Allarme Rosso nei Mobili: *Lyctus africanus*, il Tarlo Africano Conquista l’Italia!
Amici appassionati di legno, di mobili antichi e, ahimè, anche di piccoli intrusi che a volte li popolano, preparatevi! Oggi vi parlo di una scoperta che, ve lo dico subito, mi ha fatto drizzare le antenne (un po’ come quelle dei coleotteri di cui stiamo per parlare): il primo avvistamento ufficiale e, diciamocelo, un po’ preoccupante, del Lyctus africanus, un tarlo della polvere non proprio nostrano, che ha deciso di mettere radici – o meglio, gallerie – nei nostri manufatti in legno qui in Italia.
Sì, avete capito bene. Questo piccolo coleottero, originario forse dell’Africa o del Sud-est asiatico, è un giramondo che si è fatto strada fino a noi, e la sua presenza è stata confermata in Sicilia, precisamente a Catania. E non pensate sia un problema da poco: questi insetti, pur essendo minuscoli, sono dei veri e propri specialisti nel trasformare il legno in polvere finissima, causando danni economici non indifferenti a livello globale.
Un Ospite Indesiderato nei Nostri Mobili
Immaginate la scena: un tranquillo archivio, mobili che custodiscono storia e documenti. Ed ecco che, quasi invisibile, il Lyctus africanus inizia la sua opera. Non è fantascienza, è successo davvero nell’archivio del tribunale di Catania. Il primo segnale? Piccoli fori circolari sul legno e una polverina sottile, quasi impalpabile. Segni inequivocabili che gli adulti del coleottero hanno completato il loro ciclo e sono pronti a diffondersi.
Questi coleotteri xilofagi, cioè mangiatori di legno, sono dei veri e propri “cavalli di Troia” moderni. Viaggiano nascosti in materiali lignei di ogni tipo, sfuggendo facilmente ai controlli, e le recenti condizioni climatiche nel Mediterraneo sembrano aver creato un ambiente ideale per il loro insediamento. La famiglia a cui appartengono, i Bostrichidae, è particolarmente nota per l’impatto che può avere.
Chi Sono i Lictidi, i Tarli della Polvere?
Il genere Lyctus, a cui appartiene il nostro africanus, raggruppa i cosiddetti “powderpost beetles”, ovvero i tarli della polvere. Sono dei veri gourmet del legno, ma con gusti specifici: prediligono i legni duri ricchi di amido e con vasi linfatici di grosso diametro. Questo li rende particolarmente pericolosi per molte specie arboree temperate e tropicali a foglia larga. Pensate a frassino, olmo, quercia, ma anche legni esotici come iroko, limba, obeche e ramin. Una lista bella lunga, vero?
La cosa curiosa è che i Lyctus non digeriscono la cellulosa o l’emicellulosa, ma si concentrano sull’alburno, la parte più esterna e giovane del tronco. Sono le larve a fare il grosso del lavoro: scavano gallerie intricate, trasformando l’interno del legno in una polvere finissima e compatta. Possono lavorare indisturbate anche per un anno intero! Quando poi gli adulti emergono, lasciano quei caratteristici forellini di uscita, di solito tra 1 e 1,5 mm di diametro. Spesso, purtroppo, ci si accorge dell’infestazione solo a questo punto, quando il danno è già fatto.
In Italia, conoscevamo già alcune specie di Lyctus: L. linearis e L. pubescens come autoctone, e il L. brunneus, introdotto con legname d’importazione e ormai naturalizzato, diventando il principale responsabile del degrado del legno. Altre specie come L. hipposideros, L. africanus stesso, e L. carbonarius erano state intercettate in passato in magazzini di legname, ma solo quest’ultimo aveva dimostrato di potersi riprodurre in condizioni naturali in Italia, mentre gli altri solo in laboratorio. Fino ad ora, per L. africanus.
Ricerche condotte nel secolo scorso nei paesi mediterranei avevano già evidenziato come L. africanus fosse il principale agente di danno in mobili realizzati in compensato, telai di porte e cornici, con circa il 95% delle infestazioni attribuibili a questa specie. Un dato che fa riflettere sulla sua potenziale pericolosità anche da noi.
La Scoperta Siciliana: *Lyctus africanus* Fa il Suo Ingresso Ufficiale
Torniamo a Catania. Nel gennaio 2024, il curatore della biblioteca dell’archivio del tribunale ha notato i segni di un’infestazione da tarli. Due sopralluoghi, il 20 gennaio e il 20 febbraio, hanno confermato che il danno era concentrato in alcuni armadietti alla base delle librerie. L’oggetto del “desiderio” del nostro coleottero? Il pannello posteriore in compensato degli armadietti, acquistati, secondo le informazioni, nel 2010.
Immaginatevi la scena: il pannello, una volta rimosso, mostrava i classici forellini di sfarfallamento e quella polverina rivelatrice. Nei casi più gravi, il compensato era ridotto a una massa di polvere tenuta insieme solo da un sottile strato superficiale. Un vero disastro! Alcuni campioni di questi pannelli sono stati portati nei laboratori del DAGRI (Università di Firenze) e dell’Università di Palermo per analisi più approfondite.
L’analisi del compensato ha rivelato una struttura particolare: tre strati di due specie legnose diverse, obeche (Triplochiton scleroxylon) e aniegré (Aningeria altissima). L’obeche, un legno dal colore bianco-giallastro e a bassa densità, è molto usato per i compensati per la sua facilità al taglio rotativo. Purtroppo, i suoi grandi vasi lo rendono particolarmente appetibile per i lictidi, che vi depongono le uova. È classificato come “non durevole” (classe 5). L’aniegré, invece, ha una tessitura più fine. Il pannello in questione era asimmetrico: uno strato sottile di aniegré (0,5 mm) sulla faccia esterna, uno strato di obeche da 1 mm sul retro, e il nucleo centrale, sempre in obeche, di ben 2,5 mm. Ed è proprio questo strato centrale, il più spesso e fatto di obeche, ad essere stato divorato dalle larve di L. africanus.
Perché proprio l’obeche? Semplice: alto contenuto di amido e pori di dimensioni adeguate. Questi sono i fattori critici per lo sviluppo dei lictidi. L’amido è un nutriente cruciale che influenza la fecondità, il comportamento di ovideposizione e i tassi di sopravvivenza. La mancanza di trattamenti protettivi, come vernici sigillanti o conservanti chimici, ha ovviamente facilitato l’infestazione.
Identikit di un Invasore: Conosciamo Meglio *Lyctus africanus*
Ma com’è fatto questo Lyctus africanus? Gli adulti sono piccoli, con una lunghezza media di circa 3,1-3,2 mm. Hanno un corpo allungato e appiattito, e la testa è ben visibile dall’alto, non ricoperta dal protorace come in altri Bostrichidi. Le antenne hanno 11 segmenti, con gli ultimi due a formare una clava distintiva. Una caratteristica che lo distingue dal suo “cugino” più noto, L. brunneus, è la conformazione dei lobi frontali e del clipeo (parti della testa), che in africanus sono contigui e continui, senza una netta incisura tra loro. Inoltre, i margini laterali del pronoto (la parte del torace subito dietro la testa) sono subparalleli e si restringono verso la base.
Un dettaglio interessante per distinguere i sessi: la femmina presenta una vistosa frangia di peli setosi sul margine distale del quarto sternite addominale (una placca ventrale dell’addome), assente nel maschio. Le larve, invece, sono a forma di “C”, biancastre, con il torace ingrossato e possono raggiungere i 3-4 mm. Hanno mandibole robuste a forma di scalpello, perfette per scavare nel legno tenero.
La sua distribuzione geografica è vasta: originariamente segnalato nel Sud-est asiatico e nella regione etiopica, è ormai una specie pantropicale che tende a diventare cosmopolita. È stato trovato in Africa, Nord America, Australia, Oceania e in molti paesi asiatici. In Europa, segnalazioni arrivano da Svizzera, Portogallo, Repubblica Ceca, Belgio, Inghilterra, Francia, Germania, Polonia e Spagna. E ora, ufficialmente, anche in Italia, non solo come intercettazione su legname importato, ma come specie naturalizzata e capace di causare danni significativi.
Perché Proprio l’Italia? E Perché Ora?
La crescente globalizzazione e il commercio internazionale di legname e manufatti in legno sono sicuramente i principali veicoli di diffusione per questi insetti. Le regioni mediterranee, con il loro clima favorevole e la grande diversità di piante legnose, si sono rivelate negli ultimi decenni particolarmente ospitali per diverse specie aliene di coleotteri. È probabile che la presenza di L. africanus sia oggi sottostimata, anche perché può essere facilmente confuso con il già citato L. brunneus.
Il caso di Catania è emblematico: indica che L. africanus non solo è arrivato, ma si è stabilito e sta prosperando. E questo solleva una preoccupazione: potrebbe entrare in competizione con L. brunneus, che a sua volta, dopo la sua introduzione in Europa, aveva già rimpiazzato la specie nativa L. linearis. Serviranno ulteriori ricerche per capire se stia avvenendo un simile cambiamento.
Cosa Possiamo Fare? Strategie di Difesa
La prima linea di difesa è la prevenzione. L’uso di legno essiccato in forno, con un basso contenuto di amido, è fondamentale, poiché riduce la suscettibilità del legno all’attacco. Sigillare i pori del legno con vernici, pitture o altri trattamenti può impedire alle femmine di deporre le uova. Anche escludere l’alburno, ricco di amido, o pre-trattare il legno con conservanti sono metodi preventivi efficaci.
Quando l’infestazione è in atto, si può ricorrere a trattamenti chimici. La fumigazione con fluoruro di solforile si è dimostrata efficace nell’eliminare i Lyctus a tutti gli stadi di sviluppo. Anche l’irradiazione gamma ha dato risultati promettenti. Parallelamente, le tecniche di monitoraggio sono essenziali. L’uso di trappole a feromoni, per esempio, permette di rilevare precocemente la presenza degli adulti e di gestire le popolazioni prima che i danni diventino ingenti.
L’identificazione rapida e accurata delle specie di Lyctus è uno strumento cruciale per tentare di eradicare le nuove introduzioni. Per questo, disporre di materiale fotografico dettagliato, come quello fornito nello studio originale, è di grande aiuto per formare professionisti e pubblico al riconoscimento tempestivo delle infestazioni.
Uno Sguardo al Futuro: Ricerca e Prevenzione
La scoperta della naturalizzazione di L. africanus in Italia ci mette di fronte a nuove sfide. È fondamentale non abbassare la guardia. La ricerca futura dovrebbe concentrarsi sullo sviluppo di strategie di gestione integrata dei parassiti (IPM) specifiche per L. africanus. Questo include l’identificazione e la valutazione di potenziali agenti di controllo biologico, come è stato osservato recentemente in altre biblioteche per altri infestanti.
Un approccio di questo tipo potrebbe offrire soluzioni sostenibili e rispettose dell’ambiente per mitigare le infestazioni, preservare i nostri preziosi manufatti in legno e minimizzare l’impatto ecologico di questa specie. La consapevolezza è il primo passo: conoscere il nemico ci permette di difenderci meglio. E in questo caso, il nemico è piccolo, ma può fare grandi danni se non agiamo per tempo!
Fonte: Springer