Ritratto toccante di una mano adulta che tiene delicatamente la manina di un bambino piccolo, simbolo di supporto e cura nell'affido. Obiettivo macro 85mm, messa a fuoco precisa sulle mani, sfondo leggermente sfocato (bokeh), illuminazione morbida e calda, alto dettaglio.

Bambini in Affido: Perché l’Intervento NIM sulla Salute Mentale Ha Incontrato Ostacoli?

Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta molto a cuore e che tocca le vite dei più piccoli e vulnerabili tra noi: la salute mentale dei bambini in età prescolare che finiscono in affido a causa di maltrattamenti.

Sappiamo tutti che i primi anni di vita sono fondamentali. Un bambino ha bisogno di cure amorevoli e stabili per crescere sereno. Purtroppo, non tutte le famiglie riescono a garantirlo, specialmente quando lottano contro povertà estrema, dipendenze o problemi di salute mentale. A volte, la situazione diventa così grave che i servizi sociali devono intervenire e il bambino viene allontanato dalla famiglia d’origine e affidato a una famiglia affidataria.

Questi bambini, che hanno già vissuto esperienze difficili, sono ad altissimo rischio di sviluppare problemi di salute mentale e neurodivergenze, spesso con conseguenze a lungo termine. Intervenire presto è cruciale, ma gli studi finora hanno mostrato successi limitati, concentrandosi quasi sempre solo sulla famiglia affidataria e trascurando quella d’origine.

Un Approccio Multimodale: Il New Orleans Intervention Model (NIM)

Ecco che entra in gioco un approccio che ho trovato affascinante: il New Orleans Intervention Model (NIM). Come suggerisce il nome, è nato a New Orleans e punta a migliorare la salute mentale dei bambini in affido (da 0 a 5 anni) lavorando contemporaneamente con il bambino, la famiglia affidataria e, cosa importantissima, la famiglia d’origine.

Immaginate un team multidisciplinare – psicologi, psichiatra, terapeuti, assistenti sociali – che valuta la salute mentale del bambino e la qualità delle sue relazioni appena entra in affido. Il NIM è un intervento complesso, con diverse fasi:

  • Fase di Valutazione (~3 mesi): Si usano interviste strutturate, questionari e osservazioni per capire a fondo la situazione, coinvolgendo tutti i caregiver (attuali e potenziali).
  • Fase Terapeutica (6-9 mesi): Se necessario, si offre una terapia mirata a migliorare le relazioni bambino-famiglia affidataria e la salute mentale del piccolo. Parallelamente, si propone un percorso terapeutico “su misura” alla famiglia d’origine (mentre il bambino resta in affido), focalizzato sulle relazioni e indirizzandola anche ad altri servizi per problemi specifici (dipendenze, salute mentale, violenza domestica).
  • Fase di Raccomandazione: Basandosi sui progressi della famiglia d’origine, il team NIM fa una raccomandazione al sistema legale: il bambino può tornare a casa in sicurezza o è meglio procedere con un’alternativa permanente (adozione, affido permanente, collocamento presso parenti)?

L’idea di fondo è che supportando tutte le relazioni significative del bambino e prendendo decisioni tempestive sul suo futuro si possa favorire un miglioramento duraturo della sua salute mentale. Valutazioni preliminari del NIM a New Orleans sembravano promettenti.

Fotografia di ritratto intimo, un bambino piccolo (3 anni) guarda con fiducia un adulto (caregiver affidatario) in un ambiente domestico caldo e luminoso. Obiettivo prime 35mm, profondità di campo ridotta per sfocare lo sfondo, luce naturale morbida dalla finestra, toni caldi.

La Prova del Nove nel Regno Unito: Lo Studio BeST?

Affascinati da questo modello, abbiamo deciso di testarlo qui nel Regno Unito, adattandolo al contesto scozzese e inglese. Abbiamo lanciato il Best Services Trial (BeST?), uno studio clinico randomizzato controllato di fase 3, molto ampio e rigoroso. Abbiamo coinvolto 382 famiglie con 488 bambini tra 0 e 5 anni appena entrati in affido.

Le famiglie sono state assegnate casualmente (randomizzate) a due gruppi:

  1. Ricevere l’intervento NIM.
  2. Ricevere i Servizi Sociali Standard (SAU – Services As Usual) previsti nel Regno Unito.

L’obiettivo principale era misurare la salute mentale dei bambini (usando il questionario SDQ-TD) 2 anni e mezzo dopo l’inizio dello studio. Abbiamo seguito ben il 79.4% delle famiglie, un ottimo risultato per studi di questo tipo!

I Risultati: Una Doccia Fredda (Ma Istruttiva)

E qui arriva la sorpresa, un po’ amara devo dire. Nonostante le grandi aspettative e la qualità con cui i singoli componenti del NIM sono stati erogati, l’analisi finale non ha mostrato alcuna differenza statisticamente significativa nella salute mentale dei bambini tra il gruppo NIM e il gruppo SAU. Né per l’outcome primario (punteggio SDQ-TD), né per quelli secondari (qualità della vita, qualità della relazione bambino-caregiver, tempo per raggiungere una collocazione permanente).

Com’è possibile? Se il modello sulla carta è valido e le singole parti sono state applicate bene, perché non ha funzionato meglio dei servizi standard?

Il Contesto è Tutto: Le Barriere del Sistema Britannico

La risposta, emersa chiaramente anche da un’analisi qualitativa parallela con centinaia di interviste, sta nel contesto. Il sistema legale e sociale del Regno Unito ha posto degli ostacoli enormi all’implementazione del NIM come era stato concepito a New Orleans. Ecco i punti critici:

  • Tempi Legali Stretti: Soprattutto in Inghilterra, le tempistiche imposte dai tribunali (massimo 40 settimane anche con estensione per il NIM, ma spesso meno) erano troppo brevi per permettere a tutte le famiglie che ne avrebbero avuto bisogno di completare la fase terapeutica del NIM.
  • Mancanza di Supervisione Giudiziaria Forte (in Scozia): A New Orleans, un giudice supervisiona autorevolmente l’intero processo. Questo mancava in Scozia, rendendo il percorso meno vincolante.
  • Impossibilità della “Dual Registration”: Non è stato possibile far sì che le famiglie affidatarie fossero registrate contemporaneamente come potenziali adottive. Questo significa che se il ritorno a casa non era possibile, il bambino rischiava un’ulteriore rottura del legame passando a una famiglia adottiva diversa.
  • Integrazione Incompleta: Mentre in Inghilterra il NIM era più integrato nel sistema, in Scozia lo era meno.

A causa di queste barriere sistemiche, meno del 70% delle famiglie assegnate al NIM ha potuto effettivamente ricevere l’intervento completo come previsto. È come avere una ricetta fantastica ma non avere tutti gli ingredienti giusti o il tempo per cucinarla a dovere.

Scatto grandangolare di un'aula di tribunale per famiglie, vuota ma con un senso di peso e decisione imminente. Obiettivo grandangolare 15mm, messa a fuoco nitida su tutto il campo, illuminazione drammatica con ombre lunghe, atmosfera solenne.

Dati Preoccupanti e Scoperte Inattese

Lo studio ha comunque confermato dati allarmanti: il 40% dei bambini nel nostro campione presentava almeno un disturbo psichiatrico o del neurosviluppo al momento dell’ingresso in affido. Parliamo di ansia, PTSD, depressione, ADHD, autismo, disturbi oppositivo-provocatori, attaccamento reattivo… una prevalenza circa cinque volte maggiore rispetto alla popolazione generale infantile! Questo sottolinea l’enorme vulnerabilità di questi bambini.

Un dato inaspettato e che ci ha fatto riflettere riguarda le bambine. Quelle nel gruppo NIM hanno mostrato punteggi di difficoltà (SDQ-TD) peggiori rispetto alle bambine nel gruppo SAU a 2.5 anni. Ci sono due ipotesi principali, quasi opposte:

  1. Forse i tempi più lunghi del NIM hanno avuto un impatto negativo su di loro, mentre le decisioni più rapide del SAU sono state benefiche.
  2. Oppure, al contrario, il percorso NIM ha permesso alle bambine di sentirsi più sicure nell’esprimere il loro disagio e i loro bisogni (pianti, capricci), comportamenti che vengono rilevati come “difficoltà” dal questionario, ma che potrebbero essere un segno di recupero dell’attaccamento. Un vero rompicapo da approfondire!

Abbiamo anche notato che i bambini più grandi e quelli entrati in affido con fratelli impiegavano più tempo a raggiungere una sistemazione stabile (ritorno a casa o adozione/affido permanente). E, dato interessante, i bambini in Inghilterra raggiungevano la stabilità molto più velocemente (tasso 4 volte maggiore) che in Scozia, probabilmente grazie alle tempistiche legali più stringenti.

Cosa Impariamo da Tutto Questo?

Questo studio, pur non dimostrando l’efficacia superiore del NIM nel contesto UK attuale, ci insegna moltissimo. Non significa che il NIM sia un fallimento in sé, ma che la sua efficacia dipende criticamente dal sistema in cui viene implementato. Per dare una chance a interventi così complessi e potenzialmente benefici, sono necessari cambiamenti sistemici radicali:

  • Tempi legali che permettano lo svolgimento delle terapie necessarie.
  • Supervisione giudiziaria autorevole e processi integrati tra servizi sociali e giustizia.
  • Riduzione dei ritardi burocratici.
  • Possibilità di “dual registration” per gli affidatari, per evitare ulteriori traumi ai bambini.

La ricerca futura dovrà valutare il NIM in contesti più simili a quello di New Orleans e seguire questi bambini nel tempo per capire gli effetti a lungo termine e chiarire il “mistero” delle bambine. C’è un enorme bisogno di studi rigorosi per trovare interventi efficaci per i bambini in affido, forse anche testando cambiamenti radicali del sistema come fatto in altri studi famosi (es. il Bucharest Early Intervention Project).

La sfida è enorme, ma non possiamo arrenderci. Questi bambini e le loro famiglie meritano il meglio che possiamo offrire, e per farlo dobbiamo essere disposti a mettere in discussione e migliorare i sistemi che dovrebbero proteggerli.

Fonte: Nature Medicine

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