Acque Sotterranee Campane Sotto Scacco: Chi Inquina Davvero? Nitrati e Sale Sotto la Lente
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di un tesoro nascosto, ma sempre più a rischio: le nostre acque sotterranee. Sono la più grande riserva di acqua dolce del pianeta, essenziali per bere, per irrigare i campi, per la nostra vita quotidiana. Ma c’è un problema, un problema serio che sta crescendo sotto i nostri piedi, specialmente qui nel Mediterraneo e, come vedremo, in una regione splendida ma fragile come la Campania. Parlo dell’inquinamento.
Due “nemici” principali stanno mettendo a dura prova la qualità di queste acque: i nitrati (NO3−) e i cloruri (Cl−), questi ultimi legati al fenomeno della salinizzazione, soprattutto lungo le coste. Ma da dove arrivano? E cosa possiamo fare?
Un Cocktail Pericoloso: Nitrati e Sale
I nitrati spesso provengono dalle nostre attività: agricoltura intensiva con uso massiccio di fertilizzanti, scarichi urbani non trattati a dovere. Insomma, siamo spesso noi la causa principale. A volte, queste fonti rilasciano anche altri inquinanti, creando un mix complesso e difficile da gestire.
La salinizzazione, invece, legata all’aumento dei cloruri, è un fantasma che infesta molte pianure costiere. Le cause? Cambiamenti climatici che alterano le piogge e, di nuovo, noi, con il prelievo eccessivo di acqua dal sottosuolo (sovrasfruttamento) che “invita” l’acqua salata del mare a infiltrarsi nell’entroterra.
Ma non è tutto così semplice. A complicare le cose ci sono anche processi naturali:
- Perdite da sistemi fognari industriali o residenziali.
- Dilavamento agricolo.
- Interazione tra acqua e rocce nel sottosuolo.
- Intrusione di acqua marina attuale o… addirittura “paleo-marina”, cioè acqua salata rimasta intrappolata nel sottosuolo da ere geologiche passate!
Capite bene che districare questa matassa per capire cosa sta succedendo davvero e dove, è una sfida enorme.
La Campania Sotto la Lente d’Ingrandimento
Per cercare di capirci qualcosa di più, abbiamo deciso di “zoomare” su una regione specifica: la Campania. Abbiamo scelto tre aree pianeggianti molto importanti ma diverse tra loro:
- La Piana del Basso Volturno (LVP): una grande area costiera, un mix di depositi vulcanici, alluvionali e marini, con tanta agricoltura ma anche una fitta rete urbana.
- La Piana del Garigliano (GP): più piccola, anch’essa costiera, con depositi simili ma dominata da formazioni laviche del vulcano Roccamonfina. Anche qui, agricoltura e città convivono.
- La Piana dell’Alto Volturno (HVP): più interna, con caratteristiche diverse, rocce calcaree ai bordi, depositi vulcanici a nord e sedimenti alluvionali del fiume Volturno. Qui l’agricoltura domina e le città sono più concentrate ai margini.
Questa diversità è fondamentale: ci permette di vedere come gli stessi fattori (naturali o legati all’uomo) possano avere impatti diversi in contesti diversi.
Come Abbiamo Indagato? Mappe di Probabilità e Algoritmi Intelligenti
Il nostro obiettivo era duplice: capire dove è più probabile trovare acqua inquinata da nitrati o troppo salata, e capire perché, cioè quali fattori pesano di più in queste dinamiche.
Per il “dove”, abbiamo usato una tecnica geostatistica chiamata Simulazione Gaussiana Sequenziale (SGS). Immaginatela come un modo sofisticato per creare mappe che non mostrano solo il valore misurato in un punto, ma la probabilità che quel valore superi una certa soglia critica (per i nitrati abbiamo usato 40 mg/L, un limite vicino a quello di potabilità; per i cloruri 90 mg/L, una soglia critica per l’irrigazione di colture sensibili). Questo ci dà una visione più realistica del rischio, considerando anche l’incertezza.
Per il “perché”, abbiamo messo al lavoro degli algoritmi di machine learning (Decision Tree, Random Forest, Information Gain Ratio). Abbiamo “dato in pasto” a questi algoritmi le mappe di probabilità e una serie di dati che descrivono le aree:
- Fattori idrogeologici: livello dell’acqua sotterranea (testa idraulica), quanta acqua si ricarica (ricarica), distanza dai fiumi, distanza dalla costa, altitudine, quanto facilmente l’acqua scorre nel sottosuolo (conducibilità idraulica), quantità di sedimenti fini (argilla, limo), profondità della falda.
- Fattori socio-economici: richiesta di fertilizzanti delle colture presenti, distanza dai pozzi (come indicatore di pressione antropica).
L’idea era capire quali di questi “ingredienti” fossero più correlati alle aree con alta probabilità di inquinamento o salinizzazione. Usare tre algoritmi diversi ci ha permesso di confrontare i risultati e avere un quadro più robusto.
I Risultati: Cosa Ci Dicono le Mappe e gli Algoritmi?
Le mappe di probabilità (quelle create con SGS) ci hanno mostrato scenari interessanti e diversi per le tre aree.
Nella Piana del Basso Volturno (LVP):
- Nitrati: La probabilità è sorprendentemente bassa al centro della piana, dove dominano i depositi alluvionali del Volturno, nonostante l’agricoltura. Diventa invece alta ai margini, vicino ai rilievi montuosi e nelle aree con depositi vulcanici (tufi fratturati), spesso coincidenti con zone più urbanizzate.
- Cloruri: La probabilità di salinizzazione è altissima nella fascia occidentale, vicino alla costa, spingendosi anche per 15-20 km nell’entroterra. Il rischio diminuisce verso le montagne, ma con qualche “macchia” isolata di alta probabilità anche più all’interno.
Nella Piana del Garigliano (GP):
- Nitrati: La probabilità massima è più bassa che in LVP (circa 60%) e concentrata in punti specifici al centro della piana.
- Cloruri: Anche qui il massimo è intorno al 77%, con le zone più a rischio vicino alla foce del fiume Garigliano e in una piccola area centrale.
Nella Piana dell’Alto Volturno (HVP):
- Nitrati: Qui la salinizzazione da cloruri non è un problema (valori sempre sotto la soglia). La probabilità di inquinamento da nitrati arriva fino all’84%, con i valori più alti a nord, sulla sponda sinistra del Volturno, e più bassi a est e sud lungo i fiumi Calore e Volturno.
E i fattori più influenti? Gli algoritmi ci hanno aiutato a stilare una “classifica” per ogni area.
Per l’inquinamento da Nitrati (NO3−):
- In LVP: Dominano la ricarica idrica, il contenuto di sedimenti fini, la conducibilità idraulica e la profondità della falda. I fattori “umani” diretti (fertilizzanti, distanza dai pozzi) sembrano meno impattanti qui.
- In GP: Salgono in cima la conducibilità idraulica e la profondità della falda, seguite da ricarica e sedimenti fini. Anche qui, i fattori agricoli diretti pesano meno.
- In HVP: La situazione si inverte! Qui la ricarica è importante, ma lo è altrettanto la richiesta di fertilizzanti delle colture. Seguono conducibilità idraulica e profondità della falda.
Per la Salinizzazione da Cloruri (Cl−) (solo LVP e GP):
- In LVP: I fattori chiave sono la ricarica, i sedimenti fini, il livello della falda (testa idraulica) e la conducibilità idraulica. La distanza dalla costa pesa relativamente poco!
- In GP: Qui è cruciale la distanza dai corsi d’acqua superficiali (il fiume Garigliano!), seguita da livello della falda, sedimenti fini e distanza dalla costa.
Interpretare i Dati: Storie Diverse per Acque Diverse
Questi risultati, apparentemente complessi, raccontano storie affascinanti e diverse per ogni area.
In LVP, la bassa probabilità di nitrati al centro, nonostante l’agricoltura, è legata alla presenza di lenti argillose e torbose ricche di sostanza organica (SOM). Questa materia organica crea condizioni “riducenti” nel sottosuolo che aiutano a degradare naturalmente i nitrati. Un vero e proprio scudo naturale! Dove invece affiorano i tufi vulcanici, spesso fratturati, l’acqua scorre più veloce, c’è meno sostanza organica, e le aree sono più urbanizzate: ecco che il rischio nitrati sale, probabilmente più per le perdite dalle fogne che per l’agricoltura “ufficiale”.
Per la salinità, il fatto che la distanza dalla costa non sia il fattore principale e che l’alta probabilità si spinga così all’interno suggerisce che il problema non sia (solo) l’intrusione marina attuale, ma la presenza di paleo-acqua marina intrappolata in quei sedimenti fini depositati migliaia di anni fa. La ricarica è importante perché più acqua dolce arriva, più diluisce questo sale “antico”.
In GP, la situazione nitrati è meno critica, forse per caratteristiche del suolo (anche qui la sostanza organica potrebbe giocare un ruolo) e tipi di colture meno esigenti. La salinità, invece, sembra più legata all’influenza diretta del fiume Garigliano vicino alla foce, suggerendo un’intrusione salina più “classica” legata al fiume stesso.
In HVP, l’assenza dello “scudo” di sedimenti fini e ricchi di SOM, unita a un’agricoltura che richiede più fertilizzanti (mais, frutta), fa sì che l’impatto antropico diretto diventi il fattore dominante per l’inquinamento da nitrati.
Abbiamo anche validato le nostre mappe confrontandole con i dati reali di monitoraggio della rete regionale ARPAC su 10 anni: la corrispondenza è risultata molto buona, specialmente per i nitrati (coefficiente di correlazione R² di 0.97!), il che ci dà fiducia nei nostri risultati.
Cosa Impariamo? Gestire l’Acqua con Consapevolezza
La lezione principale è chiara: non esiste una soluzione unica. I processi che guidano l’inquinamento da nitrati e la salinizzazione sono diversi, e cambiano da zona a zona a seconda del mix unico di caratteristiche geologiche, idrogeologiche e attività umane.
In LVP, proteggere le aree centrali significa forse gestire meglio gli scarichi urbani ai margini e capire come preservare la capacità naturale di auto-depurazione dei suoli alluvionali. Per il sale, bisogna considerare la gestione dei prelievi per non peggiorare la situazione legata al paleo-sale. In HVP, l’attenzione deve concentrarsi sulle pratiche agricole per ridurre l’input di fertilizzanti. In GP, il monitoraggio del fiume Garigliano e della costa è cruciale per la salinità.
Questo tipo di analisi, che integra simulazioni spaziali e machine learning per “pesare” i diversi fattori, può essere uno strumento potentissimo per chi deve prendere decisioni: amministratori locali, gestori delle risorse idriche, agricoltori. Permette di identificare le aree più vulnerabili e, soprattutto, di capire perché lo sono, indirizzando così gli interventi di protezione e risanamento dove servono davvero e nel modo più efficace.
Proteggere le nostre acque sotterranee è una responsabilità collettiva. Capire a fondo le dinamiche che le minacciano è il primo, indispensabile passo per garantire che questo tesoro nascosto resti disponibile e pulito per le generazioni future.
Fonte: Springer