Fotografia di ritratto, una sorridente ostetrica etiope tiene delicatamente tra le braccia un neonato avvolto in tessuti colorati tradizionali. La luce calda e naturale inonda la stanza semplice ma pulita, mettendo in risalto l'espressione di cura e dignità. Obiettivo 35mm, profondità di campo ridotta per sfocare leggermente lo sfondo, stile fotorealistico.

Partorire con Dignità: L’Intervento Rivoluzionario che Combatte la Violenza Ostetrica in Etiopia

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento tanto delicato quanto fondamentale: la violenza ostetrica. Magari ne avete sentito parlare, forse no, ma credetemi, è una realtà che tocca la vita di moltissime donne nel momento più vulnerabile e potente della loro esistenza: il parto. Mi sono imbattuto in uno studio affascinante condotto nel sud-ovest dell’Etiopia che getta una luce di speranza su come possiamo combattere questo fenomeno, e non vedo l’ora di condividerlo con voi.

Cos’è la Violenza Ostetrica e Perché Dobbiamo Parlarne?

Partiamo dalle basi. La violenza ostetrica non è “solo” maltrattamento fisico. L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) la definisce come una grave violazione dei diritti umani delle donne e una forma di violenza di genere. Parliamo di abusi, mancanza di rispetto, cure negligenti, procedure mediche non acconsentite, umiliazioni verbali… insomma, tutto ciò che fa sentire una donna disumanizzata, impotente e traumatizzata durante il parto in ospedale o in clinica.

Immaginate l’impatto: non solo mina la dignità, ma mette a rischio la salute fisica e mentale della donna, portando a volte persino a disturbi post-traumatici da stress (PTSD). E la cosa più subdola? Spesso questa violenza è talmente radicata e “normalizzata” – sia da parte del personale sanitario che, a volte, dalle donne stesse – che diventa quasi invisibile, difficile da riconoscere e combattere.

I dati sono allarmanti. Sebbene meno studiata nei paesi ad alto reddito (con tassi che comunque variano dal 15% negli USA al 78.4% in Italia!), nei paesi in via di sviluppo come l’Etiopia e la Nigeria si parla di percentuali spaventose, che sfiorano il 99%! È un problema globale che viola i diritti universali delle donne che partoriscono e ha ripercussioni pesanti sulla loro fiducia nel sistema sanitario e sulla salute materno-infantile.

La Scintilla del Cambiamento: Lo Studio Etiope

Ed è qui che entra in gioco lo studio che mi ha tanto colpito: “Effect of person-centered intervention on women’s knowledge and attitude towards obstetric violence during facility childbirth in southwest Ethiopia: a quasi-experimental study”. Il titolo è tecnico, ma il succo è potentissimo. I ricercatori si sono chiesti: cosa succede se interveniamo in modo mirato, mettendo la donna al centro, per aumentare la sua conoscenza sui propri diritti e migliorare il suo atteggiamento (e quello degli operatori) verso la violenza ostetrica?

Hanno realizzato uno studio quasi-sperimentale coinvolgendo 396 donne dopo il parto in due ospedali pubblici etiopi. Metà delle donne (il gruppo di intervento) ha ricevuto un pacchetto speciale “centrato sulla persona”, mentre l’altra metà (il gruppo di controllo) ha ricevuto le cure standard.

Cosa includeva questo intervento speciale?

  • Un workshop sull’assistenza materna rispettosa (RMC) per gli operatori sanitari, per formarli su comunicazione dignitosa, consenso informato e cura rispettosa.
  • I “Maternity Open Days” (MOD): eventi in cui le donne incinte venivano invitate a partecipare a sessioni educative sulla violenza ostetrica, sui loro diritti universali durante il parto, sulle responsabilità e persino a visitare i reparti maternità. Veniva anche mostrato loro il materiale per un parto sicuro.
  • Il Certificato di Riconoscimento Materno (MCOR): un premio simbolico (“Mamma Eroina”) dato ad alcune donne durante i MOD per valorizzare la loro esperienza e rafforzare la fiducia.

Fotografia di ritratto, una donna etiope incinta partecipa con attenzione a una sessione educativa durante un Maternity Open Day. Luce naturale soffusa, ambiente comunitario semplice, obiettivo 35mm, profondità di campo per isolare la donna ma mostrare il contesto del gruppo, toni caldi.

L’idea di fondo era semplice ma rivoluzionaria per quel contesto: informare ed emancipare le donne, e allo stesso tempo formare e sensibilizzare chi le assiste.

I Risultati? Sorprendenti (e Speranzosi!)

Ebbene, i risultati sono stati incredibili. Prima dell’intervento, non c’erano differenze significative tra i due gruppi in termini di conoscenza dei propri diritti o atteggiamento verso la violenza ostetrica. Ma dopo… apriti cielo!

La conoscenza è potere:
Le donne nel gruppo di intervento hanno mostrato un miglioramento enorme nella conoscenza dei loro diritti. Il loro punteggio medio è passato da 14.82 a 19.17 (su un massimo possibile, immagino, legato al numero di domande)! In media, hanno guadagnato 4.35 punti di conoscenza, mentre nel gruppo di controllo l’aumento è stato quasi nullo (0.07 punti). Il modello statistico ha confermato: partecipare all’intervento ha aumentato il punteggio di conoscenza di oltre 4 punti rispetto al non parteciparvi. Hanno imparato di più sul diritto all’informazione, al consenso informato (e al rifiuto!), al rispetto delle scelte (come avere un accompagnatore), alla dignità, all’equità, a non subire danni o discriminazioni.

Cambiare la mentalità:
Ancora più impressionante è stato il cambiamento nell’atteggiamento. Ricordate la “normalizzazione” di cui parlavamo? L’intervento l’ha scardinata. Le donne nel gruppo di intervento hanno mostrato un atteggiamento significativamente meno favorevole verso la violenza ostetrica dopo l’intervento. Il loro punteggio medio (dove un punteggio più alto indicava un atteggiamento più negativo/accettante della violenza) è crollato da 33.55 a 21.80! Nel gruppo di controllo, invece, è rimasto alto (32.65). L’analisi statistica ha rivelato che far parte del gruppo di intervento ha ridotto l’atteggiamento sfavorevole di quasi undici volte (β = -10.81)! Questo significa che le donne hanno iniziato a riconoscere come inaccettabili pratiche che prima magari subivano passivamente o consideravano “normali”.

Fotografia macro, obiettivo 100mm, messa a fuoco precisa sulle mani intrecciate di una donna etiope e di un'operatrice sanitaria in camice bianco, simbolo di fiducia e supporto ricostruito. Illuminazione controllata e morbida, alto dettaglio della texture della pelle.

Cosa Ci Insegna Questo Studio?

Per me, questo studio è una boccata d’aria fresca. Dimostra nero su bianco che un approccio centrato sulla persona, che combina educazione per le donne e formazione per gli operatori, funziona! Funziona nell’aumentare la consapevolezza dei diritti e nel cambiare radicalmente l’atteggiamento verso la violenza ostetrica.

Quando le donne conoscono i loro diritti, sono più propense a richiederli, a non accettare passivamente trattamenti irrispettosi. Quando gli operatori sono formati su un’assistenza compassionevole e rispettosa (come promosso dai principi CRC – Compassionate, Respectful, and Caring – del Ministero della Salute Etiope), sono più propensi a fornirla.

Questo tipo di intervento non solo combatte direttamente la violenza ostetrica, ma promuove un ambiente di cura dignitoso, aumenta la fiducia nel sistema sanitario e, potenzialmente, incoraggia più donne a partorire in strutture sanitarie sicure.

Certo, lo studio ha i suoi limiti (come l’uso di popolazioni diverse per le misurazioni pre e post, o la mancanza di “cecità” degli intervistatori), ma rappresenta un passo avanti importantissimo, specialmente in un contesto come quello africano dove interventi simili sono rari.

La conclusione dei ricercatori è un appello che condivido pienamente: integrare interventi come questo nei programmi di salute materna esistenti. Non solo in Etiopia, direi io, ma ovunque ci sia bisogno di restituire dignità e rispetto al momento della nascita. Perché ogni donna ha il diritto di partorire sentendosi sicura, rispettata e potente.

Fonte: Springer

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