Chitarre Classiche Sostenibili: Esplorando i Legni Tropicali Messicani del Futuro!
Ciao a tutti! Sono qui per parlarvi di una passione che accomuna molti: la musica, e in particolare il suono caldo e avvolgente della chitarra classica. Ma vi siete mai soffermati a pensare da dove viene quel legno così speciale che compone il vostro strumento? Per secoli, noi liutai e musicisti ci siamo affidati a legni “nobili”, come il Palissandro (*Dalbergia*) per fasce e fondo, o l’Ebano (*Diospyros*) per le tastiere. Legni magnifici, certo, ma oggi, diciamocelo, rappresentano un bel grattacapo.
Il Dilemma del Liutaio Moderno: Tradizione vs Sostenibilità
Il problema è serio: molte di queste specie legnose tradizionali sono diventate rare, sovrasfruttate e, in molti casi, protette da leggi internazionali (come la CITES) a causa del rischio estinzione e del traffico illegale. Pensate alle meravigliose *Dalbergia* messicane e centroamericane, usate da tempo immemore, persino in epoca pre-ispanica per strumenti a percussione, e oggi ricercatissime per le chitarre di alta gamma. La loro bellezza e le loro qualità acustiche sono indiscutibili, ma il loro futuro è incerto. Questo ci mette di fronte a una sfida: come possiamo continuare a costruire strumenti eccezionali senza contribuire all’impoverimento delle nostre foreste? La risposta, forse, si trova proprio lì, nascosta nella biodiversità messicana.
Storicamente, in Messico, la liuteria non si è sempre e solo basata sui legni europei come Acero, Abete o Ebano. Anzi! La tradizione locale ha spesso fatto tesoro di specie autoctone. Ho visto strumenti con tavole armoniche in Cedro rosso (*Cedrela odorata*), Sirimo (*Tilia mexicana*), Tacote (*Gyrocarpus sp.*), e fasce/fondi realizzati con Caoba (*Swietenia macrophylla*), Jabín (*Piscidia spp.*), Primavera (*Tabebuia spp.*), Tepehuaje (*Lysiloma spp.*), e persino diverse *Dalbergia* locali. Questo dimostra che l’alternativa è sempre esistita, radicata nelle tradizioni bioculturali delle comunità messicane. Oggi, questa ricerca di alternative non è solo una curiosità, ma una necessità urgente.
Alla Ricerca del Suono Perduto (ma Sostenibile!)
Ed è qui che entra in gioco il nostro studio. Ci siamo messi alla ricerca, quasi come dei detective del legno, per identificare specie legnose tropicali messicane, provenienti da foreste decidue secche (nello specifico, nello stato di Morelos), che potessero essere valide e *sostenibili* alternative ai “soliti noti” a rischio. Abbiamo messo sotto la lente d’ingrandimento un gruppo di legni “sperimentali” e li abbiamo confrontati con un set di legni di “riferimento” (le *Dalbergia* messicane e l’Ebano, *Diospyros sp.*), quelli considerati il top per fasce, fondi e tastiere di chitarre classiche da concerto.
Cosa abbiamo cercato? Beh, un po’ di tutto!
- La “Carta d’Identità” del Legno: Abbiamo analizzato la struttura anatomica al microscopio. Immaginate di guardare le cellule del legno: la dimensione dei vasi (i “tubicini” che trasportano l’acqua), lo spessore delle pareti delle fibre (che danno robustezza), la quantità e il tipo di parenchima (tessuto di “riempimento”), la quantità di estrattivi (sostanze che riempiono le cavità cellulari, spesso legate al colore e alla durabilità).
- Come “Canta” il Legno: Abbiamo misurato le sue proprietà fisiche legate alle vibrazioni. Qui entrano in gioco parametri un po’ tecnici ma fondamentali: la densità, il modulo di Young (una misura della rigidità), e soprattutto due parametri proposti da Yoshikawa (2007) che ci piacciono molto: la “trasmissione” (Qc) e l'”antivibrazione” (ρ/c). In parole povere, ci dicono quanto bene il suono si propaga nel legno e quanto la struttura tende a smorzare le vibrazioni. Per fasce e fondi, vogliamo buona trasmissione e una certa capacità strutturale (antivibrazione).
- Si Lavora Bene? La Prova del Liutaio: Non basta che un legno “suoni” bene sulla carta. Deve anche essere lavorabile! Abbiamo quindi sottoposto i legni sperimentali a test pratici nel laboratorio di un maestro liutaio, Cándido Cruz a Città del Messico, una vera autorità nel campo. Abbiamo valutato la piallatura (sforzo e finitura), la modellatura (quanto è facile dargli forma senza scheggiature) e la piegatura a caldo e vapore (fondamentale per le fasce della chitarra).

I Risultati: Promossi, Rimandati e… Sorprese!
Ebbene, cosa abbiamo scoperto? I risultati sono stati affascinanti e ci hanno permesso di tracciare un quadro più chiaro.
Innanzitutto, abbiamo notato una tendenza generale: i legni sperimentali con densità più bassa (come Cuajiote rojo – *Bursera simaruba*, Copal – *Bursera copallifera*, Pochote – *Ceiba aesculifolia*, Guayacán – *Conzattia multiflora*) tendono ad avere qualità vibratorie inferiori rispetto ai legni di riferimento. La loro anatomia spesso mostra vasi larghi, pareti delle fibre sottili e pochi estrattivi o parenchima. Dal punto di vista estetico, sono anche più chiari. Insomma, per farla breve, questi legni, pur interessanti, non sembrano i candidati ideali per sostituire Ebano o Palissandro nelle chitarre di alta qualità. Forse, potrebbero trovare impiego in strumenti più economici o tradizionali, magari dopo trattamenti specifici per migliorarne le proprietà.
Ma la vera sorpresa è arrivata dai legni sperimentali con densità medio-alta! Parlo di specie come Zocón (*Alvaradoa amorphoides*), Carrozo (*Senna wislizeni*), Jaboncillo (*Wimmeria persicifolia*) e Tepemezquite (*Lysiloma acapulcense*). Questi “ragazzi” hanno mostrato parametri di vibrazione decisamente più promettenti, più vicini a quelli dei legni di riferimento. Anche la loro struttura anatomica è più interessante, con pareti cellulari più spesse, diametri di fibre e vasi più contenuti e una maggiore presenza di estrattivi (anche se non abbondanti come nelle *Dalbergia* o nell’Ebano, dove spesso riempiono completamente le cellule).
Usando analisi statistiche (nello specifico, un’analisi gerarchica di similitudine, che crea dei “gruppi” di legni simili), abbiamo visto che questi quattro legni (Zocón, Carrozo, Jaboncillo, Tepemezquite) formano un gruppo abbastanza omogeneo, e, cosa importantissima, si avvicinano molto all’Ebano (*Diospyros sp.*) per caratteristiche anatomiche e fisiche (soprattutto per i parametri di trasmissione Qc e antivibrazione ρ/c). Questo li rende dei candidati eccellenti come sostituti dell’Ebano per le tastiere, e potenzialmente anche come alternative per fasce e fondi, magari in sostituzione del Palissandro Indiano (*Dalbergia latifolia*).

I legni di riferimento (*Dalbergia* spp. e *Diospyros* sp.) hanno confermato le loro qualità: alta trasmissione, proprietà vibratorie desiderabili, pareti delle fibre spesse, abbondanza di parenchima assiale ed estrattivi che “sigillano” la struttura. Questo contribuisce anche alla loro maggiore densità e, secondo alcuni studi, a una minore igroscopicità (assorbono meno umidità), favorendo la trasmissione delle vibrazioni. Tra le *Dalbergia*, però, il Paloescrito (*Dalbergia paloescrito*) si è distinto come un caso a sé, con caratteristiche quasi uniche che lo rendono davvero difficile da sostituire – non a caso è così apprezzato a livello mondiale!
Lavorabilità: Il Banco di Prova del Liutaio
E la lavorabilità? Anche qui, risultati interessanti. Molti dei legni sperimentali si sono rivelati facili da pialliare e modellare, ottenendo una buona finitura superficiale. La piegatura, però, è stata più ostica per i legni più densi (Zocón, Carrozo, Jaboncillo, Tepemezquite), giudicata “difficile”, mentre è risultata “facile” per quelli a densità minore. Tuttavia, la capacità di *mantenere* la forma dopo la piegatura è stata buona solo per Guayacán e Tepemezquite. Anzi, il Tepemezquite si è distinto: è stato l’unico a conformarsi perfettamente alla sagoma della chitarra in un solo passaggio di piegatura e a mantenere bene la forma dopo 24 ore. Un punto a favore non da poco per un potenziale sostituto!

Un Futuro Sostenibile per la Chitarra?
Quindi, qual è il succo di tutta questa ricerca? Abbiamo identificato un gruppo promettente di legni tropicali messicani – Zocón, Carrozo, Jaboncillo e Tepemezquite – che mostrano caratteristiche anatomiche, vibratorie e, in parte, di lavorabilità compatibili con l’uso in chitarre classiche di qualità, specificamente come alternative all’Ebano per le tastiere e potenzialmente anche per fasce e fondi al posto di alcune *Dalbergia* come il Palissandro Indiano o persino le specie messicane Granadillo, Zangualico e Campincerán (anch’esse usate ma a rischio).
Questo apre scenari importantissimi. Utilizzare queste specie locali, magari provenienti da gestioni forestali sostenibili o da piantagioni (alcune potrebbero avere tassi di crescita più rapidi delle lente *Dalbergia*), offre un triplice vantaggio:
- Sostenibilità Ambientale: Riduce la pressione sulle specie minacciate e protette.
- Sostenibilità Economica: Valorizza risorse locali, potenzialmente più accessibili ed economiche.
- Innovazione nella Liuteria: Stimola la ricerca e l’uso di nuovi materiali, arricchendo la tavolozza sonora a disposizione di liutai e musicisti.
Certo, il Paloescrito rimane un gioiello difficile da imitare, e i legni a bassa densità che abbiamo studiato non sembrano adatti per strumenti di alta gamma, a meno di futuri trattamenti di impregnazione che ne migliorino le proprietà (un’altra via di ricerca interessante!).
Ma il messaggio fondamentale è positivo: esistono alternative valide e sostenibili. La sfida ora è farle conoscere, sperimentarle ulteriormente e integrarle nella pratica liuteristica, costruendo un futuro in cui la bellezza del suono di una chitarra classica possa andare di pari passo con il rispetto per le foreste da cui proviene il suo legno. È un percorso affascinante, e noi siamo solo all’inizio!

Fonte: Springer
