Long COVID e Pacing: Un Passo alla Volta per Gestire la Fatica? L’Esperienza Raccontata dai Pazienti
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che tocca da vicino molti di noi o persone che conosciamo: il Long COVID. Sappiamo quanto possa essere debilitante, con quella stanchezza persistente (la famosa fatica), il fiato corto, la “nebbia mentale”… sintomi che ti cambiano la vita. E la domanda sorge spontanea: come si fa a gestire tutto questo, specialmente quando non ci sono ancora cure definitive?
Una strategia di cui si sente parlare sempre più spesso è il “pacing“. Non è una novità assoluta, viene usato da tempo da chi convive con condizioni come la sindrome da stanchezza cronica (CFS/ME), ma sembra promettente anche per il Long COVID. Ma cosa ne pensano davvero le persone che lo stanno provando sulla loro pelle, quelle che non sono state ospedalizzate ma che lottano ogni giorno con i postumi del virus? Ecco, è proprio di questo che voglio raccontarvi oggi, basandomi su uno studio interessante che ha raccolto le loro voci e le loro esperienze.
Ma Cos’è Esattamente il Pacing?
Immaginate di avere una “batteria energetica” interna. Il pacing è, in parole povere, una tecnica di gestione dell’energia. L’obiettivo è semplice ma cruciale: imparare a dosare le proprie attività fisiche e cognitive per evitare di “scaricare completamente la batteria”. Si tratta di trovare un equilibrio, riducendo le attività a un livello sostenibile e pianificando la giornata per prevenire quel terribile ciclo “boom and bust“: quei momenti in cui ti senti un po’ meglio, esageri, e poi crolli in una fatica estrema che può durare ore o addirittura giorni.
Non c’è un solo modo di fare pacing. Può voler dire usare un’app per monitorare l’energia, leggere un libro guida, guardare video informativi, usare uno smartwatch… Lo studio di cui parliamo ha esplorato proprio l’uso di alcuni di questi strumenti: un’app specifica, un libro e un video dedicati al pacing.
Lo Studio: Come Hanno Raccolto le Esperienze?
Questo studio, parte di un progetto più ampio chiamato TLC (Therapies for Long COVID), ha utilizzato un approccio “misto”. Cosa significa? Che ha combinato numeri e parole. Hanno somministrato un questionario a un gruppo di partecipanti (28 persone) alla fine di un periodo di 12 settimane in cui avevano avuto accesso a uno degli strumenti di pacing (app, libro o video). In più, hanno realizzato interviste approfondite con un sottogruppo (19 persone) per capire meglio le loro opinioni, le difficoltà, i benefici percepiti.
È interessante notare che alla maggior parte dei partecipanti (quasi il 90%) non erano familiari gli specifici strumenti usati nello studio, ma ben il 75% aveva già provato altre forme di pacing prima, cercando informazioni online, usando altre app, seguendo consigli di gruppi di supporto o fisioterapisti. Questo ci dice già quanto sia sentita l’esigenza di trovare strategie per stare meglio.
Luci: Cosa Ha Funzionato Secondo i Partecipanti?
Allora, cosa è emerso da queste esperienze? Molti partecipanti hanno trovato il pacing utile. Ecco alcuni punti positivi che mi hanno colpito:
- Migliore pianificazione e motivazione: Diversi hanno riferito che gli strumenti li hanno aiutati a pianificare meglio le giornate, a capire quanta energia richiedesse ogni attività e, in generale, a sentirsi più motivati nel gestire la condizione.
- Comprensione e consapevolezza: Circa due terzi di chi ha risposto al questionario ha sentito che l’intervento li ha aiutati a capire come fare pacing. E quasi tutti (93%) hanno provato a metterlo in pratica dopo aver usato lo strumento.
- Semplicità ed efficacia (per alcuni strumenti): Il libro e il video sono stati particolarmente apprezzati per la loro chiarezza e semplicità. Le immagini e il testo del libro, ad esempio, sono stati giudicati facili da capire.
- Sentirsi riconosciuti: Un aspetto toccante è emerso dalle interviste. Alcuni hanno apprezzato che il materiale (specialmente il video) parlasse specificamente di Long COVID, facendoli sentire compresi e riconosciuti nella loro specifica condizione, distinta da altre come la ME/CFS.
- Comunicare con gli altri: Il pacing, e gli strumenti per comprenderlo, si sono rivelati utili anche per spiegare ad amici e familiari cosa significhi convivere con il Long COVID, combattendo l’idea che sia “tutto nella testa”.
- Miglioramenti percepiti: Alcuni hanno proprio detto di sentirsi meglio grazie al pacing, di riuscire a evitare i “crash” energetici e di notare piccoli miglioramenti, come meno affanno salendo le scale o mal di testa meno frequenti.
Ombre: Le Difficoltà e le Preoccupazioni Emerse
Ovviamente, non è stato tutto rose e fiori. Applicare il pacing nella vita reale presenta delle sfide significative. Ecco le principali difficoltà riportate:
- La vita reale vs. la teoria: Molti hanno sottolineato come, per quanto il pacing sia ottimo in teoria, le esigenze quotidiane – lavoro, famiglia, imprevisti – rendano difficile seguirlo costantemente. “Il pacing è fantastico in teoria, ma la vita è impegnativa”, ha detto un partecipante.
- Impatto dei sintomi: La stessa “nebbia mentale” e la fatica del Long COVID possono rendere difficile concentrarsi sugli strumenti, capire le istruzioni o applicare la pianificazione richiesta. Leggere un libro o guardare un video può diventare faticoso.
- Mancanza di istruzioni dettagliate: Una critica comune, soprattutto per l’app ma anche per libro e video, è stata la mancanza di istruzioni chiare e supporto su come usare lo strumento e applicare il pacing in modo personalizzato. Alcuni avrebbero desiderato un confronto diretto, magari con un esperto.
- Complessità e pertinenza: L’app, in particolare, è stata usata meno. Alcuni l’hanno trovata poco pertinente per la gestione specifica della fatica o semplicemente non erano fan delle app (“app fatigue”).
- Tempo e circostanze: La mancanza di tempo, impegni lavorativi o sociali sono stati citati come ostacoli concreti all’applicazione del pacing.
È emerso anche un punto cruciale: nonostante molti conoscessero il termine “pacing”, alcuni si sono resi conto, usando gli strumenti dello studio, di averne avuto fino a quel momento un’idea sbagliata o incompleta. Questo sottolinea quanto sia importante una guida chiara.
Cosa Portiamo a Casa da Questo Studio?
La mia riflessione, leggendo questi risultati, è che il pacing ha del potenziale per aiutare chi soffre di Long COVID, ma non è una bacchetta magica e la sua implementazione è complessa. Le persone apprezzano il concetto, capiscono che può essere utile, ma faticano a integrarlo nella loro vita per una serie di motivi validissimi: la pressione quotidiana, i sintomi stessi, e a volte la mancanza di una guida adeguata e personalizzata.
Lo studio suggerisce che, per rendere il pacing davvero efficace, servirebbe:
- Istruzioni più chiare e dettagliate: Spiegare meglio non solo cos’è il pacing, ma come farlo concretamente, magari con esempi pratici.
- Supporto personalizzato: Forse un approccio puramente digitale o basato su materiali autogestiti non basta. Un contatto umano, un supporto su misura, potrebbe fare la differenza.
- Riconoscimento specifico: Continuare a sviluppare risorse pensate specificamente per il Long COVID, riconoscendone le peculiarità.
- Linee guida formali: Sviluppare indicazioni chiare sull’uso del pacing nel contesto del Long COVID, sia per i pazienti che per i loro familiari/caregiver.
Uno Sguardo al Futuro
Questo studio è un passo importante perché dà voce direttamente ai pazienti. Ci dice che sì, il pacing è una strada percorribile e potenzialmente utile, ma c’è ancora lavoro da fare per capire come renderlo davvero accessibile ed efficace per tutti. Servono ulteriori ricerche per valutarne l’impatto a lungo termine sulla gestione dei sintomi, sulla qualità della vita e sul recupero funzionale. Bisogna capire meglio quali fattori (sociali, culturali, psicologici) influenzano la capacità delle persone di aderire a queste strategie.
In conclusione, gestire l’energia con il pacing può essere una componente importante nell’affrontare il Long COVID. Ma dobbiamo ascoltare attentamente le esperienze dei pazienti, riconoscere le sfide che incontrano e lavorare per offrire strumenti e supporto che siano davvero d’aiuto nel loro percorso, un passo alla volta.
Fonte: Springer