Macro fotografia di una larva di plecottero, un macroinvertebrato sensibile all'inquinamento, aggrappata a una roccia umida e muschiosa in un ruscello. Obiettivo macro 100mm, illuminazione laterale controllata per esaltare la texture dell'esoscheletro e le goccioline d'acqua, alta definizione, sfondo naturale sfocato.

Macroinvertebrati: Le Spie Segrete della Salute dei Fiumi nella Copperbelt Africana!

Ehilà, appassionati di natura e misteri acquatici! Oggi vi porto con me in un viaggio affascinante, un po’ come fare i detective, ma invece di lenti d’ingrandimento e impronte digitali, i nostri indizi sono… piccoli esserini che vivono sul fondo dei fiumi! Sto parlando dei macroinvertebrati bentonici, e la nostra scena del crimine, o meglio, del “controllo sanitario”, è la Central African Copperbelt (CACB), una regione ricchissima di rame ma anche, ahimè, a rischio inquinamento.

Sì, perché quando si scava per estrarre minerali preziosi, spesso si finisce per rilasciare nell’ambiente sostanze non proprio simpatiche, come i metalli pesanti. E chi ne fa le spese? Tra gli altri, i nostri fiumi e i loro delicati ecosistemi. Ma come facciamo a sapere se un fiume sta bene o se è “influenzato” dall’inquinamento? Certo, possiamo fare analisi chimiche dell’acqua, ma c’è un metodo più “naturale”, eco-friendly e, diciamocelo, super affascinante: il biomonitoraggio.

Chi sono questi “Agenti Speciali” acquatici?

Immaginatevi dei piccoli organismi, visibili a occhio nudo (ecco perché “macro”), senza spina dorsale (“invertebrati”) che passano la loro vita o parte di essa sul fondo (“bentonici”) di fiumi, laghi e torrenti. Parliamo di larve di insetti come libellule, efemere, plecotteri, ma anche piccoli crostacei, molluschi, vermi. Ognuno di loro ha una diversa “tolleranza” all’inquinamento. Alcuni sono dei veri duri e riescono a sopravvivere anche in acque non proprio cristalline, altri invece sono delicatissimi e scompaiono al primo segno di stress ambientale.

Ecco perché sono così preziosi! Studiando quali e quanti macroinvertebrati popolano un corso d’acqua, possiamo farci un’idea chiarissima del suo stato di salute. È un po’ come se ci dicessero: “Ehi, qui si sta bene!” oppure “Allarme rosso, l’acqua non è più quella di una volta!”. E la cosa bella è che ci danno informazioni a lungo termine, non solo una fotografia istantanea come un’analisi chimica.

La Missione nella Copperbelt Zambiana

Proprio per capire meglio la situazione, un gruppo di ricercatori (e idealmente, io con loro, armato di retino e stivali!) ha condotto uno studio approfondito tra maggio 2022 e aprile 2023 in quattro fiumi nella parte nord-occidentale della Copperbelt zambiana. L’obiettivo? Vedere come le comunità di macroinvertebrati rispondono alla presenza di metalli nei sedimenti.

Hanno raccolto campioni di sedimento (ben 252!) per analizzare la concentrazione di metalli come arsenico (As), piombo (Pb), zinco (Zn), nichel (Ni) e, ovviamente, rame (Cu), che da quelle parti abbonda. E poi, via alla caccia ai nostri piccoli eroi: 144 campioni di macroinvertebrati sono stati prelevati per studiarne la tassonomia (cioè, chi sono) e le caratteristiche funzionali (cioè, cosa fanno nell’ecosistema, ad esempio se sono predatori, detritivori, filtratori, ecc.).

I risultati delle analisi dei sedimenti hanno mostrato una gerarchia di concentrazioni: il rame era il metallo più abbondante, seguito da nichel, zinco, piombo e arsenico. Non mi sorprende, vista la zona!

Macro fotografia di diversi tipi di macroinvertebrati bentonici (larve di insetti, piccoli crostacei) in una vaschetta di raccolta con acqua di fiume, illuminazione da laboratorio controllata per evidenziare i dettagli morfologici, obiettivo macro 90mm, alta definizione, sfondo neutro.

Cosa ci hanno svelato i nostri piccoli amici?

Analizzando i campioni di macroinvertebrati, è emerso che la comunità era dominata principalmente da famiglie di Insetti, in particolare Ditteri (come le zanzare o i chironomidi, per capirci) che costituivano circa il 23.3% del totale, e Coleotteri (16.7%). Dal punto di vista “alimentare”, cioè dei gruppi trofici, i predatori la facevano da padrone, con gli Odonati (larve di libellula) in testa (34.7%), seguiti da Emitteri (31.8%) e Ditteri predatori (18.9%). Questo ci dice già qualcosa sulla struttura della catena alimentare in quei fiumi.

Ma la parte più interessante è stata correlare la presenza e l’abbondanza di questi organismi con i fattori ambientali. Attraverso analisi statistiche complesse (come SIMPER, ANOSIM, CCA, non vi annoio con i dettagli tecnici!), si è visto che la diversità e la distribuzione spaziale dei macroinvertebrati erano fortemente influenzate da alcuni fattori chiave:

  • Concentrazione di Rame (Cu) nei sedimenti
  • Conducibilità elettrica (EC) dell’acqua (un indicatore della quantità di sali disciolti)
  • Velocità della corrente
  • Textura dei sedimenti (se sabbiosi, argillosi, ecc.)
  • Quantità di materia organica nei sedimenti

Il torrente che risultava più impattato, chiamato KYABR, mostrava anche la maggiore dissimilarità nella comunità di macroinvertebrati rispetto agli altri. Questo significa che le condizioni ambientali specifiche di quel sito avevano selezionato una comunità particolare, probabilmente più tollerante a certi stress.

Ma allora, come stanno questi fiumi?

Qui arriva la parte che mi ha affascinato di più. Nonostante la presenza di metalli e le attività minerarie nei dintorni, utilizzando specifici indici biotici (come lo ZISS-1, l’ASPT e il rapporto EPT/Chironomidae – sigle che per gli addetti ai lavori sono pane quotidiano e servono a dare un “voto” alla salute del fiume basandosi sui macroinvertebrati), lo stato ecologico generale dei corsi d’acqua è stato classificato come “buono“!

Sorprendente, vero? E la cosa ancora più incoraggiante è stata la presenza di taxa sensibili all’inquinamento, come le famiglie Helodidae (Coleotteri) e Perlidae (Plecotteri). Trovare questi organismi “schizzinosi” è sempre un buon segno, perché indica che, nonostante tutto, l’ambiente riesce ancora a supportare forme di vita delicate. È come trovare un canarino in miniera che canta ancora allegro!

Questo studio, quindi, non fa che confermare il potenziale enorme dei macroinvertebrati come bioindicatori affidabili della salute dei fiumi, specialmente in contesti complessi come quelli delle aree minerarie. Ci mostrano che, anche se c’è una contaminazione moderata da metalli, l’ecosistema può mantenere una sua funzionalità e una certa resilienza.

Fotografia paesaggistica di un fiume serpeggiante nella regione del Copperbelt africano, con un ricercatore in stivali che raccoglie campioni di macroinvertebrati con un retino. Luce naturale del giorno, obiettivo grandangolare 24mm per includere l'ambiente circostante, messa a fuoco nitida sul ricercatore e sul fiume.

Perché tutto questo è così importante?

Beh, la gestione sostenibile delle risorse idriche è una sfida cruciale a livello globale, come sottolineato anche dagli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’ONU. Le attività umane, dall’agricoltura all’industria, passando per l’urbanizzazione e, appunto, l’estrazione mineraria, mettono a dura prova i nostri fiumi. Avere strumenti come il biomonitoraggio basato sui macroinvertebrati ci permette di:

  • Valutare l’impatto ecologico delle nostre attività.
  • Ottenere informazioni a lungo termine e integrate sulla salute dell’ecosistema.
  • Utilizzare un approccio eco-friendly e meno costoso rispetto ad analisi chimiche continue e capillari.
  • Sviluppare strategie di gestione e recupero ambientale più mirate ed efficaci.

Nello specifico della Copperbelt Africana, una regione con una fitta rete di corsi d’acqua e un’intensa attività estrattiva, industriale e una rapida crescita demografica, capire lo stato dei fiumi è fondamentale. Questi piccoli “eroi” ci offrono una finestra privilegiata sulla salute di questi ambienti, aiutandoci a trovare un equilibrio tra sviluppo e conservazione.

Insomma, la prossima volta che vedrete un insetto un po’ strano vicino a un fiume, pensateci: potrebbe essere una piccola spia che ci sta raccontando segreti importantissimi sulla salute del nostro pianeta! E studi come questo ci dimostrano che ascoltarli è fondamentale.

Fonte: Springer

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