Un'immagine che simboleggia la collaborazione tra insegnanti e genitori per una didattica della matematica inclusiva e culturalmente rilevante per studenti multilingue. Potrebbe essere un primo piano di mani diverse che lavorano insieme su un problema matematico o un gruppo di adulti e bambini sorridenti in un contesto di apprendimento. Obiettivo prime da 35mm, colori caldi e accoglienti, profondità di campo.

Matematica Insieme: Quando Genitori e Insegnanti Riscrivono le Regole del Gioco per i Nostri Ragazzi Multilingue

Vi siete mai chiesti come rendere la matematica una materia davvero amica per tutti i bambini, specialmente per quelli che arrivano nelle nostre classi portando con sé un bagaglio di lingue e culture diverse? Io sì, tantissime volte! E oggi voglio raccontarvi di un’avventura pedagogica che mi ha letteralmente aperto un mondo: il lesson study, ma con una marcia in più, ovvero il coinvolgimento attivo dei caregiver (genitori, nonni, chiunque si prenda cura dei bambini).

L’idea di base è semplice ma potentissima: unire le forze di insegnanti e famiglie per creare un’esperienza matematica che non solo sia efficace, ma che celebri e sostenga l’identità culturale e linguistica di ogni studente multilingue. Sembra un sogno? Forse, ma vi assicuro che è più realizzabile di quanto si pensi!

Cos’è questo “Lesson Study” e perché coinvolgere i Caregiver?

Immaginate un gruppo di insegnanti che si siede attorno a un tavolo, non per lamentarsi delle difficoltà (anche se a volte ci sta!), ma per progettare, osservare, analizzare e migliorare insieme una lezione di matematica. Questo, in soldoni, è il lesson study. È un processo ciclico, una sorta di laboratorio pedagogico dove si impara facendo e riflettendo insieme. Ora, aggiungete a questo tavolo i caregiver. Perché? Perché loro possiedono una conoscenza intima dei propri figli: sanno cosa li appassiona, come apprendono meglio fuori da scuola, quali sono i valori e le pratiche culturali della loro famiglia. Questo tesoro di informazioni, spesso definito “fondi di conoscenza”, è oro colato per noi educatori!

Il punto è che, troppo spesso, la scuola e la famiglia viaggiano su binari paralleli, senza mai incontrarsi veramente. E chi ci rimette? I nostri ragazzi, soprattutto quelli che si trovano a navigare tra più lingue e culture. Coinvolgere i caregiver significa riconoscere il loro ruolo cruciale e trasformarli da spettatori a co-protagonisti dell’educazione matematica dei loro figli.

Un Viaggio nella Collaborazione: Teoria e Pratica

Nel nostro percorso, ci siamo appoggiati a due concetti chiave: la teoria del posizionamento e la solidarietà comunitaria. Non spaventatevi dai paroloni! La teoria del posizionamento ci aiuta a capire come, nelle interazioni quotidiane, assegniamo ruoli (e potere) a noi stessi e agli altri. Pensateci: quante volte un genitore si sente “meno esperto” di un insegnante quando si parla di scuola? O un insegnante si sente l’unico depositario del sapere pedagogico? Ecco, l’obiettivo è scardinare queste gerarchie.

La solidarietà comunitaria, invece, ci spinge a lavorare insieme, scuola e famiglie, per smantellare le disuguaglianze, condividere le decisioni e sognare in grande per il futuro educativo dei nostri studenti. Si tratta di costruire ponti, non muri.

Per mettere in pratica tutto questo, abbiamo organizzato un gruppo di studio durato un intero anno accademico in una scuola elementare statunitense con una popolazione studentesca incredibilmente variegata. C’erano insegnanti, caregiver di bambini tra i 7 e i 10 anni (provenienti da contesti culturali e linguistici diversi, come America Latina e Africa Occidentale) e noi facilitatori universitari. Le sessioni erano un mix: a volte solo insegnanti, a volte solo caregiver, altre volte tutti insieme, anche con i bambini. E sì, si parlava sia inglese che spagnolo, perché l’inclusione passa anche da qui!

Un gruppo eterogeneo di insegnanti e caregiver, alcuni di etnia latina e africana, seduti attorno a un tavolo rotondo in un'aula scolastica luminosa e accogliente. Stanno discutendo animatamente, con fogli e penne sparsi sul tavolo, alcuni sorridono. L'atmosfera è collaborativa e positiva. Fotografia di ritratto, obiettivo da 35mm, luce naturale diffusa che entra da una finestra, profondità di campo media per mantenere a fuoco i volti e le interazioni, duotone seppia e blu per un effetto caldo e riflessivo.

Abbiamo iniziato conoscendoci, risolvendo insieme problemi matematici legati alla vita di tutti i giorni e parlando delle nostre esperienze con la matematica. Poi, siamo entrati nel vivo del lesson study.

I Momenti Chiave che Hanno Fatto la Differenza

Durante questo viaggio, ci sono stati quattro “eventi” o momenti particolarmente significativi che ci hanno mostrato come le dinamiche di potere possono davvero cambiare e come si può costruire una pedagogia matematica culturalmente sostenibile. Ve li racconto:

  1. Testimoni Critici delle Narrative Razzializzate:

    Abbiamo iniziato affrontando un tema tosto: i pregiudizi e gli stereotipi razziali e sociali presenti a scuola e come questi influenzano l’apprendimento e l’identità dei bambini. Sia gli insegnanti che i caregiver hanno condiviso le loro esperienze. Gli insegnanti hanno riflettuto su come, a volte involontariamente, potessero riprodurre certi bias in classe. I caregiver, dal canto loro, hanno raccontato episodi personali, di come loro o i loro figli fossero stati etichettati o sottovalutati a causa della loro lingua, del colore della pelle o del cognome. È stato un momento forte, ma necessario. Ci ha resi tutti “testimoni critici”, consapevoli delle narrative tossiche che circolano e pronti a combatterle.

  2. Avvocati dell’Apprendimento dei Propri Figli:

    Dopo aver discusso dei pregiudizi, i caregiver hanno condiviso le loro speranze e aspettative per l’educazione matematica dei loro figli. C’era chi spingeva per i piccoli gruppi, chi per l’uso di materiali manipolativi, chi per giochi e attività visive, chi per l’uso di più lingue. È emerso chiaramente il desiderio di un apprendimento attivo, motivante e non basato su etichette. In questo frangente, i caregiver si sono posizionati come veri e propri “avvocati” dei loro figli, esperti dei loro stili di apprendimento. Ricordo un dibattito interessante: un papà, Rafael, sottolineava l’importanza di far aiutare gli studenti tra pari, mettendo insieme chi capisce con chi ha difficoltà. Una facilitatrice ha provato a mettere in discussione l’idea di studenti “bravi” e “non bravi”, ma Rafael ha tenuto il punto, argomentando dalla sua esperienza pratica. Questo scambio ha mostrato come anche le posizioni di “esperto” potessero essere messe in discussione e arricchite.

  3. Partner nella Collaborazione:

    Prima di tuffarci nella progettazione delle lezioni, abbiamo discusso insieme, insegnanti e caregiver, le “regole del gioco” per la nostra collaborazione. Ognuno ha portato le proprie esperienze, da casa e da scuola. Una mamma, Alysa, ha raccontato che a casa sua erano soliti scrivere obiettivi e piani coinvolgendo le idee di tutti, bambini inclusi! Gli insegnanti sono rimasti colpiti e hanno riconosciuto il valore di questa pratica. Questo dialogo ha sfidato le gerarchie tradizionali, mostrando che la collaborazione e l’apprendimento avvengono in entrambi i contesti, casa e scuola, e che insegnanti e caregiver sono partner alla pari.

  4. Co-Progettisti delle Lezioni di Matematica:

    Questo è stato il cuore del lesson study. Insegnanti e caregiver hanno lavorato insieme per studiare e adattare due lezioni di matematica del curricolo. La prima riguardava la stima e la misurazione della massa (grammi e chilogrammi) usando oggetti comuni, come quelli che si trovano in uno zainetto. Qui, i caregiver si sono rivelati espertissimi con il sistema metrico, spesso più degli insegnanti abituati al sistema imperiale! Hanno dato suggerimenti preziosi su come rendere l’attività più vicina alla vita dei bambini, ad esempio chiedendo cosa portano negli zaini o in quali situazioni quotidiane si usa pesare gli oggetti. Una mamma, Julieta, ha sottolineato l’importanza di far prima “toccare con mano” grammi e chilogrammi ai bambini.

    Primo piano di mani diverse – adulte e di bambino, di varie tonalità di pelle – che lavorano insieme su un tavolo con oggetti scolastici come matite, gomme, un piccolo righello e forse un frutto, accanto a una bilancia da cucina. L'attenzione è sui gesti di misurazione e collaborazione. Obiettivo macro da 60mm, alta definizione dei dettagli, illuminazione controllata per evidenziare le texture degli oggetti e delle mani.

    La seconda lezione era più astratta: le “macchine dei numeri” per introdurre il concetto di funzione (un input, una regola, un output). All’inizio, alcuni caregiver si sono sentiti spaesati. Una mamma, Melanie, ha esclamato: “Questa mi supera!”. Ma poi, con l’aiuto dei facilitatori che hanno collegato il concetto a esempi di vita quotidiana (come il numero di mani e il totale delle dita, o il costo totale di più oggetti uguali), i caregiver hanno iniziato a proporre contesti significativi per i bambini: i videogiochi, i giorni lavorati e lo stipendio, le ricette di cucina. Hanno anche criticato l’immagine un po’ astrusa del libro di testo, spingendo per l’uso di supporti visivi più chiari. E così, nella lezione sperimentale, gli insegnanti hanno usato una “macchina” reale fatta in casa che trasformava una barretta di cioccolato (input) in cinque cioccolatini (output). Un’idea geniale nata dalla collaborazione!

    In entrambi i casi, i caregiver non sono stati solo spettatori, ma veri co-progettisti, portando la loro conoscenza dei bambini, le loro esperienze e le loro convinzioni. Hanno aiutato a rendere la matematica più concreta, rilevante e, diciamocelo, divertente!

Cosa ci portiamo a casa da questa esperienza?

Questo percorso ci ha insegnato tantissimo. Primo, che affrontare apertamente i pregiudizi e le narrative razzializzate è un passo fondamentale per creare un ambiente di apprendimento equo. Secondo, che i caregiver sono una risorsa incredibile: la loro conoscenza dei figli e della comunità è preziosa per rendere la matematica culturalmente rilevante. Terzo, che quando insegnanti e caregiver lavorano insieme come partner alla pari, si possono scardinare le vecchie gerarchie di potere e si possono co-costruire esperienze di apprendimento che valorizzano davvero l’identità di ogni studente.

Certo, non è sempre facile. Ci vuole impegno, fiducia e la volontà di mettersi in discussione. Ma i risultati, ve lo assicuro, ripagano di ogni sforzo. Immaginate classi dove ogni bambino multilingue si sente visto, capito e valorizzato, dove la matematica diventa uno strumento per esplorare il mondo e non un ostacolo. Questo è il tipo di scuola che possiamo costruire, insieme.

La strada è ancora lunga, e ogni contesto richiederà adattamenti specifici. Ma la speranza è che, aprendo spazi di dialogo e collaborazione autentica tra scuola e famiglie, possiamo davvero trasformare l’educazione matematica, rendendola un’avventura appassionante per tutti i nostri ragazzi, nessuno escluso.

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *