Colesterolo e Co.: E se i Veri Nemici Fossero Invisibili Inquinanti?
Amici, parliamoci chiaro: chi di noi non si è mai preoccupato del colesterolo? Magari dopo un esame del sangue, o semplicemente sentendo parlare dei rischi per il cuore. Di solito pensiamo subito alla dieta, a quel fritto di troppo, alla vita sedentaria. Ma se vi dicessi che c’è dell’altro, qualcosa di più subdolo e invisibile che potrebbe star giocando un brutto scherzo ai nostri livelli di lipidi nel sangue?
Recentemente mi sono imbattuto in uno studio affascinante, pubblicato su Springer, che ha messo sotto la lente d’ingrandimento la popolazione adulta coreana. E i risultati, ve lo dico subito, mi hanno fatto riflettere parecchio. Pare proprio che l’esposizione a certi inquinanti ambientali, quelli con cui entriamo in contatto ogni giorno senza nemmeno accorgercene, possa avere un impatto diretto e per nulla simpatico sul nostro profilo lipidico. Parliamo di idrocarburi policiclici aromatici (IPA), metalli pesanti e le ormai famigerate sostanze perfluoroalchiliche e polifluoroalchiliche (PFAS).
Ma cosa sono questi “nemici invisibili”?
Prima di addentrarci nei dettagli dello studio, facciamo un rapidissimo identikit di questi composti, così capiamo meglio di cosa stiamo parlando.
- Gli IPA sono un po’ ovunque: si formano dalla combustione incompleta di materiale organico. Pensate al fumo delle auto, alle ciminiere, ma anche alla grigliata del weekend o al fumo di sigaretta. Respiriamo e ingeriamo queste sostanze più spesso di quanto immaginiamo.
- I metalli pesanti come piombo, mercurio e cadmio sono noti da tempo per la loro tossicità. Le fonti di esposizione sono variegate: da vecchie tubature a certi alimenti, passando per alcune attività industriali. Anche a basse dosi, possono fare danni.
- I PFAS, soprannominati “forever chemicals” perché persistono tantissimo nell’ambiente e nel nostro corpo, sono usati in una marea di prodotti: padelle antiaderenti, imballaggi alimentari, tessuti impermeabili, schiume antincendio. Praticamente, ci nuotiamo dentro.
Ecco, lo studio coreano ha voluto vedere se, e come, l’esposizione a questo “cocktail” di sostanze influisce sui livelli di colesterolo totale (TC), colesterolo LDL (quello “cattivo”), colesterolo HDL (quello “buono”), trigliceridi (TG) e colesterolo non-HDL (un altro indicatore importante).
I risultati dello studio coreano: un campanello d’allarme
I ricercatori hanno analizzato i dati di oltre 2500 adulti coreani, raccolti tra il 2018 e il 2020 nell’ambito del Korean National Environmental Health Survey. Hanno misurato i metaboliti degli IPA nelle urine, i metalli pesanti nel sangue e nelle urine, e i PFAS nel siero. Poi, hanno incrociato questi dati con i profili lipidici dei partecipanti.
Ebbene, cosa è emerso? Preparatevi, perché la lista è lunghetta e non proprio rassicurante.
Per esempio, un aumento della concentrazione di 1-idrossipirene (1-OHP), un metabolita degli IPA, è stato associato a livelli più alti di colesterolo totale, colesterolo LDL e colesterolo non-HDL. Non solo, ma anche a una maggiore probabilità di avere il colesterolo totale alto. Anche un altro metabolita degli IPA, il 2-naftolo, è stato collegato a maggiori probabilità di colesterolo totale e LDL elevati.
Passiamo ai metalli pesanti. Il piombo? Associato a livelli più alti di colesterolo totale, LDL, non-HDL e, curiosamente, anche HDL (il che meriterebbe un approfondimento). E, ovviamente, a maggiori probabilità di avere valori alti di TC, LDL e non-HDL. Il mercurio non è da meno: legato a livelli più alti di colesterolo totale, LDL e non-HDL, e a una maggiore probabilità di avere il colesterolo totale fuori norma.
E i PFAS? Anche qui, dolenti note. Diverse sostanze di questa famiglia, come l’acido perfluoroottanoico (PFOA), l’acido perfluorononanoico (PFNA) e l’acido perfluorodecanoico (PFDeA), sono state associate a profili lipidici meno favorevoli. Ad esempio, il PFOA e il PFNA sono stati collegati a un aumento del colesterolo LDL e totale.
Ma la cosa forse più interessante, e che riflette meglio la nostra realtà quotidiana, è l’analisi dell’esposizione combinata. Perché, diciamocelo, non siamo esposti a un solo inquinante alla volta, ma a un vero e proprio mix. Ebbene, lo studio ha scoperto che l’esposizione simultanea a IPA, metalli pesanti e PFAS è associata a livelli più alti di colesterolo totale, LDL, non-HDL e persino HDL. E, ancora una volta, a maggiori probabilità di avere il colesterolo totale e LDL alle stelle.
Perché questi inquinanti fanno così male ai nostri lipidi?
Lo studio non entra nel dettaglio dei meccanismi biologici, ma possiamo fare delle ipotesi basate su ricerche precedenti. Una delle strade più battute è quella dello stress ossidativo. Molti di questi inquinanti possono scatenare una produzione eccessiva di radicali liberi nel nostro corpo, danneggiando le cellule (incluse quelle del fegato, organo chiave nel metabolismo dei lipidi) e portando a perossidazione lipidica e alterazioni del metabolismo dei grassi. Pensate a una sorta di “ruggine” interna che scombussola i nostri equilibri.
Un’altra pista interessante riguarda il nostro microbiota intestinale. Sappiamo che la composizione della flora batterica intestinale è cruciale per la nostra salute, inclusa la regolazione dei lipidi. E indovinate un po’? Molti inquinanti ambientali possono alterare questo delicato ecosistema, con ripercussioni negative sul nostro profilo lipidico.
Cosa ci portiamo a casa da questo studio?
Beh, prima di tutto, la consapevolezza che la nostra salute, e in particolare i nostri livelli di colesterolo, non dipendono solo da quello che mettiamo nel piatto o da quanto ci muoviamo. L’ambiente in cui viviamo, l’aria che respiriamo, i prodotti che usiamo, giocano un ruolo che forse abbiamo sottovalutato.
Certo, come sottolineano gli stessi autori, questo è uno studio trasversale, il che significa che osserva una situazione in un dato momento e non può stabilire un rapporto di causa-effetto definitivo. Serviranno studi longitudinali, che seguono le persone nel tempo, per confermare queste associazioni e capire meglio le dinamiche.
Inoltre, ci sono altri fattori che potrebbero entrare in gioco, come la predisposizione genetica o malattie preesistenti, che lo studio non ha potuto considerare per mancanza di dati. E, come sempre quando si fanno tante analisi statistiche, c’è una piccola possibilità che qualche associazione sia dovuta al caso.
Nonostante queste cautele, i punti di forza dello studio sono notevoli: ha analizzato tre classi di inquinanti molto diffusi, riflettendo scenari di esposizione realistici, e ha utilizzato dati di alta qualità rappresentativi della popolazione adulta coreana.
Quindi, che fare? Non possiamo certo vivere sotto una campana di vetro. Però, possiamo diventare consumatori più consapevoli, fare pressione per politiche ambientali più rigorose e, nel nostro piccolo, cercare di ridurre l’esposizione dove possibile. E, soprattutto, continuare a informarci e a sostenere la ricerca, perché capire questi legami è il primo passo per proteggere la nostra salute e quella delle generazioni future. Il nostro corpo è un sistema complesso, e questi “nemici invisibili” sembrano avere più assi nella manica di quanto pensassimo.
Fonte: Springer