KAT5: Il Regista Nascosto che Dirige le Sorti del Glioblastoma
Ciao a tutti, appassionati di scienza e curiosi! Oggi voglio parlarvi di una scoperta che mi ha davvero elettrizzato e che potrebbe aprire nuove, importantissime strade nella lotta contro uno dei tumori cerebrali più temibili: il glioblastoma (GBM).
Immaginate il tumore non come una massa uniforme di cellule impazzite, ma come un ecosistema complesso, quasi una città in miniatura con quartieri diversi, ognuno con i suoi abitanti specializzati. Nel glioblastoma, questa eterogeneità è pazzesca: ci sono cellule che assomigliano ad astrociti, altre a progenitori neurali, altre ancora a cellule gliali. Un vero e proprio melting pot maligno! E la cosa ancora più incredibile è che queste cellule non sono statiche, ma possono trasformarsi, passare da uno stato all’altro, un po’ come degli attori che cambiano costume e ruolo a seconda delle necessità della “sceneggiatura” tumorale. Questa plasticità è una delle ragioni per cui il GBM è così difficile da sconfiggere.
Cellule dormienti: un nemico invisibile?
Una delle grandi sfide nel trattamento del glioblastoma, e di molti altri tumori, è la presenza di cellule staminali tumorali quiescenti, una sorta di “cellule dormienti”. Queste cellule se ne stanno lì, tranquille, in uno stato simile alla fase G0 del ciclo cellulare (la fase in cui le cellule non si dividono), resistendo alle terapie che solitamente colpiscono le cellule in attiva proliferazione. Poi, quando meno te lo aspetti, possono “risvegliarsi” e dare origine a recidive, spesso ancora più aggressive. Capire cosa regola questo sonno e risveglio è cruciale.
Ed è qui che entra in gioco il protagonista della nostra storia: una proteina acetiltransferasi chiamata KAT5. Pensate a KAT5 come a un sofisticato interruttore molecolare. Nel nostro studio, abbiamo scoperto che KAT5 è un regolatore chiave dell’eterogeneità trascrizionale, epigenetica e proliferativa che influenza proprio la transizione delle cellule di glioblastoma in questi stati G0-like.
Cosa significa in parole povere? Beh, abbiamo visto che l’attività di KAT5 tende a sopprimere l’emergere di queste popolazioni cellulari quiescenti, quelle che hanno caratteristiche simili ai progenitori neuroevolutivi. Allo stesso tempo, però, KAT5 sembra promuovere l’autorinnovamento delle cellule staminali del glioblastoma (GSC), quelle cellule che sono un po’ le “regine” del tumore, capaci di generare nuove cellule tumorali. E lo fa coordinando finemente le reti trascrizionali di due noti “pezzi da novanta” del cancro, E2F e MYC, con la produzione di proteine.
Per farla semplice, quando KAT5 è “accesa” e attiva, spinge le cellule staminali tumorali a proliferare e a mantenersi tali, impedendo loro di “addormentarsi”. Ma cosa succede se “spegniamo” KAT5?
Spegnere KAT5: una nuova strategia terapeutica?
Le nostre ricerche ci hanno mostrato qualcosa di davvero promettente. Inattivando KAT5, abbiamo osservato una significativa riduzione della progressione tumorale e del comportamento invasivo del glioblastoma. Non solo: la sopravvivenza dopo i trattamenti standard (come la chemio e la radioterapia) è aumentata! È come se, togliendo questo “direttore d’orchestra”, le cellule tumorali perdessero la loro aggressività e diventassero più vulnerabili.
Abbiamo anche fatto un esperimento interessante: abbiamo preso delle cellule staminali neurali umane sane e abbiamo aumentato l’espressione di MYC (uno dei geni “amici” di KAT5 nel promuovere la crescita tumorale). Sorprendentemente, questo ha stimolato l’attività di KAT5 e la sintesi proteica in queste cellule normali, rendendole simili, per certi versi, alle cellule staminali del glioblastoma e ai gliomi di alto grado. Addirittura, queste cellule “MYC-potenziate” sono diventate sensibili a un farmaco chiamato omoharringtonina, un inibitore della sintesi proteica, proprio come le cellule tumorali.
Questi risultati suggeriscono che il comportamento dinamico di KAT5 gioca un ruolo fondamentale nell’entrata e nell’uscita dallo stato G0, nell’adozione di questi stati quasi-neuroevolutivi e, in ultima analisi, nella crescita aggressiva dei gliomi. È come se KAT5 tenesse le cellule tumorali costantemente “sveglie” e pronte a dividersi, e la sua inibizione permettesse loro di entrare in una sorta di letargo controllato, meno pericoloso.
Come abbiamo scoperto tutto questo? Un’indagine da detective molecolari!
Per arrivare a queste conclusioni, abbiamo usato un arsenale di tecniche sofisticate. Abbiamo lavorato con cellule staminali di glioblastoma (GSC) derivate direttamente da pazienti, il che è fondamentale perché queste cellule mantengono molte delle caratteristiche del tumore originale. Sapevamo che, in coltura, le GSC passano molto rapidamente dalla mitosi alla fase S successiva (cioè, la fase G0/G1 è breve, circa 12 ore), molto più velocemente delle cellule staminali neurali normali (circa 33 ore), che passano più tempo in uno stato G0 transitorio.
Il nostro obiettivo era identificare i geni che, se inibiti, potessero “intrappolare” le GSC in uno stato G0-like prolungato. Per farlo, abbiamo utilizzato un ingegnoso sistema reporter fluorescente: le cellule che entravano in G0 diventavano fluorescenti! Immaginatevi una sorta di “semaforo molecolare” che si accende quando la cellula si ferma. Abbiamo combinato questo sistema con la tecnologia CRISPR-Cas9 per “spegnere” sistematicamente migliaia di geni, uno per uno, in queste cellule e vedere quali, una volta inattivati, facevano accendere il nostro semaforo G0.
Lo screening ha funzionato alla grande! Tra i geni la cui inattivazione portava a un accumulo di cellule in G0, KAT5 è emerso come uno dei “top hit”. Altri geni importanti identificati erano coinvolti nell’assemblaggio dei ribosomi (le fabbriche di proteine della cellula) e nel complesso Tip60/NuA4, di cui KAT5 è la subunità catalitica. Questo ha senso: le cellule quiescenti tipicamente riducono la sintesi proteica e l’assemblaggio dei ribosomi.
Abbiamo poi confermato questi risultati con esperimenti più mirati. Ad esempio, spegnendo KAT5, abbiamo visto che le cellule accumulavano meno RNA totale (un altro segno di quiescenza) e riducevano la sintesi del DNA. E la cosa bella è che questo stato era reversibile: riattivando KAT5, le cellule riprendevano a proliferare come prima. Questo distingue la quiescenza dalla senescenza (invecchiamento cellulare irreversibile) o dal differenziamento terminale.
KAT5 e il panorama epigenetico del tumore
KAT5 è un’acetiltransferasi, il che significa che attacca piccoli gruppi chimici chiamati “acetili” a proteine, in particolare agli istoni (le proteine attorno alle quali si avvolge il DNA). Queste modifiche epigenetiche possono cambiare l’accessibilità del DNA e quindi l’espressione dei geni. Abbiamo visto che la perdita di attività di KAT5 portava a una diminuzione dell’acetilazione dell’istone H4, uno dei suoi bersagli principali, senza però alterare globalmente altri segni istonici.
Analizzando l’espressione genica a livello di singola cellula (scRNA-seq), abbiamo scoperto che, inattivando KAT5, le cellule di glioblastoma perdevano le caratteristiche tipiche delle cellule in ciclo e acquisivano un profilo genico definito “Neural G0”. Questo stato “Neural G0” è arricchito di geni espressi nelle cellule staminali neurali quiescenti adulte, nelle cellule gliali radiali fetali e nei progenitori degli oligodendrociti. Molti di questi geni, come CLU, F3, PTN/PTPRZ1, S100B, SPARC, sono noti per avere un ruolo nella neurogenesi o nella biologia dei gliomi, spesso legati a stati meno proliferativi ma potenzialmente più invasivi o resistenti.
Quando abbiamo analizzato tumori derivati da GSC impiantati in modelli animali, abbiamo visto che questi tumori presentavano una maggiore diversità di stati proliferativi e non proliferativi rispetto alle colture cellulari. Spegnendo KAT5 in questi tumori (usando un sistema inducibile con doxiciclina), abbiamo osservato un notevole aumento delle sottopopolazioni “Neural G0”, in particolare quelle simili ai progenitori degli oligodendrociti (OPC-like) e alle cellule gliali radiali (RG-like), con una concomitante riduzione dell’espressione di geni associati al ciclo cellulare e a stati mesenchimali più aggressivi.
KAT5, MYC e la dipendenza dalla sintesi proteica
Un aspetto affascinante è l’interazione di KAT5 con MYC. MYC è un oncogene potentissimo, spesso iperattivo nei tumori. Abbiamo scoperto che KAT5 si lega vicino ai siti di inizio della trascrizione di geni bersaglio di MYC e E2F, cruciali per la crescita e la sopravvivenza del tumore. Questi includono geni essenziali per l’ingresso nel ciclo cellulare, la fase S e la mitosi.
Inoltre, abbiamo osservato che l’attività di KAT5 è strettamente correlata ai tassi di sintesi proteica. Quando KAT5 è attiva, la sintesi proteica è elevata; quando la sua attività diminuisce, anche la produzione di proteine cala. Questo è particolarmente interessante perché i tumori di alto grado (HGG) mostrano livelli di attività di KAT5 e tassi di sintesi proteica più alti rispetto ai tumori di basso grado (LGG). E quando i LGG recidivano come HGG, questi parametri aumentano.
La cosa ancora più intrigante è che, come accennato prima, l’espressione di MYC nelle cellule staminali neurali normali è sufficiente per aumentare l’attività di KAT5 e la sintesi proteica, rendendole sensibili all’omoharringtonina (HHT), un inibitore della traduzione. Questo apre una potenziale finestra terapeutica: i tumori con alta attività di KAT5 e alta sintesi proteica potrebbero essere particolarmente vulnerabili a farmaci come l’HHT, che peraltro ha dimostrato di poter attraversare la barriera emato-encefalica.
È possibile che l’inibizione di KAT5, riducendo la sintesi proteica e “calmando” le reti di MYC ed E2F, spinga le cellule tumorali verso uno stato di quiescenza più gestibile e meno aggressivo. Questo potrebbe renderle anche più sensibili alle terapie standard, come abbiamo osservato nei nostri modelli animali dove l’attenuazione di KAT5 seguita da chemio e radioterapia ha fornito un significativo beneficio in termini di sopravvivenza.
Prospettive future: KAT5 come bersaglio o biomarcatore?
Quindi, cosa ci dice tutto questo? Che KAT5 è un attore molto più importante di quanto pensassimo nella biologia del glioblastoma. La sua capacità di regolare l’equilibrio tra autorinnovamento delle cellule staminali tumorali e quiescenza lo rende un bersaglio terapeutico allettante. Certo, sviluppare inibitori specifici di KAT5 che siano efficaci e sicuri non è banale, ma i nostri dati preclinici sono incoraggianti.
Un’altra possibilità è usare l’attività di KAT5 (magari misurando l’acetilazione dell’istone H4) come biomarcatore per identificare i pazienti che potrebbero beneficiare maggiormente di terapie mirate alla sintesi proteica, come l’HHT. Immaginate di poter “stratificare” i pazienti in base all’attività di KAT5 nel loro tumore e offrire trattamenti personalizzati!
C’è ancora molta strada da fare, ovviamente. Dobbiamo capire meglio i meccanismi precisi con cui KAT5 orchestra questi cambiamenti, come interagisce con altre vie di segnale e quali potrebbero essere gli effetti collaterali di una sua inibizione a lungo termine. Ma ogni nuova scoperta, come questa su KAT5, aggiunge un tassello importante al complesso puzzle del glioblastoma, avvicinandoci un po’ di più a terapie più efficaci e, speriamo, a una cura.
Per ora, quello che mi sento di dire è che abbiamo identificato un nuovo “interruttore” cruciale nel glioblastoma. Imparare a controllarlo potrebbe davvero cambiare le regole del gioco nella lotta contro questo tumore devastante. E questo, per un ricercatore, è la motivazione più grande per continuare a scavare!
Fonte: Springer Nature