Lattato e Reni Sotto Assedio: Svelato il Legame Nascosto nella Sepsi!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante che sta emergendo nel campo della ricerca medica, un meccanismo complesso che lega un nemico subdolo come la sepsi a un problema gravissimo: il danno renale acuto (SAKI). Preparatevi, perché stiamo per addentrarci nel mondo microscopico delle nostre cellule immunitarie e scoprire come una molecola apparentemente innocua, il lattato, possa scatenare una vera e propria tempesta infiammatoria.
La Sepsi e il Danno Renale: Un Duo Pericoloso
Partiamo dalle basi. La sepsi non è una semplice infezione, ma una risposta esagerata e sregolata del nostro stesso corpo a quell’infezione. È una condizione potenzialmente letale che può portare a danni tissutali diffusi e insufficienza d’organo. Tra gli organi più colpiti ci sono proprio i reni. Il danno renale acuto associato alla sepsi (SAKI) è una complicanza frequentissima, colpisce fino al 50% dei pazienti settici, e purtroppo peggiora drasticamente le loro possibilità di sopravvivenza. Pensate che, nonostante i progressi, ancora oggi non abbiamo cure risolutive, ma solo terapie di supporto. È chiaro che c’è un bisogno disperato di capire meglio cosa succede a livello cellulare per trovare nuove strategie terapeutiche.
I Neutrofili e le Loro “Trappole”: Amici o Nemici?
Qui entrano in gioco i neutrofili, un tipo di globuli bianchi che sono i nostri soldati di prima linea contro le infezioni. Quando percepiscono un pericolo (come batteri o segnali infiammatori), possono attivare una strategia di difesa spettacolare ma potenzialmente dannosa: rilasciano delle strutture a rete, chiamate Neutrophil Extracellular Traps (NETs). Immaginatele come delle vere e proprie “ragnatele” fatte del loro stesso DNA e proteine antimicrobiche, progettate per intrappolare e uccidere i patogeni. Fantastico, no? Beh, non sempre. Se questo processo, chiamato NETosi, sfugge di mano, come accade nella sepsi, le NETs stesse diventano un problema. I loro componenti agiscono come segnali di danno (DAMPs), alimentando ulteriormente l’infiammazione e contribuendo al danno d’organo, inclusi i reni.
L’Indiziato Speciale: La Proteina HMGB1
Tra i vari attori coinvolti nell’infiammazione, ce n’è uno che ha attirato particolarmente l’attenzione dei ricercatori: la proteina High Mobility Group Box 1 (HMGB1). Normalmente se ne sta buona buona nel nucleo delle cellule, ma in condizioni di stress o danno, viene rilasciata all’esterno e agisce come un potente segnale d’allarme infiammatorio. Studi precedenti avevano già suggerito che l’HMGB1 potesse giocare un ruolo nel richiamare i neutrofili e forse anche nell’innescare la formazione delle NETs. Ma come si collega tutto questo alla sepsi e al danno renale? E c’entra forse il lattato?
Il Lattato: Non Solo un Prodotto di Scarto
Il lattato è spesso visto solo come un prodotto finale del metabolismo anaerobico, quello che si accumula nei muscoli dopo uno sforzo intenso. Nella sepsi, i livelli di lattato nel sangue aumentano significativamente e sono un indicatore di prognosi infausta. Ma attenzione, il lattato non è solo un marcatore passivo! Ricerche recenti stanno rivelando che può attivamente modificare il comportamento delle cellule immunitarie. In particolare, è emerso che il lattato può promuovere una specifica modifica chimica su altre proteine, un processo chiamato lattilazione. E indovinate un po’ quale proteina sembra essere un bersaglio privilegiato di questa lattilazione durante la sepsi? Esatto, proprio la nostra HMGB1!
L’Ipotesi Investigativa: Lattato -> Lattilazione HMGB1 -> NETs -> SAKI
Mettendo insieme i pezzi, i ricercatori hanno formulato un’ipotesi intrigante: e se fosse proprio il lattato, accumulandosi durante la sepsi, a indurre la lattilazione della proteina HMGB1 all’interno di alcune cellule immunitarie (i macrofagi)? E se questa HMGB1 “modificata” venisse poi rilasciata e andasse a stimolare i neutrofili a produrre quelle famigerate NETs, peggiorando così il danno renale? Sembra un giallo complesso, ma è esattamente quello che questo studio ha cercato di svelare.
Le Prove dal Laboratorio: Pazienti e Modelli Animali
Per prima cosa, hanno analizzato campioni di sangue di pazienti con SAKI e li hanno confrontati con volontari sani. I risultati? Bingo! Nei pazienti con SAKI, i livelli di lattato e di HMGB1 erano significativamente più alti, e c’era una correlazione positiva tra i due. Non solo, ma anche i marcatori delle NETs erano più elevati in questi pazienti.
Poi, si sono spostati sui modelli animali, inducendo la sepsi in topi (tramite una procedura chiamata CLP, legatura e perforazione cecale, che mima un’infezione addominale). Hanno osservato che, proprio come nei pazienti, la sepsi aumentava i livelli di HMGB1 e la formazione di NETs nei reni, causando danno renale. E cosa succedeva se aumentavano artificialmente i livelli di lattato nei topi prima di indurre la sepsi? L’espressione di HMGB1 e la formazione di NETs aumentavano ulteriormente, e il danno renale peggiorava! Questo suggeriva fortemente un ruolo causale del lattato.
Dentro le Cellule: Macrofagi, Esosomi e Lattilazione
Ma come fa il lattato a influenzare l’HMGB1 e le NETs? I ricercatori si sono concentrati sui macrofagi, altre cellule immunitarie cruciali. Hanno scoperto che il lattato (insieme a segnali infiammatori come l’LPS batterico) stimola i macrofagi non solo a produrre più HMGB1, ma anche a “impacchettarla” dentro minuscole vescicole chiamate esosomi e a rilasciarla all’esterno. È come se i macrofagi spedissero dei “pacchi bomba” infiammatori!
Ma il dettaglio chiave è la modifica dell’HMGB1. Utilizzando tecniche sofisticate (come la co-immunoprecipitazione), hanno confermato che il lattato promuove effettivamente la lattilazione dell’HMGB1 (specificamente su residui di lisina, Klac) all’interno dei macrofagi. Inibendo la produzione di lattato con un farmaco (ossamato), questo effetto si riduceva. Quindi, il lattato “etichetta” l’HMGB1 tramite lattilazione, facilitandone il rilascio tramite esosomi.
L’Effetto Domino sui Neutrofili: DNA Mitocondriale e la Via cGAS/STING
Ora, cosa succede quando questi esosomi carichi di HMGB1 lattilata incontrano i neutrofili? I ricercatori hanno creato un sistema di co-coltura in vitro. Hanno visto che gli esosomi derivati dai macrofagi venivano effettivamente assorbiti dai neutrofili. E l’effetto? L’HMGB1 esosomiale induceva un evento sorprendente: la fuoriuscita di DNA mitocondriale (mtDNA) dai mitocondri nel citoplasma dei neutrofili!
Perché è importante? Perché il nostro sistema immunitario è programmato per riconoscere il DNA nel posto sbagliato (come il citoplasma) come un segnale di pericolo (infezione virale o danno cellulare). Questa rilevazione avviene attraverso una via di segnalazione chiamata cGAS/STING. L’HMGB1, entrando nel neutrofilo, sembra facilitare il legame del sensore cGAS al mtDNA fuoriuscito, attivando tutta la cascata STING. E l’attivazione di questa via è un noto grilletto per la formazione delle NETs!
Infatti, esperimenti con esosomi contenenti più HMGB1 (sovraespresso) o meno HMGB1 (silenziato) hanno confermato questo legame: più HMGB1 esosomiale arrivava ai neutrofili, più mtDNA veniva rilasciato, più la via cGAS/STING si attivava, e presumibilmente, più NETs si formavano.
La Prova Finale nel Modello Animale
Per chiudere il cerchio, sono tornati ai topi con SAKI. Hanno iniettato loro gli esosomi “modificati”: quelli con più HMGB1 peggioravano il danno renale, aumentavano l’infiammazione sistemica (livelli di IL-6 e IL-8), i marcatori di NETs (cfDNA, MPO-DNA, Cit-H3) e l’attivazione della via cGAS/STING nei reni. Al contrario, gli esosomi con meno HMGB1 avevano un effetto protettivo.
Infine, hanno provato a bloccare direttamente i passaggi chiave. Somministrando ai topi con alti livelli di lattato un inibitore di cGAS (RU.521) o un inibitore delle NETs (Sivelestat), sono riusciti a mitigare significativamente il danno renale, la formazione di NETs e l’attivazione della via cGAS/STING, nonostante la presenza del lattato! Questa è stata la prova del nove: il lattato peggiora il SAKI proprio attraverso la lattilazione dell’HMGB1 nei macrofagi, il suo rilascio esosomiale, l’attivazione della via cGAS/STING nei neutrofili e la conseguente formazione di NETs.
Cosa Significa Tutto Questo? Implicazioni e Futuro
Questa ricerca è entusiasmante perché svela un meccanismo molecolare preciso e finora poco conosciuto che contribuisce a un problema clinico molto serio. Abbiamo scoperto che il lattato non è solo un marcatore, ma un attore protagonista che, attraverso la modifica (lattilazione) dell’HMGB1 nei macrofagi e il suo trasporto tramite esosomi, scatena una risposta dannosa nei neutrofili (NETosi via cGAS/STING) che aggrava il danno renale nella sepsi.
La scoperta più importante è che l’HMGB1 emerge come un potenziale bersaglio terapeutico. Se riuscissimo a bloccare la sua lattilazione, il suo rilascio tramite esosomi, o la sua interazione con i neutrofili, potremmo forse interrompere questa cascata deleteria e proteggere i reni durante la sepsi.
Certo, come ogni studio, anche questo ha i suoi limiti (campioni non numerosissimi, modelli animali che non replicano perfettamente l’uomo). Serviranno ulteriori ricerche per confermare questi risultati e per esplorare nel dettaglio come sviluppare terapie mirate contro l’HMGB1 o la via cGAS/STING in questo contesto. Ma la strada è tracciata, e ci offre una nuova speranza per combattere una delle complicanze più temute della sepsi. È affascinante vedere come lo studio dei meccanismi molecolari più fini possa aprire porte inaspettate per la medicina!
Fonte: Springer