Immagine macro fotorealistica di un cratere microscopico su una superficie polimerica rosa (dimetacrilato con nanorod d'oro), creato da un singolo impulso laser a femtosecondi. Si notano dettagli strutturali sulla parete del cratere. Illuminazione laterale controllata per enfatizzare la tridimensionalità. Obiettivo macro 105mm, alta definizione.

Laser e Nanoparticelle d’Oro: Sveliamo Reazioni Inaspettate nei Polimeri!

Avete mai pensato a cosa succede quando si spara un impulso laser potentissimo, della durata di un battito di ciglia cosmico (parliamo di femtosecondi!), su un materiale? Beh, noi sì! E quello che abbiamo scoperto usando un polimero speciale “condito” con nanoparticelle d’oro è a dir poco affascinante. Il nostro obiettivo? Esplorare i campi elettromagnetici intensissimi che si possono generare su scala nanometrica, magari aprendo la strada a processi come la “nano-fusione” direttamente su un banco di laboratorio. Sembra fantascienza, vero? Eppure…

Il Nostro “Campo di Battaglia”: Polimeri e Nano-Antenne d’Oro

Abbiamo preso un tipo specifico di polimero, una resina a base di dimetacrilato (per gli amici, UDMA miscelato con TEGDMA), un materiale comune ad esempio in odontoiatria. Ma lo abbiamo reso speciale aggiungendo delle minuscole bacchette d’oro, nanorod d’oro per la precisione, lunghe circa 75 nanometri e larghe 25 (un nanometro è un miliardesimo di metro!). Perché proprio queste? Perché queste nanoparticelle agiscono come delle potentissime nano-antenne: quando vengono colpite da luce laser della giusta lunghezza d’onda (nel nostro caso, 795 nm, nel vicino infrarosso), amplificano il campo elettromagnetico del laser di parecchi ordini di grandezza proprio lì, sulla loro superficie.

Abbiamo preparato diversi campioni: alcuni di polimero puro (li chiameremo UDMA-X) e altri con diverse concentrazioni di nanorod d’oro (UDMA-Au1 e UDMA-Au2). Poi, abbiamo preso il nostro laser a femtosecondi (un Ti:Zaffiro che spara impulsi da 40 femtosecondi, potentissimi) e, lavorando sotto vuoto spinto per evitare interferenze con l’aria, abbiamo sparato singoli impulsi su punti diversi della superficie dei nostri campioni.

Cosa succede quando un impulso così energetico colpisce il materiale? L’energia è talmente concentrata che il polimero viene letteralmente vaporizzato, lasciando un piccolo cratere. Abbiamo notato subito una cosa interessante: nei campioni con le nanoparticelle d’oro, i crateri erano significativamente più grandi rispetto a quelli nel polimero puro, a parità di energia del laser. E non solo: aumentando l’energia del laser oltre una certa soglia (circa 1017 W/cm²), il volume dei crateri nei campioni drogati schizzava alle stelle! Questo ci ha fatto sospettare che stesse succedendo qualcosa di più della semplice ablazione… qualcosa di più “esplosivo”.

Immagine macro ad alta definizione di un campione di polimero rosa traslucido (dimetacrilato drogato con nanorod d'oro) con un piccolo cratere scuro sulla superficie, creato da un singolo impulso laser a femtosecondi. Illuminazione controllata per evidenziare la texture del polimero e i bordi del cratere. Obiettivo macro 100mm, messa a fuoco precisa sul cratere.

La Lente d’Ingrandimento Molecolare: Entra in Scena la Spettroscopia Raman

Ok, i crateri sono più grandi, ma cosa succede chimicamente alle pareti di questi crateri? Per “vedere” dentro la materia a livello molecolare, abbiamo usato una tecnica potentissima e super sensibile: la spettroscopia Raman. Immaginatela come un modo per far “vibrare” le molecole con un laser (questa volta a bassa potenza, 532 nm, luce verde) e ascoltare l'”eco” che rimandano indietro. Ogni tipo di legame chimico (come C-C, C=C, C-H, N-H, ecc.) vibra in modo unico, producendo un segnale a una frequenza specifica nello spettro Raman. È come dare un’impronta digitale molecolare al materiale.

Abbiamo puntato il nostro spettrometro Raman proprio sulle pareti interne dei crateri creati dai singoli impulsi laser, sia sui campioni puri che su quelli con le nanoparticelle d’oro, e abbiamo confrontato gli spettri con quelli del materiale non irradiato. Ci aspettavamo di vedere dei cambiamenti, magari legati a un’ulteriore polimerizzazione indotta dal calore o dalla luce intensa del laser (infatti, abbiamo visto diminuire i segnali dei doppi legami C=C, come riportato in un nostro precedente lavoro). Ma quello che abbiamo trovato è stato molto più sorprendente.

La Scoperta Inattesa: Segnali Fantasma nello Spettro

Nella regione dello spettro Raman compresa tra 2000 e 2600 cm⁻¹ (centimetri reciproci, l’unità di misura usata in spettroscopia), dove normalmente nel nostro polimero non c’è quasi nulla di interessante, abbiamo iniziato a vedere dei nuovi segnali. Non erano picchi netti e definiti, ma piuttosto delle bande larghe, centrate attorno a 2120 cm⁻¹ e 2400 cm⁻¹.

La cosa davvero intrigante?

  • Questi segnali erano quasi assenti nei crateri del polimero puro (UDMA-X).
  • Erano invece ben visibili nei crateri dei campioni con le nanoparticelle d’oro (UDMA-Au1 e UDMA-Au2).
  • La loro intensità aumentava drasticamente all’aumentare dell’energia dell’impulso laser usato per creare il cratere.
  • L’intensità era maggiore nel campione con la concentrazione più alta di nanoparticelle (UDMA-Au2).

Era chiaro: queste nuove “firme” spettrali erano legate alla presenza delle nanoparticelle d’oro e all’intensità dell’interazione laser-materia. Ma cosa rappresentavano?

Visualizzazione artistica ma fotorealistica di nanorod d'oro plasmonici sospesi all'interno di una matrice polimerica trasparente, illuminati da un fascio laser rosso intenso (795 nm). Si vedono campi elettromagnetici amplificati attorno ai nanorod. Dettaglio elevato sui nanorod, sfondo leggermente sfocato. Obiettivo macro 60mm.

Indagini e Sospetti: Escludere l’Ovvio per Trovare l’Incredibile

La prima cosa è stata escludere spiegazioni banali.

  • Contaminazione? Improbabile. I campioni erano preparati con gli stessi materiali di partenza (tranne l’oro), lavoravamo in vuoto e le nanoparticelle erano di alta purezza.
  • Effetti strani di luminescenza? La forma e la larghezza di queste bande non corrispondevano a tipici segnali di fotoluminescenza di un polimero.
  • Effetto SERS (Surface-Enhanced Raman Scattering)? È un effetto per cui le nanoparticelle metalliche possono amplificare il segnale Raman, ma di solito funziona quando la lunghezza d’onda del laser Raman (532 nm nel nostro caso) è vicina alla risonanza plasmonica delle nanoparticelle (che invece era a 795 nm). Quindi, poco probabile.
  • Nuovi legami con l’oro (tipo Au-H)? Esistono, ma le loro frequenze non corrispondevano perfettamente o erano troppo deboli per spiegare i nostri segnali.
  • Degradazione del polimero? Sì, il laser degrada, ma non ci aspettavamo che producesse segnali proprio in quella regione spettrale, e comunque la differenza tra campioni drogati e non era troppo marcata.

Scartate le ipotesi più convenzionali, ne rimaneva una, molto più audace, suggerita anche da quel volume anomalo dei crateri e da precedenti esperimenti fatti con un’altra tecnica (LIBS – Laser-Induced Breakdown Spectroscopy) che avevano mostrato un eccesso di deuterio nel plasma generato durante l’irraggiamento laser proprio di questi campioni drogati.

L’Ipotesi Shock: Reazioni Nucleari nel Polimero?

E se quei segnali provenissero da legami che coinvolgono il deuterio (D), l’isotopo pesante dell’idrogeno (H)? In particolare, legami Carbonio-Deuterio (C-D) e Azoto-Deuterio (N-D)?
Sappiamo dalla chimica che i legami C-D tipicamente danno segnali Raman proprio nella regione 2000-2200 cm⁻¹, mentre i legami N-D (che deriverebbero dalla sostituzione H -> D nei gruppi N-H presenti nel nostro polimero UDMA) dovrebbero cadere attorno ai 2500 cm⁻¹. Caspita, le posizioni corrispondevano quasi perfettamente ai nostri due segnali misteriosi (2120 cm⁻¹ e 2400 cm⁻¹)!

Ma da dove salta fuori il deuterio? Il polimero è fatto di idrogeno “normale”. L’ipotesi, tanto affascinante quanto sconvolgente, è che l’energia estrema del campo laser, amplificata localmente dalle nano-antenne d’oro fino a livelli inimmaginabili, sia sufficiente a innescare delle reazioni nucleari su scala nanometrica. In pratica, alcuni nuclei di idrogeno (protoni) presenti nel polimero potrebbero catturare neutroni (magari prodotti da altre interazioni indotte dal laser) o subire altri processi nucleari a bassa energia (LENR – Low Energy Nuclear Reactions), trasformandosi in deuterio. Questo deuterio appena formato si legherebbe poi al carbonio e all’azoto della struttura polimerica, dando origine ai segnali C-D e N-D che noi rileviamo con la spettroscopia Raman.

Grafico di spettroscopia Raman visualizzato su uno schermo di computer in un laboratorio scientifico moderno. Il grafico mostra picchi distinti, con enfasi sulla regione 2000-2500 cm-1 dove compaiono i nuovi picchi C-D e N-D. Luce soffusa nel laboratorio, lo schermo è la fonte di luce principale. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo ridotta.

La Conferma dai Modelli Teorici

Per verificare questa ipotesi audace, ci siamo rivolti alla teoria. Abbiamo usato potenti metodi di calcolo basati sulla teoria del funzionale della densità (DFT) per simulare al computer lo spettro Raman del nostro polimero UDMA. Abbiamo calcolato lo spettro “normale” e poi abbiamo simulato cosa succederebbe se sostituissimo alcuni atomi di idrogeno con atomi di deuterio in posizioni specifiche (sui gruppi CH₂ e NH).

I risultati delle simulazioni sono stati illuminanti:

  • La sostituzione H -> D sui gruppi CH₂ produceva segnali Raman proprio nella regione 2000-2200 cm⁻¹.
  • La sostituzione H -> D sul gruppo NH produceva un segnale attorno a 2530 cm⁻¹.

Le posizioni calcolate corrispondevano in modo eccellente a quelle delle bande sperimentali che avevamo osservato! Questo dava un forte supporto alla nostra interpretazione: i nuovi segnali Raman sono effettivamente la firma della formazione di legami C-D e N-D, e quindi della presenza di deuterio generato in situ durante l’interazione laser-materia, un processo enormemente facilitato dalle nanoparticelle d’oro. Abbiamo anche considerato l’effetto dell’isotopo ¹⁵N (presente in piccola percentuale nell’azoto naturale), che contribuisce leggermente all’allargamento della banda N-D.

Conclusioni: Un Mondo Nuovo nella Scienza dei Materiali?

Quindi, cosa abbiamo imparato? Che usando impulsi laser a femtosecondi ultra-intensi su un polimero dimetacrilato drogato con nanorod d’oro plasmonici, non stiamo solo “scavando” dei crateri. Stiamo osservando cambiamenti chimici profondi sulle pareti di questi crateri, evidenziati dalla comparsa di nuovi segnali Raman. La nostra analisi, supportata da calcoli teorici e da precedenti misure LIBS, suggerisce fortemente che questi segnali siano dovuti alla formazione di legami C-D e N-D, indicando la possibile occorrenza di processi nucleari indotti dal campo laser localmente amplificato dalle nanoparticelle.

È come se le nanoparticelle agissero da catalizzatori estremi, creando dei “punti caldi” dove l’energia è così concentrata da modificare la materia a livello nucleare. Questa scoperta apre scenari incredibilmente eccitanti e forse un po’ inquietanti sulla possibilità di controllare e indurre reazioni nucleari su scala nanometrica usando luce laser e nanomateriali. C’è ancora tantissimo da studiare e capire, ma è una finestra su una fisica e una chimica completamente nuove che si sta aprendo davanti ai nostri occhi!

Fonte: Springer

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