Bambini ruandesi in un'aula scolastica luminosa ma con visibile pulviscolo nell'aria illuminato dai raggi del sole che entrano dalla finestra, stile fotorealistico, obiettivo 35mm, profondità di campo, colori naturali ma leggermente desaturati.

Aria Viziata nelle Scuole di Kigali: Quando l’Inquinamento Indoor Mette a Rischio i Polmoni dei Bambini

Ragazzi, parliamoci chiaro: l’aria che respiriamo, soprattutto quella che i nostri bambini respirano per ore e ore a scuola, è una faccenda tremendamente seria. Spesso ci preoccupiamo dell’inquinamento esterno, delle auto, delle fabbriche… ma cosa succede *dentro* le mura scolastiche? Oggi voglio portarvi con me in un viaggio, un po’ preoccupante ma necessario, fino a Kigali, la capitale del Rwanda. Lì, un gruppo di ricercatori ha acceso un faro su una realtà invisibile ma dannosa: l’impatto dell’inquinamento atmosferico indoor sulla salute polmonare dei più piccoli. E i risultati, ve lo dico subito, non sono per niente rassicuranti.

Ma cos’è questo nemico invisibile? Il Particolato Atmosferico (PM)

Prima di tuffarci nei dati, capiamo di chi stiamo parlando. Il “nemico” principale si chiama Particolato Atmosferico, o PM. Immaginate delle particelle minuscole, invisibili a occhio nudo, sospese nell’aria che respiriamo. Provengono da un sacco di fonti: processi industriali, cantieri, scarichi dei veicoli, ma anche da eventi naturali come incendi o eruzioni vulcaniche.

Ci sono diverse “taglie” di queste particelle, ma quelle che ci interessano di più in questo studio sono:

  • PM10: Particelle con un diametro di 10 micrometri o meno (pensate che un capello umano ha un diametro tra 50 e 70 micrometri!).
  • PM2.5: Particelle ancora più piccole, con un diametro di 2.5 micrometri o meno. Queste sono le più subdole, perché riescono a penetrare più in profondità nei nostri polmoni e persino a entrare nel flusso sanguigno.

La scienza ci dice che l’esposizione a queste particelle non è uno scherzo. Può causare un sacco di problemi di salute, soprattutto a livello respiratorio e cardiovascolare. E chi sono i più vulnerabili? Proprio loro: gli anziani, i malati e, ovviamente, i bambini.

Perché i bambini sono più a rischio?

Pensateci: i bambini passano una quantità enorme di tempo a scuola. E i loro corpi, in particolare i polmoni, sono ancora in fase di sviluppo. Questo li rende molto più suscettibili agli effetti dannosi degli inquinanti rispetto agli adulti. Respirano più aria in rapporto al loro peso corporeo e il loro sistema di difesa non è ancora maturo come il nostro. Insomma, un’aula scolastica con aria inquinata diventa, purtroppo, un ambiente ad alto rischio per la loro salute presente e futura.

La situazione a Kigali: un campanello d’allarme

Lo studio di cui vi parlo si è concentrato proprio su Kigali. Perché? Perché Kigali, come molte città africane, sta vivendo una crescita rapidissima: urbanizzazione, industrializzazione, aumento pazzesco del traffico (si parla di oltre 3000 veicoli all’ora su alcune strade!), cantieri ovunque. Tutto questo, inevitabilmente, si traduce in un aumento dell’inquinamento atmosferico.

I dati preliminari già mostravano livelli di PM2.5 a Kigali ben al di sopra delle linee guida dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Tra il 2022 e il 2024, le concentrazioni variavano da 25 µg/m³ fino a picchi di 175 µg/m³! Considerate che l’OMS raccomanda un limite medio annuo di 5 µg/m³ e un limite giornaliero di 15 µg/m³. Capite bene che la situazione è critica.

Nonostante questi segnali, mancavano studi specifici che collegassero direttamente l’inquinamento *indoor* nelle scuole di Kigali con la salute respiratoria dei bambini. Ed è qui che entra in gioco questa ricerca.

Traffico congestionato in una strada urbana di Kigali, Rwanda, al tramonto, con auto, moto e minibus che emettono fumi visibili; polvere sollevata dai bordi della strada; fotografia di strada realistica, obiettivo 50mm, luce calda del tardo pomeriggio, colori vividi ma leggermente impolverati.

Come hanno fatto? Lo studio sul campo

I ricercatori hanno selezionato sei scuole primarie pubbliche a Kigali. Tre erano situate in aree considerate “altamente esposte” all’inquinamento (vicino a strade trafficate, industrie, stazioni degli autobus) e tre in aree “moderatamente esposte” (più periferiche, peri-urbane).

Hanno coinvolto 107 bambini tra gli 8 e i 15 anni (l’età tipica della terza elementare in Rwanda, ma estesa per includere chi rientrava a scuola dopo abbandoni). Era fondamentale che i bambini non avessero avuto problemi respiratori recenti.

Cosa hanno misurato? Due cose principali:

  1. La qualità dell’aria nelle aule: Hanno usato dei sensori (PurpleAir PA-II) per misurare le concentrazioni di PM2.5 e PM10 all’interno delle classi, durante l’orario scolastico (8:00-16:00), sia nella stagione secca che in quella delle piogge.
  2. La funzione polmonare dei bambini: Hanno utilizzato uno strumento chiamato spirometro per misurare tre indicatori chiave della salute dei polmoni:
    • FEV₁ (Volume Espiratorio Forzato nel primo secondo): Quanto velocemente un bambino può espirare aria nel primo secondo.
    • FVC (Capacità Vitale Forzata): La quantità totale di aria che un bambino può espirare forzatamente dopo un respiro profondo.
    • PEF (Picco di Flusso Espiratorio): La massima velocità con cui un bambino può espirare.

    Anche questi test sono stati fatti sia nella stagione secca che in quella umida.

Hanno anche raccolto informazioni sulle famiglie dei bambini, come il tipo di combustibile usato per cucinare a casa (legna, carbone, gas, ecc.), che può influenzare l’esposizione complessiva all’inquinamento.

I risultati: una realtà che fa riflettere

E qui arrivano le note dolenti. I risultati dello studio sono stati piuttosto chiari e, francamente, preoccupanti.

Livelli di PM alle stelle: Le concentrazioni di PM2.5 misurate nelle aule erano da due a cinque volte superiori ai limiti giornalieri raccomandati dall’OMS! Anche i livelli di PM10 erano circa il doppio del consentito. Questo significa che i bambini passavano le loro giornate scolastiche respirando aria pesantemente inquinata.

Differenze stagionali e geografiche: Come prevedibile, c’erano differenze tra le stagioni. Generalmente, i livelli di PM10 erano più alti nella stagione secca, specialmente nelle scuole più esposte all’inquinamento (probabilmente a causa della polvere e della combustione di legna). Ma, attenzione, c’è stata una sorpresa: durante la stagione delle piogge, le concentrazioni di PM2.5 e PM10 erano *più alte* nelle scuole delle aree “moderatamente esposte” (quelle peri-urbane)! I ricercatori ipotizzano che ciò possa dipendere da fattori come l’uso più massiccio di biomasse per cucinare e riscaldare in quelle zone, la presenza di strade non asfaltate (più polvere sollevata dal vento) e forse una minore ventilazione degli edifici durante le piogge (finestre chiuse). Questo ci dice che il problema non riguarda solo le aree urbane centrali.

Il legame con la funzione polmonare: Ed ecco il punto cruciale. L’analisi statistica ha mostrato una correlazione significativa: maggiore era la concentrazione di PM2.5 e PM10 nell’aria delle aule, minore era la funzione polmonare dei bambini. In pratica, l’esposizione a quest’aria inquinata era associata a una riduzione dei valori di FEV₁, FVC e PEF. Questo legame è stato osservato indipendentemente dalla stagione, anche se con alcune specificità (ad esempio, il PM10 nella stagione secca sembrava impattare di più FEV₁ e PEF).

Primo piano di un bambino africano di circa 10 anni che soffia con impegno in uno spirometro tenuto da un operatore sanitario in camice bianco, all'interno di un'aula scolastica semplice in Rwanda. Luce naturale da una finestra laterale, espressione concentrata del bambino. Fotografia ritratto, obiettivo 50mm, profondità di campo ridotta, bianco e nero con leggero contrasto.

Cosa significa tutto questo?

Significa che l’ambiente scolastico, che dovrebbe essere un luogo sicuro e salubre per l’apprendimento e la crescita, può trasformarsi in una fonte di rischio per la salute respiratoria dei bambini a Kigali. Respirare costantemente aria carica di particolato fine può compromettere lo sviluppo dei loro polmoni, rendendoli potenzialmente più vulnerabili a malattie respiratorie croniche in futuro, come l’asma o la bronchite cronica.

Questi risultati non sono isolati. Studi simili condotti in altre parti del mondo, anche in Africa (Sudafrica, Kenya), hanno mostrato risultati analoghi: l’inquinamento da PM nelle scuole è un problema reale con conseguenze tangibili sulla salute dei bambini.

Cosa possiamo fare? Un appello all’azione

Questo studio non ci lascia solo con dati preoccupanti, ma lancia un appello urgente all’azione. È necessario intervenire per migliorare la qualità dell’aria negli ambienti scolastici e proteggere la salute dei bambini. Cosa si può fare concretamente?

  • Monitoraggio e consapevolezza: Continuare a monitorare la qualità dell’aria nelle scuole e rendere i dati accessibili. È fondamentale aumentare la consapevolezza sul problema tra studenti, insegnanti, genitori e autorità locali.
  • Misure di controllo della polvere: Soprattutto nelle aree con strade non asfaltate, implementare misure per ridurre il sollevamento della polvere.
  • Migliorare la ventilazione: Studiare e implementare sistemi di ventilazione efficaci nelle aule, bilanciando la necessità di aria pulita con le condizioni climatiche (es. pioggia).
  • Educazione ambientale: Insegnare ai bambini e al personale scolastico pratiche per mantenere una buona qualità dell’aria e ridurre l’esposizione.
  • Interventi a livello comunitario: Affrontare le fonti di inquinamento alla radice, promuovendo trasporti più puliti, energie alternative per cucinare e una migliore pianificazione urbana.

Lo studio ha avuto alcune limitazioni (campione ridotto, misurazioni solo durante l’orario scolastico), ma il messaggio è forte e chiaro: l’inquinamento indoor nelle scuole è una minaccia silenziosa che non possiamo più ignorare. Proteggere i polmoni dei bambini oggi significa investire nella salute delle future generazioni. È una sfida complessa, che richiede un approccio multidisciplinare, ma è una sfida che dobbiamo assolutamente affrontare.

Fonte: Springer

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