Fotografia grandangolare, obiettivo 24mm, un gruppo multietnico di persone (operatori sanitari, assistenti sociali, membri della comunità di diverse età e background) che collaborano sorridenti attorno a un tavolo in un moderno ufficio luminoso, sullo sfondo una mappa stilizzata dell'Australia con punti di connessione, luce naturale.

Sanità e Sociale per Tutti? La Sfida dell’Integrazione per le Comunità Diverse in Australia

Ciao a tutti! Oggi voglio portarvi con me in un viaggio un po’ insolito, fino in Australia, per parlare di un tema che mi sta molto a cuore e che, secondo me, è cruciale ovunque nel mondo: come far funzionare al meglio l’assistenza sanitaria e quella sociale, specialmente per chi arriva da culture e lingue diverse. Mi sono imbattuto in uno studio qualitativo molto interessante che ha esplorato proprio questo aspetto a Sydney, e vorrei condividere con voi cosa ho scoperto.

Diciamocelo, far dialogare il mondo della sanità con quello dei servizi sociali è spesso un bel rompicapo. In Australia, sembra che la situazione sia particolarmente frammentata, un po’ come avere tanti pezzi di un puzzle sparsi sul tavolo senza riuscire a metterli insieme. Questo crea non pochi problemi, soprattutto per le comunità culturalmente e linguisticamente diverse (che in Australia chiamano “CALD” – Culturally and Linguistically Diverse). Queste persone sono considerate una priorità, perché spesso hanno bisogni sanitari e sociali specifici che rimangono insoddisfatti, un po’ per barriere linguistiche, un po’ per sistemi che non sono pensati per loro.

Il Contesto Australiano: Una Nazione Multiculturale alle Prese con la Frammentazione

L’Australia è un crogiolo di culture, pensate che dal 2000 ha accolto tre milioni di migranti permanenti! Moltissimi si stabiliscono nelle grandi città, e Sydney è una delle mete preferite. Le persone definite CALD sono quelle nate in paesi non anglofoni o dove l’inglese non è la lingua principale parlata a casa. Dal punto di vista delle politiche sanitarie, sono un gruppo su cui puntare l’attenzione perché, dati alla mano, hanno maggiori probabilità di avere problemi di salute a lungo termine (come diabete, malattie renali, ictus) rispetto al resto della popolazione, specialmente se hanno un background da rifugiati o umanitario.

Il governo australiano, a tutti i livelli (federale, statale, locale), cerca di lavorare insieme per supportare i nuovi arrivati con servizi linguistici, aiuto per il lavoro, l’istruzione, la casa, la salute e molto altro. Ma anche dopo i primi anni, il bisogno di un supporto integrato tra sanità e sociale rimane forte per queste comunità.

Lo Studio: Mettere Sotto la Lente le Politiche Innovative (o la Loro Assenza)

Ed è qui che entra in gioco lo studio che vi dicevo. I ricercatori si sono chiesti: quali sono le politiche innovative che aiutano a integrare i programmi sanitari e sociali a Sydney, con un occhio di riguardo per le popolazioni CALD? Hanno usato un quadro di riferimento che analizza quattro aree chiave:

  • Governance e Partnership: Ci sono nuove strutture di comando o collaborazioni tra enti sanitari e sociali?
  • Forza Lavoro e Staff: Esistono modelli di personale congiunto, nuovi ruoli o responsabilità per chi lavora sul campo?
  • Finanziamenti e Pagamenti: Si finanziano questi programmi in modo nuovo, magari unendo i fondi?
  • Condivisione e Uso dei Dati: Gli operatori sanitari e sociali riescono a raccogliere o condividere informazioni sui pazienti in modo efficace?

Hanno intervistato 27 persone coinvolte in 24 diversi programmi (14 sanitari, 10 sociali) a Sydney. Tra questi, 6 erano dedicati esclusivamente alle comunità CALD, 10 avevano una maggioranza di utenti CALD, e gli altri un mix. È interessante notare che quasi la metà dei partecipanti proveniva da background etnici diversi (arabo, cinese, vietnamita, macedone, spagnolo), il che aggiunge un valore incredibile alla ricerca.

Partnership e Governance: Qualche Passo Avanti, Ma Tanta Strada Ancora

Cosa è emerso? Beh, un po’ di luce e un po’ d’ombra. La buona notizia è che più della metà dei programmi (15 su 24) ha riportato la creazione di nuove strutture di governance, spesso sotto forma di comitati direttivi (steering committee) che riuniscono diverse autorità sanitarie e sociali. Questo è un passo importante per coordinarsi.

Tuttavia, solo due programmi (entrambi sanitari, focalizzati sulla cura fuori casa e sulla conferenza perinatale) avevano una struttura veramente formalizzata con responsabilità chiare per tutti gli stakeholder coinvolti, lavorando a stretto contatto con il Dipartimento di Comunità e Giustizia (DCJ). In molti altri casi, le partnership con il settore sociale erano più informali.

È emerso anche che alcune collaborazioni nascono sull’onda delle crisi, come per l’arrivo di rifugiati ucraini o durante la pandemia di COVID-19. In questi casi, diversi attori (sanità, sociale, istruzione, servizi di insediamento) si sono riuniti per coordinare la risposta. Questo dimostra che quando c’è un’emergenza, si riesce a fare squadra, ma suggerisce anche che forse manca un approccio più strutturato e proattivo nel quotidiano. Significativamente, 5 dei 6 programmi specifici per le comunità CALD hanno mostrato di avere partnership intersettoriali.

Forza Lavoro: Spuntano i “Navigatori” del Sistema

Sul fronte del personale, circa 10 programmi hanno figure dedicate a far lavorare insieme gli operatori sanitari e sociali. La figura più comune è quella del coordinatore, anche se i nomi usati sono tanti: “service navigator”, “hub navigator”, “social prescriber”, “community linker”, “hub leader”. Insomma, persone che aiutano i pazienti, specialmente quelli con bisogni complessi (come vittime di violenza domestica o famiglie vulnerabili), a districarsi nella giungla dei servizi.

Fotografia ritratto, obiettivo 35mm, una 'service navigator' sorridente di origine mediorientale che parla con un'anziana signora asiatica in una sala d'attesa luminosa di un centro comunitario, profondità di campo, toni caldi e accoglienti.

Alcuni programmi hanno adottato modelli come il “wrap-around”, che costruisce un supporto personalizzato attorno al cliente usando una rete di servizi formali e supporti naturali. Un altro programma usava un “caregiver” per coordinare la gestione dell’assistenza per persone con frequenti accessi al pronto soccorso. Anche 3 dei 6 programmi specifici per le comunità CALD impiegavano coordinatori per aiutare i loro utenti a navigare nel sistema. Questo è un segnale positivo, anche se spesso questi ruoli non sono finanziati congiuntamente dai settori sanitario e sociale.

Condivisione dei Dati: Il Tallone d’Achille dell’Integrazione

Qui, ahimè, arrivano le note più dolenti. La condivisione dei dati tra settore sanitario e sociale è un vero problema. Nessuno dei 24 programmi aveva un sistema elettronico sicuro per condividere i dati dei clienti in tempo reale con altri servizi o partner esterni. Immaginate la difficoltà nel coordinare le cure senza poter accedere facilmente alle informazioni rilevanti!

I dati vengono usati principalmente per fare reportistica standard ai finanziatori (quanti clienti serviti, di che background, ecc.), ma non c’è un vero scambio per migliorare la cura del singolo paziente. La mancanza di interoperabilità tra i sistemi informatici è un ostacolo enorme. Un partecipante ha raccontato: “Quando dobbiamo inviare pazienti all’odontoiatria, loro usano un sistema chiamato Titanium che non è compatibile col nostro, e non condividono le cartelle con noi”. Un vero peccato!

L’unico modo per condividere informazioni specifiche sui clienti tra settori diversi sembra essere attraverso riunioni telefoniche o videoconferenze inter-agenzia. Solo due programmi specifici per le comunità CALD hanno riportato una condivisione dati più strutturata (via teleconferenza) ma solo nel contesto di emergenze (COVID-19 e arrivo di rifugiati). Questo evidenzia una grave carenza di infrastrutture, strategie e risorse per una condivisione efficace dei dati, un problema che, va detto, non è solo australiano.

Finanziamenti: Pochi Modelli Innovativi, Molta Frammentazione

Anche sul fronte dei finanziamenti, l’innovazione sembra latitare. Nessun programma ha riportato budget aggregati o “in pool” (dove i fondi per tutti i servizi sanitari e sociali correlati vengono messi in un unico calderone). Solo due iniziative sanitarie (una per donne, bambini e famiglie vulnerabili, l’altra per chi accede spesso al pronto soccorso) avevano percorsi di finanziamento specifici e separati, creati appositamente per coprire l’intero costo degli interventi sanitari con focus sociale.

La maggior parte dei programmi si barcamena usando una combinazione di fondi sanitari e sociali per supportare progetti specifici, ma sono sempre “pentole separate”. Solo due programmi (quelli menzionati prima sulla cura fuori casa e la conferenza perinatale) ricevevano fondi da due fonti diverse (NSW Health e DCJ) messi insieme per fornire una gamma più ampia di servizi.

Fotografia still life, obiettivo macro 100mm, una scrivania disordinata con diversi faldoni etichettati 'Health Funding', 'Social Care Funding', 'CALD Support', un grafico a torta frammentato su un tablet accanto a una tazza di caffè freddo, illuminazione controllata, alta definizione, focus preciso sui dettagli delle etichette.

È importante notare che esistono finanziamenti specifici per le popolazioni CALD che vanno oltre il welfare tradizionale, provenienti da agenzie federali e statali (come il Dipartimento degli Affari Interni per i programmi di insediamento, Multicultural NSW per programmi linguistici e hub comunitari, NSW Health per la promozione della salute nella diversità). Spesso questi fondi non vengono considerati o riportati adeguatamente quando si parla di integrazione.

Nessun programma aveva fondi “a rischio” (pagabili al raggiungimento di obiettivi di performance) o pagamenti supplementari per nuovi servizi, né politiche di finanziamento locali molto flessibili (tipo fondi discrezionali per coprire costi extra). Un supporto finanziario indiretto comune era quello “in kind”, cioè l’assegnazione di personale (infermieri di ricerca, staff sanitario) a progetti specifici, supportato da finanziamenti dedicati al progetto stesso.

Cosa Impariamo da Tutto Questo?

Questo studio, pur con i suoi limiti (come la mancata partecipazione diretta dei rappresentanti CALD nella progettazione della ricerca, un aspetto su cui lavorare in futuro), ci dà un quadro piuttosto chiaro: l’integrazione tra sanità e sociale in Australia, specialmente per le comunità CALD a Sydney, è ancora molto indietro.

I punti chiave che mi porto a casa sono:

  • Le partnership locali esistono, sono anzi la forma più comune di “innovazione”, ma spesso sono create ad hoc, il che solleva dubbi sulla loro sostenibilità a lungo termine. Costruire collaborazioni forti richiede tempo, fiducia e risorse.
  • I programmi specifici per le comunità CALD sembrano più propensi a implementare innovazioni flessibili, forse perché devono rispondere a bisogni urgenti e contesti di emergenza.
  • Figure di coordinamento/navigazione stanno emergendo, segno che si riconosce la necessità di aiutare le persone a orientarsi in sistemi complessi.
  • La condivisione dei dati e l’integrazione dei finanziamenti sono i veri punti deboli. Senza sistemi interoperabili e modelli di finanziamento più unificati, la vera integrazione resta un miraggio.

La strada è ancora lunga. Per migliorare davvero l’assistenza sanitaria e sociale per le comunità culturalmente e linguisticamente diverse in un paese multiculturale come l’Australia (e direi, ovunque), è fondamentale che le politiche future si concentrino su come riunire tutti gli attori coinvolti (ascoltando attentamente le voci delle comunità CALD!), investire in tecnologie che permettano la condivisione sicura dei dati e sviluppare modelli di finanziamento più integrati. Solo così potremo sperare di costruire un sistema che sia veramente equo ed efficace per tutti.

Fonte: Springer

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