Inseguimento delle Perdite nel Gioco Online: Siamo a un Passo dal Prevedere i Rischi?
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un argomento che mi sta particolarmente a cuore e che, ne sono certo, incuriosirà molti di voi: l’inseguimento delle perdite nel mondo del gioco d’azzardo online. Sapete, quella sensazione irrefrenabile che spinge alcuni giocatori, dopo una perdita, a scommettere ancora, magari aumentando la posta, nel tentativo disperato di “recuperare”? Ecco, parliamo proprio di questo.
Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante che ha cercato di andare più a fondo, analizzando come questo comportamento, che gli esperti chiamano “loss chasing”, possa essere un campanello d’allarme per problemi legati al gioco. E la cosa interessante è che non si sono limitati a una visione superficiale, ma hanno esplorato un concetto multidimensionale di questo fenomeno. Pensateci: l’inseguimento delle perdite non si manifesta solo aumentando la cifra scommessa, ma anche scegliendo quote più rischiose o riducendo il tempo tra una puntata e l’altra. È un po’ come se il giocatore entrasse in un vortice sempre più veloce.
Capire il “Loss Chasing”: Più di un Semplice Criterio Diagnostico
Prima di addentrarci nei dettagli dello studio, facciamo un passo indietro. L’inseguimento delle perdite non è una novità: è addirittura uno dei criteri clinici elencati nel DSM-5 (il manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) per diagnosticare il Disturbo da Gioco d’Azzardo. Anzi, è l’unico criterio che non è condiviso con i disturbi da uso di sostanze! Questo ci fa capire quanto sia specifico e centrale in questa problematica. Molti ricercatori lo considerano un fattore di rischio primario, quasi un segnale distintivo che precede l’aggravarsi del problema.
Il modello dei “Pathways” di Blaszczynski e Nower, uno dei più noti per spiegare l’evoluzione del gioco problematico, lo colloca proprio come uno degli ultimi gradini prima che la situazione precipiti. Immaginate una scala: il giocatore sale, e l’inseguimento delle perdite è quel penultimo scalino scivoloso prima di perdere più denaro di quanto ci si aspetti o si possa permettere.
Data la sua importanza, c’è un bisogno crescente di definire e monitorare questo comportamento in modo operativo, soprattutto con la diffusione del gioco online, dove tutto è tracciabile. Una recente revisione della letteratura ha evidenziato come la maggior parte degli studi si sia basata sull’autovalutazione dei giocatori. Solo pochi hanno utilizzato dati reali di gioco. E anche in questi casi, c’erano delle limitazioni: come si definisce una “sessione di gioco” online, dove si può giocare 24/7? E cosa significa esattamente “inseguire”? Aumentare la frequenza dei depositi dopo una perdita? O l’importo delle puntate? Quasi tutti, comunque, lo consideravano un comportamento singolo, non un insieme di possibili espressioni.
Una Nuova Prospettiva: L’Approccio Multidimensionale
Ed è qui che entra in gioco lo studio che ha catturato la mia attenzione, intitolato “Multidimensional Loss Chasing among Online Gamblers: Assessing Optimized Thresholds for the Prediction of Gambling Harm”. I ricercatori hanno voluto colmare alcune di queste lacune. Hanno proposto un concetto di “loss chasing” che tiene conto di tre diverse dimensioni comportamentali dopo una scommessa persa:
- Aumento dell’importo della puntata (la classica “rincorsa”).
- Scelta di scommesse con quote più alte (e quindi più rischiose, ma con vincite potenziali maggiori).
- Diminuzione del tempo tra una scommessa e l’altra (giocare più velocemente, quasi compulsivamente).
L’idea geniale è stata quella di considerare “loss chasing” solo le accelerazioni nel comportamento di gioco che seguivano una scommessa precedente risultata perdente. Questo evita la soggettività nel definire una “sessione”. Inoltre, hanno usato una procedura di standardizzazione per poter confrontare direttamente queste diverse espressioni del fenomeno.
In un loro precedente lavoro su scommettitori sportivi, avevano già notato che alti livelli di “loss chasing” su queste tre dimensioni non erano fortemente correlati tra loro, suggerendo che si tratta davvero di un concetto multidimensionale. Tuttavia, solo l’aumento della puntata sembrava avere un effetto significativo sulle perdite future, e anche questo effetto tendeva a svanire tenendo conto di altri comportamenti di gioco.
Le Domande Chiave e le Ipotesi dello Studio
Questo nuovo studio si è posto quindi delle domande cruciali. Innanzitutto, come identificare al meglio l’inseguimento delle perdite per predire un potenziale danno? È meglio usare una soglia “ottimizzata” (magari derivata con tecniche di machine learning come l’analisi ROC) o basta un semplice taglio mediano? O forse i valori continui grezzi sono ancora più predittivi? E poi, queste diverse dimensioni del “loss chasing” (importo, quote, tempo) funzionano meglio da sole o tutte insieme in un modello multidimensionale?
Un altro aspetto fondamentale era capire se questi pattern variano a seconda dell’ambiente di gioco. Per questo, oltre ai dati degli scommettitori sportivi (parliamo di un campione enorme, oltre 36.000 persone!), hanno analizzato anche i dati di giocatori di Daily Fantasy Sports (DFS), un altro gruppo bello consistente di quasi 35.000 utenti. Per chi non lo sapesse, i DFS sono giochi online dove si creano squadre virtuali di atleti reali e si compete in base alle loro performance statistiche. È un ambiente diverso dalle scommesse sportive classiche.
Infine, hanno considerato due esiti diversi per misurare il “danno potenziale”:
- La traiettoria delle perdite (un indicatore di come le perdite nette aumentano di mese in mese).
- La variazione percentuale della perdita netta da un mese all’altro.
Hanno anche usato l’autoesclusione volontaria (VSE) come proxy del danno, ma principalmente per definire le soglie ottimizzate, non per i test inferenziali finali.
Le loro ipotesi principali erano due:
- Ipotesi 1: Le soglie ottimizzate per l’inseguimento delle perdite (derivate dall’analisi ROC e machine learning) sarebbero state più efficaci nel predire il danno potenziale rispetto alle soglie basate sulla mediana, e queste ultime più efficaci dei dati continui grezzi. L’idea è che, superato un certo livello di “chasing”, il rischio aumenta, ma inseguire ancora di più potrebbe non peggiorare materialmente le cose oltre quella soglia.
- Ipotesi 2: Un modello multidimensionale, che include tutte e tre le dimensioni del “loss chasing” (importo, quote, tempo), avrebbe avuto una migliore capacità predittiva rispetto a modelli unidimensionali o bidimensionali.
Cosa Hanno Scoperto? I Risultati nel Dettaglio
E qui viene il bello! Partiamo dagli scommettitori sportivi. Per loro, e specificamente per l’esito “traiettoria delle perdite”, le soglie ottimizzate tramite analisi ROC hanno mostrato le maggiori promesse per due delle tre dimensioni: l’importo della puntata e le quote. In pratica, superare queste soglie “intelligenti” era associato a un aumento delle perdite nel tempo. Per la dimensione “tempo tra le scommesse”, invece, il taglio mediano è risultato leggermente migliore, ma la differenza non era abissale. È importante notare che, in generale, le forme discrete di “loss chasing” (cioè quelle basate su soglie) si sono dimostrate più predittive rispetto ai valori continui, che non sembravano avere un grande impatto.
Quindi, per gli scommettitori sportivi, l’Ipotesi 1 ha trovato un certo supporto: le soglie ottimizzate hanno dato segnali incoraggianti, superando leggermente quelle mediane per alcune dimensioni. Tutte e tre le dimensioni, prese singolarmente, riuscivano a predire la traiettoria delle perdite. Tuttavia, e qui casca l’asino per l’Ipotesi 2, mettere tutte e tre le espressioni in un unico modello non migliorava la situazione, anzi, il modello non funzionava granché bene. Sembra quasi che queste dimensioni, pur essendo tutte rilevanti, “pestino i piedi” l’una all’altra se considerate insieme per predire questo specifico esito.
Passiamo ora ai giocatori di Daily Fantasy Sports (DFS). Qui la musica cambia parecchio. Gli effetti del “loss chasing” erano molto meno evidenti, spesso non significativi o addirittura in direzione negativa (cioè, più “chasing” associato a minori perdite future). Questo è stato vero anche per l’altro esito considerato, la “variazione percentuale della perdita netta”, sia per i giocatori DFS che, in gran parte, per gli scommettitori sportivi (con una sola eccezione per l’importo della puntata negli sportivi, che però si è rivelata non robusta in analisi di sensibilità).
Insomma, l’Ipotesi 2, quella sul modello multidimensionale superiore, non è stata supportata. Anche se l’inseguimento delle perdite sembra essere multidimensionale (le tre dimensioni non sono correlate e predicono l’esito isolatamente per gli sportivi), non lavorano bene insieme come predittori congiunti del danno potenziale. I loro effetti, forse, vanno considerati in modo indipendente.
Perché Queste Differenze tra Scommesse Sportive e DFS?
È una domanda da un milione di dollari! Gli autori stessi avanzano delle ipotesi. Per quanto riguarda la specificità dell’effetto sulla “traiettoria delle perdite” (e non sulla variazione mensile), potrebbe essere che i comportamenti del primo mese di gioco abbiano un’associazione più ampia con gli esiti a lungo termine in generale. Per la variazione mensile, invece, forse i comportamenti di un dato mese non hanno una relazione così forte con ciò che accade il mese successivo. Magari gli effetti più acuti del “loss chasing” si manifestano rapidamente, nello stesso mese, e poi subentra un adattamento.
Riguardo alla specificità per gli scommettitori sportivi (e non per i giocatori DFS), una spiegazione potrebbe risiedere nelle meccaniche stesse dei giochi. I DFS richiedono un grado di abilità e analisi strategica potenzialmente maggiore rispetto alle scommesse sportive tradizionali. Mentre uno scommettitore sportivo potrebbe attribuire una perdita alla sfortuna e “raddoppiare” per rifarsi, un giocatore DFS, di fronte a una performance deludente, potrebbe reagire cambiando strategia, riducendo l’attività o addirittura ritirandosi. Addirittura, per i giocatori DFS, in alcuni casi un maggiore “loss chasing” era associato a migliori performance il mese successivo! Questo è un risultato sorprendente che merita ulteriori approfondimenti.
Limiti e Prospettive Future: La Ricerca Continua
Come ogni studio scientifico che si rispetti, anche questo ha i suoi limiti. I dati provengono da singoli operatori, quindi non catturano il comportamento di gioco su altre piattaforme. Gli algoritmi di machine learning, pur promettenti, hanno mostrato una classificazione non ottimale, forse anche a causa della bassa percentuale di autoesclusioni nei dataset. Alcune soglie scelte (come quella di specificità al 70%) sono inevitabilmente un po’ arbitrarie. E gli esiti di “danno” sono dei proxy: non tutti quelli che si autoescludono hanno un problema grave, e non tutti quelli che perdono denaro lo fanno oltre le proprie possibilità.
Infine, la definizione stessa di “loss chasing” usata (basata sull’amplificazione del comportamento dopo una perdita sulla scommessa precedente) è solo una delle possibili. Ricerche future potrebbero considerare perdite cumulative su periodi più lunghi o confrontare il “loss chasing” con il “win chasing” (l’inseguimento delle vincite) o con una generica escalation delle scommesse.
Nonostante queste cautele, trovo che questo studio sia un passo avanti importantissimo. Dimostra il potenziale di un concetto multidimensionale di “loss chasing” e l’utilità delle soglie ottimizzate, almeno per certi contesti (scommettitori sportivi) e per certi esiti (traiettoria delle perdite). Ci dice che l’analisi dei dati di gioco può davvero aiutarci a identificare segnali di rischio.
La strada per definire in modo univoco e affidabile il “loss chasing” è ancora lunga, ma ogni tassello di conoscenza come questo ci avvicina a strumenti di prevenzione e intervento più efficaci per affrontare un criterio così cruciale nello sviluppo del Disturbo da Gioco d’Azzardo. E voi, cosa ne pensate? Vi eravate mai soffermati su queste dinamiche complesse del gioco online?
Fonte: Springer