Fotografia macro con obiettivo da 85mm di una formica che interagisce da vicino con un afide su una foglia verde brillante, mettendo in mostra la loro relazione mutualistica, con elevato dettaglio, illuminazione naturale soffusa e profondità di campo che evidenzia gli insetti.

Il Linguaggio Segreto delle Formiche e degli Afidi: Come si “Annusano” e si Trasformano a Vicenda!

Avete mai pensato a come comunicano gli insetti? Non avendo le nostre corde vocali o la capacità di scrivere messaggi, si affidano a un mondo di segnali molto più sottile e, per certi versi, incredibilmente sofisticato: la chimica! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante nel cuore di una delle amicizie più note del regno animale, quella tra formiche e afidi, per scoprire come i segnali chimici siano la chiave di volta della loro relazione.

Un’amicizia profumata: il mutualismo formica-afide

Quella tra formiche e afidi è una storia di mutuo beneficio, un classico esempio di mutualismo. Le formiche, da brave “allevatrici”, si prendono cura degli afidi, proteggendoli dai predatori. In cambio, gli afidi offrono loro la melata, una sostanza zuccherina ricca di carboidrati, amminoacidi e acqua, una vera e propria leccornia energetica. Grazie a questa protezione, le colonie di afidi curate dalle formiche sono più stabili e durature. Sembra un accordo perfetto, no? Beh, quasi. Queste interazioni non sono sempre così esclusive; non c’è una regola ferrea che lega una specie specifica di afide a una di formica. E, a volte, le formiche possono anche decidere di “sacrificare” qualche afide per un extra di proteine. Insomma, per massimizzare i benefici, le formiche devono essere in grado di capire quali afidi sono i “produttori” migliori di melata.

Alcuni studiosi hanno ipotizzato che le formiche possano “marcare” gli afidi più generosi attraverso contatti più frequenti. Questi afidi marcati sarebbero poi meno soggetti a predazione da parte di altre formiche. Ma come avviene questa marcatura? Qui entra in gioco la chimica!

La carta d’identità chimica: gli idrocarburi cuticolari (e non solo!)

Per comunicare, formiche e afidi si affidano a stimoli tattili e, soprattutto, chimici. I lipidi cuticolari, in particolare gli idrocarburi cuticolari (CHC), giocano un ruolo fondamentale nel riconoscimento tra specie e colonie nel mondo degli insetti. Questi composti, insieme ad altri non-CHC, formano lo strato lipidico sulla cuticola (la “pelle”) degli insetti. La loro funzione primaria è quella di limitare la perdita d’acqua, ma la loro composizione varia enormemente tra le specie, creando dei veri e propri “profili chimici” unici.

Gli CHC sono miscele complesse di:

  • Alcani a catena lineare satura
  • Metil-alcani (con uno o più gruppi metilici)
  • Alcheni/alchini (con uno o più doppi o tripli legami)

Questi profili sono usati per distinguere i membri della colonia dagli estranei, scatenando comportamenti amichevoli o aggressivi. E, come avrete intuito, le formiche mutualistiche usano i CHC per riconoscere i loro partner afidi. È stato dimostrato che le formiche possono distinguere tra afidi “accuditi” e “non accuditi” basandosi sugli estratti della loro cuticola, suggerendo che imparano ad associare i CHC degli afidi con la ricompensa della melata. Ma quali composti specifici sono coinvolti? Alcuni studi puntano sugli n-alcani, altri sugli alcheni e metil-alcani. La verità è che c’è ancora molto da scoprire, soprattutto perché anche altri composti come acidi grassi, alcoli, esteri, aldeidi e chetoni, presenti sulla cuticola, potrebbero avere un ruolo.

Nel nostro studio, ci siamo concentrati proprio su questo: volevamo capire quali fossero i segnali chimici di riconoscimento tra la formica Tapinoma ibericum e l’afide del cotone, Aphis gossypii, analizzando l’intero spettro dei composti cuticolari, CHC e non-CHC.

Fotografia macro con obiettivo da 100mm di una formica Tapinoma ibericum che interagisce con un afide Aphis gossypii su una foglia di zucchina, illuminazione da studio controllata per evidenziare i dettagli della cuticola degli insetti, sfondo leggermente sfocato per concentrare l'attenzione sui soggetti.

Cosa abbiamo scoperto: l’esperimento passo dopo passo

Per svelare questi segreti chimici, abbiamo raccolto campioni di Tapinoma ibericum da 14 colonie diverse e colonie di Aphis gossypii, allevandole poi in laboratorio su piante di zucchina per diverse generazioni. Questo ci ha permesso di minimizzare le variazioni nei CHC dovute all’alimentazione. Abbiamo quindi creato diversi gruppi di afidi:

  • Afidi0: afidi analizzati prima di qualsiasi contatto con le formiche.
  • Afidi-: afidi allevati per tre giorni senza alcuna interazione con le formiche.
  • Afidi+: afidi allevati per tre giorni in presenza di una colonia di formiche, con cui hanno stabilito interazioni mutualistiche.

Abbiamo anche analizzato il profilo chimico delle formiche (Ant+) che interagivano attivamente con gli afidi. Successivamente, abbiamo estratto i composti cuticolari da tutti questi campioni e li abbiamo analizzati tramite gascromatografia-spettrometria di massa (GC-MS), una tecnica potentissima che ci permette di separare e identificare le diverse molecole presenti.

Risultati sorprendenti: il “profumo” degli afidi si trasforma

Ebbene sì, i risultati sono stati illuminanti! Abbiamo identificato ben 81 picchi cromatografici, corrispondenti a 90 composti diversi, con catene che variavano da 11 a 33 atomi di carbonio. Tra questi c’erano alcani, metil-alcani, dimetil-alcani, trimetil-alcani, alcheni, metil-alcheni, aldeidi, esteri, un diestere, un alcol, un naftalene, acidi grassi e alcuni composti ancora non identificati. Una vera e propria sinfonia chimica!

Una prima osservazione interessante: nelle formiche, la maggior parte dei composti cuticolari sono CHC, mentre negli afidi (soprattutto quelli non accuditi) l’abbondanza di CHC è quasi pari a quella dei composti non-CHC. Prima del mutualismo, formiche e afidi condividevano circa il 70% dei picchi, ma il 12% era esclusivo degli afidi e il 17% esclusivo delle formiche. Il composto più abbondante sulla cuticola degli afidi, pensate un po’, non è un CHC! Si tratta dell’ottacosanolo (P75). Nelle formiche, invece, dominano composti più “leggeri”. Solo tre molecole tra le prime dieci più abbondanti erano condivise, e solo l’nC27 (P42) era dominante in entrambe le specie.

Ma la scoperta più eccitante è che il contatto con le formiche Tapinoma ibericum induce una rapida modifica del profilo cuticolare degli afidi Aphis gossypii. Già dopo tre giorni, i profili chimici degli afidi “accuditi” (Afidi+) erano significativamente diversi da quelli degli afidi “non accuditi” (Afidi-). E non è tutto: anche i profili degli afidi non accuditi cambiavano nel tempo, ma in modo diverso rispetto a quelli accuditi. Questo ci dice che la cuticola degli afidi è incredibilmente plastica e reattiva!

Il ruolo chiave di specifici composti

Analizzando più a fondo, abbiamo identificato alcuni “attori” principali in questa trasformazione. Il composto 3,15-di-MeC27 (P53), che è il principale componente della cuticola delle formiche, è risultato essere molto abbondante negli afidi accuditi. Questo suggerisce che potrebbe essere un vero e proprio marcatore di riconoscimento trasferito dalle formiche agli afidi. Immaginatevelo come un “timbro” chimico che dice: “Questo afide è sotto la mia protezione!”.

Altre modifiche significative includono:

  • Una marcata diminuzione dell’acido n-esadecanoico (P12) negli afidi accuditi.
  • Un aumento notevole di composti come nC31 (P74) e ottacosanolo (P75) negli afidi mutualistici, nonostante questi siano relativamente scarsi nelle formiche.

È affascinante notare come alcuni composti, presenti negli afidi non accuditi, scompaiano o diminuiscano drasticamente dopo l’interazione con le formiche. Ad esempio, l’acido n-esadecanoico (P12) e un acido correlato (P23) diminuiscono di oltre un ordine di grandezza. Poiché l’acido esadecanoico è noto per le sue proprietà tensioattive (simili a quelle dei saponi), una sua diminuzione potrebbe rendere i nuovi segnali chimici “depositati” dalle formiche meno suscettibili a essere lavati via.

Immagine scientifica astratta che rappresenta i profili chimici, magari con grafici a barre o linee colorate che mostrano le differenze di abbondanza dei composti tra afidi accuditi e non accuditi, con molecole stilizzate sullo sfondo. Lente macro, 60mm, alta definizione, illuminazione da laboratorio.

Anche un gruppo di aldeidi, come l’ottacosanale (P73) e il triacontanale (P81), che potrebbero fungere da feromoni d’allarme, diminuiscono negli afidi accuditi. Una possibile spiegazione? Se le formiche proteggono gli afidi, questi ultimi potrebbero avere meno bisogno di rilasciare segnali di pericolo.

Non solo idrocarburi: un mondo di molecole da esplorare

Uno dei risultati più notevoli del nostro studio è che i composti non-CHC giocano un ruolo altrettanto importante, se non di più in certi casi, rispetto ai classici CHC. Questo sottolinea la necessità di ampliare l’analisi chimica della cuticola degli insetti per includere l’intera gamma di molecole, perché potrebbero nascondere segnali cruciali per comprendere le interazioni tra specie.

Abbiamo visto che i profili chimici degli afidi cambiano rapidamente, in soli tre giorni, indipendentemente dalla presenza delle formiche. Questa elevata plasticità potrebbe essere fondamentale per l’adattamento degli afidi a diversi ambienti e situazioni. Tuttavia, i composti che abbiamo identificato come “importanti” per discriminare tra i vari gruppi di afidi (quelli che abbiamo chiamato VIP scores nelle nostre analisi statistiche) sono rimasti piuttosto stabili, suggerendo che sono effettivamente cruciali per la comunicazione nel mutualismo.

Implicazioni future: dalla ricerca alla lotta biologica

Questo studio non solo ci aiuta a capire meglio la complessa relazione tra formiche e afidi e il ruolo dei semiochimici (sostanze chimiche che mediano le interazioni) nella loro evoluzione, ma apre anche scenari interessanti. Comprendere come le formiche “marcano” e riconoscono i loro partner afidi potrebbe, in futuro, portare allo sviluppo di nuove strategie di lotta biologica. Immaginate di poter “manipolare” questi segnali chimici per disturbare l’alleanza formica-afide, rendendo gli afidi (che sono spesso dannosi per le colture) più vulnerabili ai loro nemici naturali o meno attraenti per le formiche protettrici.

C’è ancora tanto da scoprire, ovviamente. Sarebbe interessante studiare queste modifiche chimiche su periodi più lunghi e condurre bioassay comportamentali utilizzando i composti candidati che abbiamo identificato, per confermare il loro ruolo attivo nei processi mutualistici. Il mondo della comunicazione chimica degli insetti è un universo in continua espansione, e ogni nuova scoperta ci avvicina un po’ di più a comprendere i delicati equilibri che governano la natura.

Insomma, la prossima volta che vedrete una formica “trafficare” con un afide, pensate a questa incredibile conversazione chimica che sta avvenendo proprio sotto i vostri occhi, una danza di molecole che definisce amicizie, alleanze e, in definitiva, la sopravvivenza!

Fonte: Springer

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