Primo piano estremo di un raggio laser rosso (638nm) focalizzato con altissima precisione sull'apertura circolare scura del microfono MEMS integrato in uno smartphone moderno. La luce ambientale è soffusa e scura per far risaltare il punto luminoso del laser. Obiettivo macro 100mm, alta definizione dei dettagli del microfono e del case del telefono, illuminazione controllata per enfatizzare l'interazione luce-sensore, profondità di campo molto ridotta.

Laser Silenziosi, Microfoni Ingannati: Come la Luce Manipola i Tuoi Dispositivi

Avete mai pensato che un semplice raggio laser potesse “parlare” al microfono del vostro smartphone, assistente vocale o qualsiasi altro dispositivo che si affida all’audio? Sembra fantascienza, vero? Eppure, è una realtà affascinante e un po’ inquietante che abbiamo esplorato a fondo. Nel nostro precedente lavoro, chiamato Light Commands, abbiamo dimostrato proprio questo: è possibile usare un laser modulato in ampiezza per iniettare segnali acustici falsi, ma perfettamente coerenti, nei microfoni MEMS (Sistemi Micro-Elettro-Meccanici), quelli piccolissimi che si trovano ormai ovunque.

Questa scoperta ha aperto un vaso di Pandora nel mondo della sicurezza informatica. Immaginate un malintenzionato che, da lontano, magari attraverso una finestra, punti un laser verso il vostro smart speaker e gli ordini di sbloccare la porta di casa, aprire il garage, fare acquisti online o disattivare l’allarme. Un attacco silenzioso, quasi invisibile, ma con conseguenze potenzialmente devastanti per la privacy, la sicurezza e persino le finanze.

Ma come diavolo funziona? Quando abbiamo presentato Light Commands, avevamo solo delle ipotesi iniziali sui meccanismi fisici coinvolti. Era chiaro che la luce interagiva con il microfono in modo anomalo, ma il *perché* e il *come* rimanevano avvolti nel mistero. Capire la fisica alla base di questo fenomeno non è solo una curiosità scientifica, è fondamentale per poter progettare difese efficaci e costruire microfoni più resistenti a questo tipo di attacchi. Ed è proprio quello che abbiamo deciso di fare.

Svelare il Mistero: I Tre Sospettati Principali

Ci siamo messi al lavoro per capire quali fenomeni fisici entrassero in gioco quando un laser colpisce un microfono MEMS. Un microfono MEMS, in parole povere, funziona misurando il movimento di una sottilissima membrana (il diaframma) che vibra in risposta alle onde sonore (variazioni di pressione dell’aria). Accanto a questa struttura meccanica c’è un piccolo chip, un ASIC (Application Specific Integrated Circuit), che amplifica e processa il segnale rilevato dal diaframma.

Dopo un’indagine approfondita, abbiamo identificato tre meccanismi principali che, combinati, spiegano come un laser possa ingannare il microfono:

  • Flessione Termoelastica (TE – Thermoelastic Bending): Quando la luce del laser colpisce il diaframma, lo riscalda. Se questo riscaldamento non è perfettamente uniforme, o se ci sono asimmetrie nei materiali del diaframma stesso, si genera uno stress meccanico che lo fa piegare, proprio come farebbe un’onda sonora. È un effetto puramente meccanico indotto dal calore.
  • Diffusione Termica (TD – Thermal Diffusion): Il diaframma riscaldato dalla luce cede calore anche all’aria circostante all’interno del piccolo involucro del microfono. Quest’aria, riscaldandosi periodicamente al ritmo della modulazione del laser, si espande e si contrae, creando una vera e propria onda di pressione. Questa pressione spinge sul diaframma, simulando un suono. Possiamo immaginarlo come un minuscolo “pistone termico” invisibile.
  • Generazione di Fotocorrente (PG – Photocurrent Generation): Qui entra in gioco l’elettronica. La luce, specialmente quella con determinate lunghezze d’onda, può penetrare attraverso il diaframma (se non è completamente opaco) e colpire direttamente il chip ASIC. I semiconduttori di cui è fatto l’ASIC sono sensibili alla luce: i fotoni incidenti possono liberare elettroni, generando una corrente elettrica (fotocorrente). Questa corrente “spuria” si mescola ai segnali legittimi del microfono, venendo interpretata come suono.

Abbiamo considerato anche altri effetti potenziali, come la pressione di radiazione della luce stessa o effetti legati alla generazione di cariche nel silicio (plasmaelastici), ma abbiamo concluso che, alle potenze laser tipiche di questi attacchi, il loro contributo è trascurabile rispetto ai tre meccanismi principali.

Visualizzazione scientifica astratta che mostra i tre effetti combinati: un raggio laser (blu e infrarosso stilizzati) che colpisce una struttura MEMS schematica, generando onde termiche (rosse ondulate) dal diaframma, onde di pressione nell'aria (cerchi concentrici blu) e scintille elettriche (gialle) sull'ASIC sottostante. Obiettivo macro 60mm, alta definizione, illuminazione drammatica per evidenziare le interazioni.

L’Indagine Sperimentale: Mettere alla Prova i Sospettati

Capire quali di questi effetti fosse dominante, e in quali condizioni, richiedeva un’indagine sperimentale meticolosa. Non potevamo semplicemente puntare un laser e vedere cosa succedeva; dovevamo isolare ogni meccanismo. Come abbiamo fatto?

Abbiamo allestito un banco di prova molto preciso. Abbiamo usato diversi diodi laser con lunghezze d’onda differenti: un laser blu (450 nm), uno rosso (638 nm), uno nel vicino infrarosso (904 nm) e persino uno nell’infrarosso “sub-bandgap” (1470 nm). Perché questa scelta? Perché la lunghezza d’onda è cruciale!

* Luce Blu (450 nm): Ha una lunghezza d’onda corta. Tende ad essere assorbita molto bene dai materiali del diaframma (come il polisilicio). Questo significa che scalda molto il diaframma, favorendo gli effetti fotoacustici (TE e TD).
* Luce Infrarossa (904 nm): Ha una lunghezza d’onda maggiore. È più probabile che attraversi il diaframma (specialmente se di silicio) e colpisca l’ASIC. Questo favorisce l’effetto fotoelettrico (PG). Inoltre, a parità di potenza, la luce IR trasporta più fotoni in grado di generare corrente nel silicio.
* Luce Infrarossa Sub-Bandgap (1470 nm): Questa è stata la nostra arma segreta per isolare gli effetti termici. La luce a questa lunghezza d’onda ha fotoni con energia troppo bassa per generare fotocorrente nel silicio dell’ASIC. Quindi, qualsiasi segnale prodotto da questo laser doveva essere *esclusivamente* di origine termica (TE o TD).

Ma come distinguere tra flessione termoelastica (TE) e diffusione termica (TD)? Qui è entrata in gioco una camera a vuoto. L’effetto TD dipende dalla presenza di aria che si scalda e si espande. Se togliamo l’aria (creando il vuoto), l’effetto TD dovrebbe sparire o ridursi drasticamente, lasciandoci solo con l’effetto TE!

Abbiamo quindi preso otto diversi modelli di microfoni MEMS commerciali, li abbiamo messi uno alla volta nel nostro setup, prima in aria e poi sotto vuoto (a circa 0.1 atmosfere), e li abbiamo bombardati con i nostri laser modulati a diverse frequenze (da pochi Hz fino a 20 kHz, coprendo la banda audio). Abbiamo misurato con precisione l’ampiezza e la fase del segnale elettrico in uscita dal microfono per ogni condizione.

Fotografia realistica di un setup sperimentale in laboratorio: un microfono MEMS nero montato su una basetta all'interno di una piccola camera a vuoto cilindrica con pareti trasparenti in acrilico. Un raggio laser rosso visibile (638nm) entra da una finestra ottica laterale ed è focalizzato sul microfono. Attrezzatura elettronica (oscilloscopio, generatori) visibile e sfocata sullo sfondo. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo ridotta per isolare il soggetto, illuminazione controllata da laboratorio.

Il Verdetto: Chi Comanda Davvero?

I risultati sono stati illuminanti (è il caso di dirlo!). Ecco cosa abbiamo scoperto analizzando otto microfoni diversi:

1. Isolando gli Effetti Termici (Laser 1470 nm + Vuoto): Tutti i microfoni mostravano un segnale residuo anche sotto vuoto, pilotato dal laser a 1470 nm. Questa era la prova dell’esistenza della flessione termoelastica (TE). In un microfono (il Knowles SPU0410), questo effetto sembrava essere dominante tra quelli termici.
2. Aggiungendo l’Aria (Laser 1470 nm + Pressione Atmosferica): Riportando la pressione a livelli normali, nella maggior parte dei microfoni (sette su otto) il segnale aumentava notevolmente di ampiezza e cambiava fase, specialmente a basse frequenze. Bingo! Questa era la firma inequivocabile della diffusione termica (TD), che risultava essere l’effetto *fotoacustico* dominante per quasi tutti i microfoni testati.
3. Entra in Scena la Fotocorrente (Laser 450 nm, 638 nm, 904 nm): Ora veniva il bello. Usando i laser con lunghezza d’onda più corta (blu 450 nm), i risultati erano molto simili a quelli ottenuti con il laser termico puro (1470 nm). Questo confermava che la luce blu, essendo assorbita dal diaframma, induceva principalmente effetti fotoacustici (soprattutto TD). Ma passando al laser infrarosso (904 nm), la musica cambiava radicalmente per molti microfoni (sei su otto). Il segnale diventava da 2 a 100 volte più forte rispetto a quello fotoacustico! Questa era la prova schiacciante del dominio della generazione di fotocorrente (PG) quando la luce IR riesce a raggiungere l’ASIC. Il laser rosso (638 nm) si trovava spesso in una situazione intermedia, dove effetti fotoacustici e fotoelettrici competevano, a volte addirittura annullandosi a vicenda a specifiche frequenze (anti-risonanze).

Un aspetto interessante (e preoccupante) è che con il laser a 904 nm, in due microfoni abbiamo dovuto ridurre drasticamente la potenza del laser perché la fotocorrente generata era così intensa da mandare temporaneamente in tilt il microfono! Questo apre scenari di attacco di tipo “denial-of-service”.

In sintesi:

  • Con luce visibile (es. blu), che viene assorbita dal diaframma, dominano gli effetti fotoacustici, in particolare la diffusione termica (TD).
  • Con luce nel vicino infrarosso (IR), che può attraversare il diaframma, domina la generazione di fotocorrente (PG) sull’ASIC, spesso con segnali molto più intensi.

Grafico scientifico comparativo che mostra le risposte in ampiezza (dB) e fase (gradi) di un microfono MEMS a diverse lunghezze d'onda laser (450nm blu, 638nm rosso, 904nm IR, 1470nm IR sub-bandgap) in funzione della frequenza di modulazione (Hz). Le curve mostrano chiare differenze, evidenziando il dominio fotoacustico per il blu e fotoelettrico per il 904nm. Stile pulito, etichette chiare.

Costruire Muri Contro la Luce: Raccomandazioni per il Futuro

Ora che conosciamo il nemico, possiamo pensare a come combatterlo. La nostra ricerca suggerisce diverse strategie per rendere i microfoni MEMS (e i dispositivi che li usano) più resistenti agli attacchi laser:

* Bloccare la Luce alla Fonte: La soluzione più ovvia è impedire fisicamente alla luce di raggiungere il microfono. Si possono usare barriere meccaniche, come piccole griglie o percorsi acustici a “labirinto” (come le strutture a L discusse in altri lavori), che blocchino la traiettoria rettilinea della luce ma permettano al suono di passare. È importante usare materiali che blocchino efficacemente anche la luce infrarossa.
* Migliorare la Protezione dell’ASIC: Quasi tutti i microfoni hanno una copertura protettiva sull’ASIC (il “glob top”). I nostri risultati mostrano che questa protezione spesso non è sufficiente, specialmente contro la luce IR. Migliorare i materiali e l’applicazione di questa copertura è cruciale per ridurre l’effetto fotoelettrico. I microfoni piezoelettrici che abbiamo testato (Vesper) erano intrinsecamente più resistenti alla PG, probabilmente perché il loro diaframma (nitruro di alluminio) blocca meglio la luce rispetto al silicio.
* Progettare Diaframmi Termicamente Stabili: Per ridurre la flessione termoelastica (TE), i progettisti dovrebbero puntare a diaframmi con proprietà termiche e meccaniche il più possibile simmetriche lungo il loro spessore, minimizzando gradienti di stress termico.
* Mitigare la Diffusione Termica (TD): Questo è l’effetto più difficile da contrastare, perché intrinsecamente legato all’interazione tra diaframma e aria. Aumentare il volume della cavità posteriore può aiutare, ma modifica la risposta acustica del microfono. Altre vie potrebbero essere l’uso di materiali più riflettenti per il diaframma o migliorare la dissipazione del calore.
* Rilevare l’Attacco: Se non si può bloccare l’attacco, si può provare a rilevarlo. A livello di sistema, si potrebbero analizzare le caratteristiche del segnale del microfono (es. la presenza di componenti a bassa frequenza anomale) o confrontare i segnali di più microfoni sullo stesso dispositivo. A livello di componente, si potrebbero integrare nel microfono stesso dei piccoli sensori di luce o di temperatura per segnalare la presenza di un’illuminazione anomala e intensa.

Non Solo Microfoni: Altri Sensori a Rischio?

La fisica che abbiamo studiato non riguarda solo i microfoni MEMS. Molti altri sensori potrebbero essere vulnerabili a meccanismi simili:

* Effetto Fotoelettrico (PG): Qualsiasi dispositivo MEMS con un’apertura che permetta alla luce (specialmente IR) di raggiungere circuiti elettronici sensibili potrebbe essere a rischio. Pensiamo a sensori di pressione, umidità, gas, o persino sensori a ultrasuoni MEMS.
* Effetti Fotoacustici (TE/TD): Qualsiasi sensore che si basa sul movimento di una struttura meccanica esposta all’ambiente potrebbe subire interferenze da riscaldamento laser. Questo include microfoni convenzionali (non MEMS), sensori di pressione, sensori a ultrasuoni. Addirittura, l’effetto TD potrebbe manifestarsi anche in sensori con strutture mobili sigillate in un involucro pieno di gas (come accelerometri, giroscopi, oscillatori MEMS), se il laser riesce a scaldare l’involucro stesso.

In conclusione, capire come la luce interagisce con questi minuscoli dispositivi è fondamentale. Non è solo una questione accademica, ma un passo necessario per garantire la sicurezza e l’affidabilità della tecnologia che permea sempre più le nostre vite. Abbiamo acceso una luce (letteralmente!) su una vulnerabilità nascosta, e ora abbiamo gli strumenti per iniziare a costruire difese più solide.

Fonte: Springer

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