Fotografia di ritratto, obiettivo 50mm, di un gruppo eterogeneo di giovani studenti rifugiati siriani in un'aula universitaria improvvisata o in un centro studi in Libano, alcuni guardano verso l'obiettivo con espressione mista di speranza e preoccupazione, altri sono chini sui libri o discutono tra loro, luce mista naturale e artificiale che crea un'atmosfera realistica, profondità di campo media per mostrare sia i volti che l'ambiente circostante, colori leggermente desaturati per sottolineare la difficoltà del contesto.

Università Negata: Il Sogno Infranto (e la Resilienza) dei Giovani Rifugiati Siriani in Libano

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di una realtà complessa e spesso trascurata: l’accesso all’istruzione superiore per i giovani rifugiati siriani in Libano. Sapete, dal 2019 il Libano sta attraversando crisi su crisi, una tempesta perfetta che colpisce tutti, ma immaginate cosa significhi viverla da rifugiato. E il Libano, nel 2023, ospitava il numero più alto al mondo di rifugiati siriani pro capite.

Mentre a livello globale si sono fatti passi avanti per l’istruzione primaria dei rifugiati, l’università resta un miraggio per moltissimi. I tassi di iscrizione sono bassissimi rispetto ai coetanei non rifugiati. E non è per mancanza di voglia, ve lo assicuro! Il problema è che l’istruzione superiore viene spesso messa in fondo alla lista delle priorità nelle risposte alle crisi, sia a livello nazionale che internazionale.

Il Libano è un caso emblematico di questa complessità, con un intreccio di attori pubblici e privati, locali, regionali e internazionali che gestiscono (o provano a gestire) l’educazione dei rifugiati. Quello che voglio esplorare con voi oggi, basandomi su interviste a chi lavora sul campo e, soprattutto, sulle voci dei diretti interessati – i giovani rifugiati siriani – è proprio questo groviglio. Cercheremo di capire come chi prende le decisioni affronta le sfide strutturali, finanziarie e politiche, e come i ragazzi e le ragazze siriane vivono e cercano di superare gli ostacoli per accedere all’università.

Un Diritto Messo da Parte: L’Università nelle Crisi

Partiamo da un dato che fa riflettere: in Libano, solo il 6% dei giovani rifugiati siriani riesce ad accedere all’università. Un crollo verticale rispetto al 25% dei siriani in età universitaria iscritti prima della guerra civile iniziata nel 2011. Le barriere sono enormi:

  • Difficoltà economiche e costi della vita alle stelle.
  • Mancanza di documenti d’identità, permessi di soggiorno e certificati di studio precedenti.
  • Rigidità delle istituzioni accademiche libanesi, spesso incapaci di assorbire un gran numero di rifugiati.
  • Limitazioni sui settori lavorativi in cui i rifugiati possono operare.

A livello globale, la situazione non è molto migliore: solo il 7% dei giovani rifugiati accede all’istruzione superiore, contro una media del 40% tra i non rifugiati. Eppure, da anni questi ragazzi chiedono a gran voce di poter continuare a studiare. Solo nel 2019, al Global Refugee Forum, l’UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) e i suoi partner hanno finalmente deciso di inserire l’istruzione superiore tra le priorità globali nelle risposte alle emergenze, con l’obiettivo ambizioso del “15by30”: portare al 15% l’accesso all’università per i giovani rifugiati entro il 2030. Bello, no? Ma la strada è tutta in salita.

Fotografia di ritratto, stile reportage, di un giovane studente siriano in Libano, seduto a una scrivania con libri in un ambiente modesto, espressione pensierosa ma determinata, luce naturale da una finestra laterale, profondità di campo ridotta che sfoca lo sfondo, obiettivo 35mm, bianco e nero.

Il Contesto Libanese: Crisi su Crisi

Sono passati quasi 14 anni dall’inizio della crisi siriana, e il Libano continua a sopportare un peso enorme. Dal 2019, poi, il paese è sprofondato in una serie di crisi senza precedenti: economiche, politiche, sociali. Il governo stima la presenza di 1,5 milioni di siriani fuggiti dal conflitto (oltre ai rifugiati palestinesi storicamente presenti). La risposta alla crisi dei rifugiati è sempre stata un puzzle complesso, con tanti attori diversi e, diciamocelo, una cronica incapacità del governo libanese di mettere in piedi una strategia nazionale organica. Questo ha ovviamente influenzato come la comunità internazionale ha cercato di implementare le politiche in un contesto così difficile e politicizzato.

Ecco perché è fondamentale capire come governo, organizzazioni internazionali e altri attori hanno affrontato la sfida dell’istruzione superiore per i rifugiati siriani. Solo così possiamo sperare di rispondere davvero alle loro aspirazioni.

Le Politiche Globali e la Realtà Locale

Negli ultimi anni, framework internazionali come il CRRF (Comprehensive Refugee Response Framework) e il GCR (Global Compact on Refugees) hanno spostato l’attenzione verso l’integrazione dei rifugiati nei sistemi nazionali, inclusa l’istruzione. L’UNHCR ha lanciato la sua strategia “Refugee Education 2030” e la roadmap “15by30”, delineando percorsi diversi: iscrizione alle università nazionali, formazione tecnica e professionale (TVET), programmi di istruzione superiore connessi (online/blended), borse di studio e percorsi complementari per l’ammissione in paesi terzi.

Tutto molto bello sulla carta. Ma in Libano, la realtà è diversa. Dopo quasi 14 anni, il 30% dei bambini rifugiati in età scolare non è mai andato a scuola, e solo l’11% dei giovani tra i 15 e i 24 anni è iscritto a qualche forma di istruzione. Capite bene che, con questi numeri, pensare all’università diventa quasi utopia per molti.

La crisi siriana si è aggiunta ai problemi preesistenti del Libano. Le proteste antigovernative del 2019, il collasso economico, la pandemia di COVID-19 (che ha lasciato il 45% dei bambini rifugiati siriani fuori dalla scuola) e la devastante esplosione del porto di Beirut nel 2020 (che ha danneggiato centinaia di scuole e strutture universitarie) hanno messo in ginocchio il settore educativo. Aggiungeteci un crescente clima di xenofobia, alimentato da leader politici che danno la colpa della crisi economica ai rifugiati, e un panorama politico diviso sulla guerra in Siria, e avrete il quadro completo delle difficoltà.

Importante ricordare: il Libano non ha firmato la Convenzione sui Rifugiati del 1951 né il Protocollo del 1967. Questo significa che, tecnicamente, i siriani non hanno diritto all’asilo o a uno status legale di rifugiato nel paese. Esiste un Memorandum d’Intesa con l’UNHCR, ma la gestione è complessa.

Fotografia grandangolare, 24mm, di un'aula universitaria libanese parzialmente danneggiata o sovraffollata, con studenti rifugiati e locali che cercano di seguire una lezione, luce mista, che simboleggia le difficoltà strutturali e la pressione sul sistema educativo.

La Risposta Educativa Libanese: Il Programma RACE e le Sue Lacune

Il Libano, pur non essendo firmatario della Convenzione, ha aderito al GCR e ha fatto alcuni passi avanti: decreti per permettere agli studenti siriani e palestinesi di sostenere gli esami ufficiali, partnership tra agenzie internazionali, Ministero dell’Istruzione (MEHE) e ONG locali, finanziamenti mirati (come per le scuole “a doppio turno”). Tuttavia, la retorica xenofoba, le politiche restrittive sul lavoro per i rifugiati e i finanziamenti limitati o insufficienti hanno creato enormi barriere.

E qui casca l’asino: l’istruzione terziaria e superiore non è stata toccata da nessuna delle risposte educative del Libano, come il programma RACE (Reaching All Children with Education), guidato dal MEHE. Questo programma, inserito nel Piano di Risposta alla Crisi Libanese (LCRP), si concentra sui bambini e ragazzi dai 3 ai 18 anni, puntando a garantire l’accesso a opportunità di apprendimento formale e non formale. L’obiettivo è l’accesso equo, il miglioramento della qualità dell’insegnamento e il rafforzamento dei sistemi educativi nazionali. Ma dell’università, nessuna traccia significativa.

All’inizio della crisi, nel 2012, il MEHE ha permesso l’iscrizione dei bambini siriani nelle scuole pubbliche, ma senza capire la reale portata del fenomeno. La risposta iniziale è stata guidata dalle agenzie umanitarie. Poi, tra il 2012 e il 2013, il governo ha preso in mano la situazione, implementando i turni pomeridiani nelle scuole pubbliche, finanziati dalle Nazioni Unite, e iniziative come “No Lost Generation”. Si è data priorità all’accesso, forse a scapito della qualità, senza affrontare problemi come il curriculum libanese o la lingua d’insegnamento, che continuano a causare abbandoni scolastici sia tra libanesi che siriani.

Inoltre, in un clima sempre più ostile, il MEHE ha iniziato a richiedere sempre più spesso un permesso di soggiorno valido per l’iscrizione, nonostante l’80% dei rifugiati siriani ne sia sprovvisto. Molti studenti, non potendo pagare il permesso, sono stati costretti a scegliere la formazione professionale invece del liceo.

Le Voci dal Campo: Cosa Dicono Stakeholder e Studenti

Per capire meglio, mi sono basato su interviste a sei persone chiave nella rete educativa e umanitaria in Libano e su un focus group con cinque giovani rifugiati siriani. Sono emersi quattro temi principali, strettamente collegati tra loro:

1. Ognuno per Sé? Molteplicità e Mancanza di Coordinamento

C’è una frammentazione incredibile. Anche tra agenzie ONU “sorelle” come UNHCR e UNICEF, all’inizio c’era competizione invece che collaborazione sul programma RACE. Manca una struttura chiara all’interno dello stesso Ministero dell’Istruzione per governare l’istruzione superiore. Come ha detto un rappresentante UNHCR: “Se non c’è stabilità e governance, non si possono prendere decisioni corrette“. Manca una strategia definita per l’accesso all’università, nonostante l’esperienza accumulata con altre crisi.

2. Parole al Vento e Muri di Sfiducia: Comunicazione Ambigua

La comunicazione tra i vari attori avviene tramite riunioni inter-agenzia e circolari ministeriali, spesso focalizzate solo sulla scuola primaria e secondaria e valide per un solo anno accademico. Ma le informazioni cruciali non arrivano a chi ne ha bisogno. Un project manager ha ammesso: “La maggior parte delle informazioni che abbiamo ci arrivano dai nostri studenti. Non ci sono stati comunicati sufficienti“. Questo approccio a breve termine alimenta la sfiducia. C’è diffidenza tra le organizzazioni internazionali e il governo libanese (per via di passate gestioni непрозрачные dei fondi e corruzione), ma anche scetticismo del governo verso l’UNHCR (visto come protettore dei rifugiati) e persino verso gli studenti stessi (per casi di falsificazione di documenti).

Fotografia di dettaglio, macro lens 60mm, di documenti ufficiali (permessi, certificati) accatastati o tenuti in mano con ansia, con timbri e scritte in arabo e inglese/francese, luce controllata per evidenziare la texture della carta e l'importanza burocratica, simboleggiando le difficoltà legali e amministrative.

3. Le Casse Piangono: Vincoli Finanziari

La gravissima crisi economica libanese ha un impatto devastante. Le istituzioni governative faticano a operare e l’educazione per i rifugiati dipende pesantemente dai fondi internazionali. Ma c’è “stanchezza dei donatori” e le risorse sono sempre più limitate. Questo ha complicato l’implementazione del programma RACE e ha reso impossibile rispondere alla crescente domanda per le scuole a doppio turno.

4. Un Gioco Politico sulla Pelle dei Giovani: La Politicizzazione della Crisi

La questione dei rifugiati siriani è altamente politicizzata, sia a livello nazionale che internazionale. C’è scetticismo sull’impegno reale della comunità internazionale e del governo libanese. L’istruzione superiore viene così trascurata, contribuendo a creare una “generazione perduta”. Come ha detto un rappresentante UE: “Questa è l’essenza della politica… Promettono sempre qualcosa e non mantengono mai le promesse“. La mancanza di una soluzione politica alla crisi e la posizione del governo focalizzata sul ritorno dei rifugiati in Siria rendono improbabile che l’accesso all’università diventi una priorità.

Le Storie dei Ragazzi: Vivere sulla Propria Pelle le Barriere

E gli studenti? Nel focus group, la loro frustrazione era palpabile. Lamentavano la mancanza di canali di comunicazione diretti ed efficaci con chi dovrebbe aiutarli (UNHCR, MEHE, Ministero degli Affari Sociali). Per avere informazioni, si affidano al passaparola tra rifugiati, a gruppi Facebook o a parenti che ce l’hanno fatta. Layal ha raccontato la sua odissea: “Abbiamo chiamato l’UNHCR, ci hanno detto che non potevano aiutarci perché non si occupano dei rifugiati sopra i 18 anni per l’università. Abbiamo chiamato l’UNESCO, nessuno ci ha aiutato. Ci hanno dato un numero da chiamare, nessuno rispondeva; e se rispondevano, ci davano un altro numero…“. Un ciclo frustrante che li fa sentire abbandonati.

Un altro ostacolo enorme è lo status legale, in particolare il permesso di soggiorno. La decisione spetta alla Sicurezza Generale libanese, che opera in modo indipendente. Anche se il MEHE a volte elimina questo requisito per gli esami ufficiali, lo comunica all’ultimo minuto, gettando gli studenti nell’ansia. Elham ha ricordato il terrore quando la scuola le disse che senza permesso valido avrebbe dovuto lasciare gli studi: “Parlavo ogni giorno con i miei genitori di questo, e mio padre mi disse che avrei dovuto smettere, perché per noi era troppo difficile ottenere un permesso valido“. L’incertezza le ha fatto dubitare che fosse possibile continuare. Maria ha sottolineato lo stress costante: “Cosa significa vivere in un paese senza un documento valido? Ti senti sempre insicuro. Vivi con lo stress tutto il tempo“.

Le esperienze variano anche a seconda di dove hanno completato la scuola. Chi, come Maria, aveva finito in Siria, si è scontrata con procedure burocratiche assurde per ottenere l’equivalenza del diploma siriano. Altri, come Fatima, che hanno frequentato le superiori nel sistema libanese, erano più consapevoli ma hanno comunque dovuto lottare con il permesso di soggiorno, decidendo a volte di ripetere anni scolastici pur di ottenere il baccalaureato libanese e semplificare (ma non eliminare) i problemi burocratici.

Ripensare l’Istruzione Superiore nelle Crisi: Un Appello Urgente

Quello che emerge chiaramente è che la cattiva gestione della risposta educativa, a tutti i livelli, ha conseguenze devastanti sui ragazzi: carico emotivo, senso di impotenza, stanchezza, insicurezza. La mancanza di coordinamento, la comunicazione inefficace, la sfiducia e l’assenza dell’istruzione superiore dai piani principali (come LCRP e RACE) creano un circolo vizioso. Anche il più recente Piano Quinquennale per l’Istruzione Superiore del Libano (2021), pur menzionando i rifugiati, li classifica come “studenti internazionali”, ignorando le loro sfide specifiche e il contesto ostile.

Il contesto politico è determinante. Finché la questione dei rifugiati sarà vista principalmente come un problema politico da risolvere con il ritorno in patria, le loro esigenze educative, specialmente quelle universitarie, rimarranno in secondo piano.

Ma le storie di Maria, Fatima, Layal, Elham e Ali ci mostrano anche un’incredibile resilienza. Non sono vittime passive, ma agenti attivi che cercano di navigare un sistema ostile. Le loro storie non devono essere viste come eccezioni, ma come prova delle barriere sistemiche che dobbiamo abbattere.

C’è un bisogno disperato di ripensare l’istruzione superiore nelle emergenze con un approccio olistico e a lungo termine, non come una semplice risposta tampone. Bisogna integrare l’università nei piani di emergenza fin dall’inizio, tenendo conto del contesto sociopolitico, legale e culturale. È fondamentale capire le traiettorie educative complete dei rifugiati, dalle elementari all’università, per creare percorsi che rispondano alle loro aspirazioni.

Le politiche educative che ignorano il contesto rischiano solo di rafforzare le disuguaglianze. Dobbiamo ascoltare le esperienze vissute dai giovani rifugiati, riconoscere la loro capacità di agire (agency) e costruire politiche che li supportino davvero nel loro percorso di apprendimento, ovunque si trovino. Solo così potremo sperare in un futuro più giusto e trasformativo per loro.

Fonte: Springer

Articoli correlati

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *