Long COVID e Disabilità: Quando il Virus Lascia il Segno sulla Vita Quotidiana (Studio Brasiliano)
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che, purtroppo, tocca ancora molti di noi o persone che conosciamo: il Long COVID. Sappiamo che il COVID-19 non è stata una semplice influenza per tanti, ma quello che forse sottovalutiamo è quanto a lungo possano persistere i suoi effetti e, soprattutto, come questi possano impattare sulla nostra capacità di vivere la vita di tutti i giorni. Mi sono imbattuto in uno studio molto interessante condotto nel sud del Brasile che ha messo sotto la lente d’ingrandimento proprio questo: il legame tra i sintomi persistenti del COVID-19 e la disabilità funzionale in adulti e anziani. E credetemi, i risultati fanno riflettere.
Ma cosa intendiamo per “Disabilità Funzionale”?
Prima di addentrarci nello studio, chiariamo un attimo questo concetto. La disabilità funzionale non riguarda solo impedimenti gravi. Si misura valutando quanto siamo autonomi nelle attività quotidiane. Gli esperti usano due scale principali:
- BADL (Basic Activities of Daily Living): Sono le attività basilari per la cura di sé, come lavarsi, vestirsi, usare il bagno, spostarsi dal letto alla sedia, mangiare, controllare vescica e intestino.
- IADL (Instrumental Activities of Daily Living): Indicano la capacità di vivere in modo indipendente nella comunità. Pensate a usare il telefono, prendere i mezzi pubblici, fare la spesa, prepararsi i pasti, fare le pulizie, gestire piccole somme di denaro o prendere le medicine correttamente.
Avere difficoltà anche solo in una di queste attività, magari avendo bisogno di aiuto parziale o non riuscendo proprio a farla da soli, definisce una condizione di disabilità funzionale. È un indicatore importante della nostra salute e autonomia.
Lo Studio Brasiliano: Cosa Hanno Scoperto?
I ricercatori dello studio SulCovid-19 hanno intervistato quasi 3000 persone adulte (dai 18 anni in su) che avevano avuto il COVID-19 tra dicembre 2020 e marzo 2021 nella città di Rio Grande. L’obiettivo era capire se e come i sintomi del Long COVID influenzassero la loro capacità di svolgere le attività quotidiane, a distanza di diversi mesi dall’infezione acuta (in media, circa 6 mesi e mezzo dopo).
I risultati? Beh, non sono proprio incoraggianti. Circa il 4.8% degli intervistati ha mostrato disabilità nelle attività basilari (BADL), mentre l’8.4% ha riportato difficoltà nelle attività strumentali (IADL). Sembrano percentuali piccole, ma pensate a quante persone ha colpito il COVID!
I sintomi più comuni del Long COVID riportati erano:
- Stanchezza (quasi il 20%)
- Perdita di memoria (circa il 18%)
- Difficoltà di concentrazione (quasi il 14%)
- Mal di testa (quasi il 12%)
- Perdita dell’olfatto (anosmia, oltre l’11%)
- Dolori muscolari (mialgia, circa il 10%)

Quali Sintomi Pesano di Più sulla Funzionalità?
Qui viene il bello (o il brutto, a seconda dei punti di vista). Lo studio ha cercato di capire quali specifici sintomi fossero più fortemente associati alla disabilità.
Per le difficoltà nelle attività basilari (BADL), i principali “colpevoli” sembrano essere:
- Dispnea (difficoltà a respirare)
- Tosse secca
- Mal di gola
Raggruppando i sintomi, quelli respiratori in generale mostravano un legame significativo.
Per le difficoltà nelle attività strumentali (IADL), la lista si allunga:
- Dolori articolari (artralgia)
- Dolori muscolari (mialgia)
- Perdita di sensibilità
- Congestione nasale
- Mal di gola
- Naso che cola
In questo caso, i gruppi di sintomi più impattanti erano quelli respiratori, muscoloscheletrici (dolori, stanchezza) e sensoriali (alterazioni di gusto, olfatto, sensibilità). Inoltre, è emerso chiaramente che avere tre o più sintomi persistenti aumentava significativamente la probabilità di avere limitazioni nelle IADL.
Il Fattore Tempo: La Persistenza Conta
Un aspetto davvero interessante è che i ricercatori hanno diviso il campione in base a quanto tempo era passato dalla fase acuta dell’infezione (fino a 175 giorni, da 176 a 217 giorni, e da 218 a 277 giorni). E cosa hanno visto? Che alcune associazioni diventavano più forti nel gruppo che era più lontano dall’infezione iniziale (il terzo “tertile”, oltre i 7 mesi).
Ad esempio, per le BADL, sintomi come la dispnea, la perdita del gusto (ageusia) e la congestione nasale mostravano un legame più forte con la disabilità in chi era stato malato da più tempo. Per le IADL, era soprattutto l’ageusia a rimanere significativamente associata alla disabilità anche a distanza di molti mesi. Questo suggerisce che l’impatto di alcuni sintomi non solo persiste, ma potrebbe anche farsi sentire di più sulla funzionalità con il passare del tempo, o semplicemente che chi ha questi sintomi persistenti ha problemi più duraturi.

Perché il Long COVID Impatta Così Tanto?
Lo studio non entra nel dettaglio dei meccanismi biologici, ma la letteratura scientifica ci dà qualche indizio. Si pensa che il Long COVID possa derivare da una combinazione di fattori:
- Disfunzione immunitaria: Il nostro sistema immunitario potrebbe rimanere “scombussolato” dopo l’infezione, causando infiammazione cronica che danneggia tessuti (cuore, polmoni, cervello) e provoca sintomi come stanchezza, “nebbia cerebrale” (brain fog) e dolori.
- Persistenza virale: Frammenti del virus potrebbero rimanere nascosti in alcuni tessuti, continuando a stimolare il corpo e causando sintomi persistenti.
- Disfunzione di vie fisiologiche chiave: L’infezione potrebbe aver alterato il normale funzionamento di alcuni sistemi del corpo.
Pensate alla dispnea: come in altre malattie polmonari (tipo la BPCO), la difficoltà respiratoria limita ovviamente la capacità di fare sforzi. Nel COVID, sembra esserci anche un’iperventilazione (respirazione eccessiva) che contribuisce alla sensazione di “fame d’aria”. E i dolori muscoloscheletrici? Beh, è facile immaginare come rendano difficili i movimenti e le attività quotidiane.
Cosa Portarci a Casa da Questo Studio?
Certo, come ogni ricerca, anche questa ha i suoi limiti. È uno studio “trasversale”, cioè fotografa la situazione in un momento preciso, quindi non può stabilire con certezza se le disabilità fossero presenti già prima del COVID. Manca un gruppo di controllo (persone non infette) per un confronto diretto, e non si è tenuto conto di fattori come lo stato vaccinale o eventuali reinfezioni. La maggior parte dei partecipanti, inoltre, non era stata ospedalizzata, quindi i risultati riguardano principalmente le forme di COVID non gravi, che però sono la maggioranza!
Nonostante questo, lo studio ha dei punti di forza notevoli: è il primo nel suo genere in Brasile su persone non ospedalizzate, ha usato scale di valutazione validate e ha analizzato l’impatto nel tempo.
Il messaggio chiave, per me, è forte e chiaro: il Long COVID non è da sottovalutare. I suoi sintomi possono avere un impatto reale e duraturo sulla nostra capacità di vivere una vita piena e autonoma. Stanchezza, dolori, problemi respiratori, difficoltà cognitive non sono “solo nella testa”, ma possono tradursi in concrete difficoltà nel fare la spesa, nel prendersi cura di sé, nel lavorare.
Questi risultati sono fondamentali per guidare l’assistenza e la riabilitazione. Capire quali sintomi sono più invalidanti e per chi, aiuta i medici e i terapisti a indirizzare i pazienti verso i professionisti giusti (fisioterapisti, terapisti occupazionali, psicologi, ecc.) e a sviluppare programmi di supporto mirati. È un passo avanti importante per aiutare chi ancora combatte con le conseguenze a lungo termine di questo virus.

Fonte: Springer
