Ritratto intenso di un bambino indonesiano in una baraccopoli di Jakarta, lo sguardo rivolto verso l'osservatore, con alle spalle una montagna di rifiuti sfocata. Stile fotorealistico, obiettivo prime 50mm, profondità di campo, luce naturale drammatica, duotone seppia e grigio.

Bambini tra i Rifiuti di Jakarta: La Povertà è Davvero l’Unico Nemico della Scuola?

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio un po’ diverso, in un angolo del mondo che raramente finisce sotto i riflettori, ma che solleva domande enormi sul nostro futuro e su quello dei più piccoli. Parliamo di Jakarta, Indonesia, e più precisamente di una baraccopoli sorta ai margini di un’enorme discarica, Bantar Gebang. Qui, tra montagne di rifiuti, vivono e lavorano migliaia di persone, compresi tanti, troppi bambini.

La domanda che mi sono posto, e che anima la ricerca di cui vi parlo oggi, è questa: il lavoro minorile nella raccolta dei rifiuti, spesso visto come una diretta conseguenza della povertà estrema, è davvero il principale ostacolo all’istruzione di questi bambini? Istintivamente, verrebbe da dire di sì. Povertà uguale lavoro minorile, lavoro minorile uguale niente scuola. Ma è davvero così semplice?

Immersione in una Realtà Complessa

Per capirci qualcosa di più, abbiamo passato un sacco di tempo lì, sul campo. Pensate, tra il 2010 e il 2020, ben 33 sopralluoghi per un totale di quasi 900 giorni! Abbiamo parlato con le famiglie, con i bambini, con gli operatori delle ONG educative che lavorano eroicamente in mezzo a questa realtà difficile, e anche con gli insegnanti delle scuole pubbliche. Abbiamo raccolto dati, storie, numeri.

Quello che è emerso è un quadro molto più sfumato di quanto si possa immaginare. Intanto, i bambini coinvolti nella raccolta dei rifiuti (i cosiddetti “waste pickers”) non fanno tutti la stessa cosa. Abbiamo identificato almeno sette tipi diversi di lavoro: dalla raccolta diretta in discarica, alla selezione dei materiali riciclabili, al trasporto, e così via. Alcuni di questi lavori sono svolti anche dagli adulti, ma altri, come frugare in certi punti specifici o fare piccole commissioni legate ai materiali, sembrano essere “specialità” dei più piccoli.

E la scuola? Beh, la sorpresa è che non tutti i bambini lavoratori abbandonano i banchi. Alcuni riescono a frequentare le lezioni, magari lavorando dopo la scuola o durante le vacanze. Certo, le ore dedicate al lavoro sono tante. I bambini che non vanno a scuola lavorano in media quasi 51 ore a settimana, praticamente un lavoro a tempo pieno (e anche di più!). Chi va a scuola, invece, lavora circa 24 ore durante il periodo scolastico e sale a 35 ore durante le vacanze.

Quanto Guadagnano e Perché Lavorano?

Parliamo di soldi, perché è un punto cruciale. Un bambino che non va a scuola guadagna in media circa 690.000 Rupie Indonesiane al mese (poco meno di 50 dollari all’epoca dello studio). Sembra poco, ma attenzione: questo reddito rappresenta in media il 25-27% del reddito totale della famiglia. Non è una cifra trascurabile, anzi! Durante le vacanze, i bambini che vanno a scuola possono arrivare a guadagnare anche di più (circa 854.000 IDR), mentre durante il periodo scolastico il loro guadagno scende drasticamente (circa 266.000 IDR).

Ma la vera domanda è: lavorano *solo* perché la famiglia è poverissima? Qui le cose si complicano. Dalle interviste è emerso che molti bambini lavorano di loro spontanea volontà. Perché?

  • Perché lo fanno gli amici.
  • Per avere soldi da spendere liberamente (per giocare, per le sigarette, per uscire con gli amici/fidanzatini).
  • Perché considerano la raccolta dei rifiuti un “lavoro di famiglia”, un po’ come aiutare nel negozio di famiglia o nella fattoria. Si sentono in dovere di contribuire.

Certo, ci sono anche casi, purtroppo, in cui la necessità è reale e pressante: famiglie con tanti figli, genitori con disabilità che non possono lavorare a pieno regime. In questi casi, il lavoro dei bambini diventa un aiuto indispensabile.

Un bambino piccolo, visto di spalle, che cammina in una vasta discarica a cielo aperto al tramonto, circondato da montagne di rifiuti. Stile fotorealistico, obiettivo grandangolare 10mm, luce soffusa del tardo pomeriggio, messa a fuoco nitida sulla figura e sull'ambiente circostante.

La Scuola: Un’Opzione Possibile, Ma Non Sempre Scelta

Nella zona ci sono scuole gratuite gestite da ONG e scuole pubbliche. L’informazione sull’esistenza di queste scuole è diffusa. Eppure, non tutti i bambini ci vanno. Abbiamo analizzato la situazione scolastica e lavorativa di 93 bambini e ragazzi tra i 6 e i 18 anni (età dell’obbligo e subito dopo).

Alle elementari, la maggior parte dei bambini (oltre l’80% in molte fasce d’età) frequenta solo la scuola. C’è un certo numero di bambini che inizia la scuola un po’ più tardi, ma l’iscrizione avviene. È interessante notare che una percentuale non piccola di bambine più piccole (elementari 1-3) non va a scuola né lavora, ma è probabile che inizieranno più tardi.

La situazione cambia alle medie e soprattutto alle superiori. Aumenta la percentuale di ragazzi che lavorano soltanto (arrivando al 70-80% tra i maschi e le femmine in età da superiori) e anche quella di chi lavora e studia (soprattutto maschi alle medie e superiori). C’è anche chi non fa né l’una né l’altra cosa, specialmente tra le ragazze più grandi.

Quando abbiamo chiesto direttamente ai bambini perché non andassero a scuola, le risposte più comuni sono state:

  • “È una scocciatura” (“too much trouble”).
  • “Voglio andare a giocare”.

Motivazioni che, diciamocelo, non sono poi così diverse da quelle di tanti ragazzi in contesti ben diversi! Solo dopo venivano risposte come “voglio lavorare” o “devo lavorare per forza”. Questo ci suggerisce che la mancanza di motivazione o l’attrattiva di alternative (gioco, amici, soldi facili) giocano un ruolo importante, forse a volte più della povertà stessa.

Il Paradosso: Famiglie con Lavoratori Bambini Spesso NON Sono le Più Povere

E qui arriva uno dei dati più sorprendenti e controintuitivi. Abbiamo confrontato il reddito delle famiglie con bambini in età scolare che lavorano e quelle con bambini che non lavorano. Risultato? Le famiglie con bambini lavoratori hanno, in media, un reddito più alto! Parliamo di circa 600.000 IDR (circa 50 USD) in più al mese.

Addirittura, abbiamo notato che i “piccoli boss” della discarica – persone che gestiscono qualche lavoratore ma raccolgono ancora rifiuti loro stessi, e che quindi hanno una posizione economica leggermente migliore – hanno una probabilità più alta (50% contro il 7.2% generale) di avere figli che lavorano. E anche tra i raccoglitori “normali”, le famiglie con figli lavoratori tendono ad avere redditi superiori.

Questo sembra indicare che, almeno in molti casi, i bambini non lavorano perché la famiglia è sull’orlo della sopravvivenza. Anzi, il loro contributo, pur significativo, si aggiunge a un reddito familiare già nella media (o superiore) della zona. Il reddito familiare medio, escludendo l’apporto dei bambini, era comunque paragonabile al salario minimo legale e al reddito medio dell’intera area di studio. Quindi, tecnicamente, non si tratterebbe di povertà estrema secondo le definizioni usate (meno di 1$/giorno o meno della metà del reddito medio).

Ritratto di un bambino indonesiano di circa 10 anni, metà volto illuminato dalla luce che entra da una finestra di una scuola improvvisata, l'altra metà in ombra con dietro lo sfondo sfocato di una discarica. Stile fotorealistico, obiettivo prime 35mm, profondità di campo ridotta, bianco e nero.

Allora, la Povertà C’entra o No?

Tiriamo le somme. Possiamo dire che la raccolta di rifiuti indotta dalla povertà sia il principale fattore che priva i bambini dell’istruzione in questo contesto? La risposta, basata su questi dati, è: probabilmente no, non nella maggior parte dei casi.

Certo, lo ripeto, esistono situazioni di povertà estrema in cui i bambini sono *costretti* a lavorare per necessità impellente, e per loro conciliare lavoro e scuola è quasi impossibile. Ma per molti altri, le ragioni sembrano essere un mix di fattori:

  • L’attrattiva di avere soldi propri.
  • L’influenza degli amici.
  • La percezione del lavoro come “affare di famiglia”.
  • Una scarsa motivazione o interesse per la scuola.
  • La possibilità, per alcuni, di bilanciare studio e lavoro.

Le famiglie stesse, pur conoscendo l’esistenza di scuole gratuite, spesso non spingono attivamente i figli a frequentarle. Perché? Questa è una delle domande ancora aperte.

Cosa Fare? Implicazioni per le Politiche

Questo quadro complesso ci dice che le soluzioni non possono essere semplicistiche. Pensare che basti dare un sussidio economico alle famiglie per mandare i figli a scuola potrebbe non funzionare sempre. Bisogna agire su più fronti:

1. Controllo del Lavoro Minorile: Sì, il lavoro in discarica è pericoloso e dannoso per la salute dei bambini. Politiche di “gestione integrata dei rifiuti”, che formalizzano e regolamentano la raccolta, potrebbero limitare l’accesso ai minori (es. richiedendo permessi). Ma attenzione: vietare il lavoro senza offrire alternative o supporto economico alle famiglie veramente bisognose potrebbe peggiorare la loro situazione, magari costringendole a ritirare i figli da scuole superiori per motivi finanziari.
2. Rispettare la Cultura Locale: Bisogna capire che per molte di queste famiglie, la raccolta dei rifiuti è un mestiere, un’attività familiare. Interventi troppo drastici o giudicanti potrebbero urtare l’orgoglio di queste persone e generare ostilità.
3. Espandere le Opportunità Educative: Servono più scuole, certo, ma forse anche programmi diversi. Formazione professionale già dalle medie, per offrire alternative concrete al lavoro in discarica. Ambienti scolastici che permettano a chi lavora di conciliare studio e lavoro, almeno per un po’. Bisogna rendere la scuola più attraente e rilevante per il loro futuro.
4. Supporto Mirato: Identificare e sostenere specificamente le famiglie in condizioni di povertà estrema, dove il lavoro minorile è una vera necessità.

Primo piano macro di mani sporche, una adulta e una di bambino, che contano banconote spiegazzate di Rupie Indonesiane su un tavolo grezzo, con rifiuti riciclabili sfocati sullo sfondo. Stile fotorealistico, obiettivo macro 100mm, alta definizione, illuminazione controllata per enfatizzare la texture delle mani e delle banconote.

L’obiettivo finale, legato anche agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs) delle Nazioni Unite (in particolare l’obiettivo 1 sulla povertà e il 4 sull’istruzione di qualità), è dare a questi bambini la possibilità di scegliere un futuro diverso, se lo desiderano.

Guardando Avanti

Questo studio ci lascia con più domande che risposte definitive, come spesso accade nella ricerca seria. Due filoni futuri sono importanti:

  • Capire più a fondo le motivazioni dei genitori e dei bambini riguardo alla scuola e al lavoro.
  • Analizzare non solo i redditi, ma anche le spese delle famiglie, per avere un quadro più completo della loro situazione economica (ad esempio, calcolando il coefficiente di Engel, che misura quanto del budget familiare è speso per il cibo).

Insomma, la realtà dei bambini lavoratori nelle discariche di Jakarta è un groviglio complesso di fattori economici, sociali e culturali. La povertà gioca un ruolo, ma non è l’unico attore in scena. E se vogliamo davvero aiutare questi bambini ad avere accesso a un’istruzione e a un futuro migliore, dobbiamo guardare a questa realtà con occhi aperti, senza preconcetti, e disegnare soluzioni che tengano conto di tutte le sue sfumature.

Spero che questo viaggio vi abbia fatto riflettere. A volte, le storie più importanti si nascondono proprio lì, tra i rifiuti che scartiamo ogni giorno.

Un gruppo di bambini sorridenti in uniforme scolastica escono da un edificio scolastico semplice ma pulito in una zona povera, con lo sfondo leggermente sfocato che suggerisce la baraccopoli. Stile fotorealistico, obiettivo zoom 24-70mm impostato a circa 50mm, luce naturale del giorno, colori vivaci ma realistici.

Fonte: Springer

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