Assicurazioni e Incertezza: Sveliamo il Futuro con gli Intervalli Modali!
Ciao a tutti! Avete mai pensato a quanto sia difficile prevedere il futuro, specialmente quando si parla di soldi, rischi e… assicurazioni? Nel mondo attuariale, quello delle assicurazioni non-vita (pensate all’auto, alla casa), fare i conti con l’incertezza è il pane quotidiano. Dobbiamo stimare quanti sinistri ci saranno, quanto costeranno… ma i dati non sono mai perfetti, le informazioni a volte scarseggiano o sono imprecise. Come facciamo a gestire questa “nebbia” informativa?
Per anni, abbiamo usato diversi strumenti matematici: insiemi sfocati (fuzzy sets), numeri grigi, e soprattutto gli intervalli classici. Un intervallo classico è semplice: invece di dire “il costo sarà 100”, diciamo “il costo sarà tra 90 e 110”, rappresentato come [90, 110]. Utile, vero? Ma… c’è un ma. Questi intervalli classici, introdotti da Moore a metà del secolo scorso, hanno delle limitazioni. A volte i calcoli diventano complicati, o peggio, certe equazioni non si possono risolvere nel loro mondo. E l’interpretazione? Non sempre chiarissima.
La Svolta: Arrivano gli Intervalli Modali!
Ed è qui che la storia si fa interessante! All’inizio degli anni 2000, Gardeñes e altri hanno introdotto una vera e propria rivoluzione: gli intervalli modali. Cosa sono? Immaginate un intervallo classico, ma con una marcia in più: un “quantificatore”. Può essere “per ogni” (∀) o “esiste” (∃).
Un intervallo modale è una coppia: (intervallo classico, quantificatore).
- Se il quantificatore è ∃, l’intervallo è detto proprio e lo scriviamo normalmente, ad esempio [5, 7]. Significa: “esiste almeno un valore tra 5 e 7 che soddisfa una certa condizione”.
- Se il quantificatore è ∀, l’intervallo è detto improprio e, per convenzione, invertiamo gli estremi: [4, 2]. Attenzione! Non è un errore di battitura. Rappresenta l’intervallo [2, 4] con il quantificatore ∀, e significa: “per ogni valore tra 2 e 4 vale una certa condizione”.
Questa distinzione può sembrare sottile, ma apre un mondo di possibilità! Primo, possiamo fare calcoli che prima erano impossibili. Ricordate le equazioni senza soluzione? Con gli intervalli modali, spesso una soluzione si trova, magari proprio sotto forma di intervallo improprio! Secondo, e forse ancora più affascinante, abbiamo i teoremi semantici. Questi teoremi ci danno un’interpretazione precisa di cosa significa il risultato di un calcolo con intervalli modali. Non è più solo un range numerico, ma una frase logica ben definita che coinvolge quei quantificatori ∀ e ∃. È come se la matematica iniziasse a *parlarci* più chiaramente del significato dell’incertezza che stiamo modellando.
Dagli Intervalli alla Probabilità Modale
Ora, tenetevi forte: e se applicassimo questa idea degli intervalli modali direttamente alla probabilità? Invece di avere una probabilità esatta (es. P(A) = 0.7), potremmo avere una probabilità intervallare modale (es. P(A) = [0.6, 0.8], magari proprio o improprio). Questo concetto, che estende lavori precedenti sulla probabilità intervallare classica (come quelli di Weichselberger), ci permette di rappresentare l’incertezza sulle probabilità stesse in modo molto più ricco.
Abbiamo definito una “Misura di Probabilità a Valori Intervallari Modali” (MIVPM) che rispetta le regole fondamentali della probabilità (gli assiomi di Kolmogorov, per i più tecnici), ma usando i nostri nuovi intervalli.
Le regole base sono simili a quelle classiche:
- La probabilità dell’evento certo (Ω) è [1, 1].
- Le probabilità sono sempre “positive” (maggiori o uguali a [0, 0]).
- Se abbiamo eventi disgiunti (che non possono accadere insieme), la probabilità della loro unione è la somma delle loro probabilità intervallari modali.
Una cosa super interessante emerge subito: prendiamo un evento A con probabilità P(A). La probabilità del suo complemento (non A), P(Ac), si calcola come [1, 1] – dual(P(A)). L’operatore “dual” scambia semplicemente il quantificatore (da ∃ a ∀ e viceversa). Questo significa che, tranne casi banali, se P(A) è un intervallo proprio, P(Ac) sarà improprio, e viceversa! Questo ci fa capire perché gli intervalli classici non bastavano: non potevano gestire questa dualità intrinseca.
Applicazione Concreta: L’Assicurazione Non-Vita
Basta teoria, veniamo al sodo! Come usiamo tutto questo nel mondo reale delle assicurazioni non-vita? Uno dei modelli più usati è il modello del rischio collettivo. In pratica, guardiamo al portafoglio assicurativo nel suo complesso per un certo periodo (es. un anno) e ci interessano due cose principali:
- N: Il numero di sinistri (la frequenza).
- Xi: L’importo di ciascun sinistro (la severità).
Il costo totale per l’assicuratore, che chiamiamo S, è la somma di tutti questi importi: S = X1 + X2 + … + XN.
Tradizionalmente, si fanno ipotesi precise: N segue una certa distribuzione (spesso Poisson), le Xi seguono un’altra distribuzione, e sono tutte indipendenti tra loro. Ma cosa succede se non siamo sicuri dei parametri di queste distribuzioni? Se, ad esempio, il tasso medio di sinistri (il famoso λ della Poisson) non è un numero fisso, ma lo conosciamo solo con una certa incertezza? O se le probabilità associate ai diversi possibili importi di un sinistro non sono esatte?
Ecco l’idea chiave del nostro lavoro: modelliamo l’incertezza usando gli intervalli modali!
- Il parametro della frequenza (es. λ) diventa un intervallo modale λ = [λ1, λ2].
- Le probabilità associate ai costi dei sinistri (px = P[X=x]) diventano intervalli modali px = [px, px].
Di conseguenza, anche le probabilità calcolate per il numero di sinistri (qk = P[N=k]) diventano intervalli modali.
Il Risultato: Una Visione Più Ricca del Rischio
Cosa otteniamo facendo così? Otteniamo che la funzione che descrive la probabilità che il costo totale S sia minore o uguale a un certo valore ‘a’ (la funzione di distribuzione cumulativa, FS(a)) e la funzione che dà la probabilità che S sia esattamente ‘a’ (la funzione di densità, fS(a)) diventano esse stesse delle funzioni a valori intervallari modali!
Invece di un singolo numero per P[S ≤ a], otteniamo un intervallo [FS(a), FS(a)], che può essere proprio o improprio. E grazie alla semantica modale, questo intervallo ci dice molto di più!
Abbiamo fatto un esempio numerico: N segue una Poisson con λ = [0.95, 1.05] (un intervallo proprio). La severità X può assumere valori 1, 2, 3, 4 con probabilità intervallari modali (alcune proprie, altre improprie, in modo che la somma faccia [1, 1]). Abbiamo calcolato la distribuzione del costo aggregato S.
<img src="https://scienzachiara.it/wp-content/uploads/2025/04/221/220_visualizzazione-grafica-della-funzione-di-distribuzione-cumulativa-del-costo-aggregato-s-rappresentata-come-una-banda-intervallo-modale.webp" alt="Visualizzazione grafica della funzione di distribuzione cumulativa del costo aggregato S, rappresentata come una banda (intervallo modale) invece di una linea singola. L'asse x mostra il costo aggregato 'a', l'asse y la probabilità cumulativa P[S
La cosa affascinante è vedere come la “modalità” (propria o impropria) dell’intervallo FS(a) cambia al variare di ‘a’. Ad esempio, nel nostro caso, per a=3 otteniamo un intervallo proprio, mentre per a=4 otteniamo un intervallo improprio. Cosa significa?
- Per a=3 (intervallo proprio [0.677, 0.690]): L’interpretazione semantica (semplificata) è: “Per ogni possibile scenario di probabilità improprie (p2, p4), esiste un valore FS(3) nell’intervallo [0.677, 0.690] tale che, per ogni possibile scenario di probabilità proprie (p1, p3, λ), la somma delle probabilità fino a S=3 dà quel valore FS(3).”
- Per a=4 (intervallo improprio [0.797, 0.795]): L’interpretazione cambia! Ora è: “Per ogni possibile scenario di probabilità improprie (p2, p4), per ogni valore FS(4) nell’intervallo [0.795, 0.797], esiste uno scenario di probabilità proprie (p1, p3, λ) tale che la somma delle probabilità fino a S=4 dà quel valore FS(4).”
Vedete? Il passaggio da proprio a improprio cambia il quantificatore associato al risultato finale (da ∃ a ∀), dandoci una lettura molto più profonda dell’impatto combinato delle diverse fonti di incertezza.
Perché è Importante e Cosa C’è Dopo?
Questo approccio ci offre uno strumento potentissimo per analizzare e controllare la solvibilità delle compagnie assicurative in modo più realistico. Non solo gestiamo l’incertezza, ma la interpretiamo in modo rigoroso.
Certo, questo è solo l’inizio. Una naturale estensione sarebbe studiare la probabilità di rovina (la probabilità che la compagnia fallisca) usando questa metodologia. Calcolare la probabilità di rovina in un singolo periodo diventerebbe un intervallo modale, ma estenderlo a orizzonti temporali più lunghi richiederà ulteriori ricerche.
Inoltre, questi risultati si collegano direttamente a normative come Solvency II e al calcolo del Margine di Solvibilità per il Rischio di Stima (ERSM), quel capitale extra che le assicurazioni devono detenere proprio per coprire l’incertezza nelle loro stime. Usare gli intervalli modali per calcolare questo margine potrebbe essere un’applicazione futura molto rilevante.
Insomma, gli intervalli modali non sono solo un’elegante costruzione matematica. Sono una lente più potente per guardare all’incertezza, specialmente in campi complessi come quello attuariale, aiutandoci a prendere decisioni più informate in un mondo intrinsecamente imprevedibile. Spero di avervi incuriosito almeno un po’!
Fonte: Springer