Visualizzazione concettuale dell'interfaccia scienza-politica nella gestione del rischio incendi. Grafici bibliometrici e reti di citazioni sovrapposti a un paesaggio forestale minacciato dalle fiamme, con figure stilizzate di scienziati che presentano dati a policymaker in una sala riunioni. Obiettivo grandangolare 24mm, messa a fuoco nitida su tutta la scena, illuminazione drammatica che evidenzia la connessione e la tensione tra i due mondi.

Scienza e Politica: Svelare i Segreti dell’Interfaccia nella Gestione degli Incendi Boschivi

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio affascinante, un po’ dietro le quinte del mondo in cui la scienza incontra la politica. Parliamo di quell’area cruciale, spesso invisibile, dove le scoperte dei ricercatori dovrebbero (in teoria!) guidare le decisioni di chi ci governa. Questo processo ha un nome un po’ tecnico, “Interfaccia Scienza-Politica” (o SPI, dall’inglese Science-Policy Interface), ma l’idea è semplice: come facciamo a usare le conoscenze scientifiche per affrontare le grandi sfide del nostro tempo, come i cambiamenti climatici o, appunto, gli incendi boschivi sempre più devastanti?

Vi siete mai chiesti chi partecipa davvero a questi tavoli di discussione? Quali voci scientifiche vengono ascoltate e quali, magari, restano inascoltate? È una domanda fondamentale, perché la scienza non è un blocco monolitico. Ci sono interpretazioni diverse, risultati a volte contraddittori, e persino valori e presupposti che possono influenzare le conclusioni. Pensate alla pandemia di COVID-19: all’inizio sentivamo soprattutto i virologi, ma poi è diventato chiaro che serviva anche il parere di sociologi, psicologi ed economisti per capire davvero l’impatto delle misure prese.

Ecco, il problema è che spesso questi processi di “interfaccia” sono delle vere e proprie scatole nere. Difficile capire dall’esterno chi ha contribuito a cosa, chi è stato coinvolto e perché. Ed è qui che entra in gioco la nostra avventura: abbiamo provato a usare un approccio un po’ diverso, la bibliometria, per gettare luce su questo mondo nascosto, prendendo come caso studio proprio la gestione del rischio incendi (Wildfire Risk Management – WFRM).

Cos’è l’Interfaccia Scienza-Politica (SPI) e Perché è Importante?

Immaginate l’SPI come un ponte, o meglio, un’intera rete di ponti e sentieri, che collega il mondo della ricerca scientifica a quello della politica e delle decisioni. Non è un semplice trasferimento di informazioni a senso unico (“ecco i dati, decidete voi”), ma un processo sociale complesso. È uno scambio continuo, una co-evoluzione, dove scienziati e attori politici costruiscono insieme conoscenza per migliorare le decisioni (come suggerito già nel 2007 da van den Hove).

Questo “ponte” non è sempre stato uguale. Negli anni ’60-’70 si pensava più a un flusso lineare dalla scienza alla politica. Poi, dagli anni ’70 al 2000, l’interazione è diventata più continua. E dagli anni 2000, si è cercato di coinvolgere sempre di più anche la voce dei cittadini. Insomma, un sistema sempre più complesso, dove la scienza può essere usata per legittimare azioni, ma a volte anche per ritardarle o evitarle.

Gli SPI servono a tanti scopi:

  • Lanciare l’allarme su nuovi rischi.
  • Definire un problema: capirne le cause, suggerire cosa fare, chi può farlo e a quali costi.
  • Valutare l’impatto delle diverse opzioni politiche.
  • Monitorare e valutare le scelte fatte.

L’idea di usare la scienza per decidere meglio non è nuova, risale almeno agli anni ’60. Oggi vediamo la sua applicazione ovunque: sanità, ambiente, sviluppo internazionale, educazione, giustizia… A livello internazionale, pensate all’IPCC per il clima o all’IPBES per la biodiversità: sono esempi strutturati di SPI che traducono la scienza in consigli pratici per i governi.

La Sfida della Trasparenza e il Caso degli Incendi Boschivi

Nonostante tutto questo, rimangono delle sfide. La conoscenza scientifica, anche se punta all’oggettività, è sempre intrecciata con aspetti soggettivi, sociali e politici. Non è sempre chiaro perché una certa ricerca viene usata e un’altra ignorata, specialmente quando ci sono risultati contrastanti. E poi, i problemi sono sempre più complessi e intersettoriali, richiedendo un input scientifico sempre più diversificato.

Tutto ciò richiede trasparenza e tracciabilità. Dobbiamo poter capire chi contribuisce al dibattito politico e quali discipline magari non vengono ascoltate. È una questione di democrazia: il cittadino ha il diritto di sapere su quali basi scientifiche (e con quali presupposti) vengono prese le decisioni.

Abbiamo scelto di applicare il nostro approccio bibliometrico alla gestione del rischio incendi (WFRM) per vari motivi:

  • È un problema estremamente complesso, con intrecci tra comportamento umano, sviluppo socio-economico, clima e vegetazione.
  • Sta diventando sempre più importante a causa degli incendi sempre più gravi, spinti anche dal cambiamento climatico.
  • C’è una grande dinamicità nelle politiche: nuovi approcci nazionali (come in Portogallo e Grecia dopo eventi devastanti), necessità di condividere risorse a livello europeo (rescEU), sviluppo di nuove strategie.
  • Sono stati stanziati molti fondi pubblici, ed è cruciale assicurarsi che vengano spesi nel modo più efficace, integrando le conoscenze scientifiche più recenti.

Pensate alle interdipendenze: l’abbandono delle campagne può aumentare il combustibile disponibile, mentre l’espansione urbana crea più interfacce città-foresta (le famose Wildland-Urban Interfaces, WUI). Interessi diversi possono scontrarsi: chi vuole ripristinare ecosistemi abituati al fuoco e chi vuole sopprimerlo a tutti i costi. E poi ci sono aspetti distributivi: chi paga i costi della prevenzione? Chi beneficia delle decisioni prese dopo un incendio?

Fotografia di un paesaggio forestale dopo un incendio, con alberi carbonizzati e terreno annerito. In primo piano, un vigile del fuoco osserva la devastazione. Obiettivo teleobiettivo 150mm, luce del tardo pomeriggio che crea lunghe ombre, messa a fuoco nitida sul vigile del fuoco, sfondo leggermente sfocato.

La Nostra Lente d’Ingrandimento: La Bibliometria e gli Altmetrics

Come possiamo “aprire” quella scatola nera dell’SPI? Una possibilità è usare i dati bibliometrici, quelli che di solito si usano per analizzare la produzione scientifica (chi pubblica cosa, chi cita chi, ecc.). Strumenti come il Science Citation Index esistono dagli anni ’50, ma oggi abbiamo database molto più potenti come Dimensions, che collega pubblicazioni, finanziamenti, brevetti, trial clinici e, cosa cruciale per noi, documenti politici.

Abbiamo usato Dimensions per cercare tutte le pubblicazioni scientifiche e i documenti politici che parlassero di “wildfire” (o sinonimi come “forest fire”) E di gestione del rischio (usando termini come “prevent”, “manage”, “response”, ecc.). Abbiamo trovato quasi 30.100 pubblicazioni scientifiche e 174 documenti politici pertinenti.

Ma non ci siamo fermati qui. Abbiamo introdotto anche gli Altmetrics (Alternative Metrics). Cosa sono? Sono indicatori che misurano l’attenzione che una pubblicazione riceve anche al di fuori del mondo accademico: menzioni sui social media (come X/Twitter, Facebook), blog, notizie, Wikipedia, persino brevetti. L’idea è che una maggiore visibilità “esterna” possa influenzare il trasferimento delle conoscenze verso la politica. Abbiamo usato l’Altmetric Score, un punteggio che aggrega queste menzioni.

Le Domande Chiave della Nostra Indagine

Con questi strumenti, ci siamo posti alcune domande precise per capire se ci sono dei “bias”, delle distorsioni, nel modo in cui la scienza degli incendi arriva alla politica:

  • RQ1: Quanto tempo passa? C’è un ritardo tra quando una ricerca viene pubblicata e quando viene citata in un documento politico?
  • RQ2: Conta la quantità? I campi di ricerca con più pubblicazioni sono anche quelli più citati nelle policy? E tutte le discipline sono rappresentate allo stesso modo?
  • RQ3: Il “brusio” online aiuta? Le pubblicazioni molto discusse online (con alti Altmetric Scores) hanno più probabilità di essere citate nei documenti politici?

Cosa Abbiamo Scoperto: Primi Risultati

Analizzando i dati, sono emerse alcune cose davvero interessanti.

Il Fattore Tempo: Un Ritardo Significativo

Prima di tutto, abbiamo guardato le date. Il numero di pubblicazioni scientifiche sugli incendi è cresciuto esponenzialmente, soprattutto dopo grandi eventi (come quelli del 2003 in Europa e Australia, o quelli globali più recenti). Sembra esserci un ritardo di circa 3 anni tra un grande evento e un picco di pubblicazioni scientifiche sull’argomento.

Ma quando queste ricerche arrivano nelle policy? Qui il ritardo è molto più lungo. Analizzando le date di pubblicazione degli articoli scientifici e quelle dei documenti politici che li citano, abbiamo stimato un ritardo medio di 6-9 anni! Sì, avete letto bene. Sembra che le conoscenze scientifiche impieghino un bel po’ di tempo per farsi strada nei corridoi della politica. La nostra analisi statistica (una regressione multipla) ha confermato questo ritardo.

Non Tutta la Scienza Pesa Uguale nelle Policy

Poi abbiamo guardato le discipline. Le pubblicazioni sugli incendi provengono da tanti campi diversi: scienze ambientali, agrarie, della terra, biologiche, ingegneria, ecc. Le Scienze Ambientali dominano, sia nel totale delle pubblicazioni che in quelle citate nelle policy. Anche le Scienze della Terra e quelle Agrarie sono ben rappresentate.

Però abbiamo notato delle differenze. Le discipline legate alla salute (Scienze della Salute, Scienze Biomediche e Cliniche) sono sorprendentemente molto citate nei documenti politici, forse più di quanto ci si aspetterebbe guardando solo il numero totale delle loro pubblicazioni sugli incendi. Al contrario, discipline come le Scienze Biologiche o l’Ingegneria, pur producendo molta ricerca, sembrano essere meno presenti nelle citazioni politiche.

In generale, c’è una correlazione: più pubblicazioni ci sono in un campo, più è probabile che venga citato. Ma non è una regola ferrea. Chiaramente, non è solo la quantità a contare.

Grafico a barre complesso che mostra la distribuzione delle pubblicazioni scientifiche sulla gestione del rischio incendi per disciplina (Field of Research). Alcune barre (Scienze Ambientali, Scienze della Terra) sono molto alte, altre (Ingegneria, Scienze Biologiche) sono più basse ma comunque significative. Accanto, un grafico simile mostra le citazioni nelle policy, evidenziando la sovra-rappresentazione delle Scienze della Salute. Illuminazione da studio controllata, obiettivo macro 100mm per dettaglio sui grafici.

L’Importanza della Visibilità Online (Altmetrics)

E qui entrano in gioco gli Altmetrics. Abbiamo confrontato i punteggi Altmetric delle pubblicazioni citate nelle policy con quelli di tutte le pubblicazioni sugli incendi. Risultato? Le pubblicazioni citate hanno, in media, punteggi Altmetric significativamente più alti. Non solo la media, ma anche la mediana è più alta.

Analizzando da dove proviene questa attenzione extra (guardando i “Donuts” di Altmetric), abbiamo visto che le piattaforme social giocano un ruolo importante. Oltre il 40% delle pubblicazioni citate nelle policy erano state menzionate su X (ex Twitter), e circa il 67% su almeno una piattaforma social. Anche le menzioni nelle notizie e su Wikipedia erano frequenti.

Questo suggerisce che la visibilità al di fuori dei canali accademici tradizionali, specialmente sui social media, può effettivamente aumentare le possibilità che una ricerca venga notata e utilizzata dai decisori politici. Il “brusio” online conta!

Limiti e Sfide: Non è Tutto Oro Quello che Luccica

Ok, questi risultati sono intriganti, ma dobbiamo essere onesti sui limiti. Prima di tutto, questo è uno studio specifico sugli incendi. Non possiamo generalizzare automaticamente ad altri settori.

Poi c’è la questione della qualità dei dati. Abbiamo fatto un controllo manuale su un documento politico specifico e abbiamo scoperto che Dimensions aveva “perso” più della metà delle citazioni reali! Alcune erano pubblicazioni non indicizzate (atti di convegni, working paper), ma molte erano articoli di riviste peer-reviewed che *dovrebbero* esserci. Sembra che il sistema automatico di estrazione delle citazioni di Dimensions non sia perfetto, specialmente con i documenti politici, che hanno formattazioni diverse e magari riferimenti incompleti.

Inoltre, abbiamo notato che alcuni documenti politici importanti (anche a livello europeo) mancano del tutto nel database. E, al momento, l’analisi si basa principalmente su documenti in inglese, escludendo gran parte della produzione politica a livello nazionale nelle lingue locali.

Quindi, sì, l’approccio bibliometrico ha un potenziale enorme, ma dobbiamo essere consapevoli che i dati attuali sono incompleti e a volte imprecisi.

Immagine astratta che rappresenta la complessità dei dati bibliometrici. Flussi di dati digitali interconnessi, alcuni luminosi e completi, altri deboli o interrotti, a simboleggiare i dati mancanti e le sfide nella qualità dei dati. Colori dominanti blu e viola, stile futuristico, obiettivo grandangolare 10mm per dare senso di vastità.

Conclusioni: Verso un’Interfaccia Scienza-Politica Più Trasparente?

Nonostante i limiti, cosa ci portiamo a casa da questa esplorazione?

Credo fermamente che l’uso dei dati bibliometrici offra un potenziale notevole per rendere più trasparente l’interfaccia scienza-politica. Possiamo iniziare a vedere quali discipline hanno più voce in capitolo su certi temi e quali, forse, sono sottorappresentate. Nel caso degli incendi, ad esempio, vedere la minor presenza di ingegneria o scienze biologiche nelle policy potrebbe far riflettere i decisori: stiamo perdendo qualche pezzo importante del puzzle?

Questa trasparenza, a sua volta, può rafforzare la democrazia e la fiducia. In un’epoca di disinformazione e scetticismo verso la scienza, poter mostrare (anche se con cautela, visti i limiti dei dati) su quali basi scientifiche si fondano le decisioni è fondamentale.

Abbiamo visto che c’è un ritardo significativo (6-9 anni) tra ricerca e policy, che non tutte le discipline “pesano” allo stesso modo, e che la visibilità online sembra giocare un ruolo. Questi sono spunti importanti sia per i ricercatori (come comunicare meglio?) sia per i politici (come assicurarsi di avere un quadro scientifico completo?).

Certo, la strada è ancora lunga. Servono database più completi e accurati, soprattutto per i documenti politici e per le pubblicazioni non in inglese. Le piattaforme come Dimensions o Overton devono migliorare i loro sistemi di estrazione dati. Ma il potenziale c’è.

Continuare a esplorare queste connessioni con metodi quantitativi come la bibliometria, integrandoli ovviamente con analisi qualitative, può davvero aiutarci a capire meglio – e magari a migliorare – quel delicato e fondamentale ponte tra chi studia il mondo e chi prende decisioni per il nostro futuro.

Fonte: Springer

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