Infezioni Protesiche e Coagulazione: Un Legame Pericoloso che Ho Indagato
Avete mai sentito parlare di infezioni periprotesiche (PJI)? Sono un vero incubo per chi si sottopone a un intervento di artroplastica, come quella del ginocchio (TKA). Si tratta di una delle complicanze più serie, che colpisce una percentuale piccola ma significativa di pazienti (dallo 0.5 all’1.9%) e, pensate un po’, in alcuni casi è già diventata la causa principale di revisione chirurgica! E le previsioni non sono rosee: con l’aumento degli interventi di protesi, aumenteranno anche queste infezioni.
La Sfida della Diagnosi
Identificare una PJI non è affatto semplice. Noi chirurghi e ricercatori siamo costantemente alla ricerca di nuovi segnali, i cosiddetti biomarcatori, e di sistemi (algoritmi) che ci aiutino a capire se c’è un’infezione in corso attorno alla protesi. Di solito, questi biomarcatori cercano due cose: la presenza diretta dei batteri o la risposta del nostro sistema immunitario all’attacco.
Un Legame Inaspettato: Infezione e Coagulazione
Ma c’è un legame affascinante, e forse un po’ trascurato, che sta emergendo sempre di più: quello tra infezioni e coagulazione del sangue. Sembra incredibile, vero? Eppure, studi recenti hanno iniziato a mettere sotto i riflettori due molecole coinvolte proprio nel processo di coagulazione: il D-dimero e il fibrinogeno. Si è visto che i loro livelli tendono ad aumentare nei pazienti con PJI rispetto a quelli in cui la protesi ha problemi “meccanici” (fallimento asettico). Questi primi risultati sono stati promettenti per la diagnosi.
Pensateci: il nostro sistema immunitario e quello della coagulazione, che di solito immaginiamo separati, in realtà possono “parlarsi” e collaborare. Diversi studi hanno dimostrato che agenti patogeni come virus e batteri possono attivare la cascata della coagulazione, che a sua volta aiuta il sistema immunitario a combattere l’infezione. Una sorta di alleanza interna contro il nemico!
La Mia Indagine sul Campo
Ecco perché, incuriosito da questa connessione e dal fatto che gli esami della coagulazione sono spesso routine prima di un intervento, ho deciso di vederci più chiaro. Mi sono chiesto: i pazienti con PJI al ginocchio mostrano davvero delle alterazioni nel loro profilo coagulativo? E queste alterazioni potrebbero aiutarci nella diagnosi?
Così, ho avviato uno studio prospettico qui nel nostro centro, specializzato in chirurgia ortopedica complessa. Tra gennaio 2021 e dicembre 2022, abbiamo seguito 112 pazienti che dovevano sottoporsi a un intervento di revisione della protesi al ginocchio. Naturalmente, tutti hanno dato il loro consenso informato. Abbiamo escluso pazienti con infezioni acute, problemi noti di coagulazione, malattie croniche che influenzano la coagulazione (come cancro o malattie renali) o chi assumeva farmaci anticoagulanti.
Abbiamo diagnosticato la PJI cronica seguendo i criteri internazionali più recenti (quelli del 2018). Alla fine, 51 pazienti rientravano nel gruppo PJI, mentre gli altri (con un punteggio diagnostico basso) formavano il gruppo di controllo (non-PJI). Abbiamo analizzato campioni di liquido sinoviale e tessuto prelevati durante l’intervento, cercando batteri con colture specifiche (tenute per ben 14 giorni!) e analizzando le cellule infiammatorie. E, ovviamente, abbiamo registrato i valori pre-operatori di vari parametri, inclusi quelli della coagulazione: D-dimero, fibrinogeno, conta piastrinica, tempo di protrombina/INR e tempo di tromboplastina parziale attivata (aPTT).

Cosa Abbiamo Scoperto?
E sapete cosa è emerso dai dati? Che i pazienti con PJI avevano livelli significativamente più alti di:
- D-dimero (p=0.001)
- Fibrinogeno (p=0.0007)
- Piastrine (p=0.01)
- INR (International Normalized Ratio, legato al tempo di protrombina) (p=0.01)
L’aPTT, invece, non mostrava differenze significative tra i due gruppi.
Quindi, sì: i pazienti con infezione periprotesica mostrano un profilo coagulativo alterato. Questi risultati confermano quanto osservato in altri studi recenti, che avevano già notato un aumento di D-dimero, fibrinogeno, piastrine e INR nei pazienti con PJI. È interessante notare che, nel nostro caso, non abbiamo visto cambiamenti nell’aPTT. Questo potrebbe suggerire che la PJI influenzi principalmente la via *estrinseca* della cascata coagulativa (quella misurata dall’INR), a differenza di altri studi che ipotizzavano un coinvolgimento di entrambe le vie (estrinseca ed intrinseca, quest’ultima legata all’aPTT). Forse la differenza sta nel fatto che noi ci siamo concentrati solo sulle PJI croniche, escludendo quelle acute e l’impatto immediato del trauma chirurgico.
Valore Diagnostico: Luci e Ombre
A questo punto, la domanda sorge spontanea: questi marcatori della coagulazione possono davvero aiutarci a diagnosticare una PJI? Abbiamo analizzato le loro performance diagnostiche (usando le curve ROC, per i più tecnici). E qui, le cose si complicano un po’.
Sebbene i livelli fossero più alti nel gruppo PJI, il loro valore diagnostico si è rivelato limitato. Pensate che il D-dimero è addirittura incluso come criterio minore negli algoritmi diagnostici internazionali (ICM 2018), ma nel nostro studio, ad esempio, il fibrinogeno ha mostrato una performance leggermente migliore del D-dimero, pur restando entrambi non risolutivi da soli. Insomma, non abbiamo trovato la “bacchetta magica” diagnostica tra questi parametri. Altri ricercatori hanno proposto modelli che combinano diversi parametri della coagulazione, ottenendo sensibilità e specificità discrete, ma la strada è ancora lunga.

Implicazioni Nascoste: Il Rischio Trombosi
Ma allora, cosa significa tutto questo “scombussolamento” della coagulazione nei pazienti con PJI? Qui le cose si fanno davvero interessanti e, potenzialmente, preoccupanti.
I cambiamenti che abbiamo osservato (aumento di fibrinogeno, D-dimero, piastrine e INR, ma non di aPTT) ricordano un po’ quello che succede in altre condizioni croniche infiammatorie o neoplastiche, come certi tipi di cancro o infezioni persistenti come il COVID-19. In queste situazioni, si può instaurare una condizione subdola chiamata coagulazione intravascolare disseminata (CID) cronica compensata. In pratica, c’è un’attivazione continua e di basso grado della coagulazione, ma il corpo riesce più o meno a compensare, senza sintomi clinici evidenti o alterazioni drammatiche negli esami del sangue.
Il problema? Questa condizione, anche se silenziosa, può aumentare il rischio di eventi tromboembolici nel tempo, magari non con grandi trombi evidenti, ma con micro-trombosi a livello dei piccoli vasi. E questo ci porta a due studi recenti molto importanti:
- Uno studio di Bass e colleghi ha dimostrato che i pazienti con PJI hanno un rischio 2.6 volte maggiore di sviluppare eventi tromboembolici dopo l’intervento di revisione rispetto a chi si opera per cause non infettive.
- Un altro lavoro descrive il caso di un paziente con PJI da streptococco che soffriva di trombosi ricorrenti, sia venose che arteriose. Curando l’infezione (con pulizia chirurgica e mantenimento della protesi), gli episodi di trombosi sono cessati! Questo sottolinea la stretta relazione tra infezione e tendenza alla trombosi.
Quindi, le alterazioni della coagulazione che abbiamo visto potrebbero non essere solo un “effetto collaterale” dell’infezione, ma un fattore che contribuisce attivamente a un maggior rischio trombotico per questi pazienti già fragili.
Limiti e Prospettive Future
Certo, come ogni ricerca, anche la nostra ha dei limiti. Ci siamo concentrati solo su pazienti con protesi al ginocchio e non abbiamo potuto analizzare se il tipo specifico di batterio responsabile dell’infezione influenzasse diversamente la coagulazione.
Tuttavia, i nostri risultati confermano che la PJI è associata a cambiamenti significativi nel sistema della coagulazione. Anche se questi parametri, da soli, hanno un valore diagnostico limitato, aprono una finestra importante sulla biologia di questa complicanza.
La vera sfida ora è capire le implicazioni cliniche di queste alterazioni. Questo stato pro-trombotico latente aumenta davvero il rischio di trombosi post-operatoria? Dovremmo gestire diversamente la profilassi anticoagulante in questi pazienti? Sono domande cruciali a cui studi futuri dovranno rispondere per migliorare la gestione e gli esiti per i pazienti con infezioni periprotesiche. Il legame tra infezione e coagulazione è un campo tutto da esplorare, e le PJI potrebbero essere un modello importante per capirlo meglio.
Fonte: Springer
