Pendii Glaciali Sotto Stress: Come Clima e Terreno Decidono il Loro Destino!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che, credetemi, riguarda il futuro di molte aree montane del nostro pianeta: la stabilità dei pendii glaciali. Immaginatevi queste immense lingue di ghiaccio che si ritirano, lasciando dietro di sé terreni spesso instabili, e aggiungeteci il “pepe” dei cambiamenti climatici. Un bel rompicapo, vero? Beh, ho cercato di vederci più chiaro.
Le temperature medie globali in aumento stanno trasformando le regioni di permafrost in aree stagionalmente gelate. Questo significa che lo strato attivo, quello che gela e scongela, si spinge sempre più in profondità, portando a un aumento di georischi glaciali che a volte sembrano inspiegabili. Le regioni himalayane dell’India, ad esempio, stanno diventando sempre più vulnerabili, ma gli studi geotecnici specifici per le regioni fredde sono ancora pochi. Ecco perché mi sono tuffato in questa ricerca!
La Mia Missione: Capire l’Interazione Terra-Clima
Il mio obiettivo? Valutare le complesse conseguenze dei cambiamenti idrologici sulla stabilità dei pendii e sul bilancio idrico. Come? Attraverso la modellazione numerica, usando la tecnica degli elementi finiti (FE). Ho scelto come “laboratorio” i dati climatici reali di Tawang, in Arunachal Pradesh, una zona dell’Himalaya orientale che conosce bene le temperature sottozero.
Ho analizzato tre scenari principali, molto comuni in queste regioni:
- RW: Infiltrazione di acqua solo dalla pioggia.
- RW + SW: Infiltrazione di acqua sia dalla pioggia che dallo scioglimento della neve.
- T(RW + SW): Come sopra, ma considerando anche l’influenza della migrazione dell’acqua dovuta al gradiente di temperatura del suolo (il che significa cicli di gelo-disgelo!).
Mi sono concentrato sulla stabilità, sull’infiltrazione dell’acqua e sulla dinamica del ruscellamento superficiale, sia per pendii omogenei che per quelli più complessi, costituiti da strati alternati di argille varvate (quelle tipiche lasciate dai ghiacciai, con lamine chiare e scure).
I Protagonisti: Terreni Rossi e Neri e la Danza degli Strati
Per simulare le argille varvate, ho usato due tipi di terreno: un “Red Soil” (RS), più limoso e chiaro, e un “Black Soil” (BS), più argilloso e scuro. Ho studiato come la presenza di queste lamine (2, 4, 8 o 16 strati) e l’inclinazione del pendio (da 25° a 45°) influenzassero la risposta idrogeologica.
E qui, amici, arrivano le scoperte più affascinanti! La stabilità dei pendii, l’infiltrazione dell’acqua e il ruscellamento sono fortemente influenzati dallo strato di suolo superficiale, quello che interagisce direttamente con l’atmosfera. Non sorprende che anche l’angolo di inclinazione del pendio e il numero di lamine giochino un ruolo sostanziale nella stabilità e nella dinamica temporale della pressione dell’acqua interstiziale.
Tenetevi forte: i pendii con il Red Soil (RS) come strato superiore tendono a franare prima rispetto a quelli con il Black Soil (BS) in superficie. E quando è il BS a cedere, l’area di suolo coinvolta nella frana è comparativamente minore. Interessante, no? Inoltre, in qualsiasi sequenza di strati, l’area di suolo coinvolta nella frana aumenta con l’aumentare del numero di lamine. I pendii con RS in cima, poi, sono risultati più rapidi a cedere sotto l’effetto del fenomeno gelo-disgelo.
Ho notato una correlazione netta: il tempo necessario all’innesco della frana è legato al tempo necessario per raggiungere la massima infiltrazione netta cumulativa. Sembra logico, ma quantificarlo è un altro paio di maniche!
Un Problema Serio: L’Instabilità dei Pendii Himalayani
La stabilità dei pendii è una preoccupazione critica nella regione himalayana indiana, soprattutto data la prevalenza di frane e il loro potenziale di causare danni sociali ed economici significativi. Questa regione è tristemente nota per i problemi di instabilità dovuti alla sua struttura, geologia e al clima regionale dinamico. Piogge intense, scioglimento della neve, attività tettoniche e interventi umani sono le cause principali.
Mentre la stabilità dei pendii in condizioni di temperatura “normali” è ben documentata, gli studi che si concentrano sulle regioni fredde, come dicevo, sono scarsi. Ci sono pochi lavori che incorporano l’acqua di fusione della neve, le temperature sottozero e i cicli di gelo e disgelo nel terreno inclinato. La maggior parte degli studi, poi, si concentra su profili di suolo omogenei, ma la realtà è spesso fatta di pendii eterogenei, con deposizione strato su strato. E sono proprio gli strati deboli all’interno dei pendii che spesso innescano le frane quando l’acqua si infiltra.
Gelo e Disgelo: Cosa Succede Davvero?
Quando ho considerato il gradiente di temperatura [T(RW + SW)], ho dovuto integrare moduli specifici nel software di simulazione (GeoStudio, per i più curiosi, usando SEEP/W, TEMP/W e SLOPE/W). Questo perché le temperature negative portano al congelamento dell’acqua nei pori del suolo, mentre il disgelo avviene quando la temperatura torna positiva. Questo cambiamento di fase dell’acqua nei pori è cruciale e influenza la densità dell’acqua.
Durante l’inverno (da novembre a marzo nei miei dati), quando le temperature scendono sotto lo zero, l’acqua a varie profondità nel suolo viene richiamata verso la superficie a causa della convezione libera. L’acqua migra verso il fronte di congelamento superficiale e congela, il che porta a un aumento del Fattore di Sicurezza (FoS) durante la stagione fredda. Sembrerebbe una buona notizia, ma attenzione! Questo aumento del FoS durante l’inverno, dovuto al congelamento del suolo, influenza il suo cedimento durante il periodo di disgelo.
Nei profili con RS e 2L_RS (due strati con RS in cima), l’aumento del FoS è piuttosto brusco. Nel BS e 2L_BS, invece, l’aumento è più graduale. Questo è dovuto alle diverse proprietà termiche e alle caratteristiche di congelamento del suolo di RS e BS. L’RS, con la sua maggiore conducibilità termica e capacità termica, perde calore rapidamente, portando a una rapida formazione di ghiaccio. Inoltre, l’RS trattiene un volume minore di acqua non congelata rispetto al BS alla stessa temperatura di congelamento.
Quando arriva l’estate e le temperature diventano positive, l’acqua congelata nel suolo inizia a sciogliersi. Nei suoli con RS in cima, grazie alla sua alta conducibilità termica, l’acqua congelata si scioglie più rapidamente. Questo scioglimento rapido, combinato con l’acqua già infiltrata dalla fusione della neve e dalla pioggia, porta a un cedimento del pendio più precoce in queste condizioni [T(RW + SW)] rispetto al caso RW + SW (solo pioggia e neve fusa, senza considerare il gelo interno al suolo). Al contrario, per i profili con BS in superficie, lo scioglimento è più lento, e quindi il cedimento del pendio avviene più tardi in condizioni T(RW + SW) rispetto a RW + SW. Capite bene come le proprietà termiche del suolo superficiale siano determinanti!
Infiltrazione, Ruscellamento e Tempi di Rottura
Ho osservato che i profili di pendio con RS come strato superiore sono più sensibili all’acqua aggiuntiva proveniente dallo scioglimento della neve. Questo si collega al tempo necessario per raggiungere la massima infiltrazione netta cumulativa.
Un dato interessante: tra i pendii omogenei RS e BS, il tasso di diminuzione del FoS durante l’estate è molto più rapido nel caso dei profili di pendio BS. Per questo, i pendii BS cedono prima, nonostante avessero un FoS iniziale più alto! Questo è dovuto all’alta conducibilità idraulica del BS a elevate suzioni iniziali.
Nei pendii di argilla varvata ricostituita, tutti cedono prima quando la lamina superficiale è RS, rispetto a quando è BS. Questo fenomeno è legato al “breakthrough”, che si verifica quando l’acqua si infiltra da uno strato di terreno più fine (BS) a uno più grossolano (RS). Il BS trattiene l’acqua all’interfaccia, ritardando l’infiltrazione nello strato RS sottostante e, di conseguenza, il cedimento del pendio.
E l’inclinazione? Beh, come prevedibile, all’aumentare dell’angolo di inclinazione del pendio, questo cede prima. Per esempio, nel caso RW, il profilo RS cede a 196.2 giorni con 25° e a 191.6 giorni con 45°. Tuttavia, l’area della massa di suolo franata diminuisce all’aumentare dell’inclinazione.
Parlando di aree franate: nei profili omogenei, l’area è maggiore nel pendio RS rispetto al BS. Nei pendii varvati, l’area franata è notevolmente più grande quando RS occupa la lamina superiore. Ad esempio, a 30°, per 2L_BS (BS in cima) l’area è 28.60 m², mentre per 2L_RS (RS in cima) è ben 74.19 m²! Una bella differenza.
Cosa Ci Dice Tutto Questo?
Le mie analisi hanno evidenziato alcune dinamiche fondamentali:
- L’acqua aggiuntiva dallo scioglimento della neve accelera il cedimento dei pendii (circa 5-15 giorni prima), l’infiltrazione massima e l’inizio del ruscellamento.
- Pendii più ripidi (da 25° a 45°) cedono prima (circa 6-10 giorni prima per le inclinazioni maggiori), ma l’area coinvolta nella frana è minore (fino al 50% in meno per i pendii più ripidi).
- Tra i pendii omogenei, quelli in BS cedono prima (circa 15-20 giorni) a causa della loro minore resistenza al taglio.
- Nei pendii varvati, quelli con RS in cima cedono circa 15 giorni prima di quelli con BS in cima.
- C’è una forte correlazione tra il tempo di cedimento del pendio e il tempo per raggiungere la massima infiltrazione netta cumulativa.
- I pendii stratificati con RS in cima generano superfici di scorrimento più profonde e coinvolgono un’area di frana quasi doppia rispetto a quelli con BS in cima.
- Il gradiente di temperatura (gelo-disgelo) è un attore chiave: i pendii RS (omogenei o con RS in cima) cedono prima (15-20 giorni) in condizioni T(RW+SW) rispetto a RW+SW. Per i pendii BS, è il contrario! Questo è legato, come detto, all’alta conducibilità termica e capacità termica specifica dell’RS.
In pratica, la profondità e l’estensione della frana dipendono in gran parte dalla lamina superficiale. Se l’RS forma lo strato superiore, la gravità della frana sarebbe molto più alta. Poiché le deposizioni glaciali avvengono attraverso cicli di gelo e disgelo, ci saranno periodi alterni in cui l’RS o il BS formano la lamina superiore. Nei periodi con RS in cima, la possibilità di cedimento del pendio è massima e con un quoziente di rischio più elevato.
Questo studio sottolinea le complesse interazioni tra composizione del suolo, disposizione sequenziale delle lamine e la loro influenza sulla stabilità dei pendii, sull’infiltrazione e sul ruscellamento in scenari con flussi d’acqua variabili e diverse condizioni climatiche. È particolarmente rilevante per le regioni glacializzate, dove il gelo-disgelo dei suoli e il rapido scioglimento della neve dovuto ai cambiamenti climatici alterano significativamente la dinamica idrologica, potendo innescare instabilità precoci dei pendii.
Spero che questa “immersione” nel mondo dei pendii glaciali vi abbia affascinato quanto ha affascinato me studiarli. Comprendere questi meccanismi è cruciale per una gestione efficace dell’acqua e per prevedere il verificarsi di frane in queste regioni così delicate e in trasformazione.
Fonte: Springer