Occhio al Diabete: Il Legame Nascosto tra Geni (FVL, MTHFR), Infiammazione e Retinopatia
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa che mi affascina e preoccupa allo stesso tempo: il diabete e una sua complicanza piuttosto subdola, la retinopatia diabetica. Sapete, è una delle principali cause di problemi alla vista nelle persone con diabete di tipo 2, una vera e propria microangiopatia, cioè un danno ai piccoli vasi sanguigni dell’occhio. Ma perché alcuni la sviluppano e altri no, o in forma più lieve? Mi sono sempre chiesto quali meccanismi nascosti ci fossero dietro. Ebbene, sembra che la risposta possa trovarsi, almeno in parte, nel nostro DNA e in come il nostro corpo reagisce con l’infiammazione.
La Retinopatia Diabetica: Un Nemico Silenzioso
Prima di addentrarci nei meandri della genetica, capiamo meglio cos’è la retinopatia diabetica (DR). È una conseguenza del diabete mellito, una malattia metabolica che, se non controllata, porta a un sacco di problemi, inclusi danni ai vasi sanguigni. Nel caso della DR, i piccoli vasi della retina si danneggiano. Questo può portare a visione offuscata, macchie scure e, nei casi peggiori, alla cecità. È ormai noto che l’infiammazione cronica gioca un ruolo chiave non solo nell’insorgenza del diabete stesso, ma anche nello sviluppo delle sue complicanze, sia microvascolari (come la retinopatia, la nefropatia e la neuropatia) che macrovascolari (malattie cardiovascolari, ictus).
I Sospettati: Geni e Infiammazione Sotto la Lente
Qui entrano in gioco i nostri “sospettati”. Da un lato abbiamo dei fattori genetici, delle piccole variazioni nel nostro DNA che possono predisporci a certi problemi. Due di questi sono al centro della nostra attenzione oggi:
- La mutazione del Fattore V Leiden (FVL): una variazione genetica (rs6025) che aumenta il rischio di trombosi venosa perché rende il sangue più incline a coagulare. Questo stato “protrombotico” può danneggiare le cellule endoteliali (quelle che rivestono i vasi sanguigni) e scatenare una risposta infiammatoria.
- Il polimorfismo MTHFR C677T (rs1801133): una variante che influisce su come il nostro corpo processa il folato e l’omocisteina. Livelli alti di omocisteina (iperomocisteinemia) sono collegati a stress ossidativo, infiammazione e disfunzione endoteliale, tutti fattori che possono peggiorare la retinopatia diabetica.
Dall’altro lato, abbiamo i marcatori dell’infiammazione. Avete mai sentito parlare di NLR (rapporto neutrofili/linfociti), PLR (rapporto piastrine/linfociti) e MLR (rapporto monociti/linfociti)? Sono degli indici che si calcolano facilmente da un normale esame del sangue (emocromo) e ci danno un’idea del livello di infiammazione sistemica nel corpo. Sono come delle spie che si accendono quando c’è “fuoco” (infiammazione) da qualche parte. L’idea intrigante è: queste varianti genetiche (FVL e MTHFR) possono influenzare questi marcatori infiammatori nei pazienti con retinopatia diabetica?

La Nostra Indagine: Cosa Abbiamo Cercato?
Per cercare di rispondere a questa domanda, è stato condotto uno studio interessante (i cui risultati sono stati pubblicati su Springer, trovate il link alla fine!). Abbiamo coinvolto 200 persone: 100 con diabete di tipo 2 e retinopatia diabetica confermata, e 100 con diabete di tipo 2 ma senza retinopatia, che fungevano da gruppo di controllo. A tutti i partecipanti è stato prelevato un campione di sangue.
Cosa abbiamo analizzato?
- Genetica: Abbiamo usato una tecnica chiamata T-ARMS-PCR per cercare la mutazione FVL e il polimorfismo MTHFR C677T nel DNA estratto dal sangue.
- Infiammazione: Abbiamo calcolato i famosi rapporti NLR, PLR e MLR a partire dai valori dell’emocromo (conta di neutrofili, linfociti, monociti e piastrine).
- Altri parametri: Abbiamo misurato anche glicemia a digiuno (FBS), emoglobina glicata (HbA1c), colesterolo totale, trigliceridi, HDL, LDL.
L’obiettivo era vedere se ci fosse una correlazione tra la presenza delle varianti genetiche FVL e MTHFR e i livelli dei marcatori infiammatori (NLR, PLR, MLR), e se tutto questo fosse collegato alla presenza o meno della retinopatia diabetica.
Le Scoperte: Cosa Ci Dicono i Dati?
E qui arrivano i risultati, che definirei stuzzicanti!
Innanzitutto, abbiamo guardato al Fattore V Leiden (FVL). Ebbene sì, abbiamo trovato delle differenze significative! Le persone portatrici della variante FVL (quelle con genotipo GA o AA, anche se erano poche, solo 6 su 200) mostravano livelli significativamente più alti di:
- NLR (rapporto neutrofili/linfociti): 3.35 ± 1.51 contro 1.78 ± 1.55 nei non portatori (P=0.02).
- MLR (rapporto monociti/linfociti): 0.32 ± 0.17 contro 0.20 ± 0.007 nei non portatori (P=0.02).
Inoltre, i portatori della variante FVL avevano anche livelli di glicemia a digiuno (FBS) significativamente più alti (P=0.03). Questo suggerisce un legame tra questa specifica mutazione genetica, un maggior stato infiammatorio (riflesso da NLR e MLR più alti) e forse un controllo glicemico peggiore.
E per quanto riguarda l’MTHFR C677T? Qui la storia è diversa. Nonostante la teoria che lega questa variante all’infiammazione tramite l’omocisteina, in questo specifico studio non abbiamo trovato associazioni statisticamente significative tra le varianti MTHFR (genotipi CT e TT) e i marcatori NLR, PLR o MLR. Questo non significa che il legame non esista, ma forse in questa popolazione o con questi specifici marcatori, non era evidente. La scienza è fatta anche di risultati contrastanti, e altri studi hanno riportato associazioni, quindi la questione rimane aperta.
Infine, abbiamo confrontato direttamente i pazienti con retinopatia diabetica (DR) e quelli senza. Cosa è emerso? I pazienti con DR avevano livelli significativamente più alti di monociti e di MLR (0.22 ± 0.10 vs 0.19 ± 0.09, P=0.01) rispetto ai diabetici senza DR. Anche NLR e PLR erano tendenzialmente più alti nel gruppo con DR, ma la differenza non ha raggiunto la significatività statistica nel nostro campione (NLR P=0.09, PLR P=0.32).

Cosa Significa Tutto Questo? Implicazioni e Prospettive Future
Allora, mettiamo insieme i pezzi. Questo studio, per la prima volta a quanto ne so, ha esplorato il legame tra la mutazione FVL e i marcatori infiammatori specificamente nella retinopatia diabetica. I risultati suggeriscono che essere portatori della variante FVL potrebbe effettivamente contribuire a uno stato infiammatorio più accentuato (NLR e MLR più alti), il che potrebbe, a sua volta, peggiorare o favorire lo sviluppo della retinopatia diabetica. L’infiammazione, dopotutto, danneggia i vasi sanguigni, e quelli della retina sono particolarmente delicati.
Il fatto che anche l’MLR sia risultato più alto nei pazienti con retinopatia diabetica, indipendentemente dalla genetica FVL, rafforza l’idea che l’infiammazione (in particolare quella che coinvolge i monociti) sia un attore chiave in questa complicanza.
Quindi, a cosa serve tutto questo? Beh, l’idea è che identificare questi fattori genetici (come FVL) e monitorare questi marcatori infiammatori (NLR, MLR), che sono economici e facili da ottenere da un semplice emocromo, potrebbe diventare uno strumento utile in futuro. Potrebbe aiutarci a:
- Stratificare il rischio: Identificare i pazienti diabetici a maggior rischio di sviluppare o peggiorare la retinopatia.
- Personalizzare il follow-up: Magari i pazienti con FVL o con NLR/MLR alti necessitano di controlli oculistici più frequenti o più approfonditi.
- Sviluppare nuove terapie: Se l’infiammazione è così importante, forse terapie mirate a ridurla potrebbero affiancare il controllo glicemico nella gestione della DR.
Certo, siamo ancora nel campo della ricerca. Questi risultati sono interessanti ma necessitano di conferme su campioni più ampi e in popolazioni diverse. Bisogna capire meglio i meccanismi esatti e se intervenire su questi fattori possa davvero fare la differenza nella pratica clinica.
In conclusione, la battaglia contro la retinopatia diabetica si combatte su più fronti. Oltre al controllo della glicemia, dobbiamo tenere d’occhio l’infiammazione e, forse, anche la nostra predisposizione genetica. La scoperta di legami come quello tra FVL, NLR, MLR e DR apre nuove strade affascinanti per capire meglio questa malattia e, speriamo, per prevenirla e curarla in modo più efficace. È un puzzle complesso, ma ogni pezzo che aggiungiamo ci avvicina alla soluzione!
Fonte: Springer
