Invecchiare con l’HIV: Le Terapie Antiretrovirali Aumentano la Fragilità?
Ciao a tutti! Parliamo di HIV e invecchiamento
Ciao! Oggi voglio chiacchierare con voi di un argomento davvero importante e che tocca la vita di molte persone: l’invecchiamento con l’HIV. Grazie ai passi da gigante fatti con le terapie antiretrovirali (ART), l’HIV non è più la condanna che era un tempo. Anzi, l’aspettativa di vita è aumentata tantissimo! Ma, come spesso accade, risolto un problema se ne presenta un altro, o meglio, una nuova sfida: l’invecchiamento. E con l’invecchiamento, per le persone che vivono con l’HIV (PLWH), emerge un concetto chiave: la fragilità.
Ma cosa significa esattamente “fragilità”? E soprattutto, le terapie che ci tengono in vita, le ART, hanno un ruolo nel renderci più fragili? È una domanda complessa, e uno studio recente ha provato a fare un po’ di luce. Immergiamoci insieme in questa tematica affascinante e cruciale.
Fragilità e Sindromi Geriatriche: Di Cosa Stiamo Parlando?
Prima di tutto, capiamoci: cosa intendiamo per fragilità? Non è semplicemente “sentirsi stanchi”. È una vera e propria sindrome biologica. Immaginatela come una riduzione della nostra “riserva” fisiologica, che ci rende più vulnerabili agli stress, piccoli o grandi che siano. Secondo le linee guida più usate (quelle del Fried Frailty Phenotype), si valuta su cinque aspetti:
- Perdita di peso involontaria
- Sensazione di debolezza (misurata anche con la forza della presa)
- Stanchezza cronica, sentirsi esausti
- Velocità ridotta nel camminare
- Bassi livelli di attività fisica
Se si soddisfano uno o due di questi criteri, si parla di pre-fragilità. Con tre o più, si è considerati fragili. Perché è importante? Perché la fragilità aumenta il rischio di cadute, disabilità, ricoveri ospedalieri e, in generale, peggiora la qualità della vita.
Accanto alla fragilità, ci sono le cosiddette sindromi geriatriche: un gruppo di problemi di salute comuni negli anziani (ma che nelle PLWH possono comparire prima), come cadute, problemi cognitivi, depressione, polifarmacia (prendere tanti farmaci insieme) e rischio di malnutrizione. Anche queste condizioni impattano pesantemente sulla salute generale.
Lo Studio Sotto la Lente: Cosa Hanno Scoperto?
Un gruppo di ricercatori ha condotto uno studio osservazionale prospettico in un singolo centro ospedaliero, seguendo 729 persone con HIV (età mediana 52 anni, quindi non necessariamente “anziani” in senso tradizionale) tra il 2010 e il 2021. L’obiettivo era proprio capire se e come le terapie ART influenzassero la diagnosi di fragilità.
I risultati sono stati piuttosto eloquenti:
- Il 15.6% dei partecipanti è risultato fragile.
- Un ulteriore 48.4% era pre-fragile. Stiamo parlando di quasi due terzi del campione che mostra segni di vulnerabilità!
- Il 17.1% presentava almeno una sindrome geriatrica, con la polifarmacia che la faceva da padrona (presente nel 61.3% di chi aveva sindromi geriatriche).
- Più della metà (51.7%) aveva altre malattie croniche (comorbidità), soprattutto cardiovascolari.
Terapie, Durata e Complessità: Il Nocciolo della Questione
E veniamo al dunque: le terapie ART c’entrano qualcosa? Qui la faccenda si fa interessante. L’analisi multivariata (quella che cerca di isolare l’effetto di un singolo fattore tenendo conto degli altri) ha rivelato che:
- Regimi ART basati sugli NNRTI (Inibitori non nucleosidici della trascrittasi inversa) sono risultati associati a un maggior rischio di fragilità.
- Un fattore ancora più significativo sembra essere la durata dell’esposizione alla terapia ART: chi era in trattamento attivo da più di 10 anni aveva un rischio maggiore di sviluppare fragilità. Questo suggerisce che l’esposizione prolungata ai farmaci, insieme ai cambiamenti fisiologici legati all’invecchiamento e all’infezione stessa, possa contribuire.
- La polifarmacia (prendere 6 o più farmaci, inclusi gli ART) è emersa come un fattore chiave. Non a caso, chi era fragile o aveva sindromi geriatriche assumeva più farmaci concomitanti.
- È stato valutato anche l’Indice di Complessità del Regime Terapeutico (MRCI). Questo indice non guarda solo quanti farmaci si prendono, ma anche quanto è complicato assumerli (frequenza, dosaggio, istruzioni speciali). Ebbene, un MRCI elevato (≥ 11.25) era significativamente associato a una maggiore prevalenza di fragilità e sindromi geriatriche. Questo ci dice che non è solo una questione di numero di pillole!
- Un dato un po’ controintuitivo riguarda le terapie duali (due farmaci ART invece dei classici tre). Sebbene possano ridurre il carico farmacologico, nello studio sono state associate a un maggior rischio di sviluppare sindromi geriatriche. Gli autori ipotizzano che, in pazienti più anziani o complessi (magari con immunosenescenza), la terapia duale potrebbe non essere sufficiente a contrastare le complicanze legate all’invecchiamento con HIV. Una scelta da ponderare attentamente, quindi.

Cosa Significa Tutto Questo per Noi?
Questi risultati sono un campanello d’allarme e, allo stesso tempo, una guida preziosa. Ci dicono che la gestione dell’HIV nell’era dell’invecchiamento deve andare oltre il semplice controllo della carica virale. È fondamentale:
- Valutare la fragilità regolarmente, anche in persone non considerate “anziane”.
- Prestare massima attenzione alla polifarmacia e alla complessità terapeutica. È necessario rivedere periodicamente tutti i farmaci assunti, eliminando quelli non strettamente necessari e semplificando il regime quando possibile.
- Personalizzare la terapia ART: la scelta del regime non deve basarsi solo sull’efficacia virologica, ma considerare anche l’età, le comorbidità, gli altri farmaci assunti e il potenziale impatto a lungo termine sulla fragilità e sulla qualità di vita.
- Adottare un approccio multidisciplinare, coinvolgendo diversi specialisti per gestire al meglio le comorbidità e le sindromi geriatriche.
Uno Sguardo al Futuro
Certo, questo è uno studio osservazionale, quindi non può stabilire rapporti di causa-effetto definitivi. Serviranno ulteriori ricerche, magari studi prospettici o trial randomizzati, per confermare queste associazioni e capire se modifiche specifiche delle ART possano ridurre il rischio di fragilità. Inoltre, lo studio è stato condotto in un unico centro, quindi i risultati potrebbero non essere generalizzabili a tutte le popolazioni.
Tuttavia, i punti di forza ci sono: un campione ampio, un lungo periodo di osservazione, l’uso di strumenti validati per misurare fragilità e complessità terapeutica.
La conclusione che possiamo trarre è chiara: l’invecchiamento con l’HIV è una realtà complessa. Fattori legati alla terapia ART, in particolare la durata dell’esposizione e la complessità generale del regime farmacologico (spesso legata alla polifarmacia per gestire altre patologie), sembrano giocare un ruolo nello sviluppo della fragilità.
Questo non significa demonizzare le terapie, che restano salvavita, ma sottolinea l’urgenza di integrare la valutazione della fragilità e della complessità terapeutica nella pratica clinica quotidiana. L’obiettivo? Ottimizzare i trattamenti, prevenire le complicanze e garantire un invecchiamento il più sano e attivo possibile per tutte le persone che vivono con l’HIV. È una sfida che dobbiamo affrontare insieme: pazienti, medici e ricercatori.
Fonte: Springer
