontaneamente, la prognosi può essere sfavorevole a causa di complicanze come l’atrofia maculare (vista nel caso 1) e la neovascolarizzazione coroideale (casi 2 e 3).
Si sospetta che la PPM sia legata a un processo infiammatorio che causa una sorta di vasculite, portando a un’ipoperfusione focale della coriocapillare (lo strato più interno della coroide). Questa ischemia della retina esterna e dell’RPE porterebbe poi alla disfunzione dei fotorecettori e all’atrofia. L’ICGA nei quattro casi ha mostrato lesioni ipofluorescenti persistenti, che potrebbero essere dovute sia all’ipoperfusione coroideale sia a un effetto di mascheramento da parte delle lesioni infiammatorie. L’OCT angiografia (OCTA) nel caso 4, mostrando una riduzione del segnale di flusso nella coriocapillare, sembra supportare fortemente il meccanismo dell’ipoperfusione.
È affascinante come la PPM possa essere un’altra di quelle patologie inizialmente attribuite solo all’infiammazione, per poi scoprire chiare associazioni con malattie vascolari extraoculari, come appunto l’arterite a cellule giganti. Il fatto che ben cinque casi in letteratura (incluso il primo di questa serie) associno la PPM a una GCA accertata con biopsia mette in discussione la natura puramente “idiopatica” della malattia. L’ACG può causare un’ischemia coroideale, e le regioni “watershed” (zone di confine tra territori di vascolarizzazione) della circolazione coroideale, come l’area sottomaculare, sono particolarmente vulnerabili. Un’occlusione parziale delle arterie ciliari posteriori potrebbe quindi indurre le lesioni tipiche della PPM.
Conclusioni e Messaggi Chiave
Questa serie di casi ci ricorda che la PPM può presentarsi in modi molto diversi. Una perdita improvvisa della vista dovuta a emorragia sottomaculare, come nel caso 3, è un evento raro ma possibile che richiede un intervento d’urgenza. Ancora più importante, di fronte a un quadro di PPM, è fondamentale escludere un’associazione con l’arterite a cellule giganti, poiché questa condizione può portare a perdita irreversibile della vista e a gravi sequele vascolari sistemiche.
L’imaging multimodale (OCT, fluorangiografia, ICGA, OCTA) è cruciale non solo per la diagnosi, ma anche per comprendere meglio la complessa interazione tra processi infiammatori e vascolari che caratterizza la PPM. Ogni paziente è un universo a sé, e la PPM ce lo dimostra chiaramente, spingendoci a guardare sempre oltre l’apparenza per svelare le connessioni nascoste tra l’occhio e il resto del corpo.
Spero che questo viaggio nel mondo della maculopatia placoide persistente vi sia piaciuto e vi abbia incuriosito. È un esempio perfetto di come la medicina, e l’oftalmologia in particolare, sia un campo in continua evoluzione, dove ogni caso può aggiungere un tassello importante alla nostra conoscenza!
Fonte: Springer