Un paziente oncologico, uomo di mezza età, discute con un'oncologa nel suo studio. L'oncologa indica qualcosa su un tablet. L'ambiente è professionale ma accogliente. Fotografia ritratto, obiettivo 35mm, luce soffusa, duotone blu e grigio per un'atmosfera seria ma speranzosa.

Cancro e Informazione: Quello che Ogni Paziente Deve Sapere (e Chiedere!)

Quando ti arriva addosso una diagnosi di cancro, è come se il mondo ti crollasse addosso. Un vero e proprio tsunami di emozioni, paure e, soprattutto, domande. Un milione di domande. E sapete una cosa? È normalissimo. Anzi, è fondamentale avere risposte. Parlo per esperienza, non la mia diretta per fortuna, ma quella che emerge da tanti racconti e studi: l’informazione è una delle prime, potentissime armi che abbiamo per affrontare questo percorso.

La Fame di Sapere: Un Bisogno Primario

Diciamocelo francamente: quando si parla di cancro, la sete di informazione è enorme. Non si tratta solo di curiosità, ma di un bisogno profondo, spesso il più grande tra quelli non prettamente medici durante le terapie oncologiche. Avere un quadro chiaro della propria malattia e delle cure può fare una differenza abissale sul nostro stato d’animo, sulla qualità della vita e persino sulla soddisfazione che proviamo nei confronti delle cure ricevute. Pensateci: capire cosa sta succedendo, cosa ci aspetta, ci aiuta a sentirci meno in balia degli eventi, più padroni della situazione, per quanto difficile essa sia.

Uno studio recente condotto in Polonia su 405 pazienti oncologici ha messo nero su bianco proprio questo. La stragrande maggioranza dei pazienti (oltre l’80%!) vuole sapere tutto sulla propria malattia e sul trattamento, sia le notizie buone che quelle cattive. Non si tratta di masochismo, ma di consapevolezza. Preferiamo la verità, anche scomoda, per poterci preparare e decidere con cognizione di causa.

Cosa Vogliamo Sapere Esattamente?

Ma “tutto” cosa significa nel concreto? Lo studio polacco ci dà indicazioni precise. Le informazioni più gettonate, quelle che i pazienti definiscono “assolutamente necessarie”, riguardano principalmente tre aree:

  • Cosa otterrò dal trattamento? (75,1% dei pazienti) Vogliamo capire l’obiettivo della terapia: è curativa? È palliativa? Cosa ci si aspetta realisticamente?
  • Quali sono le probabilità di guarigione? (75,1%) Una domanda diretta, che tocca il cuore della nostra speranza e delle nostre paure.
  • Quali saranno i progressi giorno per giorno (o settimana per settimana)? (74,6%) Avere un’idea del percorso, degli step, aiuta a monitorare la situazione e a non sentirsi persi.

È interessante notare come solo una piccolissima percentuale (il 2,5%) preferirebbe non sapere di avere il cancro. Questo la dice lunga sul desiderio di trasparenza.

Chi Chiede di Più? E Perché?

Non tutti abbiamo le stesse esigenze informative, e questo è naturale. Lo studio ha evidenziato alcuni fattori che sembrano influenzare questa “fame di sapere”:

  • Tipo di tumore: Pazienti con tumore al seno o al colon-retto, ad esempio, tendono a desiderare più informazioni dettagliate rispetto a chi ha un tumore al polmone. Forse perché, nel caso del tumore al seno, la malattia è spesso percepita come potenzialmente curabile, spingendo a volerne sapere di più.
  • Intento del trattamento: Chi affronta cure palliative, paradossalmente, a volte esprime un bisogno maggiore di informazioni specifiche, come sapere con certezza se si tratta di cancro e quale sia il nome preciso della malattia. Chi invece è in trattamento radicale, pur volendo tutte le informazioni, potrebbe avere un focus leggermente diverso.
  • Livello di ansia: E qui tocchiamo un tasto dolente. Chi ha bassi livelli d’ansia tende a esprimere più facilmente i propri bisogni informativi e a condividere la diagnosi con gli altri. L’ansia, invece, può diventare una barriera, rendendo più difficile chiedere o persino recepire le informazioni.
  • Livello di istruzione: Persone con un’istruzione più elevata tendono a volere informazioni più dettagliate su cosa farà concretamente il trattamento.

Un dato che mi ha colpito è che le donne, in generale, e in particolare quelle con tumore al polmone, mostrano livelli di ansia significativamente più alti. Questo è un campanello d’allarme importante: queste pazienti potrebbero aver bisogno di un supporto psicologico mirato per gestire l’ansia e poter così accedere meglio alle informazioni di cui necessitano.

Un medico oncologo, con fare empatico e rassicurante, mostra dei documenti a una paziente seduta di fronte a lui in uno studio medico. La luce è naturale e soffusa, creando un'atmosfera di fiducia. Fotografia ritratto, obiettivo 35mm, profondità di campo per mettere a fuoco i volti, toni caldi.

L’Importanza della Comunicazione Medico-Paziente

Tutto questo ci porta a un punto cruciale: la comunicazione con i medici. Un buon dialogo con l’oncologo e con tutto il team di cura è fondamentale. Ci aiuta a regolare le emozioni (che sono tantissime e spesso contrastanti!), a capire informazioni mediche che possono essere complesse e, soprattutto, a far valere il nostro diritto a sapere. Quando sentiamo che il medico è empatico, che ci ascolta, siamo più propensi a fare domande, a esprimere dubbi, a partecipare attivamente alle decisioni che ci riguardano.

Purtroppo, non sempre è così. A volte i medici, magari per mancanza di tempo o per una sorta di “protezione”, evitano discussioni approfondite o scoraggiano la collaborazione. Ma questo non fa bene a nessuno. Il nuovo Codice Europeo delle Pratiche Oncologiche (ECCP) sottolinea proprio il diritto del paziente a ricevere informazioni di buona qualità sulla malattia e sul trattamento. È un nostro diritto, e dobbiamo farlo valere!

Avere informazioni adeguate può portare a una riduzione dell’ansia e della depressione, a una migliore qualità della vita, a una maggiore aderenza alle terapie, a un ruolo più attivo nelle decisioni e a un maggior senso di sicurezza. Non è poco, vero?

Ansia: Il Nemico Silenzioso dell’Informazione

Ritorniamo un attimo sull’ansia. È un fattore che non possiamo ignorare. Lo studio polacco ha rilevato che i pazienti con alti livelli di ansia tendono a condividere meno la diagnosi con gli amici o a non condividerla affatto, e sono meno propensi a volere informazioni dettagliate sugli effetti del trattamento o sulle probabilità di cura. È come se l’ansia creasse un muro, impedendo di affrontare apertamente la realtà della malattia.

Questo significa che identificare precocemente i pazienti con alti livelli di ansia e offrire loro un supporto psicologico adeguato dovrebbe essere parte integrante dell’approccio olistico alla cura del cancro. Aiutare a gestire l’ansia non solo migliora il benessere emotivo, ma apre anche la strada a una migliore comprensione e gestione della malattia stessa.

Le donne con cancro al polmone, come accennato, sembrano essere particolarmente vulnerabili, registrando i livelli di ansia più elevati. Probabilmente perché il cancro al polmone è spesso associato a una prognosi infausta, e questo pesa enormemente. A loro, e a tutti i pazienti che lottano con l’ansia, va dedicata un’attenzione speciale.

Cosa Possiamo Fare, Noi Pazienti?

Sapere è potere, si dice. E nel contesto del cancro, questa frase assume un significato ancora più profondo. Non dobbiamo avere paura di chiedere, di fare domande, anche quelle che ci sembrano “scomode” o “stupide”. Preparate una lista di domande prima di ogni visita, portate con voi una persona di fiducia che possa aiutarvi ad ascoltare e a ricordare. Cercate fonti di informazione affidabili (come le associazioni di pazienti o i siti istituzionali) e diffidate delle “cure miracolose” che trovate online.

E ai medici, dico: ascoltateci. Dedicateci tempo. Spiegate le cose con parole semplici. La vostra empatia e la vostra chiarezza possono fare una differenza enorme nel nostro percorso. Identificare i bisogni informativi di ogni singolo paziente e ridurre l’ansia dovrebbe essere una priorità nella pratica clinica quotidiana. Questo non solo migliora la nostra qualità di vita, ma favorisce anche l’aderenza alle cure, la collaborazione e, in ultima analisi, può influenzare positivamente l’esito del trattamento.

In conclusione, la strada della malattia oncologica è ardua, ma non dobbiamo percorrerla al buio. L’informazione è la luce che ci guida, che ci dà strumenti per affrontare le sfide con maggiore consapevolezza e forza. Chiediamo, informiamoci, partecipiamo: è un nostro diritto e un passo fondamentale verso una gestione più serena e consapevole della malattia.

Una paziente oncologica di mezza età, seduta su una poltrona in un ambiente domestico confortevole, legge attentamente dei documenti medici. Accanto a lei, una tazza di tè. L'espressione è concentrata ma serena. Fotografia still life, obiettivo macro 60mm per dettaglio sui documenti e sulle mani, luce naturale da una finestra laterale.

Ricordiamoci che non siamo soli in questo viaggio. E che ogni domanda merita una risposta.

Fonte: Springer

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