CAR-T più Forti Contro la Leucemia? Il Segreto Potrebbe Essere Bloccare VEGF!
Ciao a tutti! Oggi voglio parlarvi di qualcosa di veramente affascinante nel campo della lotta contro il cancro, in particolare le leucemie. Stiamo parlando delle terapie con cellule CAR-T, una specie di “super soldati” del nostro sistema immunitario riprogrammati per scovare e distruggere le cellule tumorali. Sembra fantascienza, vero? Eppure, è una realtà clinica che sta cambiando la vita di molti pazienti, specialmente quelli con tumori del sangue come la leucemia linfoblastica acuta a cellule B (B-ALL).
Dal 2017, con l’approvazione di farmaci come Kymriah e Yescarta, le CAR-T sono diventate una speranza concreta per chi combatte forme di cancro resistenti o recidivanti. Ma, come spesso accade nella scienza, c’è un “ma”. Nonostante i successi incredibili, una percentuale non trascurabile di pazienti (parliamo del 30-50%) che inizialmente rispondono bene, purtroppo, vede la malattia tornare, spesso entro il primo anno. Inoltre, c’è un 10-20% di pazienti che non entra nemmeno in remissione. Perché succede questo?
La Stanchezza dei Super Soldati: Il Problema dell’Esaurimento delle CAR-T
Uno dei principali indiziati è un fenomeno chiamato “esaurimento delle cellule T” (T cell exhaustion). Immaginate questi super soldati che, dopo una lunga battaglia contro il tumore, si stancano, diventano meno efficaci e perdono la capacità di persistere a lungo termine. Questo permette alle cellule tumorali residue di riprendere il sopravvento. Capire come prevenire o invertire questo stato di esaurimento è diventato cruciale per migliorare l’efficacia delle terapie CAR-T.
Qui entra in gioco un attore forse inaspettato: il VEGF (Vascular Endothelial Growth Factor). Molti lo conoscono come un fattore chiave per la crescita di nuovi vasi sanguigni (angiogenesi), un processo che i tumori sfruttano per nutrirsi e crescere. Infatti, molti farmaci anti-angiogenici mirano proprio a bloccare il VEGF. Ma c’è di più: il VEGF ha anche un lato oscuro legato al sistema immunitario.
È stato dimostrato che il VEGF può agire direttamente sulle cellule T, promuovendo il loro esaurimento. Come? Aumentando l’espressione di molecole “freno” sulla loro superficie (come PD-1, TIM-3, CTLA-4) e favorendo la crescita di altre cellule immunitarie, le Treg, che sopprimono la risposta anti-tumorale. Quindi, l’idea che ci è venuta è stata: e se bloccassimo il segnale del VEGF non solo per affamare il tumore, ma anche per “rivitalizzare” le nostre cellule CAR-T?
Axitinib: Un Possibile Alleato per le CAR-T
Per testare questa ipotesi, abbiamo utilizzato un farmaco chiamato Axitinib, un inibitore specifico dei recettori del VEGF (VEGFR). Ci siamo chiesti: cosa succede se trattiamo le cellule CAR-T con Axitinib durante la loro preparazione in laboratorio, prima di infonderle nei pazienti (o, nel nostro caso, nei modelli animali)?
I risultati sono stati davvero incoraggianti! Abbiamo osservato in provetta (in vitro) che le cellule CAR-T trattate con Axitinib mostravano segni significativamente ridotti di esaurimento. L’espressione di marcatori come TIM-3 e LAG-3 diminuiva, mentre aumentava la percentuale di cellule con caratteristiche di “memoria” (CCR7+), quelle cellule T che sono meno differenziate, più durature e potenzialmente più efficaci nel lungo periodo. È come se Axitinib aiutasse le CAR-T a rimanere più “giovani” e meno “stanche”.
Analizzando i geni e le proteine all’interno di queste cellule, abbiamo visto che Axitinib aumentava l’espressione di fattori legati alla memoria (come FOXO1, TCF7) e diminuiva quella di fattori legati all’esaurimento e alla differenziazione terminale (come IRF4, NR4A1, NR4A2). E la cosa bella è che tutto questo avveniva senza aumentare la morte cellulare (apoptosi) delle CAR-T.
Più Potenti e Pronte all’Azione
Ma non basta essere meno stanche, le CAR-T devono anche saper combattere! Abbiamo quindi messo alla prova le cellule trattate con Axitinib contro le loro nemiche giurate, le cellule leucemiche Nalm6. I risultati? Le CAR-T “rivitalizzate” da Axitinib erano più combattive:
- Secretevano maggiori quantità di citochine importanti per la risposta immunitaria (IL-2, IFN-γ, TNF-α).
- Mostravano una maggiore capacità di degranulazione (rilascio di molecole tossiche per le cellule tumorali, misurata con CD107a).
- Erano più efficaci nell’uccidere le cellule Nalm6 in esperimenti di citotossicità.
In pratica, Axitinib non solo le rendeva meno esauste, ma potenziava anche la loro funzione effettrice immediata.
La Prova del Nove: Successo nel Modello Animale
Le prove in laboratorio sono fondamentali, ma la vera sfida è vedere se questi effetti si traducono in un beneficio reale in un organismo vivente. Abbiamo quindi utilizzato un modello animale (topi B-NDG) in cui avevamo indotto una leucemia simile alla B-ALL umana, usando cellule Nalm6 modificate per emettere luce (così potevamo monitorare il tumore).
Abbiamo trattato i topi con cellule CAR-T normali o con cellule CAR-T pre-trattate con Axitinib. I risultati sono stati netti: i topi che avevano ricevuto le CAR-T trattate con Axitinib mostravano una riduzione significativa della massa tumorale, una remissione più duratura e, soprattutto, una sopravvivenza significativamente più lunga rispetto al gruppo di controllo. Le analisi dei tessuti (fegato, milza, midollo osseo) confermavano una minore infiltrazione tumorale negli organi dei topi trattati con le CAR-T potenziate.
Abbiamo anche verificato se Axitinib potesse “salvare” le CAR-T dall’esaurimento indotto dal contatto prolungato con le cellule tumorali, mimando ciò che accade nel paziente. Ebbene sì, anche in questo scenario, Axitinib riduceva i marcatori di esaurimento e promuoveva uno stato meno differenziato. Addirittura, abbiamo visto effetti simili trattando direttamente le cellule mononucleate del midollo osseo (BMMC) prelevate da pazienti con B-ALL: Axitinib riduceva l’esaurimento delle cellule T presenti in questi campioni.
Il Segreto è nel Percorso Wnt/β-catenina
Ma come fa Axitinib a fare tutto questo? Per capirlo, abbiamo analizzato l’espressione genica su larga scala (RNA-Seq) nelle CAR-T trattate e non trattate. L’analisi ha rivelato che Axitinib modificava l’espressione di centinaia di geni, e tra i percorsi biologici più significativamente influenzati spiccava il pathway di Wnt/β-catenina.
Questo percorso è noto per essere fondamentale nella regolazione della differenziazione e del mantenimento delle cellule staminali e della memoria immunologica. In pratica, la β-catenina è una proteina che, quando il percorso è attivo, entra nel nucleo della cellula e accende geni legati alla “giovinezza” e alla persistenza cellulare.
Abbiamo confermato che Axitinib aumentava i livelli di β-catenina totale e ne favoriva l’accumulo nel nucleo, mentre diminuiva la sua forma fosforilata (che è quella destinata alla degradazione). Per essere sicuri che fosse proprio questo il meccanismo, abbiamo usato:
- Un attivatore del pathway Wnt (TWS119): questo farmaco mimava gli effetti benefici di Axitinib su esaurimento e differenziazione.
- Un inibitore del pathway Wnt (LF3): usato insieme ad Axitinib, questo farmaco annullava i suoi effetti positivi.
Queste prove ci hanno convinto: Axitinib previene l’esaurimento delle CAR-T agendo proprio sul pathway di Wnt/β-catenina!
Il Bersaglio Specifico: Bloccare VEGFR2 Fa la Differenza
Axitinib è un inibitore dei recettori VEGFR. Le cellule T esprimono principalmente VEGFR1 e VEGFR2. Abbiamo visto che Axitinib riduceva l’attivazione (fosforilazione) proprio di VEGFR2 sulle CAR-T. Poteva essere questo il legame mancante tra l’inibizione del segnale VEGF e l’attivazione di Wnt?
Per verificarlo, abbiamo usato un anticorpo specifico che blocca solo VEGFR2 (Ramucirumab). Sorprendentemente, anche Ramucirumab riduceva l’esaurimento delle CAR-T, promuoveva lo stato di memoria e, cosa più importante, attivava il pathway di Wnt/β-catenina (aumentando la β-catenina nel nucleo e l’espressione di geni bersaglio come c-MYC e Ciclina D1), proprio come faceva Axitinib!
Questo suggerisce fortemente che l’effetto benefico di Axitinib sulle CAR-T passi attraverso l’inibizione specifica del segnale mediato da VEGFR2, che a sua volta “sblocca” o attiva il percorso pro-memoria di Wnt/β-catenina.
Cosa Significa Tutto Questo per il Futuro?
Questi risultati sono entusiasmanti! Dimostrano che intervenire sul segnale VEGF/VEGFR2 durante la produzione delle cellule CAR-T potrebbe essere una strategia concreta per renderle più resistenti all’esaurimento e più persistenti una volta infuse nel paziente. In pratica, potremmo creare dei “super soldati” ancora più performanti e duraturi.
Certo, siamo ancora a livello preclinico e saranno necessari ulteriori studi, magari in modelli più complessi o direttamente nell’uomo, per confermare questi dati. Tuttavia, l’idea di combinare un inibitore di VEGFR come Axitinib (già usato in clinica per altri tumori) con la terapia CAR-T apre scenari molto promettenti per migliorare l’efficacia di questo approccio rivoluzionario contro la leucemia e, potenzialmente, altri tipi di cancro.
È un esempio perfetto di come la comprensione dei meccanismi biologici più fini possa portare a strategie terapeutiche innovative. La battaglia contro il cancro è complessa, ma ogni nuova scoperta ci avvicina un po’ di più all’obiettivo!
Fonte: Springer